giovedì 24 marzo 2022

La persona peggiore del mondo

Va bene, candidature e vincitori di ogni gara, sia canora che teatrale, cinematografica ecc. sappiamo bene essere sottoposti a selezione in cui pesano giochi di potere, scambi di favore, ripicche, gelosie e quant’altro delle relazioni e delle miserie umane.

Ma

“La persona peggiore del mondo”,

 pellicola norvegese del regista Joachim Trier mi risulta inspiegabile come possa essere stata selezionata per un Oscar: noiosa, prevedibile, macchinosa nelle conversazioni.

Leggo le recensioni dei critici, di chi ne sa più di me. Leggo “I temi del femminile contemporaneo, dal metoo alla maternità, dalle mestruazioni al sesso orale, sono trattati secondo le sensibilità di una protagonista che appartiene a una nuova generazione” (Paola Casella); “è (la protagonista) anche di un’onestà disarmante, in grado di vedere le cose per quelle che sono e incapace di accettare ogni condizionamento. Il suo essere “peggiore” sta quindi nel diventare una sorta di eccezione, di rapporto di minoranza dentro un sistema di norme sociali cui appartiene ma al quale non pensa di doversi uniformare” (Lorenzo Rossi) con una sequela di commenti approvanti la stessa.

Una protagonista, trentenne ed oltre, che non sa nulla di sé né di quel e come vivere diventa un’eroina dei nostri tempi? Consumarsi e consumare relazioni, proiettare sugli altri le proprie insicurezze per non fare i conti con la propria Ombra, è uno stile di vita auspicabile?

Probabilmente è uno stile di vita, è lo stile di vita che va prendendo piede. Lo stile di una società che più che liquida è ormai liquefatta, del delirio dei bagni “no gender” (https://luce.lanazione.it/basta-alla-distinzione-maschi-femmine-a-piacenza-gli-studenti-danno-vita-ai-bagni-gender-neutral/), del consumo senza uso, del sesso on line che rischiare di corpo richiede troppo coraggio, delle amicizie virtuali, del metaverso, ecc.

Questi autorevoli critici sfornano uno sfrenato elogio di Peter Pan, dimenticandosi che Peter porterà via la figlia di Wendy, perché vuole sostituire Wendy con la figlia Jane per condurla con sé sull'isola e per avere qualcuno che si occupi di lui; che Peter vive una vita dionisiaca con l'esclusivo desiderio di fuggire dalla realtà.

Eppure, nel film, le scene conclusive mostrano la protagonista davanti allo schermo di un computer sbirciare una vita altrui, questo mentre un suo ex incontra la morte ed un altro ex la vita di un figlio. Mentre gli altri camminano nella vita, si sporcano le mani nella vita, in tutti i suoi aspetti e contraddizioni, gioie e dolori, lei sta al computer, sbircia le vite altrui.

E questa sarebbe “solo una ‘persona libera di sesso femminile’, come direbbe Liliana Cavani, alle prese con la propria educazione sentimentale, che è anche un'educazione alla vita”??? (Paola Casella)

Umberto Galimberti ricordava in più occasioni che il cammino dell’uomo è fatto di cadute, ripensamenti, errori, dunque lungi da me cercare un’eroina a tutto tondo. Ma da qui ad ammirare una trentenne che vive in superficie fuggendo ogni situazione conflittuale per restare nel proprio limbo narcisistico, che scarica sempre e comunque fuori di sé ogni assunzione di responsabilità, no.

Pellicola non certo avvincente, appiattita sui contorni di una figura femminile superficiale ed egoista, dai dialoghi privi di pathos che oscillano tra la dotta tavola rotonda di esperti e lo scambio di un mediocre talk show, è da vedere, forse!!, solo per dare uno sguardo anche “cinematografico” alla mediocrità e al narcisismo imperante, per altro così massaggiato dai critici nostrani.

Non tutti, per fortuna, qualche intelligenza pensante, critica, c’è e scrive “Se per tutto il film si ha la sensazione di assistere allo sfoggio di un manifesto generazionale che procede per slogan, col senno di poi viene da chiedersi, quasi con un moto di speranza, se l’intento di Trier non fosse quello di ritrarre con un misto di sarcasmo ed ironia una generazione di capricciosi e narcisisti mettendone in luce contraddizioni e idiosincrasie” (Chiara Zuccari in https://www.sentieriselvaggi.it/la-persona-peggiore-del-mondo-di-joachim-trier/)

Interessante, per me, la gestualità e il portamento degli attori in scena: rigidi e freddi anche nei momenti più caldi, più intensi. Sarà la cultura nordica, sarà che volutamente abitano un vivere dove non crescono le emozioni, le tinte forti, ma tante, tante, tante parole; parole utili a nascondersi, a non confliggere.




 

 

 

 

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