mercoledì 2 aprile 2025

Perché praticare le forme, Taolu / Kata?

 



L’incontro settimanale, ogni Martedì, volge al termine. Propongo di affrontare il lavoro sulla forma di Tai Chi Chuan.

Perché facciamo la forma e a che serve?

mi chiede uno degli allievi?

Mi piace la domanda, mi piace che ciò che propongo sia letto proprio come una proposta e non una imposizione; mi piace che ogni allievo porti i suoi interrogativi, i suoi dubbi, persino le su “resistenze” (1). Solo così il percorso dentro le Arti Marziali è percorso condiviso di cui ognuno è responsabile e solo così diviene pratica di individuazione (2).

Lo so, c’è ancora chi crede, chi sostiene, che praticare gesti a vuoto o in coppia sia di per sé (in virtù di quale magia?) fonte di crescita personale, via di accesso ad uno stato di calma, equilibrio, visione profonda. E perché mai? In virtù di quale formula magica? (3) Tu mi mostri e mi fai copiare un pugno, uno spostamento, come tu, Maestro o Sifu, fai, come la tua arte e il tuo stile impongono, ed io, allievo, divento “migliore” (migliore in che?), “aumento la fiducia in me stesso”, “mi sviluppo mentalmente” (qualsiasi cosa significhi questa affermazione generica ed astratta)? Davvero costoro ci credono?

Ma torniamo a noi, alla domanda postami verso il crepuscolo, qui ai giardini Marcello Candia in Milano, da anni eletti a nostro Dojo.





Mi si affollano immediatamente svariate risposte ed i collegamenti tra di queste che ne fanno una preziosa e robusta rete in grado di accogliere la voglia di praticare di corpo e movimento che anima i praticanti Spirito Ribelle. Mi sfiorano anche le giustificazioni strampalate e impacciate che sento sin dagli inizi (era il1976) del mio percorso marziale a giustificare la pratica delle forme: Mi sfiorano e si allontanano vergognandosi. Raccolgo ed accolgo rapidamente le teorie che furono alla base della creazione dello I Chuan / Yi Quan di cui il Taiki Ken è la versione giapponese e che rifiutano la codificazione in gesti sequenziali fissi, in forme: Ne condivido l’affermazione davvero rivoluzionaria che ribaltava le pratiche abituali, ma mi permetto di ritenere che, se fatte in un certo modo, anche le forme possono abitare quelle teorie.

E perché?

  •          Praticare una forma in gruppo aiuta a formare lo spirito di gruppo, a sentirsi parte di un clan
  •        Praticare una forma in gruppo esalta la funzione del gruppo poiché

Ø  il gruppo è importante fattore di regressione in cui rappresenta la “matrice”, l’altro con cui rapportarsi differenziandosene;

Ø  nel gruppo il “discorso” di un altro mi risuona dentro suscitandomi dimensioni, tematiche e problemi che, pur sperimentando in modo personale, costituiscono induzione gruppale.

Ø  nel gruppo vedo gli altri, ma spesso li guardo per vedere me stesso, ovvero sugli altri metto cose e scene del mio mondo interno per poterle vedere. Data la reciprocità incrociata del processo, queste auto – immagini narcisistiche sono continuamente messe in crisi nel rispecchiamento gruppale.

  •       Nel gruppo la proiezione di emozioni relative a precedenti esperienze assume complessità esponenziale, in relazione alla pluralità dei membri e ai fenomeni di risonanza e rispecchiamento. Praticare una forma in gruppo (senza l’obbligo di imitare ESATTAMENTE un gesto imposto), libera la ricerca personale, fondamentale per la crescita sana dell’individuo, all’interno dei limiti di una traccia data, il che comporta la possibilità / necessità di sfruttare al meglio le personali risorse a nostra disposizione facendo dei limiti una risorsa. (Avete presente la sostanziale differenza tra “tema libero” e scrivere un tema su un argomento?)
  •       Praticare una forma in gruppo mi permette di incontrare sia i rimandi dei singoli componenti il gruppo sia il rimando collettivo, quello che nasce dalla condivisa melodia cinetica del gruppo stesso. (4)





Ovviamente questo mio e nostro modo di intendere e praticare non sono i kata / tao lu / forme del Karate e nemmeno del Tai Chi Chuan dove gli esecutori ricercano gesti perfettamente uguali scanditi con ritmo perfettamente uguale in uno spazio uguale: L’alienazione e l’incomunicabilità al potere!!

La via allo sviluppo personale, Budo, 

passa sempre attraverso l’altro.

Comprendi, ora, l’importanza del praticare una forma in gruppo sì, ma nel modo Spirito Ribelle?

 




1.     1Secondo la prospettiva della Gestalt Therapy, che regge il mio metodo di conduzione di un gruppo in amalgama con una didattica libertaria e maieutica, la “resistenza” non è altro che una risposta immediata e spontanea, sviluppata per proteggere l’autore da esperienze percepite come estranee, suscitatrici di diffidenza quando non minacciose. Queste “resistenze”, per esempio ad una proposta di pratica insolita o ritenuta noiosa, ad una situazione conflittuale intensa di corpo a corpo, in cui l’allievo, appunto, si pone come evitante, oppure recalcitra fino anche ad opporsi o affronta senza impegnarsi, non vanno minimizzate e ancor meno combattute, ma sapientemente utilizzate come risorse. In questo ci viene in aiuto il testo “I 36 stratagemmi. L’arte cinese di vincere”, risalente all’epoca Ming (1368 – 1644) volto ad una filosofia del conflitto in cui il combattente, fluido come acqua, sa adattarsi alle spinte e trazioni dell’opponente servendosene per risultare vittorioso. Io utilizzo “Solcare il mare all’insaputa del cielo” quando sono difronte ad un eccesso di attenzione e preoccupazione tali far sì che l’allievo si fissi e cristallizzi più su questi stati d’animo che sulla pratica stessa; “Intorpidire l’acqua per far venire a galla i pesci” è utile quando la resistenza si manifesta come razionalizzazione estrema, come necessità di controllo assoluto. Insomma, evviva le “resistenze” perché ci dicono molto di chi abbiamo accanto e di come fare per aiutarlo a progredire.

 

2.     L'individuazione è un processo che porta l'uomo a riconoscere la propria singolarità, di significato irripetibile, e a sentirsi soggetto responsabile capace di confrontarsi con la propria esistenza." (F. Giordano). Per "individuazione", si intende quindi un processo continuo al quale ogni individuo è soggetto durante la sua vita e nel quale l’individuo attua il proposito cosciente di diventare ciò che veramente è, differenziandosi dagli altri per tutti gli aspetti che non gli appartengono ma, allo stesso tempo, stabilendo una consapevole ed equilibrata relazione con gli altri e l’ambiente in cui opera.

 

3.     “Il xkxkxk aiuta a controllare sé stessi, a mettere a fuoco le proprie debolezze e a migliorarsi, giorno dopo giorno, mettendosi in gioco, superando i propri limiti e aumentando la fiducia in sé stessi.” (dalla spiegazione tratta direttamente dalla pagina della Federazione CONI). “Il jojojo aiuta anche a svilupparsi mentalmente. Il jojojo consiste nel superare i propri limiti” (dalla pagina esplicativa di un noto club). Al di là della solita affermazione “superare i propri limiti”, che ho già demolito in precedenti post e della cui pericolosità mai mi stancherò di mettere in guardia, come si raggiungono i mirabolanti obiettivi suddetti? Con quale didattica? Con quale pedagogia / andragogia? E’ davvero ripetere mille e mille calci, mille e mille proiezioni al suolo, mille e mille leve articolari, mille e mille fendenti di spada, il modo per raggiungerli? Siamo italiani viventi nel terzo millennio, immersi, che piaccia o meno, nella tecnologia, nella mondializzazione, in società dove si rischia di morire per incidenti automobilistici o malattie letali molto ma molto ma molto di più che per essere stati sfidati a duello o aggrediti da una banda di predoni, esperiamo tipi di lavoro, relazioni affettive, usi e costumi che nulla hanno a che spartire con l’Asia e gli asiatici dei secoli scorsi e ancora crediamo che quei lontani metodi di insegnamento ed apprendimento siano validi? Ma due letture, per restare in Italia, di Danilo Dolci, Enzo Spaltro, Umberto Galimberti, Enzo Borgna, Daniele Novara, no?

 

4.     4Per saperne di più: V. Bellia ‘Danzare le origini’. S.H. Foulkes ‘Psicoterapia gruppoanalitica’.

 



martedì 1 aprile 2025

Il mio pensiero di Aprile 2025





Mi infiacchisco piegato dallo scarno vento che mi trasporta qua e là, del tutto simile ad uno straccio umido, bagnato.

Fatico a riconoscere la mia forza e la mia vitalità, vacilla persino l’umile fierezza che mi faceva fondare su una passione intransigente.

Poi mi rendo conto che, prima o poi, lo scorrere del tempo, l’avanzare degli anni, presenta il conto a tutti, nessuno escluso. Ed il mio, invero, non è nemmeno così “salato” come è toccato ad altri.

Non ho mai amato Alessandro Manzoni. Mi sono sempre chiesto il perché de “I promessi sposi” imposto a scuola: Romanzo probabilmente buono per imparare a maneggiare gli aggettivi, ma completamente abitato dalla Divina Provvidenza per cui ogni disgrazia comunque opera a fin di bene ed il lieto fine sempre trionferà.

Al di là di ogni considerazione politica, che credo mai debba inficiare il valore o meno di un’opera d’arte, oggi mi sento più vicino al Fato verghiano (1) dunque alla realtà cruda della vita e della natura ed ai decreti inesorabili del destino il quale lascia ben poco margine alla libertà umana e alla possibilità di manipolare il futuro. Una visione che ricorda quel filone del pensiero asiatico che si riconosce nell’affermazione di Chuang Tzu, taoista, 369 – 286 a. C.: “Le gambe delle oche sono corte ma se tentiamo di allungarle, l’oca soffrirà

La curva dei miei occhi lambisce il mio cuore, il mio respiro. E’ un girotondo di danza e di gentilezza. Colgo il momento di accogliere ed accettare questa sosta forzata. Ancora dico no con la testa ma è un sì col cuore.

Sì alla cura servita dalla medicina allopatica, sì al riposo totale, sì a quella che sarà una ripresa lenta lenta e, confido, progressiva.

Un pezzo di salute si è allontanato e ora si prende un altro amante, niente di grave ed io resto qui a ricostruire un terreno fertile perché lei torni ad abbracciarmi.

Lo Spirito Ribelle va avanti, sempre e comunque, con il contributo dei partecipanti che continueranno a trovarsi e a formarsi ogni Martedì, in quell’accogliente Dojo all’aperto che sono i giardini Marcello Candia, ed è anche a loro, ai praticanti ed amici che vivono Spirito Ribelle, che devo una buona cura, un buon riposo ed un gran buon rientro, tra un mese o due. Spero.

 

1.         Giovanni Verga (1840 – 1922), scrittore e senatore, approvò le manovre repressive del generale Bava Beccaris durante i moti del 1898, la politica autoritaria e colonialista del presidente del consiglio Francesco Crispi, il nascere del movimento fascista.

 

 

 

 

giovedì 27 marzo 2025

Il fascino dell’invisibile






Da decenni msono fatto l’idea che quando è la tecnica, la ricerca tecnica, a prevalere, lì si infiacchisce fino a svanire ogni manifestazione artistica, financo ogni artigianato del vivere.

Fondare la pratica sulla ricerca tecnica, sulla perfezione tecnica, mi pare come scrivere parole sull’acqua.

Mi piace ricordare il motto di Herns Duplan: “Un minimo di struttura e molta sperimentazione”, dove struttura non è solo l’espressione tecnica, ma struttura è il sé corpo fisicoemotivo del praticante, non a caso Il minimo di struttura a cui Duplan si riferisce attiene alle leggi e ai nuclei fondamentali dell’esistenza umana (1).

Il movimento che si affida alla tecnica propaga in modo manifesto e sistematico una funzione di oggettivazione del corpo: Il corpo che si sforza di imparare il gesto tecnico, si pone nella condizione di  essere osservato, diretto, consapevolmente sorvegliato, dall’Io, qui inteso come razionalità pensante e giudicante.

Personalmente, da alcuni decenni, pratico e propongo allo Spirito Ribelle, un’attenzione maggiore, prioritaria, all’espressione degli impulsi interiori che precedono i movimenti del praticante, dando inizialmente un’attenzione relativa all’abilità necessaria per la gestualità nello spazio (2).

Per condurre davvero proficuamente l’allievo, occorre una didattica ed una pedagogia / andragogia apposita, adatta, fatta di domande che lo aiutino a guardare dentro di sé unitamente al “come” si sta muovendo.






A volte utilizzo quelli che sono veri e propri koan zen fisicoemotivi, altre a quelle che chiamo "informazione d'anticipo": "Al prossimo mio attacco, ti chiederò quale parte del movimento in cui intercetti e simultaneamente contrattacchi ti procura maggiore disagio". In questo modo, sto collegando la sensazione di fluidità nel movimento con l'efficienza biomeccanica, dal che consegue che qualsiasi inadeguatezza biomeccanica verrà sperimentata come una sensazione di disagio localizzata nel punto interessato dal movimento.

Altre volte ricorro alla saggezza guerriera di antichi testi cinesi e giapponesi, come “I 36 stratagemmi. L’arte cinese di vincere”, risalente all’epoca Ming (1368 – 1644) o “Il libro dei cinque anelli” attribuito allo spadaccino Myamoto Mysashi (1584 – 1645)

Lo faccio piegando le indicazioni strategiche e tattiche volte alla vittoria in uno scontro mortale per superare e vincere le eventuali difficoltà di apprendimento motorio, gestuale.

Ti pare impossibile?

  • EppureSolcare il mare all’insaputa del Cielo si presta benissimo a deviare quella eccessiva attenzione ad un gesto che ne può impedire l’apprendimento, smorzando l’ansia di prestazione, quello sforzarsi di fare che, ma guarda un po', cozza proprio con l’invito a Wu Wei, “non tirare troppo la corda”, “non sforzarsi” che regge il pensiero taoista: Accompagno l’allievo a prestare la massima attenzione ad aspetti secondari del movimento, fatti passare come fondamentali, mentre lo porto a fare del suo meglio ciò che davvero è fondamentale offrendolo come marginale.
  • EppureHeiho no michi daiku ni tatoetaru koto ( Paragonando Heiho alla Via del carpentiere) è un costante ammonimento perché io, in qualità di Sensei, offra ad ogni allievo la possibilità di imparare e impratichirsi di ogni movimento tenendo conto delle peculiarità motorie dell’allievo stesso: Le medesime catene cinetiche che portano a Gyakuzuki – Ushirogeri (controdiretto di braccia – calcio diretto all’indietro) e a Oshitaoshi (proiezione al suolo spingendo) saranno più facilmente capite da uno sperimentandole con le percussioni, da un altro con le proiezioni al suolo.

Ritengo che il privilegiare l’acquisizione tecnica porta il praticante a ridurre le variabili dei suoi movimenti, ad affidarsi a quelli che più si confanno alla sua abilità.



Privilegiare, invece, l’intelligenza motoria, quel processo noto come embodiment, ovvero un percorso di sperimentazione ed apprendimento in cui “la consapevolezza si radica profondamente nel corpo, fino a un livello cellulare e permea ciascun aspetto dell’essere: fisico, emozionale, mentale e spirituale” (B. Bainbridge Cohen ‘Sensazione, Emozione, Azione) spinge il praticante a non privilegiare la selezione e a rifiutare l’uso di ogni singola forma di movimento che sia per lui pura acrobazia, puro virtuosismo o chiusura nell’asfittico recinto della propria comfort zone (3). Nel tentativo di far fluire liberamente i suoi movimenti spontaneamente, chi patica con “Un minimo di struttura e molta sperimentazione” sarà spesso più irregolare e impulsivo del praticante “tecnico”.

In sintonia con la visione di diversi esperti del movimento che mi hanno preceduto in questa ricerca (4), mi permetto di affermare che questi due diversi approcci finalizzano in due modi diversi l’uso del movimento: Da un lato, alla rappresentazione dei tratti più esteriori, più imitativi della gestualità e dunque della vita stessa, dall’altro, al rispecchiamento dei processi nascosti nell’interiorità dell’essere umano. E questo sì che è davvero Neijia Kung Fu, lavoro interno. E questo sì che accompagna il praticante anche verso quelle qualità umane di conoscenza di sé, equilibrio, vitalità ed erotismo altrimenti inaccessibili.

 

 

1. Per saperne di più: E, Bellia ‘Danzare le origini’

2. Per saperne di più: R. Laban ‘L’arte del movimento’

3. La comfort zone è lo stato mentale della persona che opera con un livello di prestazioni costante e senza affrontare rischi. Quando andiamo oltre la zona di comfort, ci sentiamo vulnerabili e soggetti ad un alto grado di rischio, perché nella comfort zone siamo a nostro agio, siamo sicuri di noi, agiamo movimenti e gestualità a noi noti e dunque rassicuranti.

4. Come ripeto sovente, “Io sono un nano issatosi sulle spalle di giganti”. Probabilmente il mio pregio è non smettere mai di cercare, di sperimentare, accettando cadute ed avanzamenti, dedicando tanto alla pratica e ben poco all’accaparrarmi posti di rilievo in organizzazioni o al marketing. Così cresco, migliore ed offro questa mia crescita, queste mie scoperte ai praticanti che mi accompagnano. Con il rispetto sempre dovuto a chiunque mi abbia preceduto su questo cammino di ricerca e sperimentazione perché, ai suoi tempi, è stato “avanguardia” e come tale merita rispetto ed ammirazione.




domenica 23 marzo 2025

Come acqua


Sorta di danza flessibile e potente, fondata sul contatto fisicoemotivo,

che amalgama benessere e bellessere con il combattimento.




Come acqua… che, ovunque, tende ad assumere una forma sferica (1). Avvolge la terra tutta come corpo cosmico sferico e circonda ogni oggetto come un manto delicato. Precipita goccia oscillando intorno alla forma sferica; quando rugiada scompostasi in una notte trafitta di stelle, muta una semplice distesa di verde in un cielo stellato di brillanti minuscole sfere d’acqua.

Sono pratiche Tai Chi Chuan, Pa Kwa / Hakkeshou e Kenpo Taiki Ken, ad accentuare gravità, peso e flusso, tempo e spazio, consapevolezza interiore e senso cinestetico, avventurandosi nelle mille e mille possibilità del corpo e del teatro delle emozioni attraverso l’interazione istintuale e spontanea.

Come acqua … che tenderà sempre a formarsi intero organico congiungendo ciò che è separato e perfezionandosi in circolazioni. In ogni insieme circolatorio non esiste inizio e fine, tutto è combinato al suo interno e vive in relazione reciproca.

Sono pratiche Tai Chi Chuan, Pa Kwa / Hakkeshou e Kenpo Taiki Ken a condensarsi in cuore e respiro, adattabilità e collaborazione, con gestualità che agiscono Un minimo di struttura e molta sperimentazione”, per utilizzare un’espressione cara a Herns Duplan, il fondatore dell’Expression Primitive (2).



Come acqua …i cui movimenti ad onda mostrano la sua incredibilità sensibilità. A qualsivoglia stimolo, sia sasso nel torrente o soffio di vento sulla superficie del lago, l’acqua reagisce immediatamente con un movimento ritmico.

Sono pratiche Tai Chi Chuan, Pa Kwa / Hakkeshou e Kenpo Taiki Ken a fondere la flessibilità del corpo del praticante Spirito Ribelle con la consapevolezza del suo stato energetico di vitalità ed erotismo, agendo lo spazio, il ritmo e il nesso condiviso.

Sono pratiche preziose… come acqua.

“Le immagini dell'acqua sono sfuggenti

e scatenano emozioni lievi”

(G. Bachelard, in ‘Psicanalisi delle Acque’)

 





1. Per saperne di più: T. Schwenk ‘Il caos sensibile’.

2. Per saperne di più:

  • https://www.exprimereweb.it/2016/12/05/lexpression-primitive-mito-delle-origini-herns-duplan-fondatore/
  • V. Bellia ‘Danzare le origini’

 

 

 

 

 


 


 

 

giovedì 13 marzo 2025

“Su” che è l’attesa, il nutrimento ed il rapporto con il passaggio di grado

 Esagramma sopra Kkann, l’Abissale, Acqua, sotto Kkienn, il Creativo, Cielo.


LI King / I Ching, l’antico Libro dei Mutamenti,  in questo esagramma narra che tutti gli esseri necessitano di un nutrimento che viene dall’alto, ma il dono arriva solo in un certo momento ed allora tocca aspettare. Il segno si mostra come nuvole in cielo che portano la pioggia per rinfrescare ciò che di acqua abbisogna per crescere e per dare agli uomini cibo e bevande. Un aspettare necessario, fatto dentro di forza e davanti di pericolo.

Per Giovanni “Vanni” e Matteo, dopo oltre un anno di pratica, arriva la consegna di diploma di Quinto Kyu.

Perseveranza, entusiasmo e voglia di comprendere. Non è mai mancata la curiosità, le domande, durante il corso e prima e dopo, come nei piccoli momenti conviviali, gambe sotto un tavolo.




Giovani capaci nel loro vivere quotidiano e professionale. Giovani così diversi da quelli che si ubriacano di narcisismo, di like e cuoricini sui social, dove accampano pretese di dire sempre la loro e in modo sprezzante su qualsiasi cosa accada in prossimità o nel vasto mondo (1).

Gli stupidi sono sicurissimi e gli intelligenti pieni di dubbi” (B. Russell), espressione che io condivido appieno.

Ah, piccola digressione: Non credo sia altrettanto per i vari Maestri e Sifu che affollano il nostro piccolo mondo marziale. Propugnatori di verità assolute e certezze, non coltivano dubbi e dunque lungi da loro instillarne negli allievi. Posizione legittima, certo, non fosse altro perché in sintonia con questa società tracotante delle verità vere ed assolute, urlate ad alta voce.

Io però sto con lo scrittore Hans Magnus Enzesberger, secondo cui il monaco cistercense aveva trecento nozioni, sapeva collegarle tra di loro e dunque aveva cultura, mentre la parrucchiera di Hannover aveva tremila nozioni tra nomi di tinture e di cantanti, ma non aveva cultura.

Insomma, “Ogni alba ha i suoi dubbi” scriveva Alda Merini, e mi pare una buona compagnia.

Vanni e Matteo condividono il percorso Spirito Ribelle, quello intessuto di dubbi, di ricerche, di avanzamenti ed arretramenti. Condividono il lavoro sul corpo come Leib, corpo vissuto, abitato, dove l’intelligenza sensibile del corpo si misura con l’altro, dove dinamiche percettive e senso – motorie sono emozioni in azione.

Confido vivano ancora per tanto tempo il clima culturale, fisicoemotivo, dello Spirito Ribelle. Comunque andrà, un grazie di cuore per quanto ci stanno donando.

I shin den shin





1. “Sono una gran tifosa dei social come sfogatoio di disadattati che in loro assenza accoltellerebbero i parenti o i passanti, e invece possono cantargliele a gente che non hanno mai visto ma che, essendo appunto disadattati, percepiscono come parte delle loro vite”. Ed ancora  E’ la stessa generazione che pubblica i propri penzierini contro gli aerei privati sui social i cui server inquinano ben più degli aerei privati, e quando si sente sola parla con Chat Gpt, ogni risposta della quale consuma e inquina molto di più delle macchine diesel, con la differenza che quelle puoi discriminarle non facendole entrare in centro, ma ai ventenni mica puoi dare dei coppini ogni volta in cui chiedono a Chat Gpt come risolvere il fatto che la migliore amica non è empatica coi tuoi problemi di universitaria” (G. Soncini, dai suoi articoli in L’Inkiesta).

 

mercoledì 12 marzo 2025

Laban Movement Analysis

 


Quando danzo, come credo succeda a tutti, mi sento libero di corpo, libero di Leib: Corpo abitato, corpo vissuto. Io che vivo di emozioni e non mi trattengo nell’esplicitarle, danzando le esprimo di corpo tutto, non solo con le parole. Danzare consente di entrare in contatto con il mondo emozionale dell’altro e lo fa apertamente e profondamente.

 

Se, poi, il danzare scorre negli argini e nelle correnti di un metodo, quello creato da Rudolf Laban, che analizza il movimento umano dentro il contesto quotidiano definendo ciò che già è proprio nell’uomo: corpo, azioni, dinamica di un movimento, spazio utilizzato e creato dal movimento e relazioni che si vengono a creare con se stessi, con gli altri e con l’ambiente, il danzare diviene importante strumento di conoscenza e trasformazione del “come” agisco di corpo nello spazio e nell’interazione con l’altro da me.

 

(omissis)

Scegliere di entrare nella guardia dell’avversario (quella che Laban chiama chinesfera) secondo percorsi centrali, diagonali, periferici; amalgamare nella forma Tai Chi Chuan flusso libero e flusso controllato; Giocare di peso forte e peso leggero negli scontri corpo a corpo; meditare attraverso uno “stato calmo”, sono solo una minuscola parte del tesoro che il Laban Movement Analysis mette a disposizione di un praticante Arti Marziali che voglia migliorarsi e perfezionare la sua gestualità e la sua resa in termini di salute ed efficacia / efficienza.

 

 (omissis)

                                                           Vuoi saperne di più su questo metodo

                                                    particolarmente affascinante ed utile

                                                  ad ogni praticante di corpo e movimento,

                                                     ad ogni praticante di Arti Marziali?

A fine mese, torna sul mio blog e tieni d’occhio l’uscita di SHIRO Febbraio - Marzo, la rivista del clan Spirito Ribelle.

 

 

sabato 8 marzo 2025

Il mio pensiero di Marzo

 

Sono flussi diversi: esterocettivi, propriocettivi, vestibolari, visivi, uditivi, palatali, olfattivi, sessuali. Il loro amalgama consente una vita equilibrata e serena. (1)

Quali sono i modi per affinare gli stimoli particolarmente deputati al movimento?

E’ sufficiente cimentarsi in esercizi ginnici, sollevare pesi, fare cardio?

E’ sufficiente applicarsi nell’esecuzione di esercizi e tecniche di Arti Marziali, qualunque essi siano?

Quanto importante è, con il “cosa” fare, il “come”? Un come che comprenda il corpo fisicoemotivo (2).

Investiti come siamo da stimoli che attivano parti e funzioni evolutivamente più recenti del nostro cervello (le aree corticali), come possiamo non perdere, di più, riattivare quelle aree più antiche, quelle che sanno di gestione del movimento, dell’equilibrio?

Come farlo attivando la rete emozionale, perché nessuno di noi è un automa?

Il corpo di ogni individuo, a prescindere ed ancor prima che pratichi calistenia, ginnastica in acqua, yoga o qualsiasi sport, come pure Karate, Judo, Sambo, Kali, Tai Chi Chuan o qualsiasi arte marziale, è sempre il corpo vivente (Leib), la persona stessa. E’ dunque un corpo intersoggetivo, sempre in relazione con le diverse parti di sé che lo compongono come pure dell’ambiente in cui opera.

“Se passiamo un certo tempo all’interno di un determinato assetto motorio, questo determinerà le sfumature (o il tono di base!) del nostro sentire, pensare, interagire” Scrive Vincenzo Bellia, (psichiatra e psicoterapeuta, fondatore della DanzaMovimentoTerapia nella sua corrente Espressivo Relazionale che ho il piacere di praticare da un quinquennio circa) in ‘Dove danzavano gli sciamani.

Significa essere consapevoli che muoversi, agire di corpo nello spazio, modifica sempre pensieri ed emozioni, così come lo scorrere delle emozioni, le modulazioni dell’attività psichica, i diversi processi relazionali, si esprimono attraverso eventi psicomotori: aprirsi e chiudersi, tendere a ed allontanarsi da.

Da oltre un paio di decenni ho modificato la mia impostazione di corpo e movimento 

da quella delle origini, 

nel lontano 1976, prendendo la direzione succitata.

Così, coinvolgendo gli allievi che mi accompagnano, mi preme, in me ed in loro, stimolare l’impiego soggettivo fisicoemotivo degli stili motori abituali confrontandolo con nuove esplorazioni motorie. Questo percorso diviene così esperienza, perché uno corpo non “abitato” (Korper) e una pratica di movimento non interiorizzata non vanno oltre una dimensione meccanica della pratica motoria, che sia “calistenia, ginnastica in acqua, yoga o qualsiasi sport, come pure Karate, Judo, Sambo, Kali, Tai Chi Chuan o qualsiasi arte marziale” non fa alcuna differenza. Restano pratiche alienate per attori manichini.

Va beh, “la vera camera ha l’entrata occultata, l’altra (la prima) resta vuota per deludere coloro che la visitassero” (Alessandro Ceni). E tu, stai cercando la ‘vera camera’ o sei appisolato sulle secche dell’abitudinario?

 

1.         Per saperne di più: ‘Sensazione Emozione Azione’ e ‘Pattern neurocellulari di base’ di B. Bainbridge Cohen, fondatrice del metodo Body Mind Centering che io pratico da circa sei anni; ‘Ghepardi da salotto’ di D. Riva, laureto in Medicina e Chirurgia, specialista in Pediatria e Medicina dello Sport, esperto di propriocezione ed entropia del movimento.

2.         Per saperne di più: ‘ Il corpo matrice di segni’ di G. Stefani e S. Guerra Lisi, fondatrice, quest’ultima, del metodo della Globalità dei Linguaggi.