A volte faremmo di tutto per stare un po’ soli, dolcemente
affondare nel petto e piano respirare, poi un rapido movimento di mani a
ribaltare il cielo.
E nel fare e disfare e poi fare ancora, traccio nell’aria
disegni rotondi che appaiono appena verosimili.Se non fosse per un certo disagio nelle spalle, tra le scapole, sarebbe quasi bello questo lento roteare, questo circoscritto danzare.
E’ la pratica con l’anello
di bambù. Antico strumento di allenamento, ormai, almeno qui in Italia,
caduto in disuso, sempre che mai sia stato usato.
Mi diverto da solo con questo strumento, che se degli
allievi rimasti negli anni solo uno a suo tempo lo comprò, gli
altri non hanno colto l’occasione della chiusura dei locali in Simone
D’Orsenigo per portarne via uno dei tanti che lì erano rimasti.Lo assalgo, lo avvolgo, con gli avambracci e le mani, insignificanti movimenti che passano attraverso le immagini e mai mi permetto di dire che sia troppo facile, che resti tutto in superficie.
D’altronde, ogni praticante marziale, e l’adepto del Wing
Chun non sfugge a questa prerogativa, è tale se sa fluire da un gesto all’altro,
se la sua danza di mani e di corpo scivola letale senza strappi ed intoppi: per concatenare i movimenti, occorre sempre
affidarsi ad uno spunto circolare, ad un eludere ed aggredire di spiraloide
sostanza.
Tante volte, nel principiante come in chi venga da Arti e
sport, comunque chiamati, impostati sul copiare le tecniche, copiare quel che
il Maestro fa (praticamente tutti, che nessun docente pare avere alcun sentore
di maieutica e buona andragogia), trovo una povertà nelle sensazioni
propriocettive, nella coordinazione occhio / mano, che significa perdere ogni
allineamento strutturale, braccia a smanacciare fuori dal corpo o, per
l’inverso, gomiti rachitici imposti impacciati.
Imbracciando l'anello, le braccia sono fermamente
“invitate” a gestire correttamente lo spazio vitale del corpo, quella sfera
intima che il combattente sa di dover difendere ad ogni costo.
Allora, anello tra le braccia, fluido nella consapevolezza
che aggiunge sensi e tratta la spossatezza con fare semplice e distaccato, come
cosa quasi elegante, le braccia si piegano e si torcono, curvi corridoi a
rapinare di spazio e distanza l’immaginario avversario che mi sta davanti, che
mi aggredisce di lato.
Sono deltoidi, trapezio, il grande dorsale, a coordinare
l'arrotondamento della schiena e collegare la colonna vertebrale mentre lavora
la zona pelvica. Sono i muscoli profondi
a dare l’impulso iniziale, mentre la gabbia toracica si espande da dentro,
come un pallone a gonfiarsi.
Kwan Sao, Seung Gahn Sao, Po Pai Jeung, dietro questi nomi
per noi impronunciabili, provati e riprovati con l’anello di bambù, si cela
quella potenza di rotazione che, in natura, sorregge ed esprime tornado,
vortici, rotazioni planetarie.
Così, nella pratica con l’anello, ci spiegano i “classici”
e riprendono i Maestri più evoluti, se non nella didattica ancora stantia,
almeno nelle conoscenze apprese ed aggiornate, come Tyler Rea, esponente Wing
Chun del Lee Bing Choi lineage che si scosta dal più noto Wing Chun di origine
Ip Man, i polsi aderenti alla circonferenza interna dell'anello inducono le
braccia a ruotare attorno ad un punto di snodo artificiale. Dunque, “muovendosi le braccia in orbita intorno a
questo punto di snodo artificiale, esse hanno una massa maggiore di quella che
avrebbero fatto se l'asse di rotazione avesse attraversato l'area dell'osso
ulnare e radiale, così come una superficie di deflessione maggiore”.
Allora io, in questa immacolata sala che ci ospita, prendo
la scusa di una sera andata deserta, e, solo, cambio ritmo e respiro e con loro
il gesto che muta così spesso. Che il posto è qui, qui quel formarsi
all’adultità ed al coraggio che trasforma corpo e cuore, che induce le nostre
impronte del vivere ad immaginare soluzioni diverse e diversi gli incontri.
Qui stasera, abbracciando un anello di bambù e domani
chissà.
“Danza con le tue paure.
Sorridi loro a cuore aperto.
Abbracciale e stai sereno: Ora
sono tue amiche. Ora le riconosci come parte di te.
Ora tu sei loro e loro te.
E ti ritrovi più forte di
prima”
(Tiziano
Santambrogio)
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