martedì 7 ottobre 2025

Il Cerchio che Danza: Pa Kwa / Hakkeshou come racconto vivente

 La debolezza, lo so, è sempre una forma di male, più nascosta, latente, ma ugualmente fa marcire ogni raccolto. L’importante è non confondere ‘debolezza’, che è fragilità e remissività, con ‘cedevolezza’, che è flessibilità e adattabilità.


L’importante è formare un corpo aperto dentro, capace di allinearsi, di succhiare (il verbo preferito dal Maestro Xia Chaozen) ed espellere lentamente, come acqua che score attraverso un filtro.

E’ nel cuore del movimento flessibile ed elastico, là dove ogni gesto si fa parola e il respiro si fa racconto, che nasce il cerchio. Non una semplice figura geometrica, ma un grembo simbolico, un luogo sacro dove i corpi si dispongono come lettere di un alfabeto antico, pronti a scrivere insieme la storia di un’identità insieme costruita ed insieme condivisa.

La danza in cerchio non è spettacolo, ma rito. È il ritorno al principio, quando il gesto non era ancora separato dal significato, quando muoversi voleva dire appartenere. Ogni passo, ogni rotazione, ogni apertura delle braccia è un segno che parla, che evoca, che ricorda. È il linguaggio silenzioso di una comunità che si riconosce nel ritmo, nella forma, nella ripetizione che non è mai uguale.

Danzare è sperimentare ed esprimere con la massima intensità il rapporto dell’uomo con la natura, con la società, con l’avvenire e i suoi dei”

(V. Bellia ‘Danzare le origini’)

Nel Pa Kwa / Hakkeshou questa danza si propone Arte Marziale, ma non nel senso della lotta: Nel senso della relazione. Otto direzioni, otto trigrammi, otto archetipi che si dispiegano come petali attorno al centro. Il praticante non si muove da solo, egli si muove ‘con’, si muove ‘per’. Il cerchio funge da interlocutore, da specchio, da eco.

Ogni gesto nel Pa Kwa /Hakkeshou è un gesto che odora di radici profonde. È un gesto che porta con sé il peso e la grazia di una narrazione collettiva. Il palmo che si apre non è solo tecnica, è offerta, è invito, è memoria. Il passo che svolta non è solo hejo, strategia: E’ ascolto, è adeguamento, è danza con l’imprevisto. E quando più corpi si muovono insieme nel cerchio, il Pa Kwa / Hakkeshou diventa poema incarnato, tessitura di storie che si intrecciano senza bisogno delle parole.

In questo spazio, il gesto non è mai neutro. È carico di simboli, di vissuti, di sogni. È il modo in cui una comunità, minuscola o grande che sia, si racconta, si trasmette, si rinnova. Il cerchio diventa allora un archivio vivente, un luogo dove l’identità non è definita, ma continuamente danzata, dove il passato si fa presente nel corpo, e il presente si apre al futuro nel ritmo.

La pratica del Pa Kwa / Hakkeshou in cerchio non è solo esercizio: E’ celebrazione. È il modo in cui ci ricordiamo chi siamo, insieme, e ‘come’ siamo. È il modo in cui il gesto diventa ponte, il corpo diventa casa e il movimento diventa canto.

Allora, nella relazione, nel confronto, si scopre che il Pa Kwa / Hakkeshou è anche lotta letale, che non dà scampo; lotta mortale di cedevolezza’, che è flessibilità e adattabilità.




Nessun commento:

Posta un commento