martedì 1 dicembre 2015

L’amore per se stesso


… finché non ti deciderai a crescere, ad avere stima in te stesso, a coccolarti da solo, non diventerai mai un adulto.
Nessuno di noi è come l’altro, né nell’aspetto né nel cuore; nessuno di noi vive come l’altro. Pare difficile ad accettarsi ma è così, che ognuno di noi canta e danza dentro un mondo tutto suo, dove le ombre, i chiaroscuri e le luci sfoggiano colori e tonalità diversi per ognuno. Poi, certamente, la melassa del conformismo ci avvolge tutti ( beh, quasi tutti ….), pecore in gregge per riti tutti uguali, beceri sostenitori del “pensiero unico”.
Ma ognuno di noi sa, anche se fatica ad ammetterlo, che è unico in questo mondo.
Qualcuno, ci prova a tenere testa, a vivere una vita di confine, fuori dalle consuetudini, ad attraversare il mondo incidendo segni e segnali in ogni cosa, in ogni relazione che incontra. Che appaia agli sguardi o si nasconda nell’antro della penombra, qualcuno c’è ancora a camminare solitario tra noi.

Impugnare un katana nel terzo millennio, italiani di nascita e di paese armati di acciaio    medioevale che viene dal Giappone: pare una follia, è uno sberleffo al conformismo imperante.
E’ imperio a mai dimenticare chi sei, perché sicuramente il mondo attorno a te non lo dimenticherà. Allora trasforma chi sei nella tua forza, riconoscendone l’Ombra, così non potrà mai essere la tua debolezza.
E’ sfida all’ovvio, allo scontato, che è tale anche quando si traveste di quell’eccentrico che è sempre fuga in un altro gregge, ancorché diversamente colorato: trasgressioni di consumismo materiale e culturale per una pratica dell’obbedienza.

Nel Dojo, i guerrieri in keikogi si muovono piano, portando in superficie, cuore che pulsa forte e mani potenti, il meglio che possono. Una pratica d’acciaio mortale che prende la mano, frugando in un cuore solitario che batte solo per ognuno di noi, per poi concedersi al cuore grande del gruppo. Minuscolo gruppo di ultimi rimasti a combattere per conoscersi, crescere e donarsi adulti consapevoli. Come probabilmente, da qualche parte, fanno altri gruppi a noi sconosciuti, ai più sconosciuti, perché anche loro come noi privi di belletto e cipria a fingersi star. Quel “belletto e cipria”, comunque li si chiami, atti a mistificare una qualità, a vendere un prodotto, come società dei consumi reclama.
“Belletto e cipria” per giustificare una personalità che non si è liberata di un padre castrante e disconfermante e perciò abbisogna di gonfiare il proprio ego e di squalificare chi ha accanto, figli, partner o allievi che siano, nella ripetizione di un “copione” servo e modesto; di celare la propria vulnerabilità dietro un trucco osceno e pesante, invece di farne la fragile forza intima del proprio cuore.

Se, come recitano i testi di scherma,  la lama è un prolungamento del tuo braccio, allora puoi forse lasciar cadere il tuo braccio ? Certo che no !
Così si lotta, nella sala di una Milano che sta altrove, dentro a duelli in cui nessuno mastica pietà, quando resti solo perché nessuno c’è ad abbracciarti e proteggerti, e ogni cosa, suono e gesto pare prendere il volo mentre tu stai volando sempre più giù. Fino a schiantarti al suolo per rimetterti in piedi e riprendere il cammino: cammino di spada e vitalità, di erotismo del vivere e frugalità dei costumi. Cammino di guerriero.

 

 
“Esiste un solo dio e il suo nome è morte. Ed esiste una sola cosa da dire alla morte: non oggi”
(G.R.R. Martin)








 

1 commento:

  1. un paradosso della vita stessa, che per quanto ognuno di noi è solo, nel compiere le proprie scelte ha bisogno dell'altro per conoscersi. Ma questo include grandi responsabilità, che se non è facile scegliere lo è ancor meno pagare in prima persona il prezzo delle proprie scelte. In un mondo in cui tutti delegano altri per le proprie azioni :
    "è colpa tua"
    "chiamo il mio avvocato"
    "il medico non le ha salvato la vita"
    sempre colpa di qualcun altro...io stesso, ancora a volte,sempre meno per fortuna, incolpo le mie spalle che si contraggono, come se han vita propria...e quando subito ci penso mi dico "ma Io sono le mie spalle".

    E l'acciaio scintilla nelle remote profondità del bacino, come nelle buie curvature del cuore e mostra verità e menzogna tra la melma del Nigredo e l'acqua sulfurea che bagna gli zoccoli dei satiri, ai piedi di quel vulcano dove crescono i fiori di loto.
    Acciaio, che catalizza pulsioni, ti rivolta le viscere come un calzino,che mostra limiti invalicabili, e a volte altre direzioni per aggirarli.

    e quel belletto e cipria assente che fa spaventare i più quando ti guardano come fossi un folle: "lame affilate?" . Folli sì, caotici ed erranti e non, comodi giocatori di playstation, masturbatori cerebrali tra le mura "protette"(?) del divano di casa.

    Il kissaki, dove posa il kokoro..il cuore pulsante dell'acciaio che è lo stesso del guerriero, nudo di fronte alla morte e alla vita. E cadute e nuove ferite, e sempre in piedi, comunque cosciente che potrai cadere ancora, scevro da deliri di onnipotenza..che l'acciaio sibila, come una serpente pronto a divorare..per po tornare tra le spire solitarie e avvolgenti.

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