“Per modificare il corso di un’esistenza, si
devono mutare gli atteggiamenti e le modalità d’azione”
(M.
Feldenkrais)
3°
Gruppo esperienziale WCB.
Milano,
giardini della Besana. 8 Marzo 2014.
Gruppo minuscolo, quattro i praticanti in cerchio con il sottoscritto, ma
agguerrito. Gruppo pronto a giocare con la cultura e la strategia del Wing Chun
Boxing.
Iniziamo a giocare con “osservare l’incendio sulla riva opposta”:
aspettare la decisione, lo spostamento, del compagno per adattarci, in “cuneo
corto”, posizionati a fendere la sua linea centrale. Il gioco si sviluppa con
una serie di varianti in cui l’elemento chiave è ottenere un vantaggio
determinante introducendoci nello spazio del compagno. “Kakari”, dicono gli esperti del gioco del Go: approcciarsi
all’angolo.
Occupare lo spazio. Ovvero l’importanza data all’attacco
del compagno è sempre vissuta in un contesto in cui il fondamentale non è
l’attacco subìto, ma lo spazio. Quello
che, presumibilmente, potrà occupare il compagno nel suo agire.
Da lì, partono giochi sulle
percosse possibili, le loro concatenazioni. Utsu di contro ad ataru, si dice
nel mondo del katana, “Lin Wan kuen” , pugni a catena, invece nel linguaggio Wing Chun. Un linguaggio che,
come ben si confà al pensiero cinese ( e giapponese !) mostra una cosa per
nasconderne /significarne mille altre. Infatti, nella pratica europea, ecco i
wcmen sparacchiare pugni a catena a raffica, senza minimamente sospettare che
il significato sia di fluidità delle percosse, di una “catena” appunto, in cui
le braccia, fino al corpo tutto, colpiscano senza sosta con tutto l’arsenale
che noi corpo abbiamo a disposizione.
Ora mettiamo in atto quanto studiato, in un contesto più
aggressivo: il compagno boxa a piacere, noi a giocare di equilibrio tra “attendere riposati l’avversario
affaticato” e “approfittare dell’incendio per darsi al saccheggio”.
Ovvero tra un atteggiamento apparentemente difensivo, attendista, e il cogliere
l’opportunità di un momento critico per sorprendere l’aggressore. Fino a
crearlo noi quel momento …“clamore a Oriente, attacco a Occidente”.
Sì perché è vero che il Wing Chun va sempre avanti, ma
non certo per andare a sbattere contro la forza, l’irruenza dell’altro. “Il Wing Chun va sempre avanti” cela
mille altri significati e, ohibò, l’affrontare diretti, ganci, montanti, è un
ottimo banco di prova per ognuno di loro.
Una delle difficoltà più evidenti è praticare “kosumi”,
estendersi in diagonale, colpire annientando il compagno sempre posizionandosi
45° e sempre colpendo in movimento, per andare oltre ( su questo blog, vedasi: “Sulle
tracce di un pugilato primitivo” ).
Ma anche mantenere
l’attenzione aggressiva sullo spazio in cui si muove ( e lo spazio che muove
!!) il compagno invece che sulle “mazzate” che ci tira, non è pratica da poco
!!
Chiudiamo giocando con le “mani a contatto” e diverse
varianti.
Scende la sera, i giardini si spopolano, le ombre si
allungano.
Fermamente convinto che si impari meglio se si svolgono
attività percepite come utili, spendibili, nella vita di ogni giorno, mi
soffermo su alcune riflessioni intorno alle relazioni, al configgere.
Prima o poi (prima !!) voglio riprendere ed approfondire
il lavoro con le armi del combattimento. Poiché l’uso degli strumenti influenza
il comportamento degli individui e pure i loro meccanismi mentali, e lo
psicologo Lev Semënovič Vygotskij
include gli aspetti psicologici della mediazione del pensiero da parte
degli strumenti, voglio essere certo che la loro pratica sia ben compresa nel
percorso che, attraverso il lottare, il combattere, porta il praticante a
diventare “guerriero” (“colui che sa stare nel conflitto”) delle relazioni,
dello stare al mondo: un guerriero
equilibrato, entusiasta e generoso.
Appunto, passando attraverso
“l’inferno” del combattere, dello scontrarsi.
Poi, in un minuscolo locale in cui ci porta Roberto, tra
ottime birre artigianali e stuzzichini, le parole si fanno lievi, le risate e
gli sguardi manifestano la gioia, il gusto dello stare insieme. Tra amici.
“C’è un altro lato degli scacchi che è abbastanza differente: Quello dei tornei e dei match giocati dai professionisti o da chi aspira a diventarlo, la cui reputazione, se non addirittura il sostentamento, potrebbero essere decisi dal risultato. Queste partite non sono divertenti, nemmeno per il vincitore. Sono il più duro lavoro immaginabile. Si gioca per uccidere!”
(E. Lasker)
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