I push hands, (suoishou, tuei shou o comunque si voglia chiamarli) sono variamente interpretati; a loro si attribuiscono caratteristiche e fini sovente diversi, quando non divergenti, tra una Scuola e l’altra.
Per me, la caratteristica
principale, quella che è “in figura” lasciandone altre sullo sfondo, è la
capacità di costruire una membrana elastica, uno scudo difensivo capace
di trasformarsi in scudo offensivo.
I processi psichici più arcaici agiscono lungo confronti
binari che, in situazioni di crescente complessità, si articolano in sintesi
dialettiche. Osserviamo l’agguato di un predatore: ogni preda, al momento dello
svelamento del pericolo, si immobilizza. Quella che rapidamente muta tale stato
in fase di fuga ha probabilità di sopravvivere, quella che indugia nello stato
di fissità, muore.
Praticarli, per me, significa
scoprire che le dinamiche cedere e premere (yeld and push) e raggiungere e
tirare (reach and pull) operano, in forme diverse ma collegate tra di loro, nei
diversi schemi di coordinazione motoria, sostenendoci sia quando ci flettiamo
su noi stessi e sulle nostre risorse sia quando esploriamo lo spazio fuori di
noi.
La
lentezza nell’esecuzione dei push hands
inibisce
la formazione all’esplosività necessaria quando si colpisce?
Nient’affatto. Non solo agire
lentamente permette una capacità autodescrittiva fondamentale per conoscersi
nel movimento e migliorarsi, ma la variazione temporale tra premere e colpire
diventa non più soggetta ad una intenzione, ovvero ad una costruzione di
pensiero, ma ad una capacità intuitiva, al percepire ciò che sta dietro
le cose, all’apparenza, dentro il dialogo degli opposti con il compagno di
pratica, attingendo alla nostra parte “oscura”, animalesca, distruttiva. Così
l’esplosione di forza e penetrazione che, in alcuni momenti della formazione si
usa, sarà davvero fa jing, o hakkei, e non semplice contrazione muscolare; sarà
amalgama, per dirla con Rudolf Laban, della combinazione perfetta di ciò che
serve a creare un “full effort” (1), quello necessario in ogni
situazione estrema, traboccante cariche emotive; appunto: combattere per non
morire.
1. “Il tipo di Sforzo che guida una determinata azione
determina come tale azione viene eseguita” (https://labaneffortsinaction.com/labans-efforts)
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