“E’
ribelle chiunque è costretto dalla propria natura a una relazione con la
libertà”
(E. Junger “Trattato
del ribelle”)
E’
Domenica. prendo con me un coltello. Lo scelgo accuratamente tra quelli esposti
in vetrina: lo Hissatsu.
Un
coltello che ha già una sua storia, nell’ideazione e nella realizzazione: (http://www.crkt.com/Hissatsu )
Una
storia piccola, breve, lo ha anche questo esemplare in mio possesso. Lo
acquistai da un militare di professione, di stanza a Vicenza. Mi è stato
compagno in una seduta di terapia volta ad “aprire” la botola ferrea che la
cliente teneva stampata sul volto. Poi, in alcuni momenti di formazione
marziale particolarmente tosti.
Con
lui, in una valigetta, c’è la mia pistola a gas.
E’
Domenica. Una domenica mattina soleggiata e percorsa da un vento allegro e
spavaldo.
Sono
in Dojo con Lupo, per un paio d’ore di sana e profonda complicità maschile.
Padre
e figlio, io e lui.
Ci
unisce la pratica del coltello, l’acciaio: “Un
uomo senza acciaio è un uomo senza vita” (Fehrman Knives). Così io
interpreto la bella frase che contraddistingue l’opera di questi coltellinai
U.S.A.
L’acciaio,
simbolo maschile per eccellenza, che rimanda all’animale Tigre nella cosmogonia
taoista: il coraggio e la violenza, la passione e il senso dell’agguato.
O
ad Ares, il turbolento dio greco della guerra che poi, se ben educato ( ex
ducere = condurre fuori ), si evolverà nel dio romano Marte, la cui forza
guerriera lo farà generoso ed attento protettore della comunità.
Così,
guido Lupo lungo la pratica del coltello, quello che alcuni hanno definito il “
servo silente”.
Prima
Lupo impugna il suo coltello d’allenamento, poi gli metto in mano un “Finn
Bear”, leggero ed affilato coltello della Cold Steel.
Sono
fendenti ed affondi a vuoto, fino ai tagli vibrati sul bersaglio che si offre
inerte alle nostre lame avide.
Il
coltello, ovvero il contatto responsabile con un’arma, tagliente ed affilata.
Un
piccolo, minuscolo, gradino verso la crescita.
Quei
momenti, quei riti di passaggio, che una società lassista e femminilizzata,
consumista e frivola, ha ormai dimenticato. Perché si nasce di sesso maschile,
ma “maschio” si diventa. Forse.
E
si può solo attraverso un apprendimento continuo ed appassionato: “ Il bambino – ragazzo ha un bisogno vitale
che un uomo, il padre possibilmente, gli fornisca un orientamento per guardare
dentro di sé, per stimarsi, ma anche per criticarsi, quando occorre. Un
orientamento nato dalla cultura da cui il suo corpo, i suoi istinti e la sua
psiche provengono: quella maschile” ( C. Risè “Essere uomini” ).
La cultura della
lotta, della caccia, del saper accettare il conflitto, della frugalità e del
sacrificio. Del tenere alta la testa nei momenti di avversità. Tutti elementi che,
se appresi sin dall’infanzia, permetteranno un passaggio all’adolescenza blandamente
traumatico: “(…) alcuni giovani
affrontano e gestiscono le sfide dell’adolescenza meglio di altri; di loro
diciamo che sono più resilienti e che possiedono miglior strategie di
fronteggiamento” (K. Geldard & D. Geldard “Il counseling agli
adolescenti” ).
Ora
impugno la mia Walther CP99. Il carrello scorre rapido ed i “pallini” fioccano
tesi e diretti sulla sagoma di cartone.
Lupo
sorride. Tocca a lui e quella pistola sembra enorme nelle sue manine.
Non
amo per niente la “armi da fuoco”, nemmeno in questa versione “giocattolo”. Non
c’è il confronto fisicoemotivo, non c’è il sincero guardarsi dritto negli
occhi. Non c’è il contatto.
Ma
mi piace introdurre Lupo, attraverso un giocattolo ed un gioco, dentro un mondo
che esiste ed ha il suo senso.
Un
mondo dove le perversioni umane, le follie omicide, i raccapriccianti resoconti
di “cronaca nera”, mi paiono nient’affatto differenti dalle vili paure che
demonizzano le armi da fuoco; dalle urla isteriche ed ansiogene che le
vorrebbero mettere al bando. Come a dire “eliminiamo
le armi da fuoco” invece di educare, formare, l’uomo, colui che le impugna.
Bel
salto di incoerenza, di non assunzione di responsabilità.
Ecco,
assunzione di responsabilità,
esplorare i nostri materiali più profondi, mettere coraggiosamente le mani nel
caos, perché la salute di ogni individuo dipende dalla possibilità di essere creativo, cioè di “autorealizzarsi”,
e coincide con l’espressione sincera delle proprie potenzialità, con il
dispiegarsi delle caratteristiche neoteniche proprie della specie umana.
Confido
che anche da una mattinata come questa, Lupo impari.
A
casa, insieme, puliamo i rispettivi coltelli. Azioni semplici, ma simboliche.
Un rito breve, ma intenso. Simboli e riti non consentono mai ad una parte di
prevaricare le altre, rappresentano sempre gli opposti, le diversità, tenute
insieme perché solo insieme sono una forza. Anche questo è un insegnamento
prezioso.
Poi,
metto le mani in cucina: una gustosa pasta per tutta la famiglia. Perché Lupo
assimili che un buon maschio è tale se sa lottare, sa sostenere il conflitto,
ma sa anche occuparsi della “tana”, della casa. Sa occuparsi della famiglia che
ha creato. Sempre.
“Scopri
allora che la tua vita ha un senso, una direzione, e un interesse, proprio in
quanto è la tua propria vita, di te come essere umano, di genere maschile”
(C. Risé “Essere uomini”)
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