“Non sarai mai pronto prima:
lo diventerai dopo averlo fatto”
Ma
questa è la quintessenza, la caratteristica essenziale, la sostanza intima e
concentrata, di una sana pratica marziale!!
Ci
stanno dentro l’agire né prima né dopo ma al momento, quando serve, ovvero il
gestaltico “qui ed ora”; poi la supremazia della pratica da cui discende la
teoria che a sua volta si farà pratica rinnovata e migliorata; ci sta il
coraggio di osare, di buttarsi cuore oltre l’ostacolo.
Ci
sta, insomma, il nostro autentico ed unico modo di intendere e praticare Arti
Marziali in Dojo, così come l’invito a farne pratica di scelte e relazioni
anche nella vita quotidiana.
Come
avrei potuto non innamorarmi di un testo che contiene perle siffatte?
L’autore
già lo conoscevo grazie ad altri interessanti libri.
Si
tratta di Matteo Rampin, uomo
poliedrico: ufficiale dell’esercito, psichiatra, psicoterapeuta, didatta,
formatore, consulente di atleti, allenatori, artisti e manager, studioso di
stratagemmi militari e di fraudologia, esperto di ipnosi medica.
Il
filo conduttore del libro
“Il
grano e la zizzania”
Come
ormai è sapere consolidato, Il linguaggio è un'arma non solo in grado di
descrive la realtà, ma anche di modificarla: forse le parole non sono realtà
"concrete", certamente lo sono i loro effetti.
A
volte, spiega Rampin, il modo di parlare si traduce in disfunzioni, malesseri,
che possono sì originare da condizioni reali, ma che, per chi parla, sono la
prova e giustificano il lasciarsi andare alla disfatta, la mancanza di qualsivoglia tentativo di cambiare.
L’uso
della ristrutturazione, un modo di
intervenire tipico della psicoterapia e delle relazioni d’aiuto, che consiste nell’indurre
il cliente a leggere la stessa realtà con nuovi occhi, viene nel libro svolto
in modo facilmente leggibile senza perdere nulla della sua efficacia, aprendo
la porta del cambiamento, accettando che
difficoltà , crisi e conflitti, siano il cuore di ogni esistere.
Perché
grano e zizzania, Yin e Yang, siano due facce della stessa medaglia.
Partendo
dalle mie competenze, mi sono divertito a sfidarmi anticipando, di ogni frase dell’ipotetico
cliente che cristallizzava una lettura del suo problema, la ristrutturazione
proposta da Rampin.
Ed
è un sfida, un modo di leggere questo stimolante libro, che propongo a tutti
quelli che, letta questa mia recensione, lo acquisteranno.
Tornano,
certamente, i rimandi alle Arti Marziali, quelle autentiche come noi le
proponiamo, non certo le pratiche scazzottatorie di tamarri o impiegati
repressi, o le “seghe mentali” dei vari
intellettuali.
Così,
a chi fallisce e si dice «Sono stato sconfitto», l’autore spiega
in poche righe, come si possa arrivare a comprendere che “La sconfitta non è cadere: è rimanere a terra”.
A
chi fugge in presenza di situazioni critiche e conflittuali, ecco proporre che
“Fuggire una cosa è sceglierne un’altra,
spesso peggiore”.
A
chi sia portato a gesti e parole
violente per imporsi, e guai a dirglielo che si andrebbe al muro contro muro,
Rampin propone che chi aggredisce lo fa perché perde il controllo, ma “L’espressione massima della forza è l’autocontrollo”.
Nel
leggere le ristrutturazioni proposte dall’autore, molte mi hanno colpito per la
loro semplice efficacia, rimandandomi a persone e situazioni più volte
incontrate.
Rampin,
scrive “Un modo infallibile per
procurarsi sofferenza è guardare ‘quelli che
stanno meglio’, e poi, volendo essere perfezionisti, chiedersi: ‘Perché
stanno meglio di me?”. L’autore
propone “Perché gli altri stanno meglio
di te? Forse perché non guardano gli altri”. Infatti “Non è perché stiamo male che guardiamo gli altri, ma è perché guardiamo
gli altri che stiamo male”.
Fino
ad arrivare a contemplare una risposta alla domanda: “Perché vivo?”. Domanda che, in forma leggermente diversa, proponeva
Enrico Galiano alla presentazione
pubblica del suo ultimo romanzo, presso la libreria “La scatola lilla”.
Rampin
spinge a riflettere che “Forse si vive
per trovare risposta alla domanda ‘perché si vive?’”. Io, sul foglietto
consegnatomi, avrei risposto “Se lo
sapessi, sarei un morto vivente”. Ma ho lasciato il foglio in bianco:
probabilmente, sarebbe stata una risposta troppo impegnativa per la leggerezza
dell’incontro!!
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