venerdì 31 ottobre 2025

L'Arte della Guerra cap. 1

 


L’Arte della Guerra, di Sun Tsu (circa VI secolo a.c.) 

Brevi riletture nel terzo millennio che pongono domande, che sollecitano dubbi, che avanzano proposte 

cap. 1

Il cuore dell’imprevedibile: Arte Marziale come ascolto del continuo mutare

La guerra un avvenimento di vitale importanza per lo Stato, il terreno della vita o della morte, il passaggio che porta alla sopravvivenza o all’annichilimento: E’ dunque necessario uno studio serio ed approfondito” (Sun Tsu)

Affrontare ogni avvenimento richiede conoscerlo a fondo,ma che significa “conoscere”, quando ciò che accade è aria che cambia direzione, nuvola che muta forma, volto che si trasfigura nel tempo? Nel cammino marziale, come nella vita, non vi è mappa che possa contenere e spiegare l’intero territorio. Ogni scontro, ogni incontro, è un microcosmo dell’imprevedibile, un frammento dell’infinito che ci chiama a rispondere non con stolida certezza ma con accorta presenza.

L’imprevedibilità non è ostacolo alla pratica. Essa è il suo respiro nascosto. Come il vento che non si lascia afferrare, ma che può essere ascoltato nella piega di una foglia, così l’evento inatteso non si può sempre (mai?) dominare, ma si può attraversare. E per attraversarlo, occorre che il sé - corpo sia pronto, non pronto nel senso di una forma perfetta, di una conoscenza totale acquisita, ma pronto nel senso di una disponibilità radicale. Ecco la necessità, nella pratica marziale, di una gestualità formata non a ripetere, non ad imitare, ma a rispondere adeguatamente. Una strategia non per vincere, ma per comprendere. Una tattica non per controllare, ma per dialogare con l’incertezza.

La pratica costante è il nostro giardino. Ogni giorno,anche nel quotidiano del camminare, sedersi ed alzarsi, mangiare, leggere un libro, lavare i piatti ecc. occorre seminare movimenti, irrigare l’attenzione, potare le rigidità. Non per costruire una barriera, ma per coltivare una sensibilità che sappia sbocciare anche nel caos, nel disordine, nell’imprevedibile. Non per rifugiarsi nelle certezze di quell’Arte, di quello stile, ma per mettere alla prova kokoro, il cuore dell’Arte, ed hon, i fondamenti dell’Arte, su terreni sconosciuti.

Conoscere l’avvenimento è conoscere noi stessi. Ma noi stessi siamo parte ineliminabile dell’avvenimento. Siamo il fluire, il ritrarsi, il rispondere. Siamo il gesto che nasce nel vuoto, il pensiero che si curva, il respiro che si adatta. E allora, la pratica marziale diventa rito di ascolto, laboratorio di trasformazione, poesia incarnata nel conflitto.

Non si puo' sempre prevedere. Si può invece formarsi ad essere. Essere nel mezzo dell’onda, nel cuore del colpo, nel trambusto che precede l’azione. Essere come il cerchio che non ha inizio né fine, ma che accoglie ogni punto come centro.



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