“Porto
addosso le ferite delle battaglie che ho evitato”
(F. Pessoa)
I miei primi passi nel Karate |
Quando iniziai la
pratica del Karate, era il Febbraio del 1976, mai avrei immaginato di trovarmi,
a 61 anni, ancora a praticare. A praticare quotidianamente e con tanta
passione.
Iniziai
col Karate perché allora, a Milano, c’erano solo Karate o Judo: a me prendeva
di più menar cazzotti che avvinghiarmi e strattonarmi, forse anche in ragione
delle mie “vivaci” esperienze di strada, così scelsi il Karate.
“Il” Karate perché allora era pensiero
comune che di Karate ne esistesse uno ed uno solo: lo Shotokan.
Ci
sarebbero voluti un paio d’anni per scoprire che lo “Shotokan” era solo uno
delle centinaia di stili di Karate ed un paio d’anni ancora per scoprire
che dello Shotokan c’erano diverse
interpretazioni.
Non voglio tediarvi con il mio passato
marziale, tra diversi stili di Karate, poi quello che allora si chiamava
“Contact” ed oggi è “Kick Boxing”, e poi il “Karate Storico / Shaolin Mon
Karatedo” e Ju Jitsu, Yoseikan Budo, Kenpo, Kali, I Chuan, Wing Tsun / Wing
Chun, Tai Chi Chuan …
Perché passai da una
pratica all’altra era, sostanzialmente, dovuto alla ricerca dell’Arte più
completa, con le “armi” più efficaci.
Con
gli anni, incontro dopo incontro, mi accorsi che ero io, il praticante, a dover
cercare la consapevolezza (“stare
nell’esperienza – il qui ed ora; esercitare un’attenzione vigile e dinamica –
il cacciatore; apprezzare sorpresa e stupore – sospensione del giudizio,
ascolto empatico; scoprire lo straordinario nell’ordinario – unicità
dell’esperienza” in http://www.tizianosantambrogio.it/tai.html )
attraverso il saper gestire corpo ed emozioni:
le diverse Arti erano solo strumenti per
rendermi più capace.
Monica e Lupo, il mio calore |
Più importante è il
“come” ci passai. Un “come” che portò a galla la mia parte Ombra, quella parte
“cattiva” che non volevo riconoscere ed accettare, che usciva fuori, brutale e
predatoria, dotata di un’apparente vita propria ed incontrollata. Un “come” in
cui fu fondamentale il mio percorso
gestaltico (“Quando accade qualcosa
di reale, ciò mi emoziona profondamente” F. Perls), insieme ad alcuni
accadimenti personali: l’essere lasciato dal mio grande amore, mia moglie
Donata, improvvisamente votatasi ad una vita di allegre vacanze, settimane
bianche, divertimenti e spensieratezza in una compagnia di giovani poco più che
ventenni, ancora stanziali presso mamma e papà, con ciò privato dell’immenso
piacere del quotidiano vivere con mio figlio Kentaro e del quotidiano accompagnarlo
nel diventare adulto; poi l’incontro con
Monica e quel che ne seguì, di sentimenti forti rinnovati, compresa la nascita
di nostro figlio, il mio stupendo Lupo.
Un “come” che mi
spinse a ridurre le frequentazioni di studio marziale, laddove ogni Insegnante
incontrato, di qualsiasi Arte, imponeva tecniche e loro imitazione: una povertà
ed una noia mortale !
Ripresi,
invece, la pratica Feldenkrais
(
“Seguendo processi organici simili a
quelli del bambino che impara per la prima volta a muoversi nel campo
gravitazionale, il Metodo Feldenkrais ci permette di svincolarci da schemi
posturali e di movimento meccanici e ripetitivi, divenuti inadeguati e inadatti
a rispondere ai nostri bisogni, o addirittura dannosi per noi. Offrendo opzioni
diverse e alternative al nostro abituale modo di muoverci, e stimolando
l’autoconsapevolezza, il Metodo Feldenkrais permette la ripresa della crescita
delle strutture nervose e aumenta la nostra capacità di scegliere più
liberamente come agire e come essere” a cura dell’ Associazione Italiana
Insegnanti Del Metodo Feldenkrais ),
e
mi accostai al mondo della danza, in
particolare:
Expression Primitive
(
“… la danzamovimentoterapia è una preziosa
occasione per essere attraversati dalla dolorosa sensazione della crescita e
della conoscenza”. Danzare le Origini.
