giovedì 8 giugno 2023

FuturLiberty. Avanguardia e stile.

Sole pieno, in una piazza dominata dallo splendido Duomo e brulicante di turisti.

Entro al “Museo del Novecento” per una mostra che “approfondisce le vicende del movimento futurista”.

FuturLiberty

Ho già scritto del rapporto tra struttura economica – sociale ed espressioni artistiche (http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/ Fuori salone e Fashion Week), dunque, dato per scontato che chi mi legge conosce il mio pensiero in merito, eccomi a scrivere di questo interessante evento.

La mostra è davvero esaustiva: Decine e decine di opere ben esposte e, per quel che vale “spiegare” un’opera d’arte, accompagnate da brevi commenti.

Mi piace alternare la lettura del testo al vedere il dipinto, quanto a fare l’inverso e, in quest’ultimo caso, ritornare al dipinto stesso per sentire cosa mi suggerisce, mi indica ora.

Questo all’interno di processi mentali che sono tendenzialmente comuni a tutti noi quando guardiamo.

- Osserviamo una serie di elementi e spontaneamente li avvertiamo come un insieme. Quando alcuni elementi sono diversi dagli altri e sono invece simili tra di loro, li avvertiamo come se fossero più in “superficie”, formando un insieme a parte.

- La mente è incline a semplificare gli stimoli visivi per comprendere il senso di ciò che si vede nel modo più rapido possibile. Per questo, tende a “vedere” il tutto, prima delle singole parti. A volte, per raggiungere questo risultato, la mente riempie gli spazi vuoti tra singoli elementi per completare le forme, anche quando esse non sono complete ma solo suggerite … così agendo in modo ampiamente soggettivo.

Sono molte altre le “tendenze” spontanee ed inconsce che governano il nostro guardare (simmetria, connessione, continuità) ma bastano i primi due succitati per capire che futuristi, vorticisti, cubisti ed astrattisti le conoscevano molto bene e sapevano come utilizzarle nelle loro opere per indirizzare in un certo modo lo sguardo – pensiero dell’astante.

Ma guardare è sempre e comunque azione corporea. Così mi sono divertito a diversificare posture e gesti per diversificare sensazioni ed emozioni nel mio rapporto con le opere presenti. Ho scoperto delle rispondenze con alcune delle opere esposte, là dove il mio essere fisicoemotivo, nella relazione, scopriva più introspezione o più empatia con l’altro, più radicamento o più curiosità verso l’ignoto.

La spinta futurista al movimento, visibile in numerose opere dalle figure appena abbozzate o nascoste dentro i colori, mi induce ad accettare sì l’indistinto del movimento ma anche a sentire cosa è per me correre, come percepisco le gambe quando vedo qualcun altro correre, come si forma il corpo tutto nella corsa … e il mio respirare resta tranquillo o, impalpabilmente, muta di tono come se fossi io a correre?

Ci sono numerose opere astratte. Ecco, davanti a queste tele dove la figura è assente, dove dominano colori pare privi di pennellate, oppure distese di bianco, percepisco che lì nulla abbia a che fare con il reale, la storia e la cultura come ci sono generalmente trasmesse. Questa mancanza, mancanza di ancore e riferimenti, come incide su me corpo? Questi “misteri”, o scarabocchi potrebbe anche essere, come si rapportano con le mie chiusure e le mie aperture al mondo, al fuori di me? Dove sono più lieve e dove più pesante? E quanto il dipinto sparisce, svanisce ai miei occhi, lasciandomi tutto lo spazio e il tempo per immaginarmi nel mio personale “qui ed ora”?

I cartelloni che introducono i vari padiglioni sono ulteriore elemento di riflessione: “Manzoni sostiene che il senso del lavoro artistico non dev’essere la rappresentazione di qualcosa, ma un’ ‘infinibilità (…) rigorosamente monocroma, o meglio ancora di nessun colore’ ”.

Che senso ha tutto ciò con il passato? Col farne “tabula rasa” per aprirsi all’ignoto? O c’è una continuità sotterranea, non esplicitata, una metamorfosi, per dirla con le parole del filosofo Edgar Morin: “Ci troviamo dinanzi a un principio sistemico chiave: il legame tra formazione e trasformazione. Tutto ciò che forma trasforma”? Forse queste opere ci suggeriscono un domani in cui l’uomo viene decentrato davanti ad un mondo che gli sfugge completamente? Un mondo che si ribella al suo dominio, al suo delirio di onnipotenza?

