mercoledì 15 novembre 2017

Una strada che abbia un cuore, per uomini veri



Giorni addietro, uno scambio epistolare con un professionista della psiche.
Questi vuole iniziare una pratica marziale, ritenendola pratica in grado di fargli conoscere ed esplorare il “pieno potere del mio corpo”, “la capacità di combattere”; vorrebbe “esplorare a piena potenza me stesso per non frenare temendo esplosioni incontrollate”, chiarisce che “il mio obiettivo non è imparare a ‘spaccare tutto’ ma conoscere meglio me stesso”.

Ecco, di seguito, la mia risposta.

 
Credo che tu abbia colto nel segno: ciò che cerchi è l’essenza di una sana pratica marziale.
Purtroppo le Arti Marziali comunemente intese e praticate, tradiscono questo cuore e lo fanno in molti modi.

Chi crede che basti praticare forme e fondamentali e combattimento per diventare forte e saggio. (in virtù di che?)

Chi punta tutto sullo sforzo fisico e sullo scazzottarsi come valvola di sfogo.

Chi vuole solo sentir parlare di coppe e trofei

Chi teorizza di energia e potenza senza mai aver sudato o preso e dato sberle in faccia.

Il modo di muoversi corpo, passa da una mollezza indecente ad una rigidità pinocchiesca o ad una feroce esposizione muscolare.

L’insegnamento è sempre direttivo, imitativo, mai facendo del praticante un protagonista quanto piuttosto un passivo ripetitore: c’è lo stile da imparare, la mossa da copiare, la tecnica da ripetere all’infinito.

Scoprire ed esplorare il proprio potere personale che c’azzecca con tutto ciò?

Combattere non è una finzione da palestra, con regole e comandi e poi tutti a farsi una doccia, né è uno sport; combattere è simulare stati emotivi e tensioni fisicoemotive profonde, perturbanti, in situazioni certo “protette” ma, appunto, di totale simulazione, non di finzione o di divertimento o di cieco sfogatoio.
Combattere è imparare l’arte del confliggere che “Lottiamo tutti. Da quando nasciamo, combattiamo per respirare, aprire gli occhi, camminare, parlare” scriveva Ken Buchanan, pugile, campione del mondo dei pesi leggeri negli anni ’70.

Dunque, il cuore delle Arti Marziali, come, se ho ben capito, tu intendi ed io condivido, è una terapia pulsante perché la capacità di stare nei conflitti, di scoprire e gestire tutto il proprio potere corporeo, pulsioni profonde e magari inconfessate, l’individuo la sappia trasferire in ogni occasione, in ogni relazione del vivere quotidiano, in famiglia, con gli amici, al lavoro.

Purtroppo, tale “cuore” non è la merce cercata nella nostra attuale società, quella del consumo senza uso, dello sfoggio estetico muscolare o intellettuale.
Dunque, nella logica della domanda / offerta, le Scuole che si occupano di “cuore”, di Strade che abbiano un cuore, sono poche, pochissime e sovente hanno vita breve. Nessuna, che io conosca, sta a omissis

Allora, per restare nella tua città, mi permetto di invitarti a cerca una palestra di pugilato: forse la semplicità di questo sport, l’essere ai confini della moda, ti permetterà di trovare un ambiente che in qualcosa sia affine a ciò che tu cerchi.

Oppure in una palestra di Yoseikan Budo (omissis) puoi trovare dinamismo corporeo ed un’attività fresca e pimpante con ancora qualche retaggio della Tradizione, di quel “Budo” che anticamente significò un modo “guerriero” (chi stava, eccome, nei conflitti) di stare al mondo. Non ricordo (e magari non è più lo stesso) chi sia l’insegnante ma, i primi di Dicembre, verrà in Italia il caposcuola, il Maestro Mochizuki Hiroo per un seminario rivolto ad insegnanti e maestri: se l’ingresso fosse aperto agli spettatori, potresti farti un’idea alla fonte, anche se ormai la docenza, in gran parte, lui l’ha passata al figlio.

Confido di esserti stato utile e, se ti andasse, fammi sapere che strada eventualmente tu hai preso.

(omissis)


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