“La nave è riuscita a salpare ma non è all’altezza del viaggio.
Non
possiamo abbandonarla perché annegheremmo tutti.
Perciò
la ripariamo lungo la rotta, a pezzi e bocconi,
a
volte riuscendoci meglio a volte peggio”
(C.J.
Lebron)
Il guerriero metropolitano
procede a tentoni.
Spaventato, ancora non sa né ha capito il senso di
quell’andare così sbilenco.
Lei è quella forma snella che
ogni notte gli giace accanto, suggestiva nelle curve e distratta nel cuore:
Acciaio contemporaneo, prodotto industriale, che rincorre secoli antichi, secoli
di manufatti partoriti dalle mani umane di un solitario forgiatore.
Le parole, come spade, sanno distinguere. Sanno ispezionare
e sezionare gesti, azioni sordidi e violenti, consumati in vetrine sfavillanti
o in recessi opachi, passati in pomeriggi lunghi, balbettante attesa di parole
altre che tardano ad arrivare. Eppure, se vuoi sfoderare e tagliare, taglia:
con l’acciaio affilato non si gioca. Mai.
Odore di sudore, lontani sospiri e rantoli eccitati,
pensieri sfacciati. Eppure, nessun
guerriero si diverte ad infliggere piccole e grandi ferite, si diverte a far
soffrire. Il guerriero sfodera e taglia per uccidere, non certo per soddisfare
meschini sensi affamati.
Allora, chi impugna la spada e chi ne ha il coraggio,
l’ardimento?
Lei è quella lingua d’acciaio
che porta con sé “Ferite Profonde”, perché è questo che fanno le armi,
le spade: tagliano, uccidono.
Quando correva il tempo beatamente idiota delle certezze,
delle promesse mantenute.
Quando la Natura era incontrastata sovrana e non un dono a
uomini e donne perché ne disponessero a loro piacimento. Quando la parola data era un giuramento di
fede e non un orpello da accantonare in un gioco di abbindolamento.
Allora, perché non ci si aspetta mai che qualche cosa ci
aggredisca e ci ferisca fuori e dentro?
Sarà responsabilità di questi tempi di pace, troppa pace?
Pace infida dove il coraggio è malvisto?
Il guerriero metropolitano sa
che occorre ingannarle queste mani, distrarle in qualche inutile, persino
irritante, azione quotidiana.
Lui spalanca le finestre del cuore a lottare contro il
grigiore della nebbia, quel manto che tutto avvolge, soffoca e conduce a
sparire come se il sentimento fosse un’idea malsana.
Eppure non si dà per vinto.
Lui guarda l’acciaio luccicante
serrato nel fodero scuro.
A lei, spada dalle “Ferite Profonde”, chiede il
coraggio implacabile e i segni del fuoco e della carne, chiede il tempo
dell’agire e del cacciare forte e duro.
Che buffo, che beffa, lei che dai costruttori, Hanwei Forge
- Paul Chen, fu nominata “Three Monkey” (See no evil, hear no evil,
speak no evil, ovvero “Non vedere il male non sentire il male non
parlare male”, come recita un verso buddista) ora viene rinominata e
riconosciuta per quello che è, per quello per cui fu forgiata: Tagliare,
uccidere.
Che potrebbe mai c’entrare il Buddismo: “l’aceto è
inevitabilmente aspro dunque occorre allontanarsi da esso (aceto = vivere),
ovvero da ogni passione” (cit. in “Dalla parte del buio che contiene la
luce” 29.09.2020) con questo circo umano in cui addirittura ogni vanità, ogni
capriccio, ogni incontinenza è ammessa, giustificata, di più, è esaltata in
un’orgia di (in)consapevole cretinismo?!?! Eppure, a leggere bene … (1)
La riconoscenza non è di questo
mondo. La sincerità nemmeno e, quando gli incontri si fanno rischiosi,
l’orgoglio ostentato in prestazioni sfiancanti misura un senso malato di
libertà che riconduce all’obbedienza, ad emozioni percorse da maleodoranti
necrosi.
Al consumo senza uso? All’ostentare e bullarsi di una spada
fatta di latta e non di acciaio vero?
Il guerriero metropolitano sa
sorridere, anche quando si guarda dentro e vede le miserie disseminate negli
anni giovanili e su cui nulla può fare per rimediare. (2)
Molto è perduto, perduto per sempre, in questi tempi
disarmati.
Acciaio al fianco, a combattere. Che immagine
anacronistica, scolorita, in questi tempi di pace apparente che forse sono
tempi in cui sotterfugi e nascondimenti colludono con esibizioni ostentate e
piccole guerre sotterranee mai dichiarate.
Qualcosa ancora resta da
difendere, forse da riparare, ricostruire, in quella nave che si sforza di
solcare acque aperte.
Spirito Ribelle che
non sa né vuole tacere, tantomeno arrendersi. E, dopo, saremo tutti, ma proprio
tutti, migliori?
Sono questi i giorni del
ritrarsi, dell’attendere in agguato. Giorni della speranza costruita atto dopo
atto, sorriso dopo sorriso anche quando questi viene abusato.
Sono questi i giorni di “Ferite Profonde” (3),
e che altro potrebbe fare un katana se non tagliare ed uccidere? Che
altro modo ci sarebbe per renderle giustizia, onorarla per quel che è?
Katana lieve che viene da un
passato condiviso per troppo poco tempo, passaggio di mani, da un amore grande
che grande resta.
Sono i giorni miei che chiedono
con forza siano i giorni nostri. Noi guerrieri MAI PIU’ DISARMATI.
“La spada deve essere più di una semplice arma;
Deve essere una risposta alle domande della vita”
(Miyamoto Musashi)
1. “Il senso comunemente (ed erroneamente ndr) attribuito alle tre scimmiette è diverso da quello originale. Viene inteso come un’esortazione a non impicciarsi negli affari altrui, diventa una regola da adottare: non sento, non parlo, non vedo. Una regola che affonda le sue radici in molte culture popolari e la troviamo espressa anche in proverbi come “chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni”. Viene così occultato quel messaggio nobile e autentico che consiste nel non parlare del male, non vedere il male e non sentire il male.”
(https://www.tragicomico.it/tre-scimmiette-sagge-significato/).
Sta a vedere che “Ferite Profonde” sta proprio a
significare tagliare, uccidere ogni “male”? Sta a significare tagliare,
uccidere ogni vanità, ogni capriccio, ogni mediocre lussuria? Sta a significare
che nelle mani autenticamente guerriere è in grado di donare calma ed una
navigazione fiduciosa ad ogni nave pur rabberciata?
2. É ora di andare
E di non tornare
Indietro sui passi
Giusti o sbagliati
ma comunque fatti
nessuno è perfetto
ed io forse meno degli altri
Che io possa bruciare nel fuoco
Per ogni errore che non mi perdono
(https://www.youtube.com/watch?v=_rxqVuacY-U)
3. E’ tradizione delle Scuole Guerriere, dunque anche di Spirito
Ribelle e prima dello ZNKR, che il praticante celebri Matsuri, la cerimonia
in cui, assistito dal gruppo di praticanti, questi dona il nome al Katana che
cingerà i suoi fianchi. Così è stato, per me, con Lama Danzante e
poi Lupo di Settembre, come per i katana di alcuni dei miei
allievi: Nessun Katana, antico o moderno ovvero che venga dal medioevo
giapponese o sia una riproduzione dei giorni nostri, è ritenuto autenticamente
tale se non è stato “nominato” in questa cerimonia. Oggi, in tempi di
“isolamento” forzato, Matsuri è da me celebrata idealmente.
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