Apro
il 2016 e mi ritrovo a pensare, ancora una volta, che noi non abbiamo solo
bisogno di mezzi di sostentamento per vivere, ma di valori che diano un senso a questo vivere, che, altrimenti, resta
un procedere dal tutto casuale, un “navigare a vista”. Di più, in questa
società di consumo senza uso, dove il “villaggio degli scemi” si chiama
facebook, dove al mercato ( economico, culturale, non importa) viene assegnato
un potere assoluto insieme ad un’identità astratta come se non fosse, invece,
uno strumento agito da mani umane dunque ben identificabile e modificabile,
proprio la schiavitù del lavoro, che lo si abbia o meno, ottunde ogni ricerca
di valori altri dal lavoro e dal tempo libero dissipato freneticamente per
dimenticare le costrizioni maledette del lavoro medesimo.(Su questo blog:
“Lavorare
rende liberi ?”. Gennaio 2012)
Monta
poi, sempre di più, un pensiero che vuole l’individuo, dunque il lavoratore,
autonomo, indipendente, flessibile che, tradotto in termini contrattuali,
significa in realtà licenziare per proporre una collaborazione a partita IVA
(!?)Proprio stamane, ho letto un’interessante citazione di Paul Goodman: ““In generale la nostra società economica non mira all’educazione dei suoi giovani o al raggiungimento di fini importanti a cui i giovani possono indirizzare il loro lavoro (…) Nessuno si chiede se un lavoro sia utile o dignitoso - entro i limiti dell’onestà commerciale -. Un uomo cerca un impiego che sia pagato bene, o abbastanza bene, che abbia prestigio e buoni, o almeno tollerabili, condizioni di lavoro. (…) Ma il problema è proprio quello di che cosa significhi diventare adulti con la coscienza che durante i propri anni produttivi s’impiegheranno otto ore al giorno in un lavoro che non vale nulla”.
E torniamo alla parola “valore”.
Ogni
riflessione su quello sgangherato carrozzone che è la scuola italiana, mi
riporta a vedere progetti di ristrutturazione di edifici ( il fiore all’occhiello
del nostro attuale ministro, ancorché un fiore appassito già prima di
sbocciare), caterve di esami e verifiche, maldestri tentativi di farne puro e
semplice luogo di formazione pre inserimento lavorativo puntando su inglese ed
informatica, programmi obsoleti e ripetuti fino alla nausea, un metodo di
apprendimento dogmatico che pare più un tentativo di … addestramento !!
Guarda
un po’, è lo stesso di quel che succede nell’area sanitaria, tra costruzione e
rimessa a nuovo di edifici, monetizzazione diffusa per ogni prestazione
ricevuta, impoverimento dell’autonomia del medico fino alla riduzione all’osso
di ogni esame clinico che non sia immediatamente dimostrato come necessario. Ma
niente sulla qualità dei servizi e niente sulla qualità del rapporto medico /
struttura sanitaria e paziente: tanto siamo tutti solo dei “numeri” !!Insomma, anche a scuola o nella sanità, nessuna riflessione e nessuna azione sui “valori”, che non siano quelli della riproducibilità lineare ed immediata, della ripetizione e dell’asservimento. Ma sono valori ?
Allora,
ripenso al mio percorso marziale, a come si è evoluto nei decenni ed a come lo
vado proponendo, da una quindicina d’anni, qui allo Z.N.K.R. ed ovunque io sia chiamato a condurre singoli o gruppi.
Un
percorso che fa del “marziale” una competenza
conflittuale, ovvero la “capacità di
stare nella tensione relazionale affrontandola come una situazione che può
essere gestita” (C. Molinari).Con essa, la capacità di scegliere autonomamente i propri valori, in un processo di individuazione che ne è imprescindibile e fondante componente in grado di sviluppare ed amalgamare, per dirla con le parole dell’analisi transazionale, i tratti distintivi di bambino – adulto – genitore presenti in ognuno di noi.
Ossia, come ho già scritto in altri post, un guerriero che, dal Bujutsu, volga sguardo ed azioni nel solco del Budo. Una “Via”, una costellazione di valori in questa società di “mercanti” e nevrotici, anaffettivi e macchine umane con “catene di montaggio anche nei rapporti interumani” (M. Fagioli).
Una “Via” aperta a tutti ma scelta da pochi. Ed è giusto che sia così, laddove la maggioranza di omo Homer (Simpson) la fa da padrone, lasciandomi io la soddisfazione di pensare ed agire contro. Comunque vada.
