martedì 30 aprile 2024

I conflitti del conoscere: Pratiche marziali, pratiche corporee


Muovendomi tra spazi e recinti d’ombre, cortile assonnato impedito da muri vecchi e scrostati, so che oltre qui non c’è niente, niente che io possa chiamare mio.

Oltre l'orizzonte, spezzato dal perimetro della chiesa e… che ricordi, lì dove ancora sta una palestra un tempo luogo di presenza del Maestro Tadashi Koike e del suo elegante e feroce Kodokan Judo, in queste modeste ore del crepuscolo è semplice danzare di Kenpo Taiki ken.

La bugia dell’imparare imitando

E’ semplice danzare di Kenpo Taiki Ken imparato più che a parole, ripetizioni e imitazioni, attraverso la lingua misteriosa dei sensi, della “pelle”. Niente occhi ed orecchie quanto massima attenzione ad un corpo che impatta, svicola, colpisce.

E’ il mistero dell’altro che mi contatta attraverso i sensi ed è il “sesto senso”, l’intuito, colui che si apre e dialoga di corpo “con” e “contro” un corpo.

Corpo che fa esperienza di sé e dell’ambiente attorno, corpo che non va allenato, cioè “addestrato” come un animale da circo, ma “abitato”, dunque formato, nutrito, attraverso una pratica di movimento che dall’istintuale viaggi verso il consapevole. Sono i fondamenti di un corpo nelle sue caratteristiche di pesante, leggero, forte, collassato, di una trans-forma che sia espandersi e raccogliersi, avanzare ed indietreggiare, sollevarsi e rannicchiarsi. Corpo che è “osservatore sensibile degli elementi universali dei più diversi modi di espressione” (H. Duplan), in particolare i modi del confronto, del contatto, dello scontro.

Come si potrebbero mai imparare questi modi, di fatto spicci e trancianti, attraverso parole ed imitazioni? Se la difesa strategica, suprema, è Chowa, il vuoto fisico che è anche equilibrio interiore, cioè intuire l’intenzione dell’opponente illudendolo di poter avere il controllo su di te e sull’azione in corso, la sua realizzazione potrà avvenire solo fuori da ogni comunicazione digitale, che è indicativa e descrittiva. Potrà avvenire solo sul terreno dell’analogico, che è emozioni e sensazioni e intuito; che è centrata sulla relazione e sul “come”, sul senso del tempo soggettivo, lui strettamente correlato alle pulsioni ed ai moti del cuore, Kokoro: La capacità di cogliere tempestivamente il “cuore delle cose”, come ebbe a tradurre Lafcadio Hearn, giornalista irlandese, appassionato del Giappone tanto da essere naturalizzato giapponese, assumendo il nome di Yakumo Koizumi.

La verità dell’imparare facendo, dunque sbagliando

Batte il mio cuore nel petto, sento la carezza del potere che anima ogni Arte Marziale che sia autentica, mentre i miei gesti attraversano le correnti che sono frizioni, opposizione ma anche consensi e docile accompagnamento. Oltre l’orizzonte, a rischio di schiantarmi contro le pareti ostiche della chiesa, nel fuoco e nella vergogna di gesti ancora approssimativi, confusi, costruisco il mio Kenpo Taiki Ken, per offrirlo agli amici ed allievi che mi camminano accanto.

Solo così, anche e soprattutto errando, si può far risaltare, far uscire, le pulsioni del coraggio e della paura, che sono cuore del “marziale”, che è iniziale perché principio di ogni esistenza individuale, di ogni avventura umana. Siamo tutti combattenti, è che forse ancora non lo sappiamo o non vogliamo ammetterlo.

Allora entra nello Spirito Ribelle, e conosciti guerriero del terzo millennio.

 

“Finché non è nella carne, la conoscenza è solo rumore”

(proverbio della Nuova Guinea)



 

 

 

 

 

 

 

  

lunedì 22 aprile 2024

Il corpo nel movimento

L’inverno si stempera a fatica in una primavera riottosa ad aprirsi. Immote le ombre del tardo pomeriggio mi guardano, mi osservano.

Il ritmo di ogni mio movimento è di una lentezza dolce in cui porre, a piacere, l’abisso forte di una pausa o l’enfasi scalmanata di un’accelerazione improvvisa.

Le Arti Marziali tra violenza e dolcezza

Ascolto il batticuore che impone guardare dritto, severo, il compito ultimo dell’Arte, di quest’Arte: Affrontare la morte, l’uccisione di un altro da sé, che è sempre rischio di essere uccisi. Immagino ossa spezzate, vicino alla fascinazione della violenza, presenza archetipa in ogni individuo.

Stupefazione esistenziale che richiede la capacità di lasciar andare le ombre tangibili della violenza per abbracciare l’altra faccia, sensibile, dell’Arte, che è emozioni intense di vulnerabilità e sensibilità. Arte di flessibilità ed apertura alle cose del mondo, di comprensione anche dell’incomprensibile.

