giovedì 13 aprile 2017

Che senso ha?



A volte capita di incontrare uno per strada e quello, dopo un primo “Ciao!”, si affretta a dirmi che presto tornerà in Dojo.
Ma io mi sono fermato per un saluto di cortesia e se ti andasse, per sapere come stai. Non certo per infilzarti con un senso di colpa perché te ne sei andato, magari senza nemmeno avvisare, come si fa con quel bar, dove hai fatto colazione per un po’ di volte poi, sarà che ne hanno aperto uno più vicino, sarà che ti sei messo a dieta, non ti sei fatto più vedere.
Non vieni più? Che tu sia sparito magari senza dire nulla o mi abbia propinato dei motivi a cui nemmeno tu credevi, che invece tu ti sia allontanato perché sinceramente ritenevi concluso il tuo percorso insieme e insieme ne abbiamo parlato … Bene. Hai avuto le tue buone ragioni. Ora, se stiamo fermi uno davanti all’altro, se nessuno dei due ha ripreso il proprio cammino dopo il rapido “Ciao!”, sarà per dirci qualcosa di noi, del nostro stare al mondo. Sarà per sapere l’uno dell’altro ora, e non prima.

Come, ogni volta, mi emoziona quando qualcuno che ha camminato con noi per poi andarsene, viene a trovarci. Viene per due chiacchiere, una festa, uno stage anche senza praticare. Penso a Guido, a Tina, compagni per qualche anno di un viaggio sudato e gioito insieme, che ci sono rimasti amici; ognuno ora nel suo personale viaggio o a sostare nella sua personale oasi, ognuno magari distante nelle scelte così diverse dalle nostre,  ma entrambi mai dimentichi del viaggio e dei compagni di quel viaggio, mai così lontani o tanto occupati da non sentire dentro il desiderio di rinnovare un incontro, di rincontrare degli occhi e allora, a volte, li ritroviamo con noi per una bevuta e due chiacchiere.

E penso a quelli che sene sono andati e tra loro anche chi giurava “eterno amore”, chi si profondeva in frasi e gesti eclatanti. Penso che, inevitabilmente, qualcosa, poco o tanto, sia rimasto loro dentro del tratto di viaggio condiviso. Eppure, che si siano allontanati furtivamente o che lo abbiano fatto apertamente, che si siano coperti di un manto di bugie o che ci abbiano guardato dritto negli occhi non importa, hanno fatto scendere una pesante coltre di silenzio, hanno cercato di nascondere le loro tracce.

Lo so, ognuno è fatto a suo modo. E ognuno risponde alla sua di coscienza, che la ascolti o che, come un Pinocchio del terzo millennio, la scacci a martellate.
Lo so, c’è chi ha scritto che l’amicizia è come il caffè: una volta raffreddato, anche a scaldarlo, non ha più lo stesso buon sapore.
Ma io resto convinto che se una e più volte ti sei mostrato nudo in pedana, se una o più volte hai scorto la nudità, nascosta o palesata evidente, dell’altro, se hai sbattuto in faccia all’altro i tuoi pugni, quelli fisici e di rancore, di rabbia e paura, se il tuo naso, le tue costole, hanno scricchiolato sotto i colpi dell’altro, se la tua pelle ha sanguinato sotto il tagliente dell’arma dall’altro impugnata, non può essere scomparsa ogni voglia, ogni desiderio, di  fare un salto in quel luogo, di riavere davanti quegli occhi, di riascoltare quel battito di cuore e nel farlo, ascoltare come ora sono i tuoi di occhi, il tuo di battito.

 O forse, davvero, “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto... chi ha dato, ha dato, ha dato... scurdámmoce 'o ppassato, simmo 'e Napule paisá!” significa non voler rivangare nulla del passato, tantomeno cercare un volto o una persona. Vivere solo nel presente. A maggior ragione quando questo passato ti ha segnato così profondamente, ci hai dedicato così tanto del tuo tempo e della tua energia che ora te lo vuoi lasciare alle spalle. Magari hai anche voglia di dimenticarlo in fretta.
Allora, hai ragione, è meglio così. Meglio non tornare sui propri passi.

Però, se mi incontri del tutto casualmente per strada, fai finta di non vedermi, oppure un saluto rapido e poi via, senza voltarti. Se mi cerchi per telefono o via mail, non leggermi la tua agende degli impegni per giustificare il tuo non venire mai a trovarci, non propormi degli incontri che poi regolarmente annulli.
Lo dico per me, egoisticamente per me. Per me che sono stato e sono tutt’ora sempre disponibile ad ascoltare, ad aiutare a rammendare e ricucire stoffe sdrucite o strappate, quand’anche sia tu ad averle nuovamente sdrucite e strappate, purché tu non finga che sia stata l’usura o il caso o “Ero... rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette!
Lo dico perché io, con Jorge Luis Borges, penso che” Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un po’ di se e si porta via un po’ di noi. Ci sarà chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla.
Questa è la più grande responsabilità della nostra vita e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso”.

 Buona strada a te !!

 

Post illustrato con fotografie scattate a Cesano Boscone, durante il tragitto a piedi compiuto,
per ragioni di lavoro, dal mio ufficio al Centro Sportivo Cereda.

 






 

1 commento:

  1. Parole sante! Ogni tanto anch'io sono (per lo più ero) così....e ti dirò, di solito ci si rende anche conto di aver appena fatto una promessa inutile o di aver dato una giustificazione che nessuno ha chiesto...e di aver inevitabilmente fatto la figura del povero indeciso che non sa gestirsi la vita e prendersi le proprie responsabilità, quando sarebbe bastato mostrare interesse su come va attualmente il dojo (o il vecchio bar o la casa dell'amico) per dimostrare che qualcosa ti è rimasto e che ci tieni anche se non ci sei più

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