Come
scrive Riccardo Zerbetto, psichiatra e psicoterapeuta a cui devo molto, “dice Gesù ‘Non di solo pane vive l’uomo ma
di ogni parola che esce dalla bocca di dio’ (Matteo 4, 3-6), quale che sia il
nome che a questa parola associamo. Ma già la saggezza della tradizione
orfico-esiodea ci ricorda che siamo figli di Gea (Madre terra) e Uranos (Cielo
stellato)”.
Dunque a forti e luminosi valori ( stelle) possiamo e dobbiamo
appellarci per restare a galla in questo indistinto mare marrone (…) e lottare
per un presente almeno dignitoso ed un migliore futuro per i nostri figli.
(B. Brecht)
Se fossi invitato a trovare, nelle sacre scritture, un passo che ben descriva l'attuale condizione Italiana, probabilmente sceglierei Sodoma, l'episodio della città condannata, che Lott cercò di redimere e salvare, e fu quasi linciato dai suoi abitanti, perché mostrava il vero a chi dal vero voleva fuggire. Le mura furono rase al suolo, gli abitanti sterminati, ma uno fu salvato, fu fatto fuggire, con la sua famiglia, lontano dagli strali degli angeli, dalla furia del nulla in cui Sodoma aveva scelto di sprofondare. Dal nome di quella città, di quel luogo del mito e della mente, deriva il nome di una pratica sessuale, da alcuni molto apprezzata, che ha la caratteristica di non dare futuro, non dare figli; questo inizio anno verrà ricordato per i numero spropositato di bambini non nati, di madri morte. Un segnale forte, a chi vuol vederlo, il fatto che a Natale i bambini non vogliano più nascere in Italia, che si scopra che la natalità sia tornata a livelli di inizio secolo, quando la popolazione era si e no un terzo (dato da verificare, non prendetela come una trattazione scientifica) e le condizioni di vita ben meno agiate di quelle attuali.
RispondiEliminaEcco, anche noi, come Sodoma, stiamo morendo, distrutti e dilaniati da tante malattie: il non voler vedere e considerare le differenze culturali insite nel territorio, o peggio ridurle a toni di ridancianeria, da una parte, ed inaccettabile razzismo dall'altra ( un'occasione persa, di arricchirsi l'un l'altro, coltivando le peculiarità!);
la malattia dell'aver ragione, comunque e sempre, anche quando si compiono azioni che ieri avevamo stigmatizzato quando compiute da altri;
la malattia del potere, endemica ormai, per la quale la massima soddisfazione dell'individuo è dichiarare a se stesso "io posso", che diventa in fretta una coazione al fare ciò che si può, pensando che sia ciò che si vuole, il posso quindi devo, tanto caratteristico del già citato papà Simpson, e degenera poi, ulteriormente, nella prevaricazione del potere mafioso, che chiude ogni canale al dialogo .... gran brutta malattia questa;
la malattia del lamento, che tanto è sempre colpa degli altri;
ma la malattia più subdola e definitiva, a mio avviso, è la malattia delle parole che usiamo, parole di cui ignoriamo il significato, che ci divertiamo a storpiare con superficialità, che usiamo a sproposito, che ripetiamo perché sentite da qualcuno che ci è sembrato avesse successo, banalizzate da persone banali in un sistema di bieca ironia e nascoste da persone furbe.
Secondo l'epistemologia, ed è cosa condivisibile, le parole sono frammenti di pensiero, parti funzionali della nostra mente, quindi più parole conosciamo, e meglio le conosciamo, più risulteremo intelligenti a noi stessi ed agli altri, e potremmo difenderci da chi ci dice che siamo fortunatamente in una democrazia, in cui il "demos" ed il suo voto non valgono nulla, e tre presidenti del consiglio di fila sono non eletti, o peggio eletti all'interno di un unico partito con votazione a pagamento!
"Non di solo pane, ma di ogni parola", e noi, del nostro bell'Italiano ci facciamo beffe ogni giorno, con ignobile divertimento, sui social come sui giornali, su whattsapp come nei dialoghi interpersonali. In questa immensa indistinzione, questa confusione sterile, i figli non nascono più, ma per tornare all'analisi transpersonale, come anche a Sodoma, se per l'umanità non c'è speranza, e ciò è evidente, per il singolo, si, per il singolo c'è, singolarmente (ma non da solo) ognuno ha l'opportunità di guarire; e forse basta anche poco: aprire gli occhi, vedere bene, e dare il giusto nome a ciò che vediamo, mentre tutto attorno sprofonda nel diluvio del tutto uguale. Generazioni rincoglionite da "mamma rai", dovranno considerarsi privilegiate rispetto a queste, drogate da facebook, reality e videogiochi? Capisco chi non vuol nascere.
