Da
vedere, per immergersi in due ore di spensierata assenza da ogni problema, due
ore di assoluto svago, di immagini enormi ed enormi “panzane. La Walt Disney la
fa da padrone e ci mostra il “lato chiaro” della vita, le iperboli e gli eroi
di celluloide, inserisce battute ironiche e figure a tutto tondo.
Chi
si ricorda i patemi d’animo, anche solo accennati, le mani a scavare nel
contorto animo umano, l’Ombra e i suoi richiami delle opere di Lucas, sia,
invece, qui disposto ad accogliere una simpatica favola per bambini. Bambini
ben pasciuti, tenuti al caldo e protetti, accuditi ogni ora del giorno da quella instancabile
mamma robot che è la televisione, con un progetto di vita che, presumibilmente,
li porterà, quando avranno “dieci
centimetro di pelo sotto le ascelle”, a continuare un’anaffettiva e priva
di erotismo vita nel gregge.
Allora
… via le mani dagli occhi, ma soprattutto via dai pensieri, dai tormenti che
sfondano emozioni e ti mangiano l’animo.
Diventa
semplice far finta che niente ti
appartenga, che il tuo respiro sia solo meccanica di mera sopravvivenza.Tutto accade, sullo schermo, qui ed ora, e ti viene elargito, in elegante carta patinata, come un dono di Natale.
Qualche
critico, nel disperato tentativo di sfoggiare un po’ di sapere colto (e che diamine, avrà pensato, sono un critico
cinematografico e dunque pur sempre un intellettuale) e regalare al film una
minima patina di pensiero adulto e critico, ha preso la figura di Ky Loren, il
nuovo cattivo, come esempio di tormento tra Bene e Male, e per fortuna che non
si è spinto nelle paludi del complesso edipico per spiegarci l’uccisione del
padre. Poi c’è chi ha agitato le immagini di violenza di massa sui villaggi per
celebrare un presunto crudo realismo, una “violenza
genocida effettivamente percepibile”.
Troppo
poco, e troppo generosamente appiccicato ad una pellicola di puro svago, per
colpirmi davvero.
Che
di svago, e pure piacevole, si occupa Star Wars 7. Si tratta solo di decidere
se ti vanno due ore di vacanza nel fantastico mondo zuccheroso della Walt Disney.
I
bambini, eravamo in sedici di cui dieci tra bambini e ragazzi, se la sono
goduta allegramente.Io pure.
Certo,
nella sala accanto davano Moby Dick. Però, se ricordo un libro affascinante e
tormentato, altro che lettura per ragazzi come a indicare un testo superficiale,
piuttosto un corposo addentrarsi nelle viscere e nell’oscuro dell’uomo, non
vorrei trovarmi davanti un film che sia la solita “caramella” al miele
dolciastro per fan di face book, battitori insaziabili e compulsivi sui tasti
del WhatsApp, rincoglioniti da una
società di un’unica stagione sempre quella, un unico pensiero ( o “pensiero
unico”), un unico gusto. Un “unico”, insomma, che lasci sopravvivere
mediocremente senza mai rischiare di vivere.
Mah,
ci penserò.
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