giovedì 30 marzo 2023

Arte?

Milano, a cui sono profondamente legato. Milano, città dalle mille occasioni di godimento artistico, che soprattutto, o solo, quello è rimasto, dopo decenni di gestione destrorsa. Sì perché anche Pisapia, poi soprattutto Sala, di realmente di sinistra, ovvero costruzione di una convivenza civile e a misura d’uomo, che è il “minimo sindacale” per potersi almeno in superficie definirsi di “sinistra”, non hanno fatto nulla.

Allora eccomi a Palazzo Reale per le videoinstallazioni di

Bill Viola

“Una serie di lavori incentrati su immagini al rallentatore nei quali luce, colore e suono possono creare momenti di profonda introspezione. Questo percorso, forte a livello emotivo, che si snoda lungo le sale buie e vuote di Palazzo Reale - luogo non convenzionale per l’arte contemporanea che si trasforma per accogliere le installazioni dell’artista americano di origini italiane - obbliga i visitatori a fare un cambio di passo e a rallentare per abbracciare una temporalità nuova in un’epoca ipertecnologica” (https://www.arte.it/notizie/milano/trent-anni-di-bill-viola-in-un-viaggio-interiore-a-palazzo-reale-20155).

 

“Il suo lavoro è un invito alla lentezza, ma anche a un’indagine spirituale della nostra esistenza, che ogni spettatore è libero di leggere attraverso la sua visione del tutto”

(https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2023/03/grande-mostra-bill-viola-milano/)

Questi sono i toni delle recensioni, che ho letto a casa, dopo aver visto la mostra.

 

Raziocinanti, perfettamente esplicative, erano le osservazioni della guida che accompagnava una scolaresca delle medie superiori; guida a cui, di tanto in tanto, rubavo informazioni e, appunto, dotte spiegazioni.

Che ne penso io? Una ridda di domande, di osservazioni…del tutto incasinate tra di loro.

Se invece di queste immagini in movimento, proiettassero al rallentatore spezzoni, muti, di film di rilievo di Bergman, Kurosawa, Bunuel, ma anche di filmacci quali i vari cinepanettoni, sarebbero meno arte? Di minore spessore artistico? Non comunicherebbero?

Se per decenni i critici hanno speso fiumi di inchiostro per spiegare i toni di un certo cielo addebitandoli al senso artistico del pittore (non ne ricordo il nome), per poi scoprire che quei toni erano figli dei cordoni della borsa chiusi dal mecenate, il che costrinse il pittore ad usare i colori rimasti, altro che “senso artistico”!!; se per 70 anni un quadro di Mondrian è stato esposto… all’incontrario!!; se una ignara signora si è allontanata dal museo “Picasso” di Parigi portandosi appresso una giacchetta trovata all’attaccapanni all’ingresso, l’ha modificata adattandola alla sua taglia e, una volta tornata allo stesso museo per un’altra mostra, è stata fermata dagli addetti e accusata di aver sottratto e pure rovinato un’opera d’arte di Oriol Vilanova del valore di decine migliaia di euro; se è successo, succede, succederà ancora, che senso ha spiegare ogni opera d’arte e cosa è “opera d’arte”? Ma, soprattutto, chi lo stabilisce che lo sia?

Le opere d’arte, sono considerate tali solo quando e in quanto a loro viene attribuito un valore economico?



Nei miei anni giovanili, di studio politico, mi “innamorai” del pensiero di alcuni intellettuali in particolare e, tra le opere di questi ultimi, studiai a fondo i “Prolegomeni ad un’estetica marxista” di György Lukács. Nel libro, l’autore proponeva un unico modello possibile di una sola forma d’arte che, tenendo presente un insieme composito di fattori condizionanti e di elementi storici propri di un certo tipo di gusto, di una data cultura e di un certo tipo di società, poteva genericamente definirsi realistica. Le installazioni di Viola, si potrebbero definire realiste?

Circola nelle librerie ”Lo potevo fare anch'io. Perché l'arte contemporanea è davvero arte” di Francesco Bonami, critico d’arte; libro che la pubblicità presenta così: “è senz'altro vero che nell'ultimo secolo l'arte si è evoluta al punto da essere quasi irriconoscibile, il lavoro di Bonami ci fa capire perché non è vero che potevamo farlo anche noi”. Lo leggerò.

Infine, Jean Clair, storico dell'arte e già direttore di diversi musei, nei primi anni 2000 affermava che " la deriva mercantile trasforma l'arte in spettacolo e i musei in luna-park”. Dunque l’arte non è spettacolo?

Non posso affermare che le videoinstallazioni di Viola mi siano piaciute. Non è che mi abbiano emozionato particolarmente, ed io, da buon “dionisiaco”, se non mi emoziono resto indifferente. Ma io sono un ignorante in materia, e chissà se questo sia il “danno” che mi impedisce di apprezzare una certa arte o l’elemento che mi salva dall’apprezzare qualsiasi cosa il “mercato” e chi lo foraggia definisce “Arte”. Qualcuno mi aiuta?



Bill Viola, così descritto nel catalogo di una precedente sua mostra: “è un artista statunitense, fra i più apprezzati nell’ambito della videoarte: moderno, innovativo e interprete di nuove istanze comunicative, usa la tecnologia e l’innovazione per raggiungere nuove generazioni e risvegliare nuove sensibilità. Figura chiave non solo per la storia della videoarte, ma anche per la storia dell’arte più in generale, è un artista attraverso cui si possono comprendere gli ultimi quarant’anni di cultura visiva”.




 

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