giovedì 28 luglio 2011

Che mi succede sotto la doccia ?

Mi faccio la doccia, un goduria. Bella bollente, come piace a me, che sia inverno o estate, sempre bollente.
Mentre alzo il soffione, nudo ovviamente, pancetta da “bevitore di birra” ( definizione a suo tempo coniata dal buon Celso nel raccontare su SHIRO, il periodico della nostra Scuola, il nostro primo incontro in Dojo),  pene goffamente pendulo … non un gran bello spettacolo, lo ammetto. Ecco, mentre alzo il braccio per portare il soffione sulla mia spalla sinistra, mi accorgo che sposto di poco il peso sul piede destro. Come mi accorgo, io mancino, di stirare la fascia intercostale sinistra nel mentre la destra tende a comprimersi. E questa armonia di elevazione / compressione la sento, confusa ma la sento, come sento “qualcosa” ( non ho definizione migliore, più accurata) dentro il torace. Qualcosa si muove, si distribuisce diversamente nel mio tronco.

-Tranquilli, vi risparmio il Tizi nudo !!-


Non vi sembra una gran scoperta ? Vi lascia del tutto indifferenti ?
A me è scoppiato il cuore: mi sento, mi percepisco, in armonia / combinazioni di allungamenti / accorciamenti, distribuzioni dei pesi, successione di spinte e trazioni e questo sia nel muovermi nello spazio come “intra”, nei movimenti dentro il corpo.
Il tutto mentre faccio la doccia, dunque in un momento di totale goduria e rilassamento, privo di qualsiasi attenzione propriocettiva (1)
Non sono in un momento di formazione marziale, sono in un “qui ed ora” di doveroso lavaggio dallo sporco e dal sudato quanto di godurioso autococcolamento a mezzo massaggio d’acqua.
Questo significa un gran passo avanti nel lavoro di consapevolezza corporea, fisico emotiva. Questo significa, in termini di prestazioni d’eccellenza, gesti ancor più fluidi, perché consapevoli, perché tendenzialmente privi di gesti inutili, parassiti, privi di alcuna manifestazione di discinesia (2).
E’ quanto, da danni, lavoro su di me e propongo in Dojo, nei corsi di Kenpo, Kenshindo, Tai Chi Chuan e Wing Chun.
Dopo gli entusiasmi giovanili alla ricerca del corpo muscoloso, della ginnastica e della preparazione fisica: d’altronde avevo sulle spalle frequentazioni importanti con ricercatori sportivi ed allenatori di alto livello agonistico, frequentazioni che, comunque, continuano tutt’ora, con altri sportivi d’eccellenza, al di là della diversità di vedute; una professione esercitata, con compiti di responsabilità, in un Ente di Promozione Sportiva; l’accesso a testi tradotti apposta per noi e provenienti dalla DDR e dall’URSS, il faro, in quegli anni, in quanto a prestazioni sportive d’eccellenza, preparazione fisica, allenamento con i carichi. Poi, in Italia, non circolava null’altro che non fosse ripetizioni e pesi, faceva la prima comparsa lo stretching by U.S.A. e si iniziava, si iniziava solo, a scrivere e dibattere di pliometria.

