Riflessioni ‘a freddo’, ovvero alcuni giorni dopo l’aver tagliato a distanza di anni dall’ultima volta. Tagliato bersagli non ortodossi, in sé disdicevoli, ma gli unici che potessi affrontare data la chiusura dell’esperienza ZNKR. E’ che ritengo fondamentale, praticando di katana, praticando Kenshindo, non perdere ‘la mano’ sul Tameshigiri. Non mi capacito, infatti, di come in giro circolino docenti e praticanti katana che non sono avezzi al Tameshigiri,a tagliare, eppure insegnano e praticano con un’arma da taglio!! Ah no, in realtà sono soliti impugnare uno iato, che arma non è perché costruito con una lega contenente un'alta percentuale di alluminio e privo di affilatura: E’ solo un gioco, un passatempo per credersi samurai? Un po' come quei docenti di coltello e difesa da coltello privi di alcuna esperienza reale, di strada, di cosa significa combattere con un coltello o contro un coltello, che intortano gli allievi addestrandoli con coltelli di plastica: Giocattoli per adulti rimasti bambini che si illudono di essere Rambo o John Wick.
C’è un momento, prima del taglio, in cui l’intero mondo trattiene il fiato. Il corpo si allinea, il pensiero scema e la lama, sospesa, ascolta.
Poi il gesto si compie. Un sibilo flebile e netto, una traccia sonora che fende lo spazio come un ideogramma inciso nel vento. Non è rumore. È voce assoluta.
Il sibilo del katana nell’aria non è mai lo stesso. A volte è carezza, a volte è ingiuria. A volte è canto solitario che risveglia le ombre del Dojo.
Quando pratico Tameshigiri, quel suono è il mio interlocutore. Mi dice se ho esitato, se mi ha animato prepotenza, tracotanza invece che precisione, se ho tagliato con kokoro, il cuore, o con l’orgoglio.
Il bersaglio si apre, ma è il suono che rimane. Rimbalza sulle pareti, scende sul pavimento, si insinua tra le pieghe del mio keikogi come una domanda che non smette mai di chiedere.
Sì, ne sono sicuro, questa volta farò di tutto per non lasciare passare anni prima della prossima seduta Tameshigiri. E magari riuscirò ad affrontare stuoie o canne di bambù, come da Tradizione.
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