martedì 14 febbraio 2017

Il ritmo della spirale. Cap. 2 Terra



Terra
 
I miei gesti, i miei movimenti, sono il giorno, sono l’alba del vivente e la notte probabile dell’uomo.

In un processo di catabasi ciclica, dalla madre Terra nasciamo e lì vi torniamo a morire. Forse è dare un senso esoterico alle Tenebre, al primordiale, quasi a offrirne un’accezione di suprema trascendenza.
Sono vecchie reminiscenze mai del tutto trascurate, sono anche strade nuove non ancora illuminate.
Movimenti, gesti, inchiodati sul ciglio di un pensiero, così incerti, approssimativi. L’avvio di una vita dall'inizio immaginata, tutto quello che ognuno di noi è stato e dorme nel ventre, sepolto dalle scorie violente di un’umanità parodistica.

Il contatto col suolo, poi il movimento a strascicarsi sul suolo.
L’importanza del sapere, del conoscere il peso del corpo, in un incessante dialogo dinamico che ci fa muovere tutt’attorno.
A scoprire il peso del corpo tutto e dopo, ma solo dopo, quel peso sul piede, sapientemente ripartito tra alluce, quinto dito e tallone.

Un viaggio in solitudine, in cui il tempo sarà lungo e il percorso incerto.
Uno scontrarsi continuo con l’attrito che dà la terra, un lasciarsi andare continuo all’elevazione che dà la terra.

E’ una legge scritta in ogni cosa di questo mondo, perché chi non lotta per qualcosa, per andare verso qualcosa, per abbracciare qualcosa, ha già comunque perso. E anche se la fatica, in questo primordiale muoversi e trascinarsi, fuori dall’accoglienza del dondolare e del lasciarsi nuotare, fa tremare il sangue nei polsi, chi lotta per qualcosa, verso qualcosa, non sarà mai perso.
Allora impariamo che dal dondolare, dal rotolare, nasce lo strisciare, nasce quell’animale primitivo che dall’acqua conquistò la terraferma.
Giochi e gesti e movimenti fondamentali per conoscere le origini. Per avere la forza, quella dentro, l’elasticità, quella dentro, di avviare il processo che ci porterà ad alzarci, ci porterà in piedi.

Dobbiamo fare i conti con lo spazio che abbiamo attorno, ambiente che è anche resistenza al nostro attraversarlo, è raccogliere le forze agendole contro forze esterne. E’ accogliere, con il primordiale, il primitivo, quel dio Pan che è maestro selvatico dei nostri istinti, la necessità di farsene forza per abbracciare invece potenti sforzi ritmici. A partire dal centro del corpo, bacino e torso, vero la periferia, in una dialettica relazione di sostegno e scontro con la terra. Muoversi a terra, con e contro la terra. Altrimenti, come mai faremo ad imparare ad alzarci e poi a muoverci sulle gambe?

E questi primi gesti incerti, faticosi ed affaticati, sembrano quasi agire da soli e divenire movenze libere e compiute. Paiono prefigurare, anticipare, un elevarsi ed un andare lontano. Paiono sabbia mossa dall’acqua, in attesa di essere plasmata da mani abili per divenire figura compiuta.

Ecco, un’esperienza come questa, occhi ancora dentro un orizzonte limitato, va vissuta e rivissuta più volte.
Sorta di piccolo e fragile uomo che respira dentro un universo immenso che respira a sua volta.
Perché la terra gira, gira, gira e noi su e dentro essa.





1 commento:

  1. Buio pesto, sul ciglio di un burrone vado a sedermi nel vuoto..questa l'impressione a cui ho resistito inizialmente , anche ora, ma poco alla volta sperimento di scendere sempre più..nel vuoto..nei femori...nelle mie pulsioni profonde?

    e come una cascata che scende dirompente, risale con acqua trasformata,nuova, come pulita. E tutto attorno muta, dentro me muta, poichè il lavoro interno al corpo smuove e scardina vecchie armature, crea posto a nuove personalità o nuovi livelli di conoscenza che sono come magma da un vulcano sale, in tumulto, incapace di restare ancora dentro alla mia Terra.
    Ma ciò mi permette la presa in carico di quanto ancora metto in atto, contraendo muscoli superficiali, per ostacolare la fluidità del movimento...e pian piano sbozzo come uno scultore atto a creare la sua opera maestra, in continua mutazione.

    E nuovi imput lavorando con altri allievi, scoperte di semplicità, di verità e menzogna nello spazio, nel muovere corpo nello spazio. Non è solo esterno, se non muovo dentro ciò che risulta fuori sarà solo una movenza meccanica...avete mai visto muovere un serpente? mette in atto una serie di onde interne, scheletrico/muscolari per poter saettare sinuoso.

    Scoprire il perchè si chiama " camicia di ferro", sentirne che apre un armatura arrugginita per forgiarne una nuova, di carne pulsante..

    piccoli passi nel mondo, piccoli obiettivo in mutamento, pensando a un Sisifo felice.

    “Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.”


    ― Albert Camus, The Myth of Sisyphus

    RispondiElimina