E come io vibro di corpo e respiro davanti a queste domande?

Guardo il movimento, la quarta dimensione di Boccioni, De Pero, Balla e il mio essere fisicoemotivo va ai FushimeTaiso: i movimenti al suolo di aprire e strisciare, lo stimolo dei principali nervi riflessi che precedono e accompagnano lo spostamento nello spazio che è già anche comunicazione, che è aprirsi e chiudersi come nelle più elementari tattiche di difesa ed attacco, che è torcersi e ruotare come nel Pa Kwa.

Sono le “Natura morta” di Morandi, con quelle bottiglie e ciotole accomunate ed insieme separate a parlarmi di semplicità, di minimo sforzo, di poco che produce tanto: onde e s
pirali corporee, altro che vistose rotazioni dei fianchi, altro che muscoli ipertrofici per praticare Arti Marziali efficacemente.

Come sempre, grande esperienza quella di partire da una fisicità consapevole per relazionarsi ad opere d’arte!!

Ecco, tra palestre affollate di corpi “korper” ovvero oggetti, oggetti piegati ai dettami della moda, corpi alienati, di individui ancora fermi al “mens sana in corpore sano”, inconsapevoli seguaci del pensiero cartesiano, non posso che essere felice di essere corpo “leib”, corpo vivente, abitato, vissuto, corpo che sente e patisce, immerso nel confronto corpo / mondo.

“Il potere dell’arte è il potere della sorpresa che disorienta” (S. Schama)

 

Museo del Novecente

Futurliberty -Avanguardia e stile

Dal 25 Aprile al 3 Settembre

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 1 giugno 2023

E si va a concludere la stagione

Pratico da quasi cinquant’anni, propongo il mio percorso da oltre quaranta e mi emoziono sempre. Mi pare che le emozioni più intense mi facciano intuire un legame particolare col mondo esteriore, mi inducano a sbirciare un centro appartato, nascosto, mi portino a galla delle immagini antiche arroccate dentro un certo abisso nella memoria umana.

Iconosfera che tutto avvolge, ad evidenziare il massimo effetto che possiamo estrarre dall’imprecisione di un’espressione, di un gesto accennato, di un colpo che manca di poco il bersaglio, di una lama che scivola debole sulla pelle.

Se fossero solo pugni e calci, leve articolari e bastonate, strangolamenti e coltellate, sarebbero ben poca cosa: passatempo per adulti con qualche paura di troppo o un’Ombra in cantina con cui temono confrontarsi, rifugio di certezze formali e diplomi stilati in lingue a loro incomprensibili.

Dentro a questa mia visione, visione Spirito Ribelle, che coniuga azione coraggiosa e creativa, combattente e flessibile, con l’evocare quelle pulsioni sotterranee ed inibite dalla società, dalla morale che censura Eros e Thanatos, il percorso che propongo ai compagni di viaggio non appare più solo nelle sue corrispondenze nascoste ma nella possibilità di metamorfosi: mondo in continua trasformazione, trans-forma che scivola dentro forme incompiute ed inesplorate.

Come raccontano i testi dello Yi Chuan, l’arte distruttiva da cui prende le mosse la versione giapponese, il Taiki Ken, che è nostra principale fonte di ispirazione, i processi psichici agiscono per immagini e poiché compito di ogni arte è produrre immagini, sono proprio le immagini lo strumento perfetto per portare in primo piano i contenuti del profondo. Artista marziale, del combattimento, la cui arte è disegnare immagini di traiettorie nello spazio a stamparsi sul corpo, sul volto, del contendente. Immagini che dalla Natura, dall’ambiente, mutano in immagini pescate dal profondo personale, dal sé fisicoemotivo, dal personale sapere motorio di ognuno, E’ questo il percorso che arricchisce l’artista combattente, là dove le immagini ora sono solo sue e non più passate da altri, imposte da altri.

