Quando di apre la contestazione per una palla “in” o
“out”, le nostre azzurre, come le rivali del momento, sono colte naso all’insù
ad aspettare le immagini decisive.
Lo fanno accorciando il rachide cervicale, la porzione
posteriore del collo, ovvero comprimendone le vertebre.
Splendide atlete, ottime “macchine” da competizione,
sfugge loro che una migliore e completa osservazione di quanto posto in alto,
una postura che non ingeneri fastidio e, col tempo, probabili dolori cervicali,
richiede l’intervento anche del tratto alto della colonna vertebrale: la
porzione immediatamente sopra e tra le scapole.
Tra l’altro, un uso corretto del tratto alto della
colonna vertebrale limita, fino ad impedirlo, l’accorciamento della parte
bassa, lombare, della colonna, con relativa compressione vertebrale.
Insomma, per guardare più agevolmente, per ampliare lo
spazio guardato, per farlo rispettando la fisiologia del nostro corpo, la
salute del nostro corpo, occorre coinvolgere la colonna vertebrale tutta!!
Ma loro non lo sanno. Loro, come tutti gli sportivi, sono
il risultato di allenamenti tesi a ripetere
e ripetere e ripetere ancora questo o quel gesto senza alcuna attenzione
alla salute, a coordinare in sé collegamenti funzionali tra le diverse parti
del corpo, alla consapevolezza (sai
cosa e come lo stai facendo?) e neppure al binomio efficacia ed efficienza.
Senza trascurare come questa consapevolezza inciderebbe positivamente sulla
capacità emotiva di reggere lo stress e prendere rapidamente le decisioni
gestuali più adatte al momento.
Pensate a che formidabili esecutrici, che formidabili
atlete, sarebbero se fossero coinvolte in una pratica che realmente mettesse a
loro disposizione tutto il sapere del corpo, tutto il perfetto funzionamento
del corpo.
Perché questo a loro, come a tutti gli sportivi, non
accade?
Credo per diversi fattori: l’ignoranza, mi duole
scriverlo, dei loro preparatori; il tempo più lungo che una simile formazione
corporea comporta impedendo, con ciò, di avere rapidamente pronte, ovvero già
in giovanissima età, delle “macchine” da competizione; l’età stessa di queste
atlete. Sì perché la capacità di ascoltare il proprio corpo fino a diventare,
come Natura vuole, noi stessi corpo,
e la pazienza curiosa ed entusiasta di osservare ogni minimo dettaglio gestuale
per poi integrarlo in un gesto più ampio, difetta ai giovani.
Tali capacità sono, invece, concesse agli adulti e agli
anziani, sia per una maggiore maturità psichica che per un diverso equilibrio
energetico.
Sempre che anche costoro, benché non si guadagnino la
“pagnotta” con lo sport ma pratichino sport ed esercizio fisico per
divertimento e per stare in salute, non siano irretiti dal miraggio della
prestazione (presunta) eccellente, non siano portati ad usare (male) il corpo
come una macchina, nella quale, restando in quest’esempio, premere
l’acceleratore mentre tengono tirato il freno a mano, scalare le marce senza
usare la frizione, pretendere di avanzare pur avendo le ruote rivolte
all’esterno.
E tu, che intendi fare?
Prenditi cura di te per non doverti curare!!
Nessun commento:
Posta un commento