La chiusura della storica sede di via Simone D’Orsenigo,
con relativo trasferimento in via Labeone e modifiche della “struttura” della
Scuola stessa, mi lascia con più tempo libero per i miei interessi extra, o
meglio, “para” Arti Marziali.
“Para” perché, in linea di massima, la mia passione
principe, le Arti Marziali e la pratica fisicoemotiva, mi indirizza verso temi
e terreni comunque riconducibili alla corporeità, al confliggere come momento
ineludibile di crescita, di conoscenza di sé.
Eccomi allora partecipare ad alcune delle serate che il Centro Studi di Terapia Gestalt, la
scuola in cui mi sono formato counselor nel Marzo del 2007, propone lungo tutto
l’autunno.
Prima un incontro sull’ipnosi ericksoniana e il mondo dei
sogni, poi una serata sul Wingwave coaching.Ora è la volta di Cristina Tegon, counselor, esperta di terapia corporea, nonché shiatsuka e massoterapista, docente ai corsi di counseling, che ci coinvolge in una serata a tema “Quando le parole non hanno niente da dire”.
Siamo in otto, in cerchio in sala, pronti a sperimentare i
primi accenni di comunicazione corporea, di espressione emozionale attraverso
il corpo.
Per me è bellissimo entrare nuovamente nel mondo delle
relazioni silenziose, del contatto di sguardi. Sento l’emozione di contatti velati dal mistero e dall’incertezza, dalla sospensione di ogni giudizio. Contatti che tracciano disegni incerti, in cui quanto di me si mischia, si sovrappone su quanto di un altro sconosciuto che mi sta di fronte.
”Ogni volta che
accade qualcosa di reale… questo mi commuove profondamente”, scriveva Fritz
Perls, il fondatore della terapia gestaltica. Ed ogni contatto è sempre un
luogo di emozioni profonde. Impossibile sfuggirvi, tuttalpiù ci è possibile
provare a negarle, oppure rinchiuderle a forza in qualche interno anfratto
sperando che lì restino sepolte per sempre. Ma non è così: le nostre emozioni,
quello che siamo “dentro”, torna regolarmente a trovarci, evade dalla cella in
cui l’abbiamo rinchiuso e bussa forte, forte per farsi riconoscere ed
accettare, forte per incrinare maschere di facciata e sicurezze ostentate.
Allora, di nuovo, le ributtiamo dentro, in un alternanza, in un “braccio di
ferro” senza sosta che, in realtà, ci logora e ci impedisce di vivere appieno. E’
una sotterranea nevrosi che è indice del tradimento perpetrato a spese della
propria visione della vita, della propria autonoma prospettiva della realtà.
Non così per me.
E questa sera è l’occasione per calcare nuovamente lo
spazio delle emozioni scoperte, gestite, condivise. E’ l’occasione per riandare
agli intensi anni di formazione gestaltica in cui corpi e sguardi si sono
toccati, si sono incontrati e scontrati; in cui le parole, pur necessarie,
hanno sottostato agli impulsi del corpo inteso come “korper”, parola tedesca
intraducibile in lingua italiana se non come “io sono corpo”.
Un paio di semplici giochi, che il tempo è quello dato, mi
consentono di vibrare appieno, di lenire la mancanza di contatto umano di cui
mai sono sazio.
E penso a luoghi altri da questo, a, che palle!!, quando,
al primo incontro, ti chiedono “Che lavoro
fai?” (voglia di sbattergli in faccia un paio di righe prese dal “Piccolo
Principe”), quando vacanze e trasmissioni TV e frequentazioni di social e
cellulari ostentati e “Vai in palestra?”
e rigidità corporee esibite in un mix di tatuaggi sconclusionati e sciocchi
insieme a inutili muscoli ipertrofici o in carcasse amorfe, decadenti,
orribilmente gonfie o stortignaccole di corpi che svelano “corper” in fuga da
ogni autentico sé che abbia davvero il coraggio di fare i conti con le proprie
pulsioni, sono la norma, sono la regola. Appunto, “Che palle!!”
Ogni incontro è per l’individuo anche un nuovo incontro con
se stesso, occasione incredibile per approfondire, conoscendo l’altro, la
conoscenza di se stesso, osservando le proprie reazioni e cercando di
individuarne e comprenderne le motivazioni profonde.Perché perdere una siffatta splendida opportunità?
Ma questa sera, almeno in parte, quest’opportunità io non
l’ho persa, nello scambio con la giovane e sorridente fanciulla che mi stava
davanti, né con la metafora squisitamente fisica dell’albero.
Peccato che Cristina non abbia voluto accogliere il
desiderio dei più di continuare ancora un poco, giusto per non lasciarci in piena
“agitazione emozionale”. NO, così non si fa. Chissà che queste esperienze, queste “Pillole di Gestalt”, in prossime occasioni, si smarchino da un “brusco coito interrotto” per lasciare a chi si è dato partecipando, il gusto di un distacco, di un post contatto, per dirla in termini gestaltici, meno affrettato e più salutare.
Salgo in auto e torno verso casa.
Comunque, bellissima serata, sia per le emozioni del “Qui
ed ora”, sia per gli intensi ricordi che sono affiorati in superficie, ricordi
di un triennio che mi ha turbato, sconvolto e mostrato di me e delle mie
relazioni un mondo in parte sconosciuto, in parte che io non volevo
riconoscere. Grandi e reali insegnamenti di vita.
Accantonate alcune delle prossime serate, scelgo, a metà
Novembre, di esserci alla serata dedicata alla “Danza tribal fusion”… il viaggio continua e non si ferma mai.
Post illustrato con opere di Henri Matisse, uno dei
miei pittori preferiti
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