Giorni addietro, uno scambio epistolare con un
professionista della psiche.
Questi vuole iniziare una pratica marziale, ritenendola
pratica in grado di fargli conoscere ed esplorare il “pieno potere del mio corpo”, “la
capacità di combattere”; vorrebbe “esplorare
a piena potenza me stesso per non frenare temendo esplosioni incontrollate”,
chiarisce che “il mio obiettivo non è
imparare a ‘spaccare tutto’ ma conoscere meglio me stesso”.Purtroppo le Arti Marziali comunemente intese e praticate, tradiscono questo cuore e lo fanno in molti modi.
Chi crede che basti praticare forme e fondamentali e
combattimento per diventare forte e saggio. (in virtù di che?)
Chi punta tutto sullo sforzo fisico e sullo scazzottarsi
come valvola di sfogo.
Chi vuole solo sentir parlare di coppe e trofei
Chi teorizza di energia e potenza senza mai aver sudato o
preso e dato sberle in faccia.
Il modo di muoversi corpo, passa da una mollezza indecente
ad una rigidità pinocchiesca o ad una feroce esposizione muscolare.
L’insegnamento è sempre direttivo, imitativo, mai facendo
del praticante un protagonista quanto piuttosto un passivo ripetitore: c’è lo
stile da imparare, la mossa da copiare, la tecnica da ripetere all’infinito.
Combattere non è una finzione da palestra, con regole e comandi
e poi tutti a farsi una doccia, né è uno sport; combattere è simulare stati
emotivi e tensioni fisicoemotive profonde, perturbanti, in situazioni certo
“protette” ma, appunto, di totale simulazione, non di finzione o di
divertimento o di cieco sfogatoio.
Combattere è imparare l’arte del confliggere che “Lottiamo tutti. Da quando nasciamo,
combattiamo per respirare, aprire gli occhi, camminare, parlare” scriveva
Ken Buchanan, pugile, campione del mondo dei pesi leggeri negli anni ’70.
Dunque, il cuore delle Arti Marziali, come, se ho ben
capito, tu intendi ed io condivido, è una terapia
pulsante perché la capacità di stare nei conflitti, di scoprire e gestire
tutto il proprio potere corporeo, pulsioni profonde e magari inconfessate,
l’individuo la sappia trasferire in ogni occasione, in ogni relazione del
vivere quotidiano, in famiglia, con gli amici, al lavoro.
Purtroppo, tale “cuore” non è la merce cercata nella nostra
attuale società, quella del consumo senza uso, dello sfoggio estetico muscolare
o intellettuale.
Dunque, nella logica della domanda / offerta, le Scuole che
si occupano di “cuore”, di Strade che abbiano un cuore, sono poche, pochissime
e sovente hanno vita breve. Nessuna, che io conosca, sta a omissis
Allora, per restare nella tua città, mi permetto di
invitarti a cerca una palestra di pugilato: forse la semplicità di questo
sport, l’essere ai confini della moda, ti permetterà di trovare un ambiente che
in qualcosa sia affine a ciò che tu cerchi.
Oppure in una palestra di Yoseikan Budo (omissis) puoi trovare dinamismo corporeo
ed un’attività fresca e pimpante con ancora qualche retaggio della Tradizione,
di quel “Budo” che anticamente significò un modo “guerriero” (chi stava, eccome,
nei conflitti) di stare al mondo. Non ricordo (e magari non è più lo stesso)
chi sia l’insegnante ma, i primi di Dicembre, verrà in Italia il caposcuola, il
Maestro Mochizuki Hiroo per un seminario rivolto ad insegnanti e maestri: se
l’ingresso fosse aperto agli spettatori, potresti farti un’idea alla fonte, anche
se ormai la docenza, in gran parte, lui l’ha passata al figlio.
Confido di esserti stato utile e, se ti andasse, fammi
sapere che strada eventualmente tu hai preso.
(omissis)
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