a mio parere, Davide, proprio per questo motivo non capisco chi non vuol nascere. Non mastico molto le sacre scritture, ma tu stesso citi che il tasso di natalità era molto più elevato durante tempi di guerra che ora, se dovessi chiedermi e voler trovare delle parole per la gente di quel tempo direi "coraggio" e "speranza". Nonostante le bombe ,la fame e condizioni di vita di gran lunga meno agiate di ora, la gente credeva nell'amore, aveva dei valori saldi che sapeva tramandare ai nuovi nati e così,dava loro l'opportunità di una vita, che sarà sempre piena di sofferenza magari, dura, di gioie e dolori...ma che val la pena di essere vissuta. Ogni tempo ha i suoi pro e contro. Ora, la gente non è la stessa, c'è tanta paura nel mondo, paura di ciò che non si conosce ( e che non si vuol conoscere, che l'ignoranza è un gran bello scudo per molti), tuttalpiù se si vuol conoscere qualcosa c'è google, digiti e il gioco è fatto, ma confondendo così il conoscere con mero sapere..se tale si può definire. Timore di andare contro, o per la propria strada...dalla generazione di Edipo del 68, a quella di Narciso e ora quella di Telemaco...dove i proci regnano incestuosi..ma come può trovare un padre il nostro "eroe" se non ha la possibilità di nascere? Se noi stessi non abbiamo colmato le nostre mancanze ritrovando il padre perduto in noi stessi, e non aspettando che giunga da chissà quale mare lontano...allora sono d'accordo con te, capisco chi non vuol nascere. Ma sò che tra una moltitudine umana ci sono singoli che sanno cos'è il dono..e proprio per questo "donano", la vita, dei valori, una crescita sana a discapito di quanto accade a Sodoma, non incuranti ma conspevoli che se anche non c'è speranza per l'umanità, ora..non è detto che non ci possa essere per il singolo, e altri singoli il modo di "vivere" ( e non sopravvivere) affrontando questi tempi.
RispondiEliminaOra manca quell'unione di forza e cuore, o solo super macho man muscolati, in assetto da guerra pronti a difendere il proprio ego e le convinzioni che hanno, oppure sciatti new age che parlano solo di pace e amore...
tempo fa un caro amico disse una frase che mi rimase scolpita dentro:
"se non c'erano i partigiani e la resistenza, questa terra sarebbe in mano ai nazisti ora"
suonava più o meno così....
Gio, purtroppo non so risponderti, perché non mi è chiaro ciò che scrivi; mi pare che mi contesti dandomi ragione, e questo mi disorienta, non vedo più dove vuoi andare a parare. Comunque i bambini non nascono più, non perché lo penso io, ma per un dato di cronaca, e se trovassimo ragionamenti buoni a favore della nascita, di certo quei nascituri e quelle madri non tornerebbero indietro. Non vogliono più nascere, perché, in piccolo, vedono la sciatteria che li attende, il disordine mentale di un popolo, prodotto da, o che si esprime in, un linguaggio senza capo né coda, in grande, perché il popolo stesso, la civiltà che ha creato, non ha più la forza di andare avanti, guardando con sincera obiettività ciò che è..... questo era ciò che volevo dire.
RispondiEliminaNon riesco a contestualizzare l'ultima tua asserzione, e sinceramente eviterei volentieri di parlare di politica, e di esprimermi sulla storia, poiché non mi ritengo un esperto, ma mi risulta che il nazismo sia stato sconfitto da Russia, Inghilterra e Stati uniti, Mussolini si era dimesso da Presidente del consiglio, e sciolto il consiglio fascista, ben prima che la guerra finisse ed i partigiani risultassero un'effettiva minaccia, e se non sbaglio prese il potere suo genero; inoltre, se non incorro in errore, la resistenza era composta da molti di quelli che, mesi prima, inneggiavano al Duce in piazza. Spero che queste siano notizie false, tuttavia, senza resistenza non saremmo certo in mano dei nazisti, semmai saremmo controllati dagli stati uniti, ma in fondo ..... non lo siamo comunque stati per decenni?
Sempre attingendo alle mie discutibili e confutabili conoscenze, direi anche che il termine stesso di "resistenza" sia una grossa bugia, una falsità ideologica: più corretto sarebbe parlare di "resistenze", al plurale, perché, seppure unificate, esse ebbero diversi colori politici, ci fu quella repubblicana, quella comunista, socialista, liberale, anarchica ... quindi non appartiene a quelli che oggi cantano "o bella ciao" in piazza e dicono "noi esprimiamo i valori della resistenza". Quelli, purtroppo, inneggiavano ad un altro regime totalitario, un altro sistema di gestione ed imposizione del potere, non meno ottundente ed oppressivo del pensiero e della libertà personali, di quello cui si opponevano.
I latini dicevano che "la storia la scrive chi vince", e noi siamo nel paese in cui "chi urla di più, la vacca l'è sua".
Su un punto mi pare siamo d'accordo entrambi, che singolarmente ci si può salvare, ma bisogna uscire da Sodoma, da tutto ciò che obnubila la nostra visuale, dalla cortina di parole che nascondono la realtà, invece di esprimerla, dalla convinzione che l'anticonformismo sia il conformarsi a chi si definisce anticonformista, ed il pensare con la testa propria sia il ripetere idee di altri che ci sembrano originali, e non già il produrre idee proprie, parole proprie, espressioni personali, sentite ed esperite.
Le parole descrivono il mondo, e di fatto lo creano: chi vorrebbe nascere nel paese in cui gli "emoticon" sostituiscono via via il vocabolario? Se non è già successo, a breve prevedo libri scritti con gli emoticon, proposti come letteratura o come testi didattici .... e questo nel paese di Dante, Boccaccio, Leonardo, Caravaggio, Giotto, Collodi, Manzoni, Raffaello, Ariosto, Tasso, Michelangelo, Tiziano, Mantegna ....
Mi spiego meglio Davide. Con la mia frase finale intendevo esprimere un concetto,non parlare di politica, usando quanto mi è venuto in mente..intendo che se nessuno fa figli per paura che i figli crescano interpretando libri di emoticon allora così sarà...perchè invece non fare figli ( e cmq non solo figli propri, ma anche a livello educativo, che sebbene sia diverso dal crescere ed educare un figlio proprio, è simile a quello che facciamo in dojo anche noi, e c'è gente che lo fa anche in maniera diversa) e dargli ciò di cui hanno bisogno per viverci in questa Sodoma?
RispondiEliminaReputo la vita una grande occasione, e piuttosto che non darla, con tutti i pro e i contro di questo tempo, e tra nascere e non nascere, se devo scegliere preferisco nascere, e magari far nascere con tutte le responsabilità che ne comporta, che penso arrivino cmq fino a un certo punto.
Mi è parso di leggere un pensiero diverso in quanto hai scritto tu. Ma poichè l'argomento non mi lascia indifferente, forse non ho capito io..
Ti ringrazio molto del chiarimento, ora ho capito cosa intendi, ed hai ragione, la pensi in maniera diversa da quello che ho espresso io. Le mie considerazioni scaturivano dall'osservare che i bambini non sembrano più voler nascere qui, non che non ci siano genitori desiderosi di figli (anche quelli sembrano comunque pochi). Sono dati di cronaca, anche se vanno contro le tue convinzioni, ed io ho tentato un'interpretazione, né ottimistica né pessimistica, ma analitica. Certo, sarebbe bello pensare che basti spargere i buoni propositi perché le cose cambino, ma è doveroso rendersi conto che, quando la slavina è partita, l'unica cosa intelligente da fare è scansarsi ed abbandonare la zona. Altrimenti si fa la fine del Vajont. Ecco, tutte queste nascite fallite mi paiono come le crepe delle montagne attorno alla diga, segnali di un imminente ed ineluttabile cedimento definitivo. Mi auguro che abbia ragione tu, che ci sia ancora spazio, che questa resistenza non sia una guerra contro i mulini a vento, ma purtroppo quello che constato, nel deludente panorama civile, è che questi valori, di cui sento parlare dai tempi delle medie, siano parole senza significato, teoremi senza dimostrazione, bandiere senza eserciti, scudi senza soldati: tutti li pronunciano, ma pochissimi li praticano; e così ti trovi in televisione politici dal cognome importante, con a casa un consorte condannato per sfruttamento della prostituzione minorile o pedofilia, urlare sdegno e proclami di vendetta per i maltrattamenti negli asili .... ed applausi dal pubblico! In questo contesto, i buoni propositi, i valori, che fine fanno, se non quella di merce da mercato? Si comprano e si vendono per far bella figura, avvilendone la natura. Io credo nei miei, non credo nel futuro di questa civiltà. Spero di sbagliarmi.
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