Bassano
del Grappa
A. A. Chissà che mondo sarebbe quello
in cui l’uomo si accostasse alla Natura come un dono e non come un oggetto da
depredare, da spogliare; in cui tutto fosse trattato con modi di coesistenza e
un legame appreso dalle fatiche.
La Via, il “Do” del guerriero nipponico, è da intendersi come “coscienza espansa”, che è stare nel mondo e nelle cose del mondo guardandole con occhio tanto capace di stupirsi quanto di riconoscere e gestire il tessuto emozionale che ci suscitano dentro; agendole in modo efficace ed efficiente, riconoscendo l’impatto che le nostre azioni hanno con il sistema più grande che abitiamo; cogliendo gli echi di un mondo, di un cosmo, fuori da noi, dalla nostra immediata comprensione che pure, indistintamente, ci è presente.
Di nuovo, ad alcuni anni di distanza, a calpestare le mura
di cinta che difendevano il borgo di Cittadella (1) nel medioevo
o poco più. Questa volta, con Monica e Kalì, ci sono Laura ed Alberto. Con loro
lungo l’unico giro di mura interamente percorribile in tutta Europa. Alberi
maestosi attorno, una vista che si perde oltre tetti e colline, la schiena che
freme di brividi perché lì è scorso il sangue ed ha cantato il lamento di
feriti di generazioni, una dopo l’altra, succedutesi in secoli lontani.
Di nuovo, ad alcuni anni di distanza, a percorrere il “Sentiero
del silenzio” (2) in montagna, oltre i 1600 metri d’altezza.
Apprendere l’arte
dell’attesa e del silenzio, del muoversi piano, lentamente, è condizione
fondamentale per accostarsi al mondo naturale. Arti, queste, formate passo dopo
passo nell’apprendimento marziale per agire intuitivamente e non per
intenzione, per pianificazione cosciente; il che è anche capacità di governare
tanto il cambiamento improvviso e lampante quanto il minuscolo e sotterraneo
cambiamento che avviene dentro lo stallo, l’immobilità che lo contiene. E’ il
terzo anello, il “libro del Fuoco”, parte del “Libro dei cinque anelli”
del guerriero Myamoto Musashi. E’ l’insegnamento profondo del Chi Sao e del SuiShuo.
E’ uno dei tratti che concorre a distinguere il sapere marziale tradizionale
dagli sport di combattimento. E’ ciò che si nasconde e mimetizza in Ritsu Zen e
dentro ogni postura apparentemente statica che statica non è.
B. Un ex allievo,
amico profondo, mi chiede spiegazioni intorno alla mia frase: “Quello che,
guerrieri, ci fa inseguire i morti perché non siano loro ad inseguirci”. E’
non aspettare che il tormento e la dannazione di morti mai del tutto
dimenticati, si affacci alla coscienza. E’ andarne a caccia senza aspettare che
si affaccino sull’uscio. E’ accompagnarli per un tratto, qualunque sia la
sofferenza che ci impongono. Solo così, arte dell’attesa e del silenzio,
eviteremo che siano loro a darci la caccia, a imporsi nel nostro mondo attuale
depotenziando la nostra missione. Missione la cui qualità e potere ora, più che
misurarsi con chi abbiamo sconfitto, si misura con chi abbiamo e stiamo
proteggendo. E magari non sono solo
morti di carne, ma anche defunti di un passato che, a volte, fa ancora male:
Quel grande amore che ci ha abbandonato distruggendo, per vanità e futilità,
una famiglia e abiurando la promessa fatta; il figlio che ci ha voltato le
spalle e rinnega la parola “padre”; l’allievo che ha insozzato la nostra
fiducia. Il guerriero non dimentica. Il guerriero sa stare accanto ai “morti”
con il sapere profondo e le armi del lampo e del tuono e mai si lascia
sorprendere dal loro arrivo nel cuore e nella coscienza. Piuttosto, è lui ad
andarli a stanare.
