Martedì 13 Ottobre,
in Dojo
E’
festa. Piccola, tra pochi, ma sentita.
C’è,
tra di noi, chi ha ormai cuore e corpo nel passato e chi sta dritto nel
presente.
Non
so, nessuno di noi sa, quanti dei
presenti siano guerrieri del quotidiano vivere e quanti restino a guardare il
tempo che scorre loro tra le dita, e a me non importa niente di saperlo.
Qualcuno
riempie i bicchieri di vino e io invito a berlo.
Forse,
nessuno di quelli che lottano e cadono e si rialzano e sono qui a festeggiare
un passaggio di grado, uno scurirsi di cintura, è tipo da accostarsi facilmente
alla felicità. Però, guardandoli negli occhi, una voce dentro mi dice che qui,
allo Z,N,K,R,, tra pugni e cozzar di acciaio, hanno potuto scoprire che sta a solo a loro non cadere nel tranello,
nelle fauci sporche del mostro che li invita, una volta loro davanti, anziché a
combatterlo e a cominciare daccapo se occorre, a colludere con lui, a divenire
come lui.
Loro
hanno imparato che vivere è ottenere il meglio da ciò che incontri lungo il
cammino, perché un uomo che non sia contento di ciò che ha, probabilmente non
lo sarebbe nemmeno di quello che non ha. Poi, solo poi, può voltarsi altrove e
lottare per altro.
Non
so, tra chi oggi è qui e chi da tempo se ne è andato, sovente inanellando scuse
e piccole bugie e rinviando un confronto franco prima di tutto con se stesso “mi sto attrezzando per venire”, “fra tre mesi riprendo”, “ mi prendo un anno sabbatico”, “non ho i soldi né il tempo”, soffra quel buio che ha preso il posto del coraggio
di vedere, di ascoltare, di lottare.
So
che qui insegniamo, se mai si possa insegnare, a non parlare sotto voce o nel
chiuso delle stanze, ma a cantare di
libertà e lotta e guarigione.
Mentre
Annalisa sorride lieta e Davide e Celso se la “contano” alla grande, gli altri
attorno, la bocca piena e il bicchiere anche, mi chiedo come sia accorgersi di
non sapere dove andare quando il mondo ti sembra darti addosso e tutti attorno
a te ti chiedono di tirare fuori gli “attributi”, le palle. Come sia sapere,
perché ogni uomo lo sa, che non si vincono le battaglie, gli scontri, i drammi,
che si vogliono perdere.
E,
forse, è questo il grottesco paradosso di questo nostro praticare, sempre in
meno eppure sempre più coraggiosi e decisi.
Anche
perché, suonerà sprezzante ai più ma io ci credo, solo ai lottatori, ai
guerrieri, è concesso essere generosi.
La
serata si chiude, raccogliamo piatti e bottiglie ormai vuote.
Ognuno
per la sua strada. Ognuno, ne sono certo, sa come e dove sta andando. Ognuno,
col permesso accordato dal proprio destino che invero sta costruendo con le sue
stesse mani: “Gli essere umani non sono semplicemente codardi o eroi, si è entrambi e
nessuno dei due a seconda delle circostanze. A seconda di chi è dalla tua
parte, di chi invece è contro, a seconda della vita che hai vissuto. A seconda
della morte che intravedi in attesa” (J. Abercrombie).
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