lunedì 10 marzo 2014

Wing Chun Boxing, esperienze di combattimento

Per modificare il corso di un’esistenza, si devono mutare gli atteggiamenti e le modalità d’azione
(M. Feldenkrais)

3° Gruppo esperienziale WCB.
Milano, giardini della Besana. 8 Marzo 2014.
 
Gruppo minuscolo, quattro i praticanti  in cerchio con il sottoscritto, ma agguerrito. Gruppo pronto a giocare con la cultura e la strategia del Wing Chun Boxing.
Iniziamo a giocare con  “osservare l’incendio sulla riva opposta”: aspettare la decisione, lo spostamento, del compagno per adattarci, in “cuneo corto”, posizionati a fendere la sua linea centrale. Il gioco si sviluppa con una serie di varianti in cui l’elemento chiave è ottenere un vantaggio determinante introducendoci nello spazio del compagno. “Kakari”, dicono gli esperti del gioco del Go: approcciarsi all’angolo.
Occupare lo spazio. Ovvero l’importanza data all’attacco del compagno è sempre vissuta in un contesto in cui il fondamentale non è l’attacco subìto,  ma lo spazio. Quello che, presumibilmente, potrà occupare il compagno nel suo agire.
Da lì, partono giochi sulle percosse possibili, le loro concatenazioni. Utsu di contro ad ataru, si dice nel mondo del katana, “Lin Wan kuen” , pugni a catena, invece  nel linguaggio Wing Chun. Un linguaggio che, come ben si confà al pensiero cinese ( e giapponese !) mostra una cosa per nasconderne /significarne mille altre. Infatti, nella pratica europea, ecco i wcmen sparacchiare pugni a catena a raffica, senza minimamente sospettare che il significato sia di fluidità delle percosse, di una “catena” appunto, in cui le braccia, fino al corpo tutto, colpiscano senza sosta con tutto l’arsenale che noi corpo abbiamo a disposizione.
Ora mettiamo in atto quanto studiato, in un contesto più aggressivo: il compagno boxa a piacere, noi a giocare di equilibrio tra  attendere riposati l’avversario affaticato” e “approfittare dell’incendio per darsi al saccheggio”. Ovvero tra un atteggiamento apparentemente difensivo, attendista, e il cogliere l’opportunità di un momento critico per sorprendere l’aggressore. Fino a crearlo noi quel momento …“clamore a Oriente, attacco a Occidente”.
Sì perché è vero che il Wing Chun va sempre avanti, ma non certo per andare a sbattere contro la forza, l’irruenza dell’altro. “Il Wing Chun va sempre avanti” cela mille altri significati e, ohibò, l’affrontare diretti, ganci, montanti, è un ottimo banco di prova per ognuno di loro.
Una delle difficoltà più evidenti è praticare “kosumi”, estendersi in diagonale, colpire annientando il compagno sempre posizionandosi 45° e sempre colpendo in movimento, per andare oltre ( su questo blog, vedasi: “Sulle tracce di un pugilato primitivo” ).
Ma anche mantenere l’attenzione aggressiva sullo spazio in cui si muove ( e lo spazio che muove !!) il compagno invece che sulle “mazzate” che ci tira, non è pratica da poco !!
Chiudiamo giocando con le “mani a contatto” e diverse varianti.
Scende la sera, i giardini si spopolano, le ombre si allungano.
Fermamente convinto che si impari meglio se si svolgono attività percepite come utili, spendibili, nella vita di ogni giorno, mi soffermo su alcune riflessioni intorno alle relazioni, al configgere.
Prima o poi (prima !!) voglio riprendere ed approfondire il lavoro con le armi del combattimento. Poiché l’uso degli strumenti influenza il comportamento degli individui e pure i loro meccanismi mentali, e lo psicologo Lev Semënovič Vygotskij  include gli aspetti psicologici della mediazione del pensiero da parte degli strumenti, voglio essere certo che la loro pratica sia ben compresa nel percorso che, attraverso il lottare, il combattere, porta il praticante a diventare “guerriero” (“colui che sa stare nel conflitto”) delle relazioni, dello stare al mondo: un guerriero equilibrato, entusiasta e generoso.
Appunto, passando attraverso “l’inferno” del combattere, dello scontrarsi.
Poi, in un minuscolo locale in cui ci porta Roberto, tra ottime birre artigianali e stuzzichini, le parole si fanno lievi, le risate e gli sguardi manifestano la gioia, il gusto dello stare insieme. Tra amici.













“C’è un altro lato degli scacchi che è abbastanza differente: Quello dei tornei e dei match giocati dai professionisti o da chi aspira a diventarlo, la cui reputazione, se non addirittura il sostentamento, potrebbero essere decisi dal risultato. Queste partite non sono divertenti, nemmeno per il vincitore. Sono il più duro lavoro immaginabile. Si gioca per uccidere!”
(E. Lasker)






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