Il Tao, gioco di chiaroscuri, sostanzia ogni mia movenza, come sostanzia ogni pratica marziale autentica, che sappia di Tradizione. Il Tao che non esclude, ma tutto comprende, abbraccia. E trasforma.

Ikigai Kiko (esercizi di vitalità / energia) e Hakkei (forza esplosiva), Mukaete che è assorbire per infilzare in silenzio e Sashite che è investire da subito, senza possibilità di replica. Queste e altre le pratiche marziale che esprimono violenza e dolcezza, dolcezza e violenza in un mare senza confini, armonia di opposti.

Improvvisazione e / o regolamentazione?

Cosa è improvvisare? E’ lasciarsi andare ed ascoltare, è camminare sul precario equilibrio tra inconscio e conscio. E’ esperienza concreta e carnale di sé. E’ gettarsi oltre il recinto delle abitudini e degli schemi imposti per incontrare pulsioni e istintualità.

Ogni espressione artistica, a maggior ragione l’arte del combattere che è incontro di pulsioni, che è palcoscenico dionisiaco, chiama nella sua esecuzione qualcosa di più d'una semplice progressione che vada dall'inizio al punto intermedio e poi alla fine. Il Taiki Ken, che è crudele e spontanea lotta, che è “pugilato dell’improvvisazione” (non certo “dell’intenzione” come i più traducono Yi Quan / I Chuan qui in Italia!!), ne è l’espressione somma e performante.

La pratica attraverso sorpresa e imprevedibilità richiede l'allentamento della presa della comprensione. Ciò che si capisce può solo condurre a un'ulteriore comprensione, ovvero un futuro prevedibile. Allo Spirito Ribelle, l'improvvisazione accetta di buon grado la conduzione senza comprensione. Comprensione che arriverà solo ed unicamente percorrendo la personale strada del lavoro interno, il neijia kung fu, in cui scavare attraverso la personale strada della propria libera e liberata corporeità. Se uguali per tutti sono alcuni, pochi principi, che so: In tutti, l’avambraccio si flette sul braccio; inspirando, il diaframma scende ed espirando il diaframma sale, l’interpretazione e la consapevolezza di ogni gesto motorio sono personali, perché solo fare qualcosa di diverso conduce a una esperienza che a sua volta può essere soggetta a comprensione autentica, autentica perché personale.

Il corpo vivo

“Il nostro carattere (schema fisso di comportamento) è strutturato nel corpo sotto forma di tensioni muscolari croniche, la maggior parte inconsce, che limitano e a volte bloccano gli impulsi verso l’esterno”

(A. Lowen, psichiatra e psicoterapeuta)

Il nostro carattere, forse persino la nostra personalità, si esprime nella nostra postura e nel nostro modo di muoversi. Intervieni su te corpo e diverrai un individuo diverso, migliore. Libera il te corpo e libererai le tue potenzialità, la tua energia, Ki o Qi. Lo potrai fare solo riscoprendo come essere vivo di corpo.

Una formazione che è movimento senza limiti imposti, calati dall’alto, movimento funzionale alla costruzione di un individuo vitale ed erotico: Uno spirito ribelle.

 

 


 

 

 

 

martedì 9 aprile 2024

Le ragioni di un corpo che si emoziona: Il recupero nella pratica motoria

Tante sono le piccole cose che avrei voluto dire, che avrei voluto fare, ed era la mancanza di tempo la scusa dietro cui mi schermavo. Piccole cose che mai si allontanavano dai miei pensieri.

Lo sapevo prima, lo so meglio ora, che non si può fare movimento, non si può praticare Arti Marziali, se non ci si confronta con il mondo delle emozioni; che il malessere fisico, la stanchezza e le membra pesanti, tanto quanto l’energia vitale, l’audacia di ogni assalto e di ogni difesa, sono le espressioni di arrembanti risonanze psichiche.

 

Importanza e funzioni del “recupero”

Praticare, muoversi nello spazio, richiede sempre il recupero: Ogni sforzo, anche quotidiano, assume consistenza solo se si rispecchia nel tempo di recupero, tempo e modi che ognuno occupa a piacere. Orbene, che la si smetta di affannarsi a “fare”, di vantarsi di allenarsi sempre e comunque, senza sosta, o di preoccuparsi per aver mancato un incontro, una lezione!!

Già nel muoversi nello spazio c'è un continuo fluttuare tra gesti e movenze che richiedono stabilità, come quando lavoriamo sul radicamento o sull'equilibrio, e movimenti che richiedono mobilità, come quando inanelliamo una serie di percosse o attuiamo spostamenti particolarmente dinamici. In realtà, queste due fasi spesso si presentano insieme oppure sono una di seguito all'altro, in quanto si sostengono a vicenda.