C. Percorriamo
il sentiero lungo le rive del Brenta. Scorre il tempo, mentre, passo
dopo passo, maciniamo quattordici chilometri di sassi, sterpaglie, radici
improvvise a spuntare dal terreno, erbe capricciose nel loro arricciarsi filo
su filo, ombre gigantesche di alberi ancor più tali. Il rumore del fiume
accanto, qualche uccello a lambire l’acqua, radi passanti che rumoreggiano
attorno.
Penso alla difficoltà di vivere in una società consumistica, in cui il valore del benessere si misura col denaro da spendere. Camminare lungo il Brenta è una immediata sensazione di libertà, di non costrizione, e di una misura in disparte del tempo che neppure le chiacchiere con i miei compagni riesce a intaccare. Acque di un verde smorzato, ambiguo, che lasciano intravedere vite occulte fatte di rumori sottili, sussurri tra rocce e anfratti, contrasti di forme e colori apparentemente senza causa. Il Maestro Tokitsu Kenji, riprendendo un pensiero di altri, scrive “Nello yi chuan non c’è un momento particolare di riposo, perché si può praticare anche mentre si riposa” (Yi Chuan). Come a dire che, in musica, anche le pause concorrono a fare melodia, in una conversazione, anche i silenzi costruiscono un significato. Ed io sto praticando anche ora. Intensamente e con passione.
“E’ il tentativo di separare l’intelletto
dall’emozione che è mostruoso, e secondo me è altrettanto mostruoso (e
pericoloso) tentare di separare la mente esterna da quella interna, o la mente
del corpo” (G. Bateson, antropologo, sociologo e
psicologo. “Verso un’ecologia della mente”).
Allora mi godo questo bagno nella Natura. Così come, nella pratica marziale Spirito Ribelle che io propongo, eleganza, fluidità ed armonia di contrasti sono da privilegiare; una spiccata attenzione al senso della vista induce una amplificazione degli altri sensi capaci di percepire mutamenti improvvisi, cambi di ritmo e possibili pericoli, come tatto ed udito. Tutto è formazione guerriera, in ogni contesto. Tutto è ricongiunzione con madre Natura, in ogni sua manifestazione. Tutto è riconducibile a questa riflessione: “Il vero dono de I Ching è forse il poter essi guardare lontano “al di là del proprio naso” (Paracelso, Paragranum), un lontano che può essere il dentro, il molto lontano, cioè il molto profondo: se stessi” (Ernst Bernhard, pediatra e psicoanalista. “I Ching, una lettura psicologica dell'antico libro divinatorio cinese”)
La seconda settimana
“L’azione di un maestro appare come un gesto
semplice, pienamente inserito nel ritmo delle circostanze” (è il
quarto anello, il “libro dell’Aria”, nel “Libro dei cinque anelli” di
Myamoto Musashi). Forse quel bianco uccello è un Maestro. Forse lui padroneggia
yomi (intuizione) e yoshi (ritmo), senza i quali
ogni prestazione marziale è poca cosa, ogni eventuale vittoria non si sa se sia
guadagnata con abilità o ricevuta in dono dal caso.
Intanto, mi par di scoprire nelle ombre che dimentica sul
terreno, tra i sassi, un mondo più grande, più elevato. Quando spicca il volo
radente l’acqua verdognola, sembra che il cielo si appiattisca tra le ali e
guardarlo un attimo scomparire dietro gli alberi mi prende il respiro, che
l’eternità del mondo è racchiusa, ora, in un solo flebile e intenso momento.
B. B. La
serata è calda, sul terrazzo di Susy. Con noi anche Anna, esperta
professionista della pallavolo, e Alberto, imprenditore del giardinaggio, da
alcuni anni ciclista dilettante alle prese con gare amatoriali. Monica cucina
uno squisito “spaghetti e vongole”, il vino bianco scorre languido.
L’intreccio delle discussioni è tanto rapido quanto acceso.
