martedì 24 maggio 2022

Come canne di bambù

Il minuscolo lago, incastonato tra quello di Como e quello di Lugano. Meno di 1 Km di superficie. Una magnifica oasi naturale, flora e fauna selvatiche. Distese impervie di bambù affondano nell’acqua, si ergono come ispidi capelli di una testa arruffata, ondeggiano alle prime carezze del vento. Agglomerati di ninfea bianca e trifogli d’acqua, poi folaghe, germani reali, gallinelle d'acqua e cannaiole che transitano tra lo specchio d’acqua e il prato ai limiti del lago, spingendosi a curiosare in mezzo ai pochi campeggiatori.

Tra una camminata e l’altra, tra il riposare coi piedi lambiti dall’acqua, ci stanno un paio di ore dedicate alla formazione fisicoemotiva, marziale.

Corpo fluido, i cinque sensi attivati, oltre le meraviglie che gli occhi colgono, perché la pelle nuda viva il contatto con i differenti ritmi dell’aria calda; le orecchie, con i rumori di me corpo, colgano le voci degli animali, lo stormire delle fronde, lo scalpiccio dei radi passanti; il naso si lasci catturare dagli odori  nati dal canneto e mischiati con il terriccio; poi il gusto che mi scorre in bocca, non so quanto reale e quanto immaginario, spinto dalle fantasie che un luogo siffatto seduce e incanta.

Praticare Iron Shirt (la camicia di ferro), la “Spiralizzazione dei tendini”, la “Danza delle spirali”, le “Spire del drago” non può non essere immersione totale nella Madre Natura, almeno qui dove le voci degli uomini tacciono e il palcoscenico spetta agli animali.

C’è voglia di Tanshu la “Danza del guerriero”, di momenti di “Shadow Boxing” (la boxe con l’ombra), di Hai, lo “strisciare” che è protezione di sé e occupazione dello spazio.

Respiro lento assaporando ogni attimo ed ogni figura, suono ed immagine che quell’attimo va riempiendo.

Nessuna nuvola nel cielo e il prato, dominato da boschi impenetrabili, sembra quasi una tana.

Come un vecchio combattente che sa incassare senza crollare a terra, credo di conoscere i tranelli della vita; schivo e sferro colpi, non mi lascio bruciare da sentimenti troppo forti, solo li ascolto e ci danzo dentro.

Impugno il coltello, da un coltello non mi separo mai: “Il servo silente” era chiamato in Italia nei secoli scorsi, “Never unarmed” usiamo dire ora nel mio ambiente.

Taglio, affondo, falcio.

Combatto, schivo, evado, premo e colpisco, non ho la certezza che così non sarò mai preda, se non la preda di me stesso. Ma mi batto con sempre più accanimento, sempre più passione: se non scommetti mai su te stesso sarai sempre un perdente.

E’ il tempo della forma di Tai Chi Chuan, è il tempo della “Respirazione testicolare”: energia Kundalini lungo la schiena tutta, vitalità ed erotismo a piene mani.

Colgo una linea ferma a delimitare il mio orizzonte, sta a dividere ciò a cui ambisco dal mondo che ho di fronte. Non importa, ogni limite è un messaggio, sta a me interpretarlo.

Il tramonto si colora di stanchezza. Sembra la danza di un uomo ormai anziano, anziano e solo. Poi, volgo lo sguardo a Monica, a cui devo la scoperta di questo incanto, innocente oasi di bellezza scampata allo scempio dell’avidità umana, e so di non essere, almeno in parte, solo. So e voglio avere il compito di non fare mai sentire lei sola.

Kalì, educato cagnolino cittadino che ritrova se stessa in queste situazioni, mi corre accanto rotolandosi nell’erba.

E’ ora di tornare, tutti insieme, al nostro camper, vecchio anche lui, ma anche lui ancora affidabile, anche lui mai stanco di muoversi, girare, curiosare e scoprire.

 

 






 

 

 

 

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