- Fritz Perls, uno dei “padri” della Gestalt -

      Dopo, appunto, quegli anni di forsennata e scientifica (!) preparazione fisica, finalmente, i primi incontri coi metodi Feldenkrais ed Alexander. Più avanti, eccomi  buttarmi a pieno nel Feldenkrais ed in  esperienze diverse tra di loro ma comunque unite da una concezione intelligente, non meccanicistica, del corpo. Ricordo, e in alcuni casi pratico tutt’ora, Kinesiologia Emozionale, Trager, Danza Sensibile, Expression Primitive, Movimento Autentico e, soprattutto, le esperienze di Gestalt Therapy. Insieme, le letture di libri straordinari, di autori straordinari come Feldenkrais stesso, Tolja, Soldati,  Ginger, Kepner, Nardone, Erickson, Garaudy
Abbandono il corpo come macchina, come esecutore meccanico, ed abbraccio un’anatomia, una fisiologia che considerano l’organismo come espressione emotiva, esperienziale, psichica. Scopro che la postura fisica, come stiamo nello spazio, dipende sì da come si pongono le diverse parti del corpo in rapporto alla forza di gravità, ma anche da quanto / come essa sia collegata alla postura emozionale e psicologica che assumiamo  in relazione all’ambiente, cioè in relazione a come comunichiamo / confliggiamo (difesa / attacco). Prendono piede concetti quali muscolatura profonda, tessuto connettivo, quest’ultimo come luogo fisico in cui biochimicamente si forma la “corazza caratteriale”.
Prende forma quella concezione  su cui lavoro e propongo le Arti Marziali da ormai più di un decennio. Quella concezione per cui mi muovo meglio / più efficacemente ora, alle soglie dei sessant’anni, di quando ne avevo trenta; che mi fa stare più in salute; che mi fa ampliare ed armonizzare il mio registro emozionale nel Dojo come nella mia vita quotidiana, affettiva.
Che dona questi suoi benefici anche ai praticanti dello Z.N.K.R.  Soprattutto a quelli che, pur tra dubbi e resistenze ( e  ben vengano dubbi e resistenze che sono uno dei componenti dell’apprendere, del formarsi), frequentano assiduamente e si impegnano, praticando nel solco che io loro propongo.

- Un gran bel libro ! -

Una concezione, una prassi, che ci fa totalmente diversi da Scuole, Dojo, palestre di efebici intellettuali votati all’energia “fine”  teoreticamente discussa e mai esperita, come di muscolati talebani dei piegamenti sulle braccia, delle schede di preparazione fisica,  degli addominali  “a manetta”,  della periodizzazione dell’allenamento: uomini macchina.
Poi, ovviamente, a ciascuno il suo.
Io, il mio me lo tengo stretto (pancetta da birra compresa e pene, va bè, contestualizziamo,  sa ergersi in forte posizione eretta quando serve…) e lo dono ( non fraintendetemi, il mio sapere, il mio esperire) a chiunque voglia condividere sinceramente questo percorso, questo fare unico nel panorama marziale italiano.
Minoranza sì, ma di gran qualità !

Il vero Maestro non mostra la sua arte, la condivide con te
(Ed Parker, Kenpo  Karate)

Minore lo sforzo, maggiore sarà la velocità e la potenza
(B. Lee, rivoluzionario delle Arti Marziali)

Le emozioni non hanno simpatia per l’ordine fisso
(Y. Mishima, poeta, scrittore, marzialista e patriota)




(1)   Propriocezione è la ricezione dei segnali che arrivano da muscoli, articolazioni e tendini, indirizzati  al midollo spinale e ai centri nervosi sottocorticali .
(2)   Qualsiasi anomalia e alterazione nel movimento o nella contrazione dei muscoli

venerdì 22 luglio 2011

Cena sociale Z.N.K.R.

Giovedì 21 Luglio
Ristorante “La Rete”. Milano

Come ogni anno, eccoci a festeggiare la conclusione di una stagione e, con ciò, a dare il via alla prossima.
Balza all’occhio il numero ridotto di partecipanti, rispetto alle scorse occasioni. Se ciò, da un lato, mi è dispiaciuto per le assenze di allievi a cui sono affezionato, dall’altro ha consentito una cena tranquilla, in cui ci è stato possibile chiacchierare serenamente, complice la saletta a noi riservata.
I sorrisi, gli scambi dei regali, i discorsi seri e quelli “leggeri”.
La sensazione netta di una Scuola il cui clima culturale,il cui modo di praticare Arti Marziali,rende possibile una profonda esperienza di sé corpo. Questo attraverso un percorso di esplorazione e miglioramento delle proprie possibilità di azione, alla scoperta del piacere di muoversi come espressione della gioia di esistere. Utilizzando il confliggere, il combattimento armato o a mani nude, entriamo in relazione con noi stessi, portando alla coscienza memorie passate, arcaiche, annidate  in ogni singola cellula del nostro corpo. Tutto questo, poi, lo confrontiamo con l’altro, con   l’ambiente. Una Scuola unica, nel suo genere. Una Scuola di “Formazione Guerriera”.
Poi gli abbracci e le pacche sulle spalle: Arrivederci a Settembre !!!

Un grazie enorme al M° Massimiliano ,amico ed allievo da quasi trent’anni, per la scelta del posto e la disponibilità verso ogni esigenza del gruppo e dei singoli. Grazie !!


















mercoledì 20 luglio 2011

Troppo vecchio per Skunk Anansie ?

