venerdì 26 luglio 2013

Cena sociale 2013

“Il discorso di trasformare il modo implica, evidentemente, che cambino gli uomini, che si tolgano dalla coazione a ripetere”
(M. Fagioli)

Oddio, “trasformare il mondo” sembra un po’ grossa come impresa, ma il punto di partenza, ovvero il cambiamento interiore dei soggetti di questo mondo, è, in un modo o nell’altro, il collante di chi pratica allo Z.N.K.R.
Praticanti che, tra “miserie e nobiltà”, cadute rovinose e voli immensi, non aspirano solo al virtuoso, in quanto  consapevoli che la pienezza della vita è fatta anche di squilibri, di instabilità, di conflitti.
Uomini e donne comuni, insomma. Ma con un tratto distintivo fondamentale: cercare dentro di sé per realizzarsi come individui adulti responsabili, le cui responsabilità personali e sociali non prendono per dovere, ma soprattutto per realizzare la loro pienezza, il loro potere personale e farne dono a chi sta loro accanto.

Guerrieri, insomma.
Guerrieri che, tra un tirar di spada ed un cozzare di bastoni, una scarica di pugni in volto ed una proiezione al suolo, trovano sempre il tempo e la gioia di riunirsi attorno ad una tavola imbandita, condividendo il piacere di chiacchierare e bere, mangiare e confidarsi.
Così è, ogni anno, anche in occasione della cena sociale.
Questa volta, Giovedì 25, siamo al “Dinastia”, nella Milano che sfuma verso la periferia sud.
Venti tra praticanti ed accompagnatori / accompagnatrici, venti cuori ( e bocche !!) per un paio d’ore insieme a insieme chiudere la stagione.
Insieme per poi, passato Agosto, trovarci nuovamente a camminare lungo l’affascinante e tormentato percorso delle Arti Marziali.

“Bisogna semplicemente lavorare sodo e continuare a farlo tutto il tempo, senza perdere mai la volontà di raggiungere l’obiettivo, senza fermarsi mai.  E senza accettare mai ciò che hai ottenuto la notte prima come la parola finale, il meglio possibile. Il giorno in cui morirò come direttore d’orchestra sarà il giorno in cui mi sveglierò e dirò a mia moglie: Questo è il meglio che posso fare. Non posso fare di più.”

(Sir G. Solti)

Un grazie ad Angelica per l'ottima organizzazione e, da tutti noi, gli auguri per una pronta guarigione: ti rivogliamo presto  in pedana a prenderti ... a schiaffi !!







lunedì 15 luglio 2013

6° Seminario Residenziale Kenshindo

Sabato 13 Luglio
Agriturismo “Cà de Figo”. Varzi (PV)


Kenshindo, La Via dello Spirito della Spada, percorso fra simbologia e movimenti.
Sorta di
-          educazione psicomotoria e delle strutture nervose, che offra la capacità di scegliere liberamente come agire e come essere;
-          strategia  di confronto nei conflitti relazionali;
-          individuazione del come essere guerriero, ovvero uomo o donna d’onore e di valore nella società contemporanea;
-          carica energetica alla scoperta di una sintonia con le forze interiori, ri-conoscendo le emos-azioni, l’assertività, fino alla decisione ultima che non ha ritorno.

Un manipolo di praticanti, tra spade d’allenamento ed acciaio affilato, che non si può parlare e praticare di spada sempre reggendo in mano un giocattolo o un pezzo di legno e mai l’arma quale esattamente è: acciaio temprato per tagliare, ferire, mutilare ed uccidere.
Un tirar di spada in cui: “La precisione tecnica nel Kesagiri, il taglio diagonale dalla base del collo al fianco opposto, non è mai speculazione stilistica, non è pignoleria scolastica. Essa è realismo puro. E’, con il raffinarsi dell’immagine di sé che si ha quando si lavora consapevolmente e non per imitazione, soprattutto disposizione spaziale di un gesto che uccide”. (in “Kenshindo”. Opuscolo esplicativo realizzato dallo scrivente, Giugno 2009).
Un manipolo di praticanti, uomini e donne, di fronte alla cerimonia del Tameshigiri, il taglio di un bersaglio come “simulazione dell'assassinio di un altro essere umano” (M° Takamura Yukio), atto totale ed inappellabile. Atto di estremo coraggio.
Un manipolo di uomini e donne, apparentemente gente comune, in realtà, esploratori di sé e dello stare al mondo, che si cercano coraggiosi, affidandosi alla forza dei sentimenti; generosi, vivendo nella dimensione del dono; leali, assumendosi sempre la responsabilità del proprio agire perché consapevoli che, se anche non possono sempre fare quel che vogliono, sempre possono scegliere cosa fare di quel che loro accade.

