L’Arte della Guerra, di Sun Tsu (circa VI secolo a.c.)
Brevi riletture nel terzo millennio che pongono domande, che sollecitano dubbi, che avanzano propostecap. 2
Il Soffio Breve della Vittoria
Generoso silenzio tra i praticanti, il tatami custodisce orme di passi consapevoli, ecco risuonare l’eco delle parole di Sun Tzu simili ad antico sutra: “Una vittoria rapida è il principale obiettivo della guerra.” Cosa significa vincere, per chi pratica l’arte del corpo e dello spirito? Per chi pratica Bujutsu, dove l’obiettivo è sopraffare per non essere sopraffatti, come passaggio ineliminabile e necessario dentro Budo, l’arte del saper vivere serenamente, del contribuire ad un mondo migliore?
Nel gesto della percossa che non colpisce, nel passo che evita invece di affrontare, si cela il principio del tempo breve. Il praticante non cerca il conflitto, ma lo dissolve. Non si perde nel labirinto della contesa, ma lo attraversa come vento tra le canne. “Nessuno ha mai tratto profitto da una guerra prolungata.” Così, anche nel combattimento, il tempo è misura di saggezza. Prolungare lo scontro è alimentare il fuoco dell’ego: Chi studia la Via, spegne le fiamme con un solo soffio.
Le Arti Marziali, come le intendo io, come le intendiamo qui allo Spirito Ribelle, non sono esaltazione della forza, ma danza del pericolo. “Tutti quelli che non sono coscienti del pericolo che comporta l’uso delle armi, non potranno mai comprendere i vantaggi che derivano dal loro utilizzo.” Il coltello, la spada, il corpo stesso sono strumenti che possono ferire, ma anche proteggere. Chi li impugna senza paura, ignora la loro ombra. Chi li impugna con rispetto, ne conosce la purezza.La guida sensata e capace insegna agli allievi non a prevaricare, ma a vedere. Ad intuire lo scontro prima ancora che sorga, a vedere l’opponente come specchio di sé, a considerare la vittoria come dissoluzione di ogni sentimento ostile.
La pratica diventa allora poesia incarnata: La percossa che non parte, la guardia che accoglie, il corpo che si fa ku, vuoto, per non essere colpito.In questo spazio sospeso tra gesto e intuizione, tra strategia e compassione, l’Arte della Guerra si trasforma in Arte della Presenza. E il praticante, come il generale saggio, non cerca la guerra, ma la sua fine.



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