Da decenni propongo la pratica marziale come “Via”, percorso di crescita per l’individuo e per il suo stare nelle relazioni. Accosto il confliggere, l’aggredire, alla capacità di trovare soluzioni insieme all’altro da sé. Faccio dello scontro, della lotta, una metafora che ci prepari ai mille e mille scontri quotidiani con le diverse parti di noi che in noi albergano e ai mille e mille scontri quotidiani con l’altro in campo affettivo, sentimentale, lavorativo ecc.
Scartate
- le pratiche scazzottatorie dei diversi sport di contatto
(che hanno altre valenze legittime o meno, e confido nessuno si illuda di
crescere come individuo semplicemente colpendo un sacco o pestandosi con un
compagno di palestra);
- le pratiche marziali per cui, ripetendo gesti e forme,
imitando modelli dati, in virtù di chissà quale miracolo si raggiunga
“illuminazione”, “pace interiore” o anche crescita psicofisica e miglioramento
interiore: E perché mai? (1)
intendo confrontarmi con l’aggressività. Un’area che
sovente suscita sdegno o almeno distacco (2), un’area in cui pare
impossibile coltivare quei propositi di crescita e consapevolezza, di
equilibrio, che sono gli obiettivi di un’autentica Arte marziale, che è arte
dell’uccidere per non essere uccisi, nel suo evolversi, appunto, da Jutsu
a Do senza perdere, nel secondo, nulla dell’efficacia del primo.A. Gentileschi. Giuditta uccide Oloferne
Scrivo di aggressività, non più
vissuta come risposta alla frustrazione nella ricerca del piacere (così la
interpretava Freud), ma rivista come modalità critica necessaria per
un'assimilazione personalizzata. Aggressività positiva, come intende la matrice
semantica di ad-gredior (che significa avvicinarsi, raggiungere). Aggressività
che però, in un sottile gioco di equilibri come ci racconta il taoismo, comprende
sempre anche un significato di distruttività, di annientamento, altrimenti
qualsiasi movimento, qualsiasi “andare – verso” sarebbe aggressività.
La storia degli uomini è una storia di sottomissioni, di
vincitori e vinti, in questo senso di aggressori e aggrediti; non a caso la
sessualità (che Freud descrive come una delle pulsioni fondamentali), il sesso,
è assimilato ad una lotta, e questo non solo tra i singoli individui ma anche
nelle società succedutesi nei secoli, perché era loro comodo (e lo è tutt’ora) far
divenire strumento di potere l’imbrigliamento ed il controllo della sessualità.
Ecco, l’aggredire, che è fondamentale nelle relazioni,
tanto più quelle conflittuali di ogni tipo che siano, allo Spirito Ribelle,
grazie ad una didattica ed una andragogia apposite, integra le tre
funzioni: Es, Io e Personalità (3). C’è sempre molto “Io” in ogni azione
aggressiva, sarà il confronto con l’altro in un ambiente protetto a permettere
di sperimentare la miglior possibile integrazione per far emergere un individuo
equilibrato.
Questo lavoro profondo sulla propria aggressività, di
necessità, invaderà anche il campo della sessualità; una sessualità letta non
solo come pratica puramente di copulazione, ma anche, gestalticamente, come pratica
emozionale, sentimentale, erotica.
V
iviamo immersi in una cultura
del benessere, del cibo, dello sport, ma privi di una cultura dell'eros,
quell’eros che è vitalità e apertura, energia che tende all’avvicinamento, alla
reciproca comprensione. Sessualità, invece, è ora purtroppo sempre più
assimilabile a pornografia, a consumo di corpi quando non arrogante e
narcisistica finzione virtuale. Nelle Arti Marziali Spirito Ribelle
essa, invece, riprende il suo cuore di Eros, quello che danza abbracciato a
Thanatos: “Siamo essere sessuali e l’energia sessuale è la radice di ogni
sviluppo, intelligenza e creatività” (Aneesha Dillon, educatrice
neo-reichiana, studia con Osho fino a creare una sua sintesi di tecniche
orientali e occidentali per l’esplorazione interiore e la crescita personale,
in “La pulsazione tantrica”).R. Mapplethorne. Autoritratto
Così eccoci capaci di individuarsi e crescere cogliendo,
nella pratica del contatto fisicoemotivo, la dinamica per cui Thanatos,
istinto di morte, la “fantasia di sparizione” (come la chiamava Massimo
Fagioli, psichiatra), divenga trasformazione, creatività.
L’incontro / scontro tra Eros e Thanatos produrrà quella vitalità
che “Non permette alla delusione del desiderio di far impazzire gli uomini,
non permette all’anaffettività di essere onnipotente” (M. Fagioli in “Bambino,
donna e trasformazione dell’uomo”).
Quanto di ciò, del praticare
Arti Marziali così intese, sarebbe interessante e proficuo anche per
intervenire sulle distorsioni e le interpretazioni esclusivamente violente e
prevaricatrici della sessualità in cui manca del tutto l’aspetto di fusione, di
congiunzione e le cui conseguenze criminali campeggiano sulle pagine della
cronaca nera, non è di mia competenza. E comunque, dubito anche solo possa
incuriosire quel vasto mondo di terapeuti e psicoterapeuti del tutto immersi in
pratiche logocentriche, in cui il corpo Leib non compare se non
casualmente.
1. “Entra in un dojo dove coltivare lo spirito e ritrovare
valori come sincerità, rispetto e autocontrollo” per esempio recita la
pubblicità di un noto Dojo di Karate. Sì ma come? Quali modalità didattiche?
Quali pratiche a ciò indirizzate? Quali competenze formative hanno i “Maestri”?
Sanno di conduzione di gruppi, facilitazione dell’apprendimento, comunicazione
non solo verbale, sanno capire ed agire sul “saper fare” e sul “saper essere”?
E’ sufficiente, il diploma di “Maestro di...” e, quando c’è, una laurea in
scienze motorie o, per andare dentro l’uomo, ci vuole ben altro? E
chissà se sanno di sé …
2. Nel campo lavorativo, dove sempre più la parola d’ordine è
il successo personale anche a scapito del collega, le parole aggressione,
aggredire, sono sostituite da resilienza, affermazione, successo. Ridicolo!!
3. https://www.igf-gestalt.it/2013/06/11/teoria-del-se-e-ciclo-del-contatto/
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