martedì 29 agosto 2023

Aggressività, combattimento, sessualità

Da decenni propongo la pratica marziale come “Via”, percorso di crescita per l’individuo e per il suo stare nelle relazioni. Accosto il confliggere, l’aggredire, alla capacità di trovare soluzioni insieme all’altro da sé. Faccio dello scontro, della lotta, una metafora che ci prepari ai mille e mille scontri quotidiani con le diverse parti di noi che in noi albergano e ai mille e mille scontri quotidiani con l’altro in campo affettivo, sentimentale, lavorativo ecc.

Scartate

- le pratiche scazzottatorie dei diversi sport di contatto (che hanno altre valenze legittime o meno, e confido nessuno si illuda di crescere come individuo semplicemente colpendo un sacco o pestandosi con un compagno di palestra);

- le pratiche marziali per cui, ripetendo gesti e forme, imitando modelli dati, in virtù di chissà quale miracolo si raggiunga “illuminazione”, “pace interiore” o anche crescita psicofisica e miglioramento interiore: E perché mai? (1)

A. Gentileschi. Giuditta uccide Oloferne
intendo confrontarmi con l’aggressività. Un’area che sovente suscita sdegno o almeno distacco (2), un’area in cui pare impossibile coltivare quei propositi di crescita e consapevolezza, di equilibrio, che sono gli obiettivi di un’autentica Arte marziale, che è arte dell’uccidere per non essere uccisi, nel suo evolversi, appunto, da Jutsu a Do senza perdere, nel secondo, nulla dell’efficacia del primo.

Scrivo di aggressività, non più vissuta come risposta alla frustrazione nella ricerca del piacere (così la interpretava Freud), ma rivista come modalità critica necessaria per un'assimilazione personalizzata. Aggressività positiva, come intende la matrice semantica di ad-gredior (che significa avvicinarsi, raggiungere). Aggressività che però, in un sottile gioco di equilibri come ci racconta il taoismo, comprende sempre anche un significato di distruttività, di annientamento, altrimenti qualsiasi movimento, qualsiasi “andare – verso” sarebbe aggressività.

La storia degli uomini è una storia di sottomissioni, di vincitori e vinti, in questo senso di aggressori e aggrediti; non a caso la sessualità (che Freud descrive come una delle pulsioni fondamentali), il sesso, è assimilato ad una lotta, e questo non solo tra i singoli individui ma anche nelle società succedutesi nei secoli, perché era loro comodo (e lo è tutt’ora) far divenire strumento di potere l’imbrigliamento ed il controllo della sessualità.

Ecco, l’aggredire, che è fondamentale nelle relazioni, tanto più quelle conflittuali di ogni tipo che siano, allo Spirito Ribelle, grazie ad una didattica ed una andragogia apposite, integra le tre funzioni: Es, Io e Personalità (3). C’è sempre molto “Io” in ogni azione aggressiva, sarà il confronto con l’altro in un ambiente protetto a permettere di sperimentare la miglior possibile integrazione per far emergere un individuo equilibrato.  

Questo lavoro profondo sulla propria aggressività, di necessità, invaderà anche il campo della sessualità; una sessualità letta non solo come pratica puramente di copulazione, ma anche, gestalticamente, come pratica emozionale, sentimentale, erotica.

V

R. Mapplethorne. Autoritratto
iviamo immersi in una cultura del benessere, del cibo, dello sport, ma privi di una cultura dell'eros, quell’eros che è vitalità e apertura, energia che tende all’avvicinamento, alla reciproca comprensione. Sessualità, invece, è ora purtroppo sempre più assimilabile a pornografia, a consumo di corpi quando non arrogante e narcisistica finzione virtuale. Nelle Arti Marziali Spirito Ribelle essa, invece, riprende il suo cuore di Eros, quello che danza abbracciato a Thanatos: “Siamo essere sessuali e l’energia sessuale è la radice di ogni sviluppo, intelligenza e creatività” (Aneesha Dillon, educatrice neo-reichiana, studia con Osho fino a creare una sua sintesi di tecniche orientali e occidentali per l’esplorazione interiore e la crescita personale, in “La pulsazione tantrica”).

Così eccoci capaci di individuarsi e crescere cogliendo, nella pratica del contatto fisicoemotivo, la dinamica per cui Thanatos, istinto di morte, la “fantasia di sparizione” (come la chiamava Massimo Fagioli, psichiatra), divenga trasformazione, creatività.

L’incontro / scontro tra Eros e Thanatos produrrà quella vitalità che “Non permette alla delusione del desiderio di far impazzire gli uomini, non permette all’anaffettività di essere onnipotente” (M. Fagioli in “Bambino, donna e trasformazione dell’uomo”).

Quanto di ciò, del praticare Arti Marziali così intese, sarebbe interessante e proficuo anche per intervenire sulle distorsioni e le interpretazioni esclusivamente violente e prevaricatrici della sessualità in cui manca del tutto l’aspetto di fusione, di congiunzione e le cui conseguenze criminali campeggiano sulle pagine della cronaca nera, non è di mia competenza. E comunque, dubito anche solo possa incuriosire quel vasto mondo di terapeuti e psicoterapeuti del tutto immersi in pratiche logocentriche, in cui il corpo Leib non compare se non casualmente.

 

1. “Entra in un dojo dove coltivare lo spirito e ritrovare valori come sincerità, rispetto e autocontrollo” per esempio recita la pubblicità di un noto Dojo di Karate. Sì ma come? Quali modalità didattiche? Quali pratiche a ciò indirizzate? Quali competenze formative hanno i “Maestri”? Sanno di conduzione di gruppi, facilitazione dell’apprendimento, comunicazione non solo verbale, sanno capire ed agire sul “saper fare” e sul “saper essere”? E’ sufficiente, il diploma di “Maestro di...” e, quando c’è, una laurea in scienze motorie o, per andare dentro l’uomo, ci vuole ben altro? E chissà se sanno di sé …

2. Nel campo lavorativo, dove sempre più la parola d’ordine è il successo personale anche a scapito del collega, le parole aggressione, aggredire, sono sostituite da resilienza, affermazione, successo. Ridicolo!!

3. https://www.igf-gestalt.it/2013/06/11/teoria-del-se-e-ciclo-del-contatto/



 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento