martedì 18 aprile 2017

… se la strada è libera …



Se la strada è libera, avanza”, sarà stata una lettura appiattita di questo motto (per altro tradotto in un italiano per ignoranti) ad aver imbrigliato la pratica Wing Chun, sarà la sua estensione ad indurre a credere che il praticante WCB vada sempre avanti e sempre diritto, sarà il banale e insieme sciagurato “Una linea retta è la distanza più breve tra due punti”, sarà appunto tutto ciò ad aver condizionato la pratica Wing Chun.
Condizionato fino a farne un teatrino di gesti meccanici, “scattosi”, di geometrie spigolose, di gomiti innaturalmente stretti stretti ai fianchi, di posizioni fisiologicamente scorrette, di una totale assenza di fluidità, di praticanti dalle braccia gonfie di muscoli e dediti al potenziamento muscolare come di esangui fanciulle convinte di primeggiare su ogni aggressore grazie alle micidiali tecniche del Wing Chun.

Sarà, ancor più io credo, che la nostra cultura “occidentale” è costruita sulle separazioni e sull’antagonismo, e la “forma mentis” che ne ricaviamo ci induce verso percorsi “lineari” basati sull’affermazione del nostro ego, quali che siano frizioni ed ostacoli che ne derivano. Così, sono i movimenti rettilinei quelli a cui ci affidiamo.  Secoli di “men sana in corpore sano”, di Illuminismo (con la sua ipertrofica supremazia della ragione) ci portano a privilegiare l’autonomia, la separatezza, di ogni parte del nostro corpo, affidando soltanto ai suoi muscoli, di più, ai muscoli visibili, quelli cosiddetti superficiali, il compito di attivarne i movimenti. Così abbiamo scordato l’armonia e la coordinazione dei movimenti del corpo che hanno segnato la nostra prima infanzia e diveniamo dei manichini. Così abbiamo perso ogni traccia consapevole dell’animale che c’era (c’è?) in noi e da cui tutti proveniamo. (1)

Invece, la cultura, la Weltanschauung, orientale, è tradizionalmente fondata sulla interpretazione e sulla comprensione, sull’inclusione taoista più che sulla separazione. Il corpo è quello che noi chiamiamo fisicoemotivo”, strettamente correlato all’ambiente ed alla realtà esterna in genere.
Particolare rilevanza è data alla capacità di adattarsi e convivere con tutto ciò che noi non siamo in grado di comandare, di controllare, che muta anche indipendentemente da noi. Per permettere la nostra naturale esigenza di continuità nel tempo, essa ci induce a comportamenti ciclici e scevri di spigolosità e che nelle forme circolari hanno una loro espressione immediata ed istintiva. (2)
Il nostro stesso scheletro e il funzionamento delle articolazioni dovrebbero indurci a considerare ogni nostro gesto come impossibilitato a disegnare traiettorie lineari.

Poi, i movimenti circolari consentono sia di essere costantemente consapevoli di quel e come stiamo agendo, sia di mutare rapidamente il gesto stesso, contrariamente alle pause, alle interruzioni, necessarie a cambiare traiettoria in un gesto lineare.
Infatti,
- la quantità di moto necessaria a mutare direzione in un movimento lineare è molto più alta che per modificare un movimento ad arco, con, in quest’ultimo, una perdita di energia risibile;
- cambiare direzione, su un tragitto lineare, per andare sulla dx o sulla sx, richiede un angolo acuto, il che è ben più lento e dispendioso che lungo un tragitto ad arco.
- la maggiore rapidità di un intervento lungo un arco, fa il paio con una maggiore agilità. Agilità è definita “scioltezza e leggerezza nei movimenti del corpo” e “In fisica e nella tecnica, capacità di un sistema di variare facilmente uno o più dei suoi parametri operativi”. Utilizzando movimenti circolari, ad arco, spiroidali, cambiamo direzione dei colpi molto più facilmente, più agilmente.
- muoversi in modo circolare, privo di angoli, comporta gesti, azioni, che mutano direzione stando continuamente collegati tra di loro, dove lo scemare dell’uno è l’inizio dell’altro, rendendo ancor più ardua, per un avversario, l’identificazione delle possibili traiettorie.