E’ così: “Si attacca o ci si ritira seguendo l’istinto” (Tokitsu Kenji in Yi Chuan), che l’arte marziale, l’arte della distruzione, rifiuta d’essere semplice tecnica, semplice strumento di rappresentazione, consentendo all’inconscio di smarginare dai limiti dettati dalla coscienza, dal controllore interno, per esprimersi apertamente nello spazio, nella relazione conflittuale duale e di gruppo.

Corpo e mondo, questa è la nostra arte Kenpo Taiki Ken

Chi si unisce alla nostra ricerca?

 

 


 

 

 

 

lunedì 22 maggio 2023

Menzogne marziali

“In origine, l’allenamento dei kata con un partner veniva condotto in un modo in cui non avevi una seconda possibilità se non potevi parare l’attacco. Era un mondo in cui non potevi offrire scuse e dire: ‘Fammi fare di nuovo! ...’” (in Aikido Journal intervista al M° Kuroda Tetsuzan)

Qualcuno lo racconti, qualcuno lo spieghi ai vari Maestri ed allievi, non importa di quale Arte Marziale a mani nude o con armi, sia giapponese, cinese, vietnamita ecc. sia con katana, bo, tonfa ecc: I kata in coppia non sono poesiole motorie imparate a memoria e recitate pedissequamente come fa un bimbo alla recita di Natale.

Qualcuno, poi, spieghi loro che, in una forma (kata) a due, se Tori (il meno esperto) porta un contrattacco ad Uke (il più esperto), diverso da quello “della poesiola imparata a memoria” e questi non è in grado di parare o schivare, non è Tori a dover essere rimbrottato perché ha sbagliato un verso “della poesiola imparata a memoria”, ma Uke (il “presunto” più esperto) che ancora non ha capito il senso dei kata, la loro simulazione di un combattimento.

Simulazione che non è imitazione, ma praticare nelle condizioni effettive in cui si svolgono particolari avvenimenti. La simulazione è un modello di rappresentazione della realtà che consente di riprodurre un particolare ambiente nelle sue componenti anche emotive, mentre l’imitazione si riferisce acasi in cui un individuo, avendo osservato un movimento corporeo, deliberatamente realizza un movimento corporeo topograficamente simile” (Cecilia Heyes, psicologa e ricercatrice) e nulla più.

Ma davvero, chi mi sta leggendo, non ricorda la completa differenza agita e provata tra la “imitazione” di un’evacuazione da un incendio di cui sapeva data ed orario e la “simulazione” quando la prova di evacuazione non era stata annunciata in precedenza e il timore di un incendio era reale, era sentito sulla propria pelle?

Se proprio vuoi formarti marzialmente con i kata in coppia, almeno fallo stando, sul piano fisicoemotivo, dentro al concetto di “simulazione” e non di “finzione”. Sempre che il tuo Maestro conosca la differenza e sappia spiegartela carnalmente, fattivamente.

 

“Wang Xiang Zhai scrive: ‘Cercare la mobilità (dong) nell’immobilità (jin).’ Zhig è cercare l’immobilità nella mobilità. La mobilità nella quiete è vera mobilità, così come la quiete nella mobilità è vera quiete” (M° Tokitsu Kenji in Yi Chuan)

Spesso ricordo ai miei allievi di tenere sempre il “motore acceso”. Non è affermazione molto ortodossa, tradizionale!! Però, ora nel terzo millennio, ricorda loro che, come su un’auto ante anni ’90 (1), quando ti fermi ad uno stop, non spegni il motore altrimenti non saresti pronto a ripartire, che quando passi da una marcia all’altra non spegni il motore.

Prendo come esempio una situazione abituale, da stazione eretta per poi iniziare a fare un passo avanti: tutti, ma proprio tutti, prima scaricano il peso da una gamba all’altra, poi iniziano il passo. Evidentemente non hanno una postura efficace ed efficiente se hanno bisogno di un gesto inutile, gesto parassita, per avviare il movimento nello spazio: motore spento!!