"Troppo vecchio per Skunk Anansie ?"



E’ quanto mi chiedo, guardandomi attorno, circondato da una folla che si fa sempre più spessa. Tra poco, sul palco dell’Arena di Milano, si esibiranno gli Skunk Anansie, gruppo dal rock esplosivo guidato da Skin, voce fenomenale e movenze da pantera.
Una folla di volti giovani, giovani almeno rispetto a me: qualche  quarantenne e tutti gli altri che vanno dai venti ai trenta o poco più.
                Ed io che tra pochi mesi toccherò i sessanta ?          
Ma dove sono finiti, dove sono ora, i miei coetanei che, come me, applaudirono e si entusiasmarono al concerto dei Beatles, al Vigorelli ? Ricordo, io tredicenne, in compagnia del fido amico Paolo Santini, detto “nevrotic”, liberi di andare all’evento solo perché a farci da balia c’era mia sorella Anna, di cinque anni più grande di me.
E quelli che avevo accanto ai primi raduni di musica pop organizzati dalla rivista “Ciao Amici”. Là dove si esibirono gruppi e cantanti che poi sarebbero diventati famosi, l’Equipe 84, I Giganti, Ricky Gianco, o sarebbero sprofondati nell’oblio, Vasso Ovale, Gianpieretti, il “Bob Dylan d’Italia” (http://www.youtube.com/watch?v=qXXFqSzlTRc) che ho amato tanto.
E quelli che come me attendevano il frantumarsi, l’incendiarsi della chitarra di Pete Townshend, al concerto degli Who in un Palalido stracolmo. O, come me, erano troppo giovani per poter entrare al Piper di Milano a vedere dal vivo il mitico Jimi Hendrix e stavano fuori da locale, sperando di sentire qualcosa.
 Dove sono ora ? Come passano le serate ?
Non è una  sensazione nuova, questa, per me.
L’ho già provata diverse volte.
La provai ripetutamente quando, espulso, “cartellino rosso” da Donata, allora mia amatissima moglie, dopo un anno incontrai Monica (la mia attuale compagna) e con lei presi a frequentare i pub di Milano: qualche quarantenne / cinquantenne e tutti, ma proprio tutti, trentenni o “sbarbati”. Possibile che non incontrassi mai, proprio mai, nessuno dei miei amici ed ex amici durante quelle frequentazioni ? Possibile, certamente.
E poi ai seminari di formazione sull’empowerment, sull’accoglienza, sull’ascolto. Poi ancora sui forum di “coltelli”, ed ancora ……..
Poi, d’improvviso, mi ricordo: due anni fa, Teatro Smeraldo, concerto dei Deep Purple, gruppo rock strafamoso negli anni ’70. Lì c’erano i miei coetanei, c’erano e si agitavano sulle seggiole al ritmo di quella musica forte ed energica.
Ecco, anche qui, all’Arena, probabilmente al concerto di Lou Reed li avrei trovati e li troverò quando riuscirò ad agganciare ad un prezzo accessibile  i Jethro Tull del vecchio ma sempre arzillo Anderson.
Ma, solo in occasione dei revival, del “ritorno al passato”, potrò sentirmi meno solo ?
E ripenso a quella scritta accattivante, proprio sulla porta di una palestra vicina al Dojo dove io propongo le Arti Marziali, quella scritta che recita “Ginnastica antalgica per over sessanta”.
E mi sovviene la frase, bonariamente ironica, di Monica, i primi giorni nella nostra casa nuova, la cui finestra dà sul pergolato di un circolino ACLI: “Beh, quando la domenica mattina andrai giù a giocare a carte con gli altri anziani, mi affaccerò per dirti che la pasta è in tavola !”. E l’espressione sconcertata di mio figlio Kentaro nel vedermi indossare magliette trucide con draghi e coltelli mentre gli spiego che ho appena comperato tre paia di pantaloni “Sai, in un negozio che vende abiti per il personale di casa e di cucina. Infatti sono pantachef, pantaloni da cuoco”.
E …. tante, troppe occasioni, in cui mi colgo “diverso”, fuori dal coro.
     Poi … poi ricordo anche che fui tra i primi, a Milano, a portare i capelli lunghi fin sulle spalle, a frequentare “tribù metropolitane” accampate sui gradini della metropolitana, a fare manifestazioni politiche in piazza, poi a rasarmi i capelli a zero, a vestirmi sempre in tuta da ginnastica quando non in tenuta da meccanico, a fare jogging nei parchi, quando tutto ciò era impensabile, era uno scandalo.
E poi ancora … ancora come oggi, sessantenne tra migliaia di giovanotti agitati dal rock degli Skunk Anansie.
Chissà come saranno loro, tra trent’anni ?
Io, intanto, pur un po’ sconcertato, me lo godo il concerto, con Monica che mi tiene per mano e mi sorride (mi ha appena sussurrato ”Puoi sempre dire che sei venuto per accompagnare me”) e, lo so, mi capisce e mi sta vicino, e per questo le sono grato.
         Come mi godo questo mio vivere così diverso, a casa,  cena con un ristretto gruppo di amiciallievi in cui il più “vecchio” ha quindici anni meno di me; il praticare in Dojo, ogni sera, ogni giorno, Arti Marziali; il comperare magliette orride su siti internet dedicati a giovani rockettari; a portare al parco mio figlio Lupo, parco dove c’è sempre qualcuno che mi dice “ Vivace il suo nipotino !”. Ma va a fa……….

