venerdì 3 novembre 2017

Ombre che danzano



Tu non segui l’esempio, sii tu stesso l’esempio”. Queste parole sono scolpite indelebili nel mio modo di proporre la pratica marziale, a comunicare all’allievo di dimenticare chi sia per lui testimone a cui rimettersi per essere invece lui stesso attore e testimone di quel che fa, del clima culturale che lui stesso va contribuendo a costruire in Dojo, attore e insieme testimone, in un processo di relazione e relazioni che travalica il luogo “Dojo” e la stretta pratica marziale, della società e dell’epoca in cui è calato.

So che insieme, io lui, il gruppo tutto dei praticanti che mi circonda, stiamo costruendo un sogno, non credendo a nessun altro e con la convinzione di demolire tutte le mura issate attorno.
Nulla, stereotipi “marziali”, paccottiglia diffusa ovunque a piene mani da macho men dallo sguardo truce o simil soldatini in divisa acquistata al mercatino dietro l’angolo (e la giovane età testimonia che nemmeno la naja, l’obbligo di leva, hanno assolto), o da efebici intellettuali del verbo mistico a cui mai una goccia di sudore o un paio di sberle sul muso hanno fatto visita, offusca il nostro incedere.

Noi sappiamo che gli uomini sono prima emozione, poi pensiero e solo dopo logica riflessione.
Quando siamo faccia a faccia, in un reciproco guardarsi attento, a tentar di capire se stiamo andando “a male” o, come sembra, stiamo rivoltandoci dentro, respirando in altri mondi, sguazzando di calci e pugni in altri mondi. Mondi che poi siamo ancora noi, noi dentro.
Perché, quando siamo faccia a faccia, stiamo vivendo in questi altri nostri, personali, mondi.

A volte, sono strappi di adrenalina, altre, sono melodie cinetiche, altre ancora sovviene la tentazione di volgere lo sguardo, e non solo quello fisico, verso il basso e tornarsene fra “nani e ballerine”.
Il freddo che sta fuori, sappiamo non ci sarà dentro, nemmeno l’appiccicoso buonismo per cui un “No” debba sempre essere educato, persino esitante, ma nemmeno il “va ffa…” sbraitato per ignoranza codarda.
Solo, tentiamo di non negarci al sogno, coltivandolo ed accudendolo perché, fuori di qui, fuori dalla metafora del dojo e del lottare, non svanisca, piuttosto intendendolo vivere ad occhi aperti, a cuore aperto.

Serenamente coraggiosi, siamo.

E ci chiediamo adesso, qui ed ora, dove siamo, cosa stiamo facendo, come faremo a capirlo, se divelliamo ogni indicatore di direzione, ogni obbligo di direzione.
Allora, ombre nere sguscianti a tracciare macchie indistinte contro questi muri così bianchi, bianchissimi, almeno per quel pugno di ore, non siamo più, non siamo mai, spettatori esterni, ma siamo insieme l’opera e chi l’opera va edificando.

Fuori di qui, tra le vie di Milano e altrove, il mondo altro non si è mai fermato, il consumo senza uso e i battaglioni di amebe la fanno da padroni.
Noi qui ci siamo vestiti di sangue e sudore, di ferocia ed amore, di fragile forza umana, di sorrisi e incessante ricerca interiore Se poi sarà stato solo un breve delirio, una fuga in avanti simile a “mosca cocchiera”, o se invece antichi valori inizieranno a ri – costruirsi dentro ognuno di noi per essere portatori sani di un mondo diverso fuori, allora nessun tempo, nessuna energia, sarà stata spesa invano.

Vittoria o sconfitta non importa, l’etica del Bushido ci impone la nobiltà nella sconfitta stessa, se la battaglia l’abbiamo ingaggiata.



1 commento:

  1. Da Davide, in viaggio lungo le terre d’India dalla metà di Agosto, ricevo quanto.
    Purtroppo i mezzi informatici l’hanno tradito, dunque sta a me renderne fattibile la pubblicazione

    "Benché lontano, per quanto lontano ci sia ancora da andare, porto con me, ambasciatore silenzioso, i frutti colti allo znkr; perché il viaggio intrapreso nacque, in me, come idea, fino a farsi sentire come esigenza, grazie alla libertà acquisita scontrandomi con voi tutti, ed a ciò va ascritto.

    Il paziente lavoro sul corpo, il lento tornare alla sfera dell'essere, un tempo antagonista solo dell'avere, oggi anche del ben più temibile sembrare, hanno una valenza che non si apprezza mai a sufficienza".

    Grazie Davide per l’intervento.

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