venerdì 3 giugno 2011

"Come dio comanda"

Con un figlio piccolo, soprattutto se non vuoi delegarne ad altri l’educazione / formazione, gli spazi personali si fanno ristretti.
Così, sono i dvd visti la notte, quando compagna e figlio dormono ed io non sono ancora stravolto dalle fatiche di una giornata iniziata con la sveglia alle 06.00 del mattino, la principale e quasi unica occasione per gustarmi qualche bel film “adulto”.
Magari a distanza di mesi o anni dalla sua uscita nelle sale.
Così, a distanza di quattro anni dalla sua uscita “pubblica”, mi sono gustato “Come dio comanda”, regia di Salvatores, tratto da un libro di Niccolò Ammaniti.
Una pellicola profondamente intensa e struggente sul maschile e sul rapporto padre e figlio.
Mi sono emozionato, mi sono commosso. Ho pianto.
Mi sono rivisto alle prese con mio figlio Kentaro, oggi ventiquattrenne. Mi sono visto alle prese con timori e speranze odierni per mio figlio Lupo, di sette anni.
E con il retaggio di mio padre, Renzo, oggi ultra novantenne. Quanto di lui ho scoperto in me, quanto ho voluto estirpare di valori, di credenze suoi che mi ha trasmesso che non condivido e quanto non ho saputo farlo. Quanto ho trattenuto in me, di quei valori, di quelle credenze, perché li amo e li riconosco miei. Quanto, anche nelle smorfie del viso, nel modo di ridere, nei toni di voce, la stirpe Santambrogio passa di padre in figlio, di padre in figlio.
E’, per me, un film bellissimo.
Da vedere per chi ha scelto l’avventura della paternità, per chi accompagna nel suo viaggio un cucciolo d’uomo.
Da vedere per chi è figlio e vuole, anche attraverso quella storia, quei colori intensi e, a volte ,brutali, ri-conoscere il padre e, con ciò, ri-conoscere se stesso.
Ma da vedere anche per chi, per scelta o per caratteristiche “biologiche”, si è perso per sempre un fondamentale momento di crescita personale e di dono quale è la paternità.

E’ un ottimo film anche per quelle donne che vogliano sapere di più ( e di meglio) sul maschile e sul maschile genitoriale. Che vogliano rischiare di lasciare il porto sicuro delle lamentele sul maschile e sul proprio compagno per affrontare le incertezze del mare aperto dialogando in prima persona con la forza immensa del vento e delle onde; che vogliano uscire dallo steccato degli stereotipi che sul maschile ormai abbondano in questa società ginecocratica, flaccida e debole; che vogliano guardare soprattutto dentro di sé, prima di proiettare sull’altro, sul maschio, le proprie insicurezze e menzogne di donna single o malamente accoppiata; che vogliano porsi, femmina adulta auto diretta, in relazione con un maschio adulto autodiretto; che vogliano condividere davvero la via dell’essere genitori, anche nelle differenze di “genere”.
Un gran bel film.
 




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