Si incontrano e scontrano idee, pregiudizi. Si alza la voce e si interrompe
l’interlocutore. Si afferma semplificando e si ode l’altro parlare, non so
quanto “ascoltandolo”. Nulla di nuovo. E’ prassi che colgo consolidata
sovente, in ogni ambiente e su ogni tema.
Le discussioni vivaci, dove ognuno porta se stesso con
tanta foga, sono caotica danza sostenuta dagli ormoni dello stress, i
corticosteroidi, quelli che, appunto: “stressati”, producono pensieri
frammentari e superficiali. Solo calmare questi ormoni potrebbe consentire a
una persona coinvolta di ascoltare e padroneggiare cosa gli sta succedendo
dentro. Solo creando uno spazio interiore daremmo vita ad una respirazione, una
lentezza e un orientamento dell’attenzione capaci di indirizzarci verso
l’interno di noi piuttosto che verso l’esterno e il conflitto con l’altro. Solo
silenzio e lentezza sposterebbero il confronto che vede generalmente l’essere
più colpiti dall’impressione che l’altro suscita in noi piuttosto che
analizzare il contenuto della condivisione.
Ecco, in questa densa serata tra amici, mi ricordo del
bianco volatile, del suo vivere dentro yomi (intuizione) e yoshi (ritmo). Sì
perché praticare un’arte marziale, così come noi facciamo allo Spirito
Ribelle, è imparare come funzionano le cose nel mondo reale, quello di
tutti giorni, proprio sperimentandoci nelle varie forme del combattimento con e
contro uno o più avversari e facendone sapere esperienziale strategico e
tattico, emotivo ed intuitivo, da investire nei confronti familiari, amicali,
lavorativi ecc.
Apprendere l’abilità nel gestire con destrezza il ritmo, di
percepire il momento giusto e utilizzarlo in ogni nostra azione, racconta una
delle più pregiate capacità che l’individuo possa sviluppare e da cui dipenderà
in gran parte il suo saper stare negli incontri e scontri di ogni dì. Anche in
questa calda serata tra amici, montagne sullo sfondo e cielo come scavato da
brividi sotto i quali la concitazione di noi umani chiama altri brividi,
prendendoci un po' alla testa.
C. C. Il
palazzo, bellissimo, non smette mai di stupirmi. Lì dentro, palazzo nobiliare
seicentesco, una immensa libreria (5), tra legno, marmo ed affreschi, un
giardino a piano terra ed una terrazza all’ultimo piano entrambe a disposizione
di chi voglia sfogliare questo o quel libro o, semplicemente, rilassarsi
all’aria di Bassano. E’ la Libreria Roberti.
So già dove dirigermi, io che sono un
avaro lettore di romanzi (6). Salgo al piano superiore e mi reco presso gli
scaffali che ospitano libri di psicologia nei suoi vari aspetti e filosofia di
ogni parte del mondo. Lascio che il tempo scorra lieve. Come il ventre di un
enorme mostro, qui abbondano idee e narrazioni di pratiche che parlano di
leggende, miti, scontri a volte titanici a volte scontri piccoli di vita
quotidiana, soprusi e investimenti passionali, dissertazioni dotte e pompose e
frasari violenti, teorie di vita possibile e investimenti culturali di vita
migliore. Sempre bello muovermi dentro il ventre del mostro, leggiucchiando qui
e là, soppesando l’equilibrio difficile tra portafogli e prezzi, tra voglia di
sapere e tempo che ho da dedicarvi, tra sogno di conoscenza e mie reali
capacità di comprensione. Poi, arriva il tempo di uscire dalla bocca del mostro…
con un paio di libri in mano!!
Riscendiamo a valle, aria tesa e incattivita tra noi due.
Occhi differenti, cuori differenti. Cedere, non sempre paga; seminare dolori,
mai. Poi, complicità e voglia di stare insieme, di leggere ognuno negli occhi
dell’altro qualcosa di totalmente intimo come un “Mi sei mancato”, hanno
la meglio.
