martedì 11 ottobre 2011

Residenziale Kenshindo

Ottobre 2011: residenziale Kenshindo ad Acquasanta (AP)

 

Nove spadaccini, nove lame, forme d’acciaio sibilanti. Accanto, un monastero, un piccolo albergo ed il silenzio delle colline.



Il gioco del Gekken, l’improvviso aprirsi al confronto. “Tanto è un gioco” ma …senti che il morbido ken  mousse, ridicolo mattarello gommoso, è te che affondi nel corpo di un altro, te che sei sbattuto, tagliato, trafitto dal tuo avversario.
Poi puoi  essere goffo e lasso  oppure preciso ed essenziale nelle movenze; ridacchiare grossolanamente con il compagno come ad una gita aziendale oppure affacciarti deciso all’arte dello schermare; stringere e stropicciare il giocattolo che ti ballonzola davanti oppure farne il tuo artiglio letale, unico che ti permetta di sopravvivere.
Tutto, quì, ti è concesso.

Al pomeriggio, alla sera, Kinorenma ( forgiare il ki): Attraverso l’espansione dei sensi costruire l’unione io-acciaio . Il corpo, corpo fisicoemotivo, si sviluppa con le proposte che lo spadaccino  gli mostra attraverso la nudità essenziale dell’acciaio
Esprimi te stesso,  trova la via diretta, coraggiosa, per essere acciaio vivente.
Dilata i tuoi confini. Annusa … nel ventre materno l’iniziazione prenatale nel liquido amniotico crea, unitamente al tatto, una selezione di umori in sintonia con le variazioni emotive … chimica delle emozioni … non ci sarà odore che non rimanderà al primo apprendimento olfattivo precoce, rapido ed irreversibile, mai disgiunto dall’affettività … intimità nell’olfatto.
La lingua, che metaforicamente è assaporare ed assimilare la realtà realizzando  le idee …e la tua idea di acciaio, di acciaio tagliente, qual è ?
Regressione, qualcuno lo chiama. Come regredire è ispirarsi alla lotta per la sopravvivenza, al duellare per togliere una vita e salvare la propria. Combattere, per ri – conoscersi e formarsi. Di nuovo.
 
Attraverso la consapevolezza dei propri limiti individuarli oltrepassarli, anche se, a volte, il muro dell’orgoglio è un limite che pare invalicabile, è un insulto isterico a te, prima ancora che al Sensei;  oppure è la pena del proprio corpo, della propria struttura malamente terrestre a fermare il cammino.                 
Ingaggiare. Impegnare.
Il Tameshigiri, a tagliare di netto una vita o a sbatterci goffamente contro: acciaio inerte, te inerte, te che non osi, non ti getti.
Eppure, mai tirarsi indietro ad una proposta, ad una occasione di crescita.
Sempre flessibili, sempre aperti ad accogliere, ad aprire la pancia delle emozioni per ascoltare le offerte che ti potrebbero sfuggire, per rendere il corpo fisicoemotivo, te adulto guerriero, duttile affinché tu abbia la possibilità di apprendere, di formarsi.
E abbracciare. Insieme

Alla fine del residenziale, Celso mi dice che, forse, questa esperienza, questo praticare   Kenshindo, è stato più duro, più perturbante, del residenziale “Sapere del Profondo”.

Già.










3 commenti:

  1. Ha ragione Celso, è stato proprio più duro del seminario di Tai Chi! Ed è stato più duro rendersi conto che nella mia sicurezza di agire nel Gekken pensando di tagliare, in realtà avevo solo ferito e gli altri mi stavano penetrando e colpendo nel segno.
    E nello spogliarmi di vecchi vestiti, del proprio io nel Kinorenma è stato devastante e spiazzante perchè l'incontro con l'acciaio, di cui ho fatto fatica a riconoscere il suo odore e il suo contatto, ho trovato solo il freddo della lama.
    ...OSS!

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  2. l'acciaio come specchio e il non riconoscermi in esso, l'estraneità di me che nasce dalla non accettazione di ciò che tale specchio mi rimanda. Si, più perturbante della tigre, del serpente, del confronto col mio emotivo magari esasperato e sofferente e sopra le righe ma almeno in parte accettato.....ma questo? quest'estraneo che mi guarda dall'altro lato dello specchio e che non capisco? e da cui non posso difendermi perche senza filtri nel mio sbattermi contro?

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  3. Un silenzio innaturale.

    O, altri suoni minimi e naturali, di cui noi, uomini del 2000 abituati al caos cittadino, abbiamo come perso memoria? Un ritorno all’essenza.

    Passeggio stringendo la mano di Francesca, è quasi sera e stiamo perlustrando un po’ il posto. Attorniamo il monastero e un albero lascia cadere un suo frutto al nostro passaggio. Un omaggio? Mi volto e la raccolgo, è una noce.

    La noce, che deve prima marcire affinché poi se ne possa degustare il frutto.

    E noi scendiamo nell’Ombra per poter risalirne con nuovi semi da piantare.

    Spogli di ogni maschera, con una fiaccola dinanzi a noi per far luce nel nostro profondo. Tocca a me tagliare, nel tameshigiri ed ecco, un ragno. Mi si pone davanti come a salutarmi, gli porgo il mio dito facendogli sentire la mia presenza e lui si arresta, per poi riprendere il suo cammino. Io mi alzo, riprendo il mio.

    La mia luce è spenta. La candela si è consumata.

    Nel respiro ho scoperto il mio fuoco, non ho bisogno di fiammelle, il fuoco è in me.

    Nuova consapevolezza.
    Come il bambino appena uscito dal feto, che respira l’aria per la prima volta e gli brucia come il fuoco nei polmoni..così scopro che l’aria può danzare assieme al fuoco..un ritorno all’essenza.

    http://ilviaggiodigg.blogspot.com/

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