venerdì 8 novembre 2024

Munch artista del tormento e del liquido

Un mondo fatto di tenebre, rari i momenti capaci di guardare il cielo. Opere attraversate da passioni, dolori e strazi che si intrecciano con uno struggente desiderio di esplorare il buio dell'animo umano.

Palazzo Reale, con l’amico Piero alla mostra dedicata a Edvard Munch,

artista norvegese, ai più noto per l’opera L’Urlo.

Mostra davvero ricca di opere bellissime e pannelli descrittivi ed esplicativi ben fatti. Molta gente nelle sale.

In Munch, il tormento, tra malattie fisiche e squilibri mentali, è terreno fertile per andare oltre un’arte puramente rappresentativa ed esprimere invece un’arte che origini dal sangue del cuore dell’individuo.

Pittore prolifico tanto quanto scrittore prolifico, egli considera l’arte come uno sprofondare nei segreti dell’animo umano: “Nella mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo senso”, cercando allo stesso tempo di “aiutare gli altri a chiarirsi la propria”. E questo senza alcuna certezza, senza sicumera, ma tanta, tanta passione.

Nel guardare i suoi quadri, nelle stesse pennellate, mi pare di cogliere l’elemento Acqua come fondamentale: “Le sue immagini hanno la fluida liquidità dell’acqua, il cui tempo è dato dalle inclinazioni più o meno rapide e veloci di strade, coste, alberi, corpi, capelli, vestiti: fiumi di cielo sui fiumi” (S. Guerra Lisi e G. Stefani).

Acqua, liquame al tempo stesso diluente ed assorbente colori e materie, che nel tempo sgretola serbandone in sé l’essenza.

Inconscio come oscuro putridume in ogni pennellata che lascia emergere avviluppando le figure senza scampo; un'umanità schiacciata, moltitudine di individui, ognuno con il proprio carico di sofferenza.

Struggersi per l'angoscia dei desideri e nella disordinata confusione dei ricordi, affiorano volti e corpi. Inafferrabili, impossibile fissarli, inchiodarli dentro confini definiti… l’unico confine e la finitudine della tela.

Addirittura Munch lasciava i sui dipinti esposti alle intemperie perché si arricchissero di sporco, di pioggia, di lacerazioni inferte da contatti casuali. La Natura e le opere dell’uomo in continua commistione, scorrere del tempo che tutto modifica, anche corrode.  D’altronde l’Acqua tanto si adatta quanto modifica, a volte con impeto altre lentamente, tutto ciò che si illude di durare immobile nel tempo.

La mostra, una volta terminata la visita, mi lascia un intenso senso di vita, certamente non gioioso, ma forte e appassionato, anche nelle sue pesanti Ombre.

Nel nostro percorso corporeo Spirito Ribelle è abituale il contattare la “cantina” di ogni praticante, le sue parti nascoste che si lamentano e ruggiscono nell’animo scansando la luce e il pubblico giudizio. Così come ci sono abituali espressioni gestuali sinusoidali, fluide, dilatabili; onde, vortici e spirali … Acqua.

Pensieri sparsi, riflessioni da scambiare con Piero. Più di un’ora e mezza intensamente masticata e gustata davanti alle opere di un artista eccezionale.

Una mostra da non perdere.

Palazzo Reale. Milano

14.09.2024 – 26.01.2025

 

 

 



 

 

giovedì 7 novembre 2024

Il mio pensiero di Novembre 2024

 


L’autunno porta sempre con sé un sentore di raccoglimento, sottili lingue di introspezione, una lieve malinconia che odora di abbandono.

Miti itinerari affettivi, indulgenti abitudini solitarie vissute con garbate intenzioni. Un equilibrio precario tra l’abbagliante ricordo dell’estate e la consapevolezza che il “generale inverno” chiama al riposo, al letargo.

O, almeno, a grandi linee è così per l’artista guerriero che, anche quando stritolato nelle fauci dei convulsi “tempi moderni” di chapliniana memoria, evita con cura di esserne fagocitato e trova spazi affrancati per godere della sua libertà.

Nella nostra pratica marziale, pratica Spirito Ribelle, i mesi autunnali sono il riesumare percorsi passati, lontani o vicini, su cui innestare nuovi e diversi impulsi di crescita, di formazione a quel corpo marziale, sano di vitalità ed erotismo, che contraddistingue chiunque si prepari al periglio del combattimento.

Sono mesi che affondano a piene mani nelle più antiche pratiche taoiste ed energetiche provenienti dalla Cina e dal Giappone. Tra queste Iron Shirt, la “camicia di ferro” (“Con il Chi Kung della camicia di ferro, si acquisisce la capacità di aumentare il flusso degli ormoni prodotti dalle ghiandole endocrine, rafforzare il sistema immunitario e dare un senso di benessere generale” Maestro Mantak Chia); Shoshuten, il “piccolo circuito” come studiato dal Dr. Yayama, primario della divisione di oncologia dell'ospedale generale della prefettura di Saga, e diffuso dal Maestro Tokitsu Kenji, integrate da moderne pratiche occidentali sul respiro che, oltre bronchi, polmoni, bronchioli e alveoli, investigano la respirazione di ogni cellula (“nei mitocondri, il nutrimento in forma di O2 viene utilizzato per produrre l’energia di cui abbiamo bisogno” E. Parrello, docente di Body Mind Centering); sulla consapevolezza motoria e fisicoemotiva attraverso cui leggere” i tratti costitutivi ed il meccanismo che lega la forma del movimento alle sue proprie leggi naturali così come alle spinte interiori, alle pulsioni e ai significati interni” (https://associazioneref.org/event/lanalisi-osservazione-del-movimento-in-danzaterapia-secondo-il-metodo-laban-kestenberg/).

Consapevole che tutto è vano se e quando non si vogliono aprire gli usci, lasciar cadere le maschere, questi sono mesi di costruzione Hon, “fondamentale”, del corpo fisicoemotivo e delle sue prime esplorazioni anche di contatto e scontro.

Per questo Suishou, “premere e tirare”, Maki, “avvolgere”, Sujin te, “la mano che cerca.

L’autunno e poi l’inverno come mesi di pratica profondamente formatrice di esperienze motorie atte a comprendere cosa e come io sarò dopo, cosa e come tu sarai dopo e costruirne le fondamenta.

 

Netta la percezione che è presente, sta per emergere, segreta ancora perché ancora solo intuita, la figura adulta, autodiretta, del guerriero ribelle. E sarà l’accoppiata sincronia e armonia gestrice di atti motori tanto efficaci quanto belli da vedere.

Con la primavera, vecchi e nuovi giochi, strategie lineari del Wing Chun, strategie circolari del Pa Kwa e Hakkeshou, poi Hakkei e Kumite dal Taiki Ken: Nuovi colorati fiori verranno a sbocciare. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare, tanta passione e gioia da spandere a piene mani. Come ogni anno, come sempre.

 

 


lunedì 4 novembre 2024

Vivi praticando ogni giorno Arti Marziali

No, non è che ogni giorno, a tutte le ore, stai lì tra Neri e Yuri, tra schivate di busto e percosse, tra leve articolari e Shadow Boxing su avversari immaginari.

Piuttosto, forte della tua formazione marziale nelle ore a cui specificatamente ti dedichi all’arte, nel quotidiano muoversi o fare qualsiasi gesto come allontanare, tirare, spingere, afferrare, camminare su lisci marciapiedi o sull’acciottolato, scansare il solito idiota appeso al cellulare o salire le scale di casa, lo fai attingendo ai modi, a posture e atture, alle catene cinetiche, scoperte ed apprese proprio in quelle ore “marziali”

Hai praticato imitando gesti e stili e modelli? Ti hanno addestrato come un animale da circo obbedendo pedissequamente ai comandi? Sei il praticante tipico dei tipici corsi di questa o quella Arte Marziale a cui hanno insegnato tecniche ed esercizi? Allora, se fosse così e ne fossi pure soddisfatto, puoi anche smettere di leggermi.

Nel caso, invece:

  • Da questa trista catena di obbedienze e modeste ripetizioni (sarà mica l’anticamera di un disturbo ossessivo compulsivo di ripetizione?) ti volessi finalmente affrancare

oppure

  • Come qui allo Spirito Ribelle, ti abbiano formato attraverso esperienze motorie alla capacità di sentire e comprendere come stai facendo quel che stai facendo (che è il dettame hon, “fondamentale”, di ogni buona pratica marziale)

allora sei pronto ad una connessione e presenza con te - corpo, il corpo Leib, in contatto con ogni area e fascia che sia articolare, muscolare, tendinea, oltreché con il tuo modo di respirare, in ogni gesto della tua giornata.

“Corpo Intelligente è la miglior definizione che ho trovato per descrivere l’individuo con una mente calma, un corpo libero di muoversi e un subconscio virtuoso” (A. De Maria)

“Il cultore del Jeet Kune Do  -ma possiamo intendere Arti Marziali-  affronta la realtà, non schemi fissi (cristallizzazione della forma), lo strumento è uno strumento che ha una forma senza forma” (B. Lee)

Per inciso, ecco perché nei testi classici, negli insegnamenti Tradizionali c’è che il lento è meglio del rapido, e l’immobile è meglio del lento!! Questo perché i movimenti lenti e la (apparente) immobilità consentono un ascolto attento e profondo di te e di come e cosa stai facendo. Il che non esclude una verifica nella rapidità; una “verifica”, non un costante stare nella gestualità rapida che, spesso, nasconde frettolosità ed imprecisione!!

Torniamo alla tua giornata quotidiana. Ogni azione che svolgiamo durante la giornata, proprio ogni azione: Dal lavarsi il viso ad allacciarsi le stringhe delle scarpe, dallo scendere le scale all’aspettare il bus, dall’aprire una porta a tirare a sé la scrivania, dal sollevare una valigia al riporla in alto, dall’affrontare un colloquio di lavoro allo stendersi in un prato, dallo spolverare i tuoi amati katana a rifare il letto, è una sfida a riconoscere le diverse forze in atto, le catene cinetiche impegnate, la ridda di emozioni in gioco, il tutto in ambienti e contesti sempre diversi tra di loro: Pensa un po', è quell’hon  (fondamentale) su cui ti formi un paio d’ore, un paio di volte la settimana, durante la tua pratica marziale.

Ecco, abbandona le modalità abitudinarie e inconsapevolmente apprese nel corso degli anni sull’uso delle catene cinetiche; quelle abitudini motorie che negli anni quando non originano disfunzioni o atrofizzazioni portano però ad una limitazione nella fluidità dei gesti, unitamente ad una non – presenza consapevole per cui agiamo pensando intanto ad altro. Appigliati, invece, alla consapevolezza fisicoemotiva appresa durante la formazione marziale, utilizzando ciò che serve di te - corpo per ottenere la massima efficacia con il minimo sforzo: Regola aurea di ogni buona pratica marziale, il “Wu Wei” taoista del “Non tirare troppo la corda”.

Ti troverai ad abbracciare un amico, scolare la pasta, scrivere al computer, pedalare, parlare in pubblico ecc. in modo totalmente nuovo e con risultati eclatanti.

Con naturalezza, porterai quel che impari di corpo e movimento nelle ore di formazione marziale dentro il tuo quotidiano, ricavandone salute e benefici immensi. E guarderai con distacco e sufficienza chi si vanta di allenarsi otto ore al giorno (ma sarà vero?), perché tu praticherai Arti Marziali, il loro senso profondo (neijia), ogni ora, ogni momento, della tua giornata e per sempre.

 


 

mercoledì 23 ottobre 2024

Dubuffet e l’Art Brut – l’arte degli outsider

 




Con Piero, amicizia pluri-cinquantennale, al Mudec.

Sensazioni profonde, dove il mondo mostra un’ombra che taglia e ferisce dentro la carne. Pare che quelli che sanno le cose non parlino, piuttosto gridino, lacerando la calma piatta di chi, ordinariamente, è sonnambulo ma crede di vivere sveglio.

“Il partito preso dell’Art Brut è quello che si oppone al partito preso del sapere, ciò che l’Occidente chiama (piuttosto rumorosamente) la propria ‘cultura’. E’ il partito preso della tabula rasa. Le sue truppe non indossano alcuna uniforme, non vestono toghe o ermellini e non si fregiano di titoli gloriosi (…) Vagabondi, veggenti dagli ostinati soliloqui, non brandiscono diplomi bensì stampelle e vincastri; sono gli eroi dell’arte, i santi dell’arte”

(Jean Dubuffet)

In ogni tempo, in ogni area artistica, ci furono e ci sono anche ora le minoranze ribelli.

Anche, è certo, nel campo del corpo e del movimento, nomi e metodi diventati famosi, almeno nella nicchia dei ricercatori, o rimasti sconosciuti. Per restare al secolo scorso e agli inizi di questo, ecco Moshe Feldenkrais, Milton Trager, Josef DellaGrotte, Rudolf Laban, Bonnie Bainbridge Cohen, Orlando Cani, Linda Kapetanea e Jozef Frucek, Ido Portal; pure nel vasto campo delle Arti Marziali pochi pionieri ed esploratori, ognuno a loro modo, e, alcuni decenni, ci siamo anche noi, ZNKR ora Spirito Ribelle.

E mi riconosco nell’intenso forgiare dionisiaco e demoniaco, di irrefrenabile tormento ed estasi, di queste opere…Art Brut.

Queste opere hanno voci basse, a volte appena sussurrate, solo, improvvisamente, urlano “Pietà di me”, per poi maledire il mondo attorno accogliendolo in un abbraccio. Artisti disastrati, feriti nell’anima, privi di quella insensibilità che protegge mediocri e prepotenti, chiamati a pagare le colpe di altri. Zittiti, spaventati, stritolati in maldestre posizioni ambigue.



“Con questo termine Art Brut intendiamo opere eseguite da persone immuni da qualsiasi cultura artistica, persone dunque per le quali, contrariamente a quanto vale per gli intellettuali, il mimetismo conta poco o nulla; questi autori, pertanto, traggono ogni cosa (soggetti, scelta dei materiali, strumenti, ritmi, stili di scrittura, ecc.) da dentro se stessi e non dai cliché dell’arte classica o dell’arte che va di moda”

(Jean Dubuffet)

Cosa significa muoversi, agire, accarezzare il corpo e affrontare il corpo in uno scontro, cosa significa in quanto esperienza, non certo in quanto tecnica da memorizzare, gestualità da mostrare. Senza questo fare esperienza si perde ogni comprensione. Si affoga dentro la mediocrità rigidamente apollinea della mente moderna, ossessionata dal controllo e spinta dal narcisismo egocentrico, che ogni spazio di cultura e creatività avvelena con gli strumenti della “lista della spesa” e del “menù di fatti”, avvolgendo in questo senso triviale e stecchito anche il mondo del corpo e della corporeità, il mondo delle Arti Marziali.

 

 


 


 

 


mercoledì 16 ottobre 2024

Come impostare una lezione di Arti Marziali

No, non siamo il solito Dojo con riscaldamento, fondamentali, tecniche a vuoto e in coppia o su un bersaglio, forme, combattimento semilibero e libero, rilassamento e/o stretching.

No, non lavoriamo con una successione tecnica, di esercizi, prestabilita.

No, quand’anche il nome sia lo stesso, il contenuto del “fare” non lo è, MAI.

I due tipi di riscaldamento

Ovunque ginnastica, più o meno intensa, per aumentare la temperatura corporea, fare “fiato”, investire nel potenziamento muscolare e, in alcuni casi, un po' di attenzione alla coordinazione motoria. Il tutto in un gergo che, quando non sia approssimativo (“sciogliere le articolazioni” – le articolazioni non sono nodi -, “flessioni sulle braccia” – piegamenti, perdinci, sono piegamenti; prova a fare una flessione, ovvero a flettere l’avambraccio sul braccio, e ti troverai col naso spiaccicato per terra, sono piegamenti, è il braccio che si piega!! - “tieni il bacino avanti” – incommentabile!! - ecc.) è aridamente tecnicistico intendendo il praticante come un robot, una macchina e non come un individuo integrale, di corpo biografico che contiene le relazioni, gli affetti, i simboli, la cultura, il modo di porsi con gli altri, il tumulto delle emozioni.

Da noi, Spirito Ribelle, il riscaldamento (ma il termine appropriato è “apertura”) è invece un passaggio importante in quanto opera:

           dallo stato di coscienza abituale a stati di coscienza espansa;

           dal linguaggio verbale al linguaggio non verbale;

           dal pensiero logico – analitico al pensiero analogico e associativo;

           dalla disposizione difensiva ordinaria a una disponibilità alla libera circolazione delle emozioni;

           dalla dimensione concreta – operativa alla dimensione immaginativa, espressiva e creativa;

Quindi il “cosa” e il “come”,

sono totalmente diversi.

Pagine illuminanti sul riscaldamento, sono stare scritte da Vincenzo Bellia nel suo “Dove danzavano gli sciamani”. Un breve mio scritto lo si trova qui: “Riscaldamento per un atleta, uno sportivo e riscaldamento per un artista marziale” in  https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2022/09/riscaldamento-per-un-atleta-uno.html.

Il contenuto di una

lezione di Arti Marziali

Da noi, Spirito Ribelle, la premessa fondamentale è che la pratica tiene conto del praticante come corpo olistico, integrato con il personale mondo interiore. Dunque che non va allenato, addestrato come un animale da circo, ma ri-abitato, incarnato, in quanto esso è il “centro di relazione e di esistenza personale” (G. Farinelli, docente universitaria, in ‘Pedagogia dello sport ed educazione della persona’)

“Sei una macchina? Allora allenati.

Se invece sei un essere umano,

pratica per saperti adattare ai mutamenti

e stare in salute”

(Fighting Monkey)


Volendo identificare dei filoni di pratica (1), diversamente presenti, in ogni incontro (preferisco il termine “incontro” a “lezione”, anche se, per comodità di intendimenti, mi adeguo al senso comune ed uso “lezione”), possiamo scrivere di:

Respirazione – il respiro è l’elemento fondamentale per potenziare ed utilizzare la propria vitalità. Respirare non è solamente immettere aria nei polmoni, è anche stimolare il sistema nervoso ‘autonomo’ ed entrare in contatto con il registro emozionale. Si fa esperienza di diversi tipi di respirazione e si confronta questa esperienza durante la pratica corporea a solo e nei vari giochi di contatto e scontro con uno o più compagni. La “Respirazione” è un filone di pratica che, anche quando non “in figura”, ovviamente resta sempre e comunque sullo “sfondo” durante l’intera lezione, mai assente in termini di attenzione e presenza consapevole.

Sensazione e percezione – con opportuni giochi di stress si ricrea l’ambiente atto ad attivare i sensi, le percezioni si amplificano fino al rischio di non saperle gestire. Il sistema dei fluidi rallenta per consentire uno stato vigile e di allerta. Ma il fermarsi eccessivamente sulle nostre percezioni rischia di “congelare” ogni nostra azione. Ecco, è questo invece il momento in cui agire, le percezioni lasciate sullo sfondo, ma ciò è possibile solo dopo averle attentamente misurate e conosciute con appositi giochi.

Coordinazione, esplorazione ed attività multipla e simultanea - che è regolare ed adattare ogni atto motorio in modo armonico e funzionale in condizioni di esplorazione anche e soprattutto del tutto nuove in termini di spazio, ritmo, postura ed attura.

Relazione e interazione – giochi di coppia e di gruppo, a contatto parziale o totale, in cui entrare affidandosi alla propria vulnerabilità, alla capacità di stabilire un dialogo fisicoemotivo sincero ed autentico, all’intelligenza del non reagire meccanicamente ad uno stimolo ma interpretarlo agendo adeguatamente.

Nello specifico,

quali giochi proponiamo?

La premessa è che ogni gioco proposto è come una cipolla, ovvero ogni strato ne nasconde uno sottostante, e poi un altro ancora. Ogni gioco investe più filoni, ogni esperienza tocca e migliora più temi corporei.

Due esempi:

  • Al suolo, aderire con l’una e l’altra gamba ad una palla medica, facendola scorrere senza mai perdere il contatto, investe il filone sensoriale e quello della coordinazione ed esplorazione; introduce alla lotta a terra, al Chi Gerk, lo scambio di contatto di gambe per intercettare e deviare i calci dell’opponente tipico del Wing Chun, agli Ashi Waza, le proiezioni di gamba del Judo.
  • I Suishou, come tutti i giochi di “mani a contatto”, investono principalmente relazione ed interazione, senza dimenticare coordinazione, esplorazione ed attività multipla e simultanea e l’equilibrio tra sensazione e percezione.

Nel primo, di un gioco che nulla pare abbia a che vedere con le Arti Marziali, col combattimento, disveliamo, invece, le potenzialità di formazione al combattimento.

Nel secondo, di un gioco presente in tutte o quasi le Arti Marziali, siano esse giapponesi, okinawensi, cinesi, filippine, vietnamite, lavoriamo, dietro l’evidenza dei colpi e delle difese, l’enorme ricchezza in termini di enterocezione (il senso che rivela le sensazioni dello stato interno del corpo, a differenza dei cinque sensi, vista, udito, tatto, gusto, olfatto, che sono preposti verso sensazioni esterne), e neurocezione (i modi in cui i circuiti neurali selezionano le situazioni tranquille da quelle minacciose) (2).

Questo sarà possibile in tutti i momenti e le occasioni di formazione solo ed esclusivamente

  • scartando una pratica che sia fatta di esercizi e sequenze meccaniche e preordinate quanto che privilegi e dia spazio tracotante allo scazzottarsi; che mostri e imponga certezze, gestualità rigidamente codificate, modelli da imitare e copiare;
  • puntando invece alla consapevolezza corporea attraverso esperienze motorie.

Più crei disordine dentro di te,

più ti evolvi (3)






Azzardato? Temerario? Troppo audace per te?

Eppure …. “Credo che uno dei grandi errori che fanno gli essere umani quando tentano di capire qualcosa sia volere certezze. La ricerca della conoscenza non si nutre di certezze: si nutre della radicale assenza di certezze. Grazie all’acuta consapevolezza della nostra ignoranza, siamo aperti al dubbio e possiamo imparare sempre meglio. Questa è sempre stata la forza del pensiero scientifico, pensiero della curiosità, della rivolta, del cambiamento” (C. Rovelli, fisico, in “Helgoland”. Citato da S. Spaccapanico Proietti in “Umanizzare il movimento”)

Eppure… questo è il meraviglioso ed appassionante modo di praticare allo

Spirito Ribelle

Uguali a nessuno.

 

Ah già, ora ci sarebbe da affrontare la parte di chiusura di una lezione. Lo farò in un prossimo post. Sicuramente del tempo va dedicato al ritorno ad uno stato di quiete insieme ad una rielaborazione, personale e / o di gruppo, di quanto fatto e come questo abbia inciso sul sé – corpo in tutte le sue componenti. Sicuramente NO qualche minuto del solito stretching e poi… tutti a casa!!

 

1. Impostazioni simili, ancorché sempre flessibili ed adattabili al variare delle situazioni, si trovano in numerose pratiche di corpo e movimento. Per es. DMT (DanzaMovimentoTerapia), Movimento Biologico, BMC (Body Mind Centering), Healing Tao.

2. Qualsiasi gesto, in ambito quotidiano, lavorativo, sportivo, di combattimento, non origina da quanto tu sia rapido di braccia o forte di gambe, ma nelle connessioni neuronali, nelle rapide sensazioni che attraversano i circuiti cerebrali e le strutture muscolo – tendinee implicate. I taoisti lo intuirono secoli or sono, ora lo confermano e spiegano “scientificamente” le Neuroscienze. Per questo l’allenamento che punta sulla muscolatura è una corbelleria!!

3. “Il termine “fissità funzionale” è stato introdotto dagli psicologi per descrivere dei "blocchi mentali" che possono ostacolare la creatività e la risoluzione dei problemi. Quando si è prigionieri della propria fissità funzionale, si tende a seguire schemi mentali rigidi che non permettono di pensare fuori dai confini che ci si è dati. Ad esempio, se vediamo un cacciavite, possiamo pensare solo al suo utilizzo per avvitare viti, senza immaginare che potrebbe essere usato anche per aprire una scatola. (omissis) Superare la fissità funzionale richiede coltivare una maggiore flessibilità mentale e stimolare la capacità di vedere persone, oggetti e situazioni in modi nuovi e diversi. Un approccio utile è lo sviluppo del pensiero laterale, che invita a cercare soluzioni creative ai problemi, esplorando vie alternative rispetto ai percorsi logici tradizionali” (P. Iacci, estratto dall’editoriale in: https://www.aidp.it/hronline/2024/10/18/lanatra-la-fissita-funzionale-e-lorientamento-di-carriera.php)

 




mercoledì 9 ottobre 2024

Maestro NO.

Non mi si adatta l’etichetta di “Maestro”, colui che ha raggiunto maestria, padronanza in una materia. Come a dire uno che è “arrivato”, che “sa e dispensa il sapere a chi non sa”.

Io non sono arrivato: Quasi cinquant’anni di pratica ininterrotta ed ancora “”So di non sapere”, per citare il grande Socrate. Ancora mi appassiono a cercare, studiare, tornare sui miei passi, modificare, rimestare, proporre nuovamente sapendo che ci sarà ancora altro da scoprire, altro che farà vacillare quanto imparato.

Per questo preferisco Sensei: “Colui che è nato prima”. Uno che è stato sorpreso dalla tempesta e invece di scappare a rifugiarsi al coperto è rimasto esposto alle intemperie; uno che il bosco lo ha attraversato, inciampando, cadendo, facendo incontri sgradevoli, ma ne è uscito più o meno indenne. Uno che non pretende di insegnarti né cosa incontrerai nel tuo di bosco, né quale sia il percorso migliore per attraversarlo, perché ogni bosco è personale e dunque diverso. Ma il Sensei è la testimonianza concreta e vivente che puoi stare dentro una tempesta senza affogarci, puoi attraversare un fitto bosco ed uscirne. E’ colui che può darti una mano a trovare in te stesso le energie e le risorse per farcela.

Per dirla con un termine “moderno” è un facilitatore: Chi ti accompagna sostenendoti nelle difficoltà.

Io, se proprio devo rifarmi ad una figura non proprio attinente alle Arti Marziali (o forse è attinente?) mi rivolgo all’immagine dello sciamano.

Nelle culture antiche, tradizionali, lo sciamano è chi, con pratiche corporee e riti, si fa mediatore tra l’individuo e il divino, tra uomo e cielo, tra il visibile e l’invisibile, tra il micro e il macro.

Come uno sciamano, il Sensei comunica attraverso riti, corpo e movimento per portare in superficie l’impulso interno (neijia) di movimento di ogni praticante, suscitando immagini esteriori ed interiori (quella che il filosofo della scienza Gaston Bachelard chiamava reverie) perché siano fonte di ispirazione corporea, gestuale, aprendo la strada verso stati di coscienza espansa che costruiscano un individuo equilibrato, autodiretto e capace di sostare nei conflitti, scoprendo Poteri Potenti e aprendosi tanto all’incontro con l‘altro da sé e con l’ambiente circostante quanto con il mistero grande della vita, con il Tao.

Questo è qui, allo Spirito Ribelle, il Sensei, colui che ti accompagnerà attraverso una pratica corporea a conoscere di te corpo per vivere bene, vivere meglio, per affrontare consapevolmente ogni scontro piccolo o grande della tua vita quotidiana,

O davvero credi che il potere delle Arti Marziali sia riducibile a gesti da imitare, ripetizioni da eseguire, cazzotti da sparare al sacco o sul volto del compagno, ossequiando un Maestro che sa mentre tu non sei nessuno perché non sai un kazzo?

Io, il Sensei, qui allo Spirito Ribelle, non insegno esercizi, io propongo esperienze motorie; non alleno, io accompagno il praticante a formarsi adulto guerriero attraverso il movimento.

 

“Se sapete che il vostro strumento siete voi stessi, conoscete anzitutto il vostro strumento, consapevoli che è lo stesso strumento che danza, che canta, che inventa parole e crea sentimenti”

(O. Costa, regista e pedagogista teatrale




 

 

 

lunedì 7 ottobre 2024

Da vedere (O NO?) al MAS. Museo Arte e Scienza – Milano



Venerdì 4 “vernissage” al MAS per

On Leonardo’s road –

 mostra d’arte contemporanea

Francesca Callipari, curatrice di mostre, presenta gli artisti che espongono nelle sale superiori.

Luogo incantevole, il MAS, crea un’atmosfera vagamente misteriosa, le sedie tutte occupate e qualcuno in piedi, luci soffuse, le pareti riccamente addobbate. Il fascino finisce subito all’appello degli artisti che, uno dopo l’altro, salgono sul piccolo palco. Per tutti, salvo qualche dimenticanza (!!) le parole della curatrice ripetono “sperimentare”, ma quel che vedo proiettato sullo schermo, in attesa di sincerarmi di persona, non ha nulla a che vedere con lo sperimentare, sono le solite noiose ripetizioni del già visto, senza alcun guizzo di originalità. Ben calate nel grigiore generale sono anche le parole degli artisti: Brevi ringraziamenti alla curatrice, qualche parola di apprezzamento per il posto e tanta emozione dipinta sui volti e trasmessa dal corpo. Si staccano il pittore, marito della curatrice (!!) che regala alcune nozioni tecniche alla platea, e la giovane che frettolosamente parla della necessità di vedere con nuovi occhi e quest’intento anima le sue fotografie.

Pare la premiazione ad una recita scolastica o a un torneo amatoriale in una bocciofila. I presenti, a giudicare dai capannelli, sono tutti parenti o amici degli artisti.

Finalmente la lunga lista di artisti si esaurisce e tutti si sale a vedere le opere esposte.

Quanto vedo, non fa che rafforzare la convinzione maturata al piano di sotto: Nulla mi emoziona, tutto mi risuona di già visto e rivisto.