V. Bellia)
e
Danza Sensibile
( “La
pratica del movimento cosciente permette di confrontarsi con le risposte inattese
che emergono spontaneamente dal corpo. Le azioni fisiche svelano il proprio
mondo psichico ed emotivo, portando alla luce aspetti personali rimasti in
ombra, e riportando alla coscienza memorie passate o addirittura arcaiche,
registrate in ogni singola cellula del nostro corpo” in http://www.danzasensibile.net/storia_pratiche.htm
).
Da tutto questo
impasto, andando, come è sempre stato sin dall’adolescenza, oltre il
conformismo piuttosto che banalmente contro (“Vale più un cuore puro e un cazzo dritto, di ogni pensiero debole,
piagnone, contro” G.L. Ferretti) nasce
una mia personale pratica marziale che, pur sempre in evoluzione, ha ormai dei
cardini, delle fondamenta, ben chiari.
Restando
sul campo motorio, essi sono l’identificazione dei fattori essenziali per ogni
agire: peso, spazio, tempo, flusso ( come li indicava Laban )
Che
significa porsi queste, come prime domande relative al corpo:
Quale
parte si muove ?
Dove
comincia il movimento ?
Come
si estende attraverso il corpo ?
Per
poi porsi quelle relative allo spazio, agli impulsi fisicoemotivi ed infine
alle diverse manifestazioni della forma, per me intesa sempre come tra-sforma
!!
Ma qui siamo già pienamente nel campo dell’individuo come unità psicofisica indissolubile,
pur nelle articolazioni delle funzioni vitali. In cui il “corpo” è un’unità
inscindibile che genera in se stessa il proprio senso. In cui, qualunque
aspetto materiale (stato fisiologico, comportamenti, espressioni vocali, ecc.)
è un’impronta che rinvia a un vissuto psichico e viceversa.
La peculiarità,
l’originalità di quel che facciamo allo Z.N.K.R., ne esce ben evidente.
Probabilmente soli, unici, nel campo Arti Marziali, ad avere la consapevolezza
di quanto sopra. Per dirla brevemente: ogni
nostro gesto influenza un nostro stato d’animo e ne è a sua volta influenzato.
Fatelo capire a chi pratica spinning o si sfoga
menandosi “ a tamburo” su un ring o in qualche corso di difesa da
strada; a chi fa danza del ventre o memorizza e ripete forme di Tai Chi Chuan;
a chi percorre vasche su vasche di nuoto o a chi, immobile, sta in posizioni
del Chi Kung. Tutto quel che fai innesta
modifiche nel tuo stato d’animo e ne è a sua volta modificato. Esserne
consapevoli è iniziare un percorso per scegliere quale attività fare e come farla. Allora va bene tutto, il mimo e
il Krav Maga, il Pilates e il Judo, la Zumba Dance e il Tai Chi Chuan se
affronti queste quattro domande:
Cosa
stai facendo ora ? Sei consapevole di come agisci ?
Cosa
provi in questo tuo fare ? Come ti stai emozionando ?
Cosa
vuoi evitare con questo tuo fare ? Da cosa cerchi di stare alla larga ?
Cosa vuoi veramente da questo docente e da
questa pratica ?
Per noi, allo Z.N.K.R.
come più volte detto e scritto, praticare Arti Marziali è metafora e metonimia
del confliggere quotidiano.
Imparare
a “menar le mani” per imparare a stare nei conflitti quotidiani, accettandoli
come componente essenziale, positiva, di ogni relazione.
Non voglio dilungarmi
oltre.
Celso |
Mi
preme, qui, ricondurmi
-
ad
una domanda fattami, in pedana, dall’Insegnante Celso e relativa alla
continuità, dialettica invero, del nostro metodo. E sì, il modo di muoverci è
sostanzialmente lo stesso ,da una quindicina d’anni a questa parte. Solo ( e
non è poco) sempre più sottile, più “interno”.
Perché l’avversario che hai da temere di più
non è il più grosso, il più voluminoso, ma quello che non vedi, che ti colpisce
senza darti alcun segnale (Ehi, stai pensando a qualcosa che va oltre lo
scontro fisico ? Che dallo scontro fisico si proietta, si estende sui tuoi
sentimenti, sulle tue emozioni ? Stai pensando giusto, amico: dalla formazione
alle “botte” alla formazione … al vivere !). Perché così risparmi le tue
energie, non le disperdi in gesti e movimenti ampi, sprechi meno ed ottieni di
più (Azzz, siamo anche degli ecologisti perfetti !?!?). Perché così lavori sul
sistema nervoso parasimpatico, quello che si affida alla muscolatura profonda
sostenuta da visceri ed organi, lasciando in secondo piano il lavoro osteo
muscolare.
Paul Klee: Insula Dulcamara |
Perché “Risulta
più chiaro come, fra tutte le tecniche psicologiche e corporee destinate a
curare un individuo, alcune favoriscano la capacità dell'Io di esercitare il
suo controllo - e sono quelle più adatte per la fase di adattamento alla realtà
-, mentre altre favoriscano il recupero delle parti ombra, e quindi l'esercizio
dell'Io a rinunciare al proprio controllo e a mettersi al servizio della
propria integrità. Le tecniche di pensiero positivo e quelle destinate
all'acquisizione di un controllo sul corpo ( come la danza classica, il
culturismo, la ginnastica tradizionale e in definitiva tutta la medicina
classica) sono più affini, come intenzione, alla fase di costruzione dell'Io.
Nella stessa direzione si muovono tutte le forme di psicoterapia che
considerano l'inconscio come una cantina buia da sgomberare. Alla fase del
recupero della propria integrità sembrano invece adattarsi meglio le forme di
terapia ( quali le tecniche di movimento spontaneo, la meditazione nelle sue
varie forme o le psicoterapie centrate sull'espressione di sé) che vedono
nell'inconscio - ma anche nel divino o nella sacralità del processo - la radice
da esplorare ed eventualmente da reintegrare nella propria vita. E il corpo
come il luogo dove tutto questo può accadere.” ( “Pensare col corpo”.
Tolja & Speciani ).
Luigi |
-
ad
una intelligente osservazione che, sempre in pedana, fece Luigi e che suona,
più o meno, così: “Ma un principiante che
venisse oggi in Dojo, che fatica farebbe, come potrebbe, capire e praticare in
questo modo ? “
Non
so che fatica farebbe, so come aiutarlo in questa fatica: Con il nostro metodo maieutico, fatto di domande,
domande mirate a partire dal sapere del praticante stesso.
Quel che è certo è che,
da noi, le porte sono aperte a tutti: che vogliano fare della pratica marziale
uno strumento per crescere e trasformarsi nelle relazioni di ogni giorno o che,
invece, semplicemente vogliano imparare a menar le mani.
Per tutti, ma soprattutto per i primi, vale
la regola che chi viene regolarmente e
si appassiona a quel che fa, mi accompagna lungo il percorso; chi viene
saltuariamente e poco appassionandosi mi segue nel percorso; chi viene poco o
nulla e poco o nulla si appassiona mi … insegue lungo il percorso !!
“Il
kung fu è così straordinario perché non è affatto speciale. E’ semplicemente la
diretta espressione di quello che ognuno sente con il minimo utilizzo di mosse
ed energia”
(B. Lee)
Accompagnarti è:
RispondiElimina“saper conoscere l’armonia dentro al conflitto” e poi crescere, creare, costruire, insieme.
Seguirti o Inseguirti è:
Non conoscerti e di riflesso non considerarti, e ritrovarsi a farsi e a fare tante ed inutili domande e a sollevare grandi ed inutili dubbi creando così inutili conflitti che non si possono risolvere se non con noi stessi.
L’avventura più bella è Accompagnarti, Mio Sensei.