Tameshigiri = test di
taglio di un katana
Il
Tameshigiri è pratica fisica e concreta.
Non è imitazione del tagliare l’avversario, Tameshigiri è un mezzo per
riproporre il tagliare l’avversario. Ciò che avviene, deve avvenire realmente, in quell'istante, deve essere reale.
Per
questo il praticante sceglie di dare la morte ad un altro essere vivente. In
questo senso il praticante è crudele, Dal punto di vista dello spirito crudeltà
significa rigore, applicazione e determinazione implacabile, irreversibile,
assoluta. Come scriveva Antonin Artaud:
“E' un errore attribuire alla parola
crudeltà un senso di spietata carneficina, di ricerca gratuita e disinteressata
del male fisico".
Crudele,
assoluto, perché, con un gesto, spegne una vita.
Questa
decisione “ Tu muori, io vivo” fa sì che il praticante sia presente nel “qui
ed ora”, un essere fisicoemotivo, perché ciò che vive lo vive davvero, non
finge. L'azione che compie in tali condizioni è quindi un'azione liberamente
scelta, intesa come condizione che realizza la piena coincidenza di volontà e
azione: “La vita umana è strutturata in
modo tale che soltanto guardando in faccia la morte possiamo comprendere la
nostra autentica forza e il grado del nostro attaccamento alla vita”
(Yukio
Mishima ‘Lezioni spirituali per giovani samurai’)
Il
Tameshigiri, come noi lo intendiamo, affonda nelle pulsioni primitive,
nell'inconscio, conduce a stati di coscienza espansa, così che il gesto esteriore del tagliare
rivolti l’habitat interiore del praticante.
La
violenza dei sensi ha il sopravvento e la percezione dell’atto comunica
qualcosa di nascosto e sotterraneo.
Esso
è pratica terapeutica, è ascolto delle
sollecitazioni che giungono dal profondo, è porsi dinanzi alla nostra più profonda natura accettandone le mille voci
contrastanti, accettando la potenza illimitata di Eros e Thanatos, accettando
di convivere con le parti Ombra.
“Viviamo tutti con il desiderio di
sopravvivere ed evitare per quanto possibile ciò che è marcio, sporco, triste,
tutto ciò che simbolizza la morte” ( C.
Madanés ‘Amore sesso e violenza’)
Ma crescere, diventare adulto autodiretto, guerriero
( colui che sa stare nel confliggere), è contattare quell’area critica che
possiamo chiamare limite ed affondarci le mani dentro.
Yukio Mishima |
L'obiettivo
del Tameshigiri non è tanto il successo nel taglio, quanto la consapevolezza, il contatto totale con
l'istante presente ed irripetibile. Il gesto fisico, attivando forze e pulsioni
profonde, emozioni ( emos = sangue e mozioni = modificazioni), si fa beffe di ogni forma e codificazione
formale per creare realtà.
Sarà,
poi, il trancio di stuoia stesso a dirci della veridicità profonda e
liberatoria del gesto: se il trancio resta un istante, incredibilmente lungo,
lì fisso, ancora prolungamento della stuoia tutta, poi cade giù in verticale ai
piedi della stuoia, perfettamente pulito e nitido nella sua superficie di
stacco, ecco questo ci dice che il taglio è riuscito. Il praticante è stato
letale e crudele, ovvero sincero con se stesso ed i “mostri” che lo abitano.
Altrimenti … altrimenti il percorso che lo attende non solo è ancora lungo ed
irto di insidie come per chi ha tagliato di netto, ma, forse, ancora egli non
ha davvero deciso di denudarsi di ogni orpello, di gettare la maschera, e
mettersi in cammino:
"Se sono un poeta o un attore non lo sono per
scrivere o declamare poesie, ma per viverle. Quando recito una poesia non è per
essere applaudito, ma per sentire corpi d'uomini e di donne - dico corpi -
tremare e volgersi all'unisono con il mio". (A. Artaud )
“Abbiamo intrapreso questa azione spinti
dall'ardente desiderio che voi, che avete uno spirito puro,
possiate tornare ad
essere veri uomini, veri samurai!”
(
Yukio Mishima, letto il 25 novembre
1970, pochi istanti prima di fare seppuku, togliendosi la vita )
Lama Danzante |
Mio Sensi, tu dici:
RispondiEliminaTameshigiri come: “violenza per comunicare qualcosa di nascosto e sotterraneo”.
Tameshigiri come: “azione Terapeutica” vale a dire, curativa.
“per formare delle modificazioni” vale a dire, modellare dei cambiamenti.
La mia stuoia solitamente è gigante ed irraggiungibile.
Queste sono le emozioni che mi battono nel cuore.
Non ce la faccio, e non ne sono capace per quanto onesta io sia.
Resto lì immobile davanti alla stuoia a guardare, senza maschere, perché davanti alla stuoia ci sono io semplicemente io e nessun altro, come potrei mentire.
Forse invece, dovrei mascherarmi, e indossare un armatura come i Samurai, forse così davanti alla stuoia potrei non far vedere le mie paure.
Conosco il sapore della violenza, ne conosco il peso, lo spessore ed il colore e resto lì e la guardo, guardo lo scorrere di un funesto balletto che sfila incessantemente e non so che fare.
E in verità sto piangendo incastrata in un angolo come una bimba, fragile e indifesa.
No, Assassino e tanto meno l’elogio per la sua espressione. Non riesco a vedermi così. Rappresenterei la violenza che invece voglio vincere impugnando la mia spada per eliminarla e portare finalmente la pace e uscire da quell’angolo e alzarmi camminando fiera e adulta per aver fatto qualcosa di buono che è il contrario della violenza, custodendo invece l’ amore che non mi ha fatto fare azioni “folli”.
Il Tameshigiri per me è = a:
godere di una fidata compagna al mio fianco, (Ben Affilata), che conosce la mia storia e mi accompagna proteggendomi dal funesto balletto e mi salva la vita e io forse ne salverò altre e taglia via tutta questa violenza.
Così finalmente la mia azione terapeutica mi porterà a dei cambiamenti per essere più forte, più coraggiosa.
Questo è quello che vorrei tanto fare, ma devo essere violenta ed assassina per farlo, e poi, dove mi porta tutta questa violenza?
O forse si, dovrei essere violenta per eliminare la violenza?
Combattere per scontrarmi contro la violenza per la pace?
È come l’odio e poi l’amore.
Distruggere per poi ricostruire.
Forse è così, Mio Sensei?
Io so solo che:
Tameshigiri come: “la consapevolezza, il contatto totale con l’istante presente ed irrepetibile”.
Irrepetibile…
vale a dire che quell’occasione non si presenterà mai più ed è così che poi io vado via, con quel peso che mi batte ancora dentro, e ancora, mi fa commuovere.