La stessa rotazione sul posto presente in molti “stili” di Wing Chun, è invece eseguita in modo meccanico, bloccato, come se il corpo fosse una porta che ruota sui cardini. Ovvero un elemento fisso che, blocco unico, ruota su altri elementi fissi, blocchi unici.
Invece, arco, curva, cerchio, spirale, sono un’armonia di azioni in cui busto, bacino, braccia, mani, gambe, piedi, si muovono non nello stesso senso e con la stessa ampiezza. Noi corpo non siamo una casa di mattoni, piuttosto una tensostruttura. Quante volte abbiamo sentito ripetere nel mondo Wing Chun l’affermazione “I movimenti devono essere fluidi” ?!?! Potrà mai una porta, una casa in mattoni, essere fluida?

Il mio incontro con un WC flessibile ed armonioso avvenne in un seminterrato al quartiere cinese di Milano. Là, un docente tedesco, con ampie conoscenze di “metodo Feldenkrais”, in tenuta del tutto informale e cappellino in testa, mi introdusse nel cuore pulsante di un’Arte fino ad allora da me praticata e conosciuta con una rigidità ferrea, tra l’altro del tutto lontana da quell’aurea di flessibilità e cedevolezza di cui veniva ovunque ammantata.
Purtroppo, ancora troppo incredulo io e del tutto estranea quella pratica a quanto imperava, di rigido e “fisso” non solo nel mondo Wing Chun ma in tutto il mondo marziale, quell’esperienza finì rapidamente: il docente scomparso, il locale chiuso.
Più tardi, la visione di alcuni filmati, direttamente provenienti dalla Cina, mi mostrarono un Wing Chun con i pugni portati come naturale estensione della loro altrettanto naturale posizione a “riposo” (niente pugni in “verticale”, insomma!!), mi mostrarono movimenti armoniosi, senza strappi.
Semplice, da lì, forte anche degli studi e delle pratiche corporee e marziali di quegli anni, arrivare al nostro Wing Chun Boxing ove l’istinto animalesco viene alla luce, la nostra psiche educata o intenzionale si limita a sentire il movimento spontaneo dettato dalle risposte combattive, predatorie, di quell’istinto.

 Da un’estrema morbidezza risulta una grande potenza. Da un’estrema naturalezza nei movimenti risulta l’agilità”, così recita un motto del Wing Chun. Poi, però, bisogna saperlo attuare ….

 

 

 

1. Prime pratiche, prime voci fuori dal coro, si cominciano a sentire, ormai da decenni. La progressione a spirale del sapere in cibernetica; il coaching sistemico a carattere circolare, che tanta presa ha tra i manager di cultura anglosassone e, prima o poi, sbarcherà anche in Italia.
Nel campo del corpo e del movimento, la “Danza Sensibile” di Claude Coldy e l’intramontabile ed eccelso “metodo Feldenkrais”.  
Nelle Arti Marziali, che dovrebbero essere la culla dell’animalità, della flessuosità felina, dell’istintualità e che invece sono schiave di un’anatomia meccanica e non sapienziale, esperienziale, di una ginnastica dell’obbedienza, di una fisiologia arida e schematica che pare non sapere nulla dei suoi progressi (eppure Xavier Bichat e le sue “funzioni della vita di relazione” datano 1.800 e dintorni !!) alcune voci “cantano” fuori dal coro.
Ancora troppo poco, dentro l’assordante coro di cigliosi docenti impettiti e saccenti o di profeti dell’allenamento, della “periodizzazione”, del corpo “macchina”: “In un universo cognitivo in espansione, il mondo lineare classico esplorato da Aristotele (il modo lineare della causa collegata ad un effetto) cede il passo a un universo a spirale più sottile dove tutte le parti si rapportano in molte dimensioni. E’ l’universo di Einstein, della fisica moderna. E’ il mondo della biologia e della fisiologia” (Ida P. Rolf)

 

2. Credo davvero che nel Tai Chi Chuan, il regno incontrastato di cerchi e curve e spirali, troviamo pancia e cuore di ogni buona pratica motoria / marziale, troviamo il “motore” e la “trasmissione” che starà a noi poi adattare ad ogni tipo di movimento, di gestualità, di pratica corporea.
Se poi fosse vero quanto io ed altri sosteniamo, ovvero che il Wing Chun sia una filiazione dello Hsing’I, le cose apparirebbero ancor più evidenti.

 



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