“Sii
paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e … cerca di amare le
domande che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una
lingua straniera.
Non
cercare le risposte che possono esserti
date poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il
punto è vivere ogni cosa.
Vivere
le domande ora.
Forse
ti sarà dato, senza che tu te ne accorga, di vivere fino al lontano giorno in
cui avrai le risposte”
(R.M.Rilke)
Certo, catalogare un
matrimonio, il mio matrimonio, alla voce “Cose di tutti i giorni”, mi fa un po’
specie.
Non
è che uno (io) si sposi tutti i giorni !!
Non
sarà più, di questi tempi, l’evento unico della vita di un individuo,come non
lo è né per me né per Monica entrambi già “cerimoniali” in anni lontani, ma si
tratta pur sempre di un passo, di una formalizzazione importante, di rilievo.
Allora
digerisco la cartella “Cose di tutti i giorni” ( ma un posto, dai, ce l’avrebbe
avuto anche in “Arti Marziali”, non fosse che per la straripante presenza di
praticanti un’arte del combattimento; ma spazio pure a “Da vedere”, per lo
spettacolo di emozioni, sorrisi ed incontri che ha rappresentato; pure in “Da
leggere” ci sarebbe potuto stare: perché di questo evento, le letture
potrebbero essere molte e diverse tra loro). Sì, mi accontento di “Cose di
tutti i giorni”, anche perché, a volte senza nemmeno renderci conto, ogni
giorno agiamo fatti, assimiliamo esperienze di questi fatti, li formalizziamo,
li ritualizziamo e tutto questo rappresenta, con il “qui ed ora”, anche il
retaggio che ci indirizza in una direzione piuttosto che in un’altra. Appunto,
a volte .., per poi lamentarci dei limiti di una situazione, di un “passato”
che, ma guarda un po’, noi stessi abbiamo costruito e formalizzato. Tutti i
giorni.
In tanti, prima, durante e
dopo, mi hanno chiesto “Perché?”. Nessuno, o quasi, che mi abbia chiesto “Come?”.
Eppure
la domanda in grado di leggere e comprendere ogni relazionarsi, ogni
accadimento frutto del relazionarsi / confliggere è quella che supera il perché
per fondarsi sul come: essa sola esprime il desiderio di capire cosa stia
accadendo a partire dall’esplorazione di come stia accadendo.
Quale
protagonista può poi dire con esattezza il perché del suo agire ? Perché mai,
inoltre ci dovrebbe essere un unico e solo perché ? Chi, ancora, è poi convinto
di poter stabilire un nesso tra due eventi solo perché si sono succeduti (post
hoc ergo propter hoc) ? In ogni scienza, ciò è considerato un grossolano errore
!!
OK,
allora ora … non vi dirò del “come”: Non me l’avete chiesto !!
La bomboniera è stata un sorpresa
spero simpatica: una tavoletta di cioccolata incartata in un foglio con la figura
di due sposi, una data, un augurio che fosse un buon ricordo e … una frase a
campeggiare ben in evidenza: “CE N'EST QU'UN DÉBUT CONTINUONS LE COMBAT”.
Una frase, tra quelle
proposte a Monica, che lei ha subito scelto con entusiasmo. Per me sta a
significare la mia adolescenza e giovinezza in tutte le sue espressioni più
forti: è il motto francese del Maggio ’68. E’,lungo la mia storia, la violenza
personale assurta, in gruppo, a catarsi purificatrice, a sogno di rivoluzione
in una società stantia, classista e forte con i deboli quanto debole con i
forti. Sogno stupido, subito infrantosi
nella sua mania di grandezza ma, almeno in qualche piccolo tratto, in qualche
minuscolo scossone, portatore di cambiamenti anche radicali. Certo, a vedere
come siamo conciati ancor oggi tra strapotere vaticano e manipolazioni dei
mezzi d’informazione, ad essere governati da un uomo della finanza come Monti o
da un imprenditore in odor di mafia ed intrallazzi come Berlusconi, a veder
loro contrapporsi ( apparentemente) un travet come Bersani, c’è poco da
rallegrarsi, come poco mi rallegra sentire la mano pesante dei poteri forti di
banche e finanze, vedere i valori di consumo e sfrenato sessismo che imperano
…. Ma, almeno, io e tanti come me, ci abbiamo provato.
