“Tutto
quello che hai sempre voluto è dall’altro lato della paura”
( G. Addair )
Alte
tempeste che inondano il ventre, lo divorano di passione ruvida e purpurea.
Gomiti come pugnali sguainati.
Senza
uno scopo chi saremmo ?
E quando lo scopo è ostruito da un ostacolo,
la fame aumenta a dismisura e l’ostacolo null’altro è che, appunto, un
ostacolo: insignificante nullità che osa frapporsi tra noi e la nostra
decisione.
Le
maglie nere della Scuola si tendono e si gonfiano sopra schiene lisce, animali
sinuosi e feroci.
Entrano
divorando la distanza, puntando quegli angoli morti che permetteranno loro di
sbriciolare ogni resistenza.
Colpi,
percosse, ossa e carne allo scontro.
Lo
spirito del Wing Chun è tutto qui.
Maledizione dei secoli, brutale istinto di
sopravvivenza, lame di incubi che si fanno corpo e respiro e sudore.
Lo
so, sarebbe più semplice “costruire”, preparare allo scontro, il guerriero
sfiancandolo con pesanti esercizi fisici o torturandolo con frequenti apnee.
Oppure lavorandone il respiro perché, di ritmo frenetico e di ampiezza profonda,
avveleni il cervello intellettuale inducendone semplici ed immediate
risposte rettiliane. Ed eccolo allora
pronto a combattere.
Ma
non puoi prepararti ad innamorarti, nemmeno ad incontrare la morte. Quale
stolto si può illudere, ed illudere altri, di prepararsi alla distruzione
totale, all’aggredire per non morire, di più, per uccidere, di più ancora, per
togliere quell’insignificante ostacolo tra noi e il nostro scopo ?
E ti innamori, così, d’improvviso. Ti innamori
della collega d’ufficio una settimana dopo che ti sei sposato con la ragazza
che hai da dieci anni. Ti innamori della cassiera del supermercato proprio
mentre tua moglie sta per mettere al mondo tuo figlio. Ti innamori, i tuoi
capelli già ingrigiti dal travaglio degli anni, di quella sconosciuta che sale
con te alla stessa fermata dell’autobus e neppure sai come si chiami.
E
questo è il nostro Wing Chun Boxing.
Da subito cacciatori di distruzione, per un’ora sola ma, in quell’unica
irripetibile ora, totalmente votati alla distruzione di quell’insignificante ed
inutile ostacolo che si frappone tra te e la tua decisione.
E
non importa se quell’ostacolo ha occhi che ti guardano e un respiro che è del
tutto simile al tuo: essere uomo come te. Lui è l’insignificante ostacolo da
abbattere, da disintegrare. Ad ogni costo.
L’essenza, il cuore, del Wing Chun è tutto qui.
Ad
altri i passi a “pinocchietto”, il “giro delle mani”, le integrazioni con
tecniche e faccende copiate da altre arti o altri sport. Anche quando
meccanicamente corrette, che senso hanno se prive del mostro della distruzione,
della violenza dell’uccisione ?
Per altro, che ne possono capire atleti da
performance o lottatori da ring ? Questi fanno bene ad irridere il Wing Chun ed i suoi praticanti. Ne
osservano le tecniche, la motricità e sono palpabili i limiti. Ma anche quando
gesti e forme appaiano efficaci, la loro comprensione si ferma lì. Se ( se) praticassero, come loro chiesto, dentro le regole scritte e non scritte di una pratica sportiva, mai a costoro sarebbe consentito
annusare il rosso della passione violenta, l’estrema brutalità dell’agire che
distrugge. Dentro, nell’animo prima ancora che nel corpo. Droga cieca che ti
irrora le vene.
Incerti
sul destino dell’eroe, sulla riuscita delle sue opere, il mondo retto con mano
d’acciaio da una divinità malvagia dalle mille sembianze, la cenere di un
pensiero decadente che, dal cielo, scende ad inquinare città e campagne, la
nebbia di valori incerti e sgangherati nella loro superficialità che rende
l’atmosfera inquietante, un gruppo di cacciatori, di predatori, decide che se
le antiche profezie erano tutte false nemmeno possono aspettare un nuovo Godot che giunga a
salvarli. Perciò decidono di agire per conto loro. Non riusciranno mai a
cambiare la situazione né tantomeno il mondo. Ma nemmeno questo a loro
importa. Importa solo tornare uomini e
donne guerrieri, deboli nella loro potenza. Che, forse, si sono innamorati e si
innamoreranno ancora, forse ascolteranno le loro emozioni, sposteranno oggetti
e forze, energie di questi oggetti ed eventi, accresceranno i propri attributi fisico
emotivi, forza e resistenza e sensi profondi, costruiranno relazioni sane,
anche conflittuali e probabilmente sane proprio per questo. Consapevoli della
propria immensa forza acquisita quanto dell’ineluttabilità dell’altro da sé.
Portatori di doni.
E
comunque, vittoriosi o sconfitti, sicuramente, vivranno.
( H. Ford )
trambusto di sonagli, i corpi sibilano,guizzano per andare oltre, senza perdere troppo tempo a "giocherellare" con l'ostacolo che si pone tra noi e l'obiettivo, due,tre colpi di gomito al volto,scorretti in ogni sport da combattimento e letali..eppur qualcosa ancora mi è estraneo. Non facile ancora trovare quell'attitudine, che ritrovo con le armi,coltello,spada..presumo abbia a che fare come dicevi l'altra sera,col fatto che non abbiamo sensibilità nei gomiti, poichè semplicemente non siamo abituati nel quotidiano ad usarli.L'uso delle attività manuali, dalla riflessologia plantare al dipingere col pennello, al sistemare manualmente varie piccole cose,allo scrivere...al semplice dare la mano per presentarsi..almeno finora non mi è mai capitato di dare il gomito...ciò significa che ancora non c'è una piena consapevolezza di me corpo,lasciamo perdere le motivazioni ora, ma mi chiedo quanto sia solo questo? la componente psico emotiva ancora non la trovo...ma è l'obiettivo.
RispondiEliminaun corso di massaggio tahi (coi gomiti appunto) non sarebbe una cattiva idea ma ora sarebbe come mettere troppa carne al fuoco..e già ne ho da cucinare a fuoco lento. Potrei provare a dipingere coi gomiti, e col dorso della mano e scoprire che accade? assurdo,ma proprio per questo motivo sarebbe al caso mio ora. Distruggere uno schema abitudanario dell'uso delle mani per giungere all'obiettivo,di una miglior consapevolezza dei gomiti.
"Medesimamente, e per tutti i giorni di una vita senza splendore, siamo portati dal tempo; ma viene sempre il momento in cui noi dobbiamo portarlo.....il domani: egli desiderava il domani, quando tutto il suo essere avrebbe dovuto ribellarvisi. Questa rivolta della carne è l'assurdo".
A.Camus - Il Mito di Sisìfo