Serata simil teatrale, a “Il cielo sotto Milano”, dove
opera la compagnia “Dual Band”.
Serata dedicata al centenario della Rivoluzione d’Ottobre, meglio
presentata come
“La corazzata Potemkin
non è una cagata pazzesca”,
in un evidente rimando al cinema fantozziano.
Serata con in scena il confronto, che è prima di tutto
generazionale, tra la russista Milli Martinelli, donna quasi centenaria,
saggista e traduttrice di opere di Turgenev, Tolstoj, Bulgakov, e lo studente
tredicenne Lupo Kriss Santambrogio, che è pure mio figlio.
Con loro, in vesti diverse, la Dual Band stessa ed alcuni
collaboratori, e, di sottofondo, la pellicola di Ejzenstejn.
E già portare ad un adolescente, a tutti gli adolescenti,
il messaggio, e quale messaggio? di un evento così complesso e davvero
rivoluzionario, pare cosa improba.
Perché come si può descrivere il cuore, di più, cosa è
rimasto del cuore di quell’evento, ai giorni nostri? Ma anche come è possibile,
sempre che possibile lo sia, coinvolgere giovani e giovanissimi, i nostri
giovani e giovanissimi, perché prestino un’attenzione non puramente
intellettuale o, peggio, limitatamente scolastica, ad un evento così terribile
e sconvolgente?
C’è chi ha scritto di “comunismo
interiore”, che per me significa coltivare dentro il cuore, dentro la
pancia, quegli ideali di libertà e comunione, e manifestarli, nel mio piccolo,
con le relazioni e le modificazioni dell’ambiente a me più vicino: Quello che è
stato, per oltre trent’anni, lo ZNKR di via Simone D’Orsenigo, autentico Dojo
di tutti, autentica casa di tutti.
Ma resta il dilemma “Che c’entra, che c’azzecca con i
giovani d’oggi?”.
La società del consumo senza uso, dell’apparire sfrenato,
della perdita del senso di collettività; questa società di non personalità, di
fragilità psicosomatica rimpiazzata da una trasformazione camaleontica, con la
quale plagiare i tratti senzienti attraverso irrazionali adesioni alle migliaia
di slogan introdotti negli encefali imbelli di una società di pavidi.
Dove quel poco di collettivo rimasto è tutto virtuale: sono
gli hashtag pro o contro quello e le pagine fb.Sono quegli assembramenti improvvisi, ma fa più “tendenza” chiamarli flashmob, dai pallidi tratti umanitari, pacifisti, tanto simili al segno di pace scambiato al termine della messa, usciti dalla quale, ognuno torna al suo privato. Sorta di “sintonia feticcia e sincronica” ho letto giorni or sono a firma “Il Poliscriba”, per un arco di tempo talmente breve che la comprensione tra umani nemmeno viene presa in considerazione, passando invece sotto l’arco di trionfo del: “Quel giorno ero Charlie, Pinco, Pallo e ogni indignazione possibile/fruibile e, soprattutto, io c’ero”.
Se le rivoluzioni efficaci stravolgono il quotidiano, virano
su idee nuove per dare risposte ai bisogni dell’uomo, cosa è rimasto, se è
rimasto, della rivoluzione d’Ottobre?
La serata, pur con qualche caduta di ritmo, scorre densa ed
interessante. Le immagini, le poesie lette, gli interventi tutti, concorrono,
pur nel pugno d’ore concesso, a rendere interessante la scoperta e riscoperta
dell’evento, a darne un affresco dalle tinte forti.
Ma a me resta quel dilemma, quel senso di continuità che
non riesco a trovare.
Per me fu più facile, quasi naturale, con i moti del ’68,
ed i libri e le assemblee ed i pestaggi a spranghe e coltelli e le cariche
della polizia e gli ideali vissuti al massimo, trovare, vivere, un naturale,
sfrontato e certo ingenuo continuum.
Per altri, negli anni a venire, per i giovani a venire, la
Rivoluzione d’Ottobre fu solo un goffo treno di immagini, nemmeno così
impressionanti che già iniziavano a sbiadire, con tanti convogli di parole,
frasi, slogan, libri adocchiati solo nei titoli.
Ma ora, ai ragazzi nati nell’ultima decade del duemila, a
quelli che sono giovani adesso, che siamo al terzo millennio, e saranno uomini
adulti tra altri dieci anni, come faremo a spiegare che no, la corazzata
Potemkin non è una cagata pazzesca? Di più, ci permetteranno mai di
spiegarglielo loro così proiettati in un futuro totalmente diverso, estraneo al
ventesimo secolo?
Probabilmente la Rivoluzione d’Ottobre finirà nel
dimenticatoio, finirà ancorata solo nei libri di scuola, come l’impero romano
ed il Risorgimento, pagine di nomi ed eventi senza alcuna anima, alcun cuore.
Probabilmente la mia generazione è l’ultima a tessere,
dentro e fuori, di comunismo ed anarchia e socialismo, tessere dentro il cuore,
privatamente e, perdinci, pure inutilmente, pure da sconfitti.
Si chiude la serata, Lupo è stracontento.
I suoi occhi chiari che sorridono sono l’epilogo migliore,
almeno per me.
Molto bello!!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminaTi ringrazio per la citazione dal mio articolo (Vittime senza carnefici) alla tua ottima riflessione.
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