Stabilità non indica "immobilità", ma una operazione di sostegno che tende a costruire equilibrio. Sovente per produrre un movimento dinamico, un balzo, uno spostamento circolare, è necessario preparare l'azione con un movimento stabile e questo può significare applicarsi all'allineamento posturale e alla scelta di quale “peso” del corpo: Pesante, leggero, forte, collassato, sono le quattro distinte qualità tra cui optare.

Dopo il “dinamico” abbiamo da ritornare alla stabilità, per poi prepararci al successivo passaggio dinamico. Così come dopo un movimento fondato sull'equilibrio, cerchiamo il recupero (che è recupero di energia o cambio di energia), con qualcosa di dinamico. A volte stabilità e mobilità convivono nello stesso movimento, si bilanciano a vicenda.

 

Quale rapporto tra “recupero” e movimento,

 tra recupero e ragione dell’emozione?

Dunque, come nel piccolo così nel grande, ad ogni incontro di formazione (noi Spirito Ribelle da decenni prediligiamo “formazione”, lasciando “allenamento” agli animali da circo, agli imitatori ad oltranza) si accompagna o segue il tempo ed il modo del recupero: fondamentale per crescere e migliorarsi.

Così, consapevoli che la tendenza all’agire è in parte già azione, che “le azioni sono inscritte nella carne ancor prima che l’intenzionalità consapevole agisca e detti comandi” (G. Dall’Ava, HR Manager, laureato in filosofia e in neuroscienze, in “La chiave di SOPHIA”  Giu- Sett 2020) ), sappiamo che la vitalità e lo slancio erotico, elementi fondanti la nostra pratica Spirito Ribelle, sono di per sé  origine possibile di conoscenza, di quella conoscenza “altra” da quella razionale, conoscenza che affonda anche nelle pause, nel “vuoto fertile” di impronta gestaltica, nel tempo che è anche modo del recupero.

- E’ questa particolare conoscenza, questa ragione dell’emozione, emos – azione, che ci permette, praticando con passione, di afferrare il senso profondo, ancora nascosto, di ognuno di noi e almeno di intuire il senso di ciò che l’altro prova.

- E’ il tempo e il modo del recupero, un po' come le pause tra una nota e l’altra, che contribuisce a fare melodia. E questo recupero è anch’esso mondo e sapere emozionale, mondo e sapere di vita vissuta.



I modi della pratica, la nostra pratica Spirito Ribelle, lo testimoniano: Per fare, per agire, per spostarsi nello spazio, perché non occuparsi del “togliere”, dello svuotarsi “più che” o “prima del” premere, del riempire? Dello Yin più che dello Yang? Perché non considerare fondamentali tempo e modi del recupero?

“In modo generico questo tema ha a che vedere con una fase di esecuzione di una o più azioni a cui segue una fase di recupero/cambiamento/riposo. Possiamo quindi osservare come le Qualità (Effort), l’uso dello Spazio, e l’Organizzazione del corpo in determinate combinazioni, danno vita a ritmi e fraseggi caratteristici che possono essere un segno distintivo della personalità di una persona oppure semplicemente formano un ritmo che risulta efficace per l’esecuzione di una azione” (L. Rapisarda)

 

 




venerdì 5 aprile 2024

Il mio pensiero di Aprile

 La pratica delle Arti Marziali, come proposta da noi Spirito Ribelle, è una forma espressiva intesa come ricerca di sé e del proprio posto nel mondo, come Via (Do) di condotta, come base di una sana relazione quotidiana.

Affrontare il contatto di corpi è un momento arcano dell’essere umano; è quell’intraprendenza, interiore ed esteriore, che permette ad ogni individuo di contattare integralmente l’altro da sé sapendo stare attivamente nella relazione, gestendola quand’anche conflittuale, manipolatoria, dipendente, ecc.

Un percorso, sempre semplice ma non sempre facile, che accompagna il praticante oltre le sue convinzioni, originandogli quel dubbio che gli farà scoprire modi e stili del tutto nuovi di essere corpo ed agire corpo e magari riscrivere trama e senso della propria personale storia. E’ l’occasione di intraprendere un viaggio probabilmente più lungo del solito, dove le acque ferme e stagnanti delle certezze sono attraversate da potenti onde capaci di destabilizzare i preconcetti con i quali classifichiamo le nostre esperienze come certe, definitive, prevedibili e dal finale già scontato. Ogni praticante Spirito Ribelle avrà l’opportunità di scoprire il mondo del dubbio e dell’imprevisto, in grado di mettere in discussione quanto di definitivo e assodato riteneva di portare dentro di sé insieme alla costruzione, passo dopo passo, di un uomo nuovo, vitale ed erotico, adulto autodeterminato.

Hai visto quanta roba dentro due pugni in faccia, 

qualche spintone

e un po' di gesti sparsi liberamente nell’aria?!