La terza settimana
A. Buio in
sala. Movimenti lenti, ritmati. Corpi nudi a scrivere forme e gesti di una
vita, di più vite. E’ Zoe, spettacolo di danza all’interno della
rassegna “Opera Estate”. Anche quest’anno, la rassegna straripa di iniziative,
tra musica, danza, cinema e teatro. Tra un impegno e l’altro, riesco a spuntare
una sola serata di spettacolo, così, con Monica e Susy, eccoci presenti.
Decisamente brava la coreografa Luna Cenere nel proporre
gesti e movenze ieratici, a volte curiosi; altrettanto bravi i cinque artisti,
tra cui la coreografa stessa. Al di à di piccole sbavature d’insieme,
spettacolo denso ed emozionante, esplorazione totale del grado zero della vita,
dell’invisibile, del mistero racchiuso in ogni nascita e trasformazione. Non a
caso la parola zoe origina dal greco ζωη, che significa "vita", vita
intesa come essenza del vivere.
Unica nota negativa, i vistosi tatuaggi sul corpo di una
delle danzatrici.
Ho già scritto quel che penso di questa sciocca e
sciagurata moda (quanto, apparirà sul prossimo numero di SHIRO alla fine
di Settembre), poi ognuno la pensi e faccia come vuole. Qui mi preme
sottolineare che se, in ambito artistico, proponi un corpo nudo come simbolo
della nudità, di TUTTI i corpi nudi, non puoi presentarlo con due enormi
triangoli neri evidenziati appena sopra il culo. Passi, a fatica, per l’enorme
disegno che, posto appena sotto l’ascella, almeno spesso scompariva nel gioco
dei gesti; passi per la scritta, esile fortunatamente, che un’altra danzatrice
mostrava appena sopra l’inguine, ma quei due triangoli neri erano troppo
evidenti in sé, una evidenza ripetutamente sbattuta in faccia visto che per
gran parte dello spettacolo i ballerini erano di spalle al pubblico. Così
vistosamente tatuato, quel corpo smette di essere il corpo che è tutti i
corpi, per diventare immediatamente “quel” e “quel solo” corpo. Si perde
ogni magicità, ogni identificazione, e quel corpo, quel culo, restano corpo e
culo della signorina, mai e poi mai corpo e culo dell’individuo – mondo.
B. Spirito
Ribelle incontra il fiume Brenta. Il mio sguardo si piega ad
ogni sbalzo d’acqua, ogni sbuffo liquido è una carezza di troppo sul cuore.
Spirito Ribelle il fiume lo accosta con riguardo, con rispetto. Lui scorre
placido, mai fermo, solo, a tratti, pare assopirsi in un’ansa dove uno sguardo
non distratto può ascoltare la voce vera del cielo e delle stagioni.
Mi divincolo e poi scivolo tracciando tragitti di calci, schivate e pugni; Respiro profondo, attingendo all’energia dei reni, nel coccige là dove Medicina Tradizionale Cinese e Osteofluidica indicano abitare l’energia vitale, quella comunemente chiamata Kundalini, sorta di serpente arrotolato pronto a distendersi spiraleggiando lungo la colonna vertebrale. Quell’onda shock che ci distingue, quell’onda che Spirito Ribelle sappiamo far salire dalla Terra premendo e spingendo, o, all’inverso, attrarre dal Cielo tirando. Successione di spirali, autentica forza esplosiva; Ki (o Chi) che si esprime nutrendosi di una fisiologia ed alchimia del corpo capace di amalgamare sapere taoista e studio esperienziale di tutti i sistemi del corpo secondo le più recenti esplorazioni dell’Anatomia Esperienziale e del Body Mind Centering.
Il Brenta e tutti i fiumi parlano la stessa lingua, ed io,
Spirito Ribelle, tento visualizzazioni e passi che mi uniscano alla sua voce,
che è fluida, tenera e potente insieme, Voce, col suo andamento armonioso, che
spiega come sia bene discendere, tendere verso il basso, verso il profondo,
anche se a guardarlo, il fiume pare invece che si muova restando, suggerendomi
qualcosa che non so ancora, qualcosa che, per esporsi, aspetta proprio me,
purché io sappia attendere ed ascoltare in silenzio.
Poi, il distacco. Spirito Ribelle si incammina lungo gli
argini, verso il ponte che simboleggia Bassano e, piano piano, Spirito Ribelle
si lascia andare, si accasa dentro di me mentre io riprendo sembianze e
fattezze e pensieri del Tiziano che sono. Domani, si torna a Milano.
1. https://www.visitcittadella.it/monumento/la-cinta-muraria/
2. http://www.sentierodelsilenzio.it/
3. https://www.magicoveneto.it/belluno/vallemis/Cadini-del-Brenton-Lago-del-Mis.htm
4. “Husserl pone le basi per una nuova ontologia,
distinguendo il Leib dal Körper: il primo è il corpo vivo, è la carne, esso si
muove con l’essere umano ed è un corpo che sente e patisce; il secondo è il
corpo cosale, che abita in un mondo fisico insieme a tutti gli altri corpi”
(https://www.psicologiafenomenologica.it/leib-korper-ripensare-fondamenti-psicopatologia/)
5. https://www.palazzoroberti.it/it/palazzo_roberti
6. Di questo paese, già nel 2010 Andrea Camilleri diceva che
vi vivevano 2 milioni di analfabeti totali,13 milioni di semianalfabeti, che
sanno firmare o leggere ma che non sanno comprendere quello che leggono, 13
milioni di analfabeti di ritorno, che hanno perso l’uso di lettura e scrittura:
Metà della popolazione!! Gli anni successivi, tra indagini varie e prove
invalsi, non hanno fatto che confermare quanto. In questo desolante panorama, i
dati ISTAT ci dicono che, in Italia, mediamente, vengono pubblicati 237 libri
al giorno (!!) e che i lettori di libri sono il 40,0% delle persone dai 6 anni
in su. Tolti, così, gli studenti “obbligati” dall’istruzione a leggere, la
sproporzione tra libri in vendita e lettori è enorme. Ma, si sa, in questa
società di “influenzatori” e narcisisti, dove ognuno deve dire la propria su
qualsiasi argomento, esibirsi con il vestitino della festa o l’ultimo cellulare
uscito, scimmiottare il mondo dei vip, vuoi che qualsiasi parvenu che sappia
più o meno mettere in fila due parole non scriva un romanzo? Non so chi ne
siano i lettori. Forse si leggono l’un con l’altro per giustificarne la
pubblicazione. Certamente, tolti coloro i quali il libro lo comprano per
regalarlo ad altri (che magari poi nemmeno il libro lo legge!!) o per farne
arredamento di scaffali altrimenti vuoti, tolti analfabeti e i vari tipi di
semianalfabeti, mi risulta facile capire che lettori e lettrici siano gli
stessi che abitano quotidianamente quella che Giampiero Mughini chiama la
“fogna social”. Insomma, imbecillità culturale sostiene altra imbecillità
culturale. Altrimenti non si spiegherebbe il successo di romanzi che nulla
hanno da invidiare alle collezioni Harmony in quanto a superficialità e
scrittura monocorde. Forse, sta qui il loro successo: Avere sostituito, con
malriuscite pretese di “livello, quelle “storie di facilissima lettura e
fruibilità trasversale – risultano cioè comprensibili e avvincenti anche per
persone di scarsa cultura e non abituate a leggere” (https://www.graphe.it/news-approfondimenti-i-libri-harmony-tra-pregiudizio-e-realta-storia-di-un-successo-nascosto-6817.html)
7. https://www.difesa.it/Il_Ministro/ONORCADUTI/Veneto/Pagine/CimaGrappa.aspx
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