martedì 12 luglio 2011

Una profonda emotività

Sabato 9 Luglio. Agriturismo “La Sorgente”. Varzi (PV)

    Ed eccoci al tradizionale appuntamento di fine stagione con Kenshindo, la pratica del katana.
Kenshindo, la “Via dello spirito della spada”, prende origine dal ken jutsu, la pratica guerriera dei samurai e si trasforma, fluisce nel terzo millennio di praticanti  che giapponesi del medioevo non lo sono e sanno di non esserlo. 
La ricchezza di Kenshindo sta proprio nella sua versatilità, nel suo essere contenitore di corpi ed emozioni vivi, di pulsioni (eros e thanatos) in relazione continua. Essa è modo per affrontare il confliggere interiore, per fare esperienza di sé attraverso la scarna nudità dell’acciaio, quanto per confliggere con l’altro attraverso il duellare che non ha né da scampo.
Poi, il Tameshigiri, la verifica pratica nel tagliare un bersaglio.
     La verifica, con il gesto motorio efficace ed efficiente ( altrimenti il bersaglio resta intatto; o tutt’al più ferito, stropicciato; o spaccato via, slabbrato nei contorni e lanciato dalla foga del praticante ben lontano nell’aria, invece di cadere, esangue e perfettamente “rasato”, ai piedi del sostegno) è anche uno specchiarsi delle proprie emozioni, dei démoni e dei demòni che ci abitano.
Tameshigiri, per la nostra Scuola, non è né un vanto, né una gara a chi  lo taglia più grosso (ci sono, ci sono anche queste gare e relativi trofei e gradi di abilità “dan” ….) né la pretesa esatta ripetizione di stili e gesti codificati (impossibili reificazioni museali), né variopinta decapitazione di ortaggi e bottiglie di Coca Cola.
Tameshigiri è un gesto unico, immerso nel “qui ed ora”, che non lascia scampo né ripensamenti: esso uccide. Un gesto che, perciò, è appannaggio solo di individui adulti autodiretti. Guerrieri, insomma, che sanno stare nel confliggere.
All’ultimo stage estivo della Scuola, a Giugno, ho condiviso con i praticanti questa espressione: “Non c’è alcuna gioia in nessuna morte. Ciò è tanto più vero, quando sono io a darla”.
Al nostro 4° Seminario Residenziale, Sabato 9 Luglio, tutti noi abbiamo esperito Tameshigiri. Ognuno con il suo travaglio interiore. Vissuto o allontanato per paura, per vigliaccheria ( per superbia ?) Ma, comunque, impossibile da negarsi.

     Un grazie alla nostra Angelica per l’ottima scelta del posto e per come ci ha “accompagnato” per tutta la giornata. Ottimo esempio di cosa significhi organizzare un evento ed occuparsi ( assumersi la responsabilità) di altri.
Complimenti allo staff de “La  Sorgente” (http://www.lasorgenteagritursimo.it/) . Di sicuro, ci torneremo !!