Due fanciulle restano a lungo davanti alla foto che, di fatto, potrebbe essere (o magari lo è!!) la riproduzione di un dipinto di Esher. Un autore si dilunga a spiegare alla fanciulla che lo accompagna i significati presenti nella sua opera. Io mi fermo davanti ad un dipinto che, secondo curatrice ed autrice, ha suscitato scalpore sui giornali: Una rivisitazione della “Donna con ermellino” di Leonardo da Vinci.  Uno sguardo più attento lo dedico all’opera di chi ci ha spiegato di giochi di luce, di colori d’oro e di esoterismo. In effetti, nelle mie scorribande presso librerie esoteriche, in molti libri sul tema ho visto illustrazioni del tutto simili, come immagini simili crea Leo Principe, pittore molto ”cliccato” sul web. Vado, curioso, davanti alle opere di chi si è descritta come “digital artist” che utilizza anche l’intelligenza artificiale e me ne allontano con la curiosità ancora in tasca.

Non sono un professionista delle arti figurative. Con questa necessaria premessa, mi trovo però a concludere la visita, per l’ennesima volta, col motto “Nulla di nuovo sotto il sole”.

Certamente, ormai nel terzo millennio d.c., dopo le tele lasciate bianche, l’orinatoio di Duchamp, i colori gettati sparsi sotto l’impulso di irrefrenabili pulsioni, le tele tagliate, i barattoli riempiti di feci, le figure umane gonfiate a dismisura e via con tutto l’enorme e inelencabile elenco di tendenze e sotto – tendenze, dopo millenni di opere d’arte, cercare e pretendere del nuovo, del non visto prima, pare insensato.

Però… è insensato nelle opere artistiche contemporanee, vista l’impossibilità di creare cose nuove, cercare relazioni nuove dentro contesti e stili vecchi e già visti? Relazioni che, poste in quel contesto, suscitino emozioni diversamente aggettivabili a seconda dell’estro e del gusto dell’autore in rapporto alla singolare e soggettiva personalità di chi le guarda? Opere che siano disturbanti, accoglienti, offensive, estranianti, confortevoli, interrogative, inquietanti ecc. Che emozionino, insomma.

Non sono un professionista di arti figurative, lo ripeto. Come non lo sono di musica o letteratura. E ci sarà un motivo, motivo grande, più grande di me, se incidono dischi e fanno concerti (a cui il pubblico va) Alessandra Amoroso, Marco Carta, Elodie e tutti quei distributori di musica “marmellata” tutta uguale, indistinta, dai testi  di una banalità disarmante, che cade nell’oblio nel giro di pochi mesi; se tutti i politici, nonostante impegni lavorativi per forza gravosi data la loro professione, scrivono (o si fanno scrivere) libri per altro immediatamente dimenticabili; se scrivono e pubblicano e vendono Fabio Volo e Marina Di Guardo (quest’ultima, forse più nota come la mamma della Ferragni).

Per lo stesso motivo, hanno tutto il dritto di dedicare tempo e passione alla loro arte anche tutti i pittori e fotografi che imperversano nelle mille e mille gallerie e mostre d’Italia. Dunque anche i simpatici artisti che in questi giorni espongono al MAS. Io mi arrogo il diritto di continuare a cercare, tra mostre ed esposizioni, quell’artista, quelle opere, che mi facciano emozionare.

Un po' come avviene nel mondo del movimento e del fitness. Tra la moltitudine di proposte tutte uguali nel considerare l’uomo – corpo (Korper) una macchina (o uno stupido?), quei supermercati del chiacchiericcio e del narcisismo che si chiamano Get Fit, Virgin e gli epigoni meno famosi, a voler cercare, cercare attentamente, trovi, in spazi per niente rinomati, gioielli stupendi di corpo Leib, gioielli che rispondono al nome di Laban Movement Analysis, Natked, Body Mind Centering, Feldenkrais.

Un po' come avviene nel mondo delle Arti Marziali. A ben cercare, dietro ed oltre gli spacciatori dei soliti nomi noti come delle invenzioni fantasiose, dietro ed oltre stili e tecniche da ripetere e ripetere e ripetere e mandare a memoria, dietro ed oltre Maestri, Guru, professori, gonfi di ego e certezze assolute, puoi trovare autentici ricercatori appassionati, cacciatori di emozioni. Puoi trovare noi Spirito Ribelle e altri come noi, che senz’altro ci sono, esistono; senz’altro, da qualche parte seminascosta, c’è chi, come noi Spirito Ribelle, pratica di cuore e di pancia contribuendo a formare individui adulti, coraggiosi, vitali ed erotici; pratica di crudo Bujutsu per aprirsi all’etica del Budo.

 

DAL 5 al 11 OTTOBRE 2024

Presso MAS Via Quintino Sella 4. Milano