 Un grazie all’allieva Angelica per l’ottima organizzazione, ai gestori dell’Agriturismo “Cà de Figo” per la squisita accoglienza







lunedì 1 luglio 2013

Un giorno questo dolore ti sarà utile

“Non c’è motivo di studiare delle cose che non mi interessano per niente e finirei col dimenticare subito”
(Il protagonista, James, rivolgendosi al padre)

Dai, sul divano, a vedere “Un giorno questo dolore  ti sarà utile”, pellicola del 2011 a firma di Roberto Faenza.
 Monica resiste mezz’ora circa, poi, in preda a crisi di sbadigli, se ne va a nanna.
In effetti il film ha un andamento lento, privo di ritmo.
Poi, man mano, la pellicola prende il volo ed entra nel vivo dei temi che più a me stanno cari: l’educazione dei figli, il maschile, l’adolescenza, la paternità, l’individuazione.
James, l’adolescente protagonista, non ha alcuna voglia  di entrare in contatto con il mondo che gli sta attorno. O meglio, non ha alcuna voglia nei modi in cui questo mondo esterno gli si propone.
Esemplare questa sua frase, rivolta alla madre: “Ho un padre che sta per fare un intervento di chirurgia estetica, una madre il cui matrimonio è durato un week end appena, una sorella che scrive le sue memorie all’età di 23 anni … e vorresti mandare me da una strizzacervelli ?!”.
James è il tipico adolescente in rotta di collisione con  coetanei superficiali e conformisti, con adulti che pretendono di decidere del suo futuro, con una società dai valori appiattiti sull’apparenza e il profitto. Un coacervo di personaggi che ci mostrano la pochezza culturale di una collettività in cui l’imperativo è sentirsi sempre giovani, in cui è pressoché impossibile stabilire relazioni  durature e profondamente sentite, in cui ci si aggrappa a guru improvvisati e formulette motivazionali per sperare di uscire dal proprio buco nero, in cui è più semplice proiettare sugli altri che prendersi sulle spalle la responsabilità della propria vita.
Eppure James, tra tentennamenti e goffe cadute, il suo progetto di vita lo sta costruendo. Aiutato in questo da una nonna che, in stile gestaltico, lo accoglie in casa, abolendo il modello del '’si fa così e non cosà'’,  incoraggiando invece in lui la capacità di ascoltare la sua differenza e di farne strumento per raggiungere i suoi scopi, destabilizzando quello che la società si aspetta da lui. E da una “life coach” che, anche lei in stile gestaltico, lo accoglie … per le vie della metropoli, accompagnandolo nella corsa dentro la vita.
Saranno questi due incontri, e lo screzio acido con un amico gay, a fargli capire che non ci si può sottrarre alla vita ed ai suoi scontri, anche se ancora non si sa che cosa si vuole da quella vita. Sarà con loro che James capirà che si cresce, si diventa individui adulti autodiretti proprio attraverso le relazioni che, per quanto conflittuali, ci fanno fare esperienza, ci mostrano il nostro personale cammino. Anche il dolore, è un cibo prezioso alla tavola dell’adultità.
 Purtroppo, come “maschiaccio”, mi tocca dire che Faenza affida la crescita di James a due figure femminili ( la nonna e la “life coach” ) e ad un’occasione di relazione conflittuale con un gay. Insomma, noi maschi, nel film, non facciamo una bella figura, tra un padre “sottaniere”, per nulla attento ai modi a suo modo maschili “in erba” del figlio, un anziano professore ammiccante, due adolescenti rinkoglioniti dal fumo, un adulto perso tra l’amore e la dipendenza dal gioco e via dicendo.
Mi consola l’immagine post finale, quella che fa capolino tra i titoli di coda. In essa è James che corre felice nel parco “trainandosi” appresso il padre e il marito della madre. Come a dire: Largo ai giovani maschi !!
Film non eccelso, mi hanno commosso e coinvolto molto di più, su questi temi, “Come Dio  comanda” (nel mio blog, il 2 Ottobre 2012) o “Hesher è stato qui” (il 3 Giugno 2011), ma decisamente godibile e, al solito, da vedere per chiunque sia interessato ai giovani, figli o meno che siano.