Poi, quella frase è un
costante, entusiastico invito a non abbandonare mai la voglia di esserci e dire
e fare la propria, a manifestare i propri “sì” che siano eco del vivere che
vibra in ogni aspetto del quotidiano e attende solo di scoprirsi e che, se sapremo
essere individui adulti autodiretti, un giorno, forse, saremo orgogliosi di
aver contribuito a scoprire.
Poi, in un matrimonio
che, apparentemente, è l’apoteosi del volersi bene, del giuramento eterno,
della favola linda e pulita, “Non è che l’inizio, la lotta continua”, ci
sta proprio bene !!
L’emozione di avere accanto i
miei due figli: Kentaro, a farmi da testimone, Lupo, a portarci gli anelli.
Fare
un figlio è, per me, un inno alla vita, alla gioia del futuro, è un’iniezione
di ottimismo contro tempi e modi che si presentano bui e difficili
Per
questo la scelta del nome è importante. Il nome è un augurio, un indirizzo
verso una strada che poi starà al singolo, divenuto adulto, scegliere o meno.
Il nome è l’inizio di un percorso possibile:
Kentaro,
ovvero “uomo spada”, spadaccino, Lorenzo, il nome di mio padre, a rappresentare
la continuità della famiglia, dei Santambrogio.
Le
stesse iniziali rovesciate per il secondo, perché, pur messi al mondo da madri
differenti, sappiano sempre di essere fratelli. Così Lupo, l’animale selvatico,
della libertà e della caccia, della natura oscura, Kriss, il pugnale sacro a
forma del dio serpente.
I
figli a cui dare tutto quello che ho, senza alcun limite. Senza la scusa del “lo faccio per il tuo bene”, senza
interrogarmi più di tanto se sia giusto o sbagliato. Importante è lasciargli
crescere dentro quella forza tenera che gli permetterà di affrontare la vita
con il cuore aperto ed il sorriso sulle labbra. Regalargli la gioia di vivere.
Magari mondata delle Ombre oscure che si annidano dentro di me, di quella
violenza nera che è parte di me. Tanto, come la metti metti, nessuno cresce
“principe azzurro”, “eroe senza macchia né paura”, perché la vita sa sempre
come impastarti anche di merda e schifezze. E questo vale per tutti, anche per
i miei ( ed i tuoi ) di figli.
Ecco,
il mio matrimonio, il nostro matrimonio, mio e di Monica, è stata anche la
festa, il rito dei figli.
Un simpatico saggio dedicato ai maschi,
elenca così, in ordine di importanza, le scelte che la promessa sposa deve
affrontare: 1) come vestirsi; 2) a chi affidare il catering; 3) chi sposare.
Gestito
in totale autonomia da Monica il punto 1), lei ha poi invece contraddetto il
pensiero dell’autore del saggio stesso: “L’importante
è che (lo sposo) non sia tecnicamente
morto e sia possibilmente scapolo e ricco” al punto 3. OK per il non morto
e più o meno scapolo ( non si usa più “divorziato”), ma certo non sono ricco. A
meno di non interpretare ricco come ricco di vitalità, emozioni e passione !!
Ottima,
però, la scelta del punto 2), il catering: cogestito nella preparazione con
l’amica e collega Betty e da quest’ultima, più famiglia & co., splendidamente
realizzato. Grazie Betty !!
Un
locale accogliente, ben diviso tra spazi ospitali, un caldo camino, poltrone e
cuscini; cibo e bere di quantità e gran qualità e, soprattutto, uno stuolo di
amici sinceri, hanno fatto emozionante, dopo la cerimonia, anche il rinfresco
della sera.
Un
grazie, tra gli altri, all’allievo ed amico Valerio, che ha accettato il
compito di celebrare il matrimonio. E come avrei mai potuto affidare un momento
così importante della mia vita ad un estraneo ?
Un
grazie alla fotografa bionda, Angelica, che invece di godersi cerimonia e
festa, chiacchiere e cibo, si è data al lavoro “sporco”: immortalare, passo
dopo passo, attore dopo attore, il mio matrimonio.
“Omnia
tempus habent”: Ogni cosa ha il suo tempo
(Ecclesiaste; settanta)
Congratulazioni!
RispondiEliminaSiate Felici.
solo voi due potevate sposarvi alla fine del mondo..consapevoli che una fine corrisponde sempre a un nuovo inizio. ^_^
RispondiEliminabuona vita