Inoltre, ogni movimento nello spazio, mentre finisce, già avvia il movimento successivo, scivola nel movimento successivo senza stop; se non hai una buona percezione di te scheletro e combinazioni articolari (non della rete muscolare!!), se non pratichi di onde e spirali, ogni movimento terminerà, seguirà una pur beve, brevissima pausa, e solo successivamente attiverai un altro movimento: motore spento!! Senza fare alcuna fatica, guarda su you tube un qualsiasi video di qualsiasi arte marziale, e vi troverai solo movimenti a strappo, movimenti intervallati da pause, mentre ti occorrerà molta fatica in termini di tempo per trovare un qualche raro, rarissimo filmato in cui ogni movimento scivola nell’altro senza soluzione di continuità.

La differenza tra il fluire armonioso e il muoversi a strappi, a singhiozzo, è enorme in termini di salute come di efficacia ed efficienza combattente. Provare per credere!!

 

1.    1.  Scrivo “ante anni ‘90” perché dagli anni ’90, in Italia, ha preso progressivamente piede lo “Start & Stop”, un sistema che spegne e riaccende automaticamente il motore durante le brevi soste, riducendo il tempo in cui il motore gira al minimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 18 maggio 2023

Profondo

Minaccia di pioggia, minaccia sostenuta da un cielo corrucciato e turbolento. Così oggi pratichiamo ai giardini della Besana: rifugio protetto, rifugio che lasciando pure lo spazio aperto è in grado di fermare gli scrosci anche i più violenti.

La Besana, un passato a cavalcioni tra la morte e la speranza, retaggi mai sopiti di un tempo che sembra parlare, luogo magico, luogo profondo, a sapere ascoltare.

Così mi pare di udire una voce smorzata che mi sussurra, dice che il mondo, le cose, non è quello che crediamo che sia.

E noi, dopo pochi movimenti di immersione ed emersione, pratichiamo “Shoshuten”, accordandoci al ritmo dell’onda, del movimento ondulatorio, e al gioco delle spirali.

Lo so, lo sappiamo bene noi Spirito Ribelle, che miriamo ad altre specie di verità e continuiamo imperterriti da anni, da decenni, che forse ci stiamo accostando a un centro.

In psicoanalisi è il Super Io, che è pure lui “inconscio”, è la riproduzione delle esigenze, delle regole dettate dalla società e interiorizzate. Giocare a scoprirle, a conviverci consapevolmente, prendendone le distanze quando lo Spirito Ribelle vuole la sua libertà. Che sia rifugiandosi nel bosco o mordendo selvaggiamente il cuore dell’avversario, tra gomitate violente e violente testate.

Ricongiunzione impossibile con l’Es che si alimenta di Eros e Thanatos: Amore e sessualità, morte e distruzione.

I colpi fioccano rapidi, Le risate ed i sorrisi non mancano, tanto il cuore leggero non prescinde dal cuore guerriero, implacabile, non prescinde dalla brutalità del “Taiki Ken, il “pugilato della spontaneità”.

In questi nostri incontri, in ogni serata insieme, c’è la celebrazione di un alto grado di reale e, nel contempo, una specie di apertura, di fessura sull’ignoto, sul non conosciuto.

Sumbrada” a lunga distanza, perché il fluire sia davvero tale, i bastoni che fischiano solcando l’aria, corpi agili, corpi pesanti, comunque corpi vivi, corpi ribelli.

Le ombre della sera prendono ad allungarsi, danziamo la forma di “Tai Chi Chuan”, come se l’origine non fosse del tutto persa per noi, dimentichi finalmente dell’origine temporale per provare a ritrovarla in noi stessi, così fiduciosi nel muoversi dentro l’avventura, alla caccia di Poteri Potenti.

 


 

 

martedì 25 aprile 2023

Fuori Salone e Fashion Week

 Che sarebbe il trionfo degli eventi di ogni tipo. Tra questi, dopo un piacevole intrattenimento a base di musica jazz in pieno centro città, eccomi, questa volta con Monica e Kalì, all’interno del cortile dell’Università Statale a sprofondare tra installazioni di design con pretese artistiche.

Tutti i gusti sono giusti? Sì, ma anche comprendere il senso di ogni gusto.

Se non sai di arte non puoi capire e giudicare? Forse, ma ancora meglio è, a mio avviso, “sapere” di contesto storico e sociale (la struttura) in cui sorgono le diverse arti (la sovrastruttura