“I pugili che ho conosciuto erano perlopiù persone ferite che provavano
un impulso profondo e potente a ferire gli altri mettendo seriamente a rischio
anche se stessi. All’inizio. In realtà succedeva quasi sempre che
l’autodisciplina e l’abilità necessarie erano tali, e così tante le cose su cui
concentrarsi oltre alle motivazioni di partenza, che queste motivazioni
diventavano perlomeno nebulose e vaghe, finendo spesso per essere dimenticate e
abbandonate del tutto.
Molti pugili bravi ed esperti (come è stato spesso notato) diventano
persone miti e gentili”(G. Garrett)
Quanto buio in un pensiero che si crede dominate, che si
crede vero.
Quando ad una paura,
un semplice scrollare il capo non
basta più. Allora spingi una porta, apri il desiderio e lì ti illudi di trovare la difesa, il muro, quella barriera di forza che ti farà essere, o almeno sembrare, un uomo o una donna veri.
Nulla di nuovo per chi cerca una risposta alla domanda sbagliata; nulla di nuovo per chi cerca la sicurezza dietro una paio di guantoni o una tuta mimetica o un nome d’arte imbellettato di battaglia; nulla di nuovo per chi si lascia annegare dentro ad una bugia o dentro il calore di una cosa molle e marrone che cioccolata non è; nulla di nuovo per chi corre più veloce dei propri fantasmi; nulla di nuovo per chi ha deciso di cedere all'ipocrisia.
A me il compito di intuirne i segreti e spogliarne le vesti. Inoculare, tra risate e divertimento, quell’amaro veleno che si chiama “conosci e cerca te stesso”, che si costruisce nel dolore dell’interrogarsi come momento di crescita. E’ quando ti ritrovi a ad aprirti alle voci del cuore che scegli, o ti senti obbligato da un’oscura parte di te a scegliere, di andare oltre i recinti dell’esperienza passata e fare, ora sì, qualcosa di arduo e nuovo.
Eppure, quante volte .. sei sveglio, nel tuo comodo letto dopo una notte di sonno beato, guardi il sole che spacca le ultime ombre della tua camera e non hai alcuna voglia di alzarti, allora cominci a comprendere che i duelli e gli scontri più importanti che ingaggi sono quelli per il “conosci e cerca te stesso”.
Ti sento pulsare fino a quando il fiato ferma il tuo sguardo non fuori, non sul pugno o sul bastone, ma su te, prima che si sbricioli di nuovo nascondendosi in quel pensiero il cui buio ora, se lo vuoi, puoi leggere distintamente.
Non puoi più sottrarre lo sguardo e il respiro e i tuoi pensieri da un corpo muto al linguaggio della mente sola, che però parla il linguaggio delle danze e delle ferite, dei tagli, dei lividi e delle emozioni, del corpo come tempio di vitalità.
Ora che quel pensiero, stupidamente a credersi dominante, che quella illusione di trovare un riparo a chi, se non a te stesso, che quella domanda si è svelata sbagliata, tocca solo a te.
Affrontarsi nelle paure, nelle insicurezze autentiche, non quelle di menzogna che ti hanno fatto entrare qui, può far nascere coraggio e consapevolezza, ma di questi non vi è né la formula chimica né il foglietto delle istruzioni. Questi si mescolano e si scontrano con rabbia e viltà, passione e timore, fraintendimenti e bugie.
Sta a te, ora che sai cosa davvero ti ha spinto qui, camminare, se lo vuoi, insieme a me ed agli altri come te.
Il tuo cuore s'ispira mentre quel pensiero che si credeva dominate è ridotto ad un lumicino per morti e quel buio ora ha una lettura finalmente agevole e chiara.
Buio ad offrirti stelle vicine e luminose, che sono le decisioni adulte che ora puoi prendere, sono sogni lontani che le tue mani possono ora afferrare. Ogni volta che ti sembra di avere dato già abbastanza, tutte le tue forze, tutti i fianchi e il bacino ed il cuore ed il sudore, tutte le mani lasciate sul viso e sul corpo di altri e le loro sul tuo di corpo e di viso, scopri che non sei ancora stanco e l’istinto ti sorprende a chiedere di più, a lottare per qualcosa di più.
Affascinante vero ? Coraggioso vero ? Ora hai il “fegato”, la sfrontatezza audace, di uscire alla luce del giorno, di mostrarti per quel che sei.
Poi, una di quelle sere che aspetta solo di inanellarsi
dentro l’altra, te ne esci con parole di un forte coraggio vigliacco. Quella
tua invincibile resa che nemmeno ti sorprende più di tanto. Te ne
vai. Torni, un poco cambiato sì, ma solo un poco, nel tuo recinto quotidiano di
affanni e piccole bugie. Di paure costruite per non guardare le paure
autentiche.
Un po’, sempre, mi spiace. Ma so godere della gioia per il
tratto di percorso fatto insieme, so trattenere il rammarico, chiedendomi, io
vecchio diffidente reso tale dagli anni e da chi prima di te si è arreso, se il
percorso, un qualunque percorso di crescita ed individuazione, lo riprenderai
oppure mai: non con me, ma nemmeno con altri.
Pesa come un cappotto di ferro la responsabilità di essere ciò
che sei e della vita che vivi. Quelle domande che mai avevi previsto entrando
qui la prima sera e che poi hai scoperto essere le tue autentiche domande, “Dove sto andando ?” “Come ci
sto andando?” “ Con chi al mio fianco?”,
le lasci cadere sulla pedana del Dojo. Sorrido: Altri, dopo di te, le raccoglieranno e le scopriranno loro.
E mi ricordo delle parole di Hemingway, che il mondo spezza tutti quanti e solo alcuni sono forti nei punti spezzati.
Chiunque tu sia, qualsiasi stazione di riposo tu abbia
scelto, qualsiasi percorso di crescita o di semplice trastullo ti veda ora
forse in cammino, grazie di esserci stato.
Ora, finché noi ci saremo … avanti un altro !!
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