domenica 14 dicembre 2025

L'Arte della Guerra. cap. 7

 


L’Arte della Guerra, di Sun Tsu (circa VI secolo a.c.) 

Brevi riletture nel terzo millennio che pongono domande, che sollecitano dubbi, che avanzano proposte 

Cap. 7

L’arte della via spianata:

Riflessioni marziali

"Ottiene la vittoria colui che conosce il modo di trasformare un cammino tortuoso in una via spianata. Questa è l'arte delle manovre militari." "Utilizzano l'ordine per affrontare il disordine; il temperamento per contestare l'agitazione, così controllano il fattore mentale."

Le parole antiche del generale Sun Tsu, al capitolo 7, risuonano come colpi di tamburo nello scorrere interminabile del tempo. Sun Tsu non scrive soltanto di eserciti e battaglie campali. Egli svela la trama invisibile che lega il movimento del corpo alla disciplina della mente come un insieme incarnato, la strategia del campo di guerra alla quotidiana arte del vivere.

Il cammino tortuoso e la via spianata

Ogni praticante di Arti Marziali conosce la fatica dei sentieri accidentati: I muscoli che si affaticano, il pensiero che vaga altrove, la vita che frappone ostacoli inaspettati. Ma l’autentica e Tradizionale Arte Marziale consiste nella ‘guerriera’ capacità di stare nei conflitti, di trasformare la difficoltà in semplicità, il peso in leggerezza, il tortuoso in elicoidale. Così, nel gesto di una percossa o nella spirale di un passo, il marzialista lavora sul rendere fluido ciò che appare spezzettato, sul trovare l’orientamento dentro il caos.


Ordine e disordine

Il Dojo, ovunque sia e in qualunque modo sia, è un laboratorio di ordine creativo: Il ritmo del respiro, la sequenza dei movimenti, la ritualità del saluto. Ma la vera prova non si gioca soltanto sul tatami. E’ nella strada, nel lavoro, nelle relazioni quotidiane che disordine, caos e conflitti si manifestano. Il marzialista porta con sé la disciplina interiore come una torcia accesa: Fronteggia il disordine con l’ordine interiore, risponde all’agitazione con il temperamento saldo e ben radicato. Non c’è fuga né evitamento, quanto vigile presenza, capacità di restare centrati mentre attorno monta il caos, consapevolezza di stare nel “Qui ed ora


L’immediatezza dell’agire

La pratica marziale, lo scontro, insegnano che l’attimo non concede esitazioni. Nel combattimento, come nella vita, l’agire deve nascere dal ‘vuoto fertile’ della preparazione che non è né illusione di saper prevedere il futuro memorizzando tattiche e strategie preconfezionate, protocolli standard, né improvvisazione anarchica, cieca. E’ risposta immediata, radicata in anni di sperimentazione, di pratica di e su di sé: “Un minimo di struttura e molta sperimentazione“ (H. Duplan). Il gesto che appare spontaneo è in realtà il frutto di una lunga ed appassionata semina: ogni momento di formazione, ogni postura, ogni respiro coltivato fuori dal Dojo diventa seme che germoglia nell’istante decisivo.



La pratica oltre il tatami

L'autentico marzialista non lascia la disciplina sulla soglia del Dojo. Egli porta la sua arte nella vita ordinaria: nel modo di camminare, di ascoltare, di parlare. La marzialità diventa un filo che disegna la quotidianità, trasformando ogni gesto in occasione di presenza. Così, la vittoria non è sopraffazione dell’avversario, ma conquista di sé: La capacità di rendere la vita stessa una via orientata, di mutare il disordine in armonia, l’agitazione in quiete.

Così, l’Arte della Guerra diviene arte della pace. Un percorso che non separa il Dojo dalla vita, ma li unisce in un unico lungo e profondo respiro.





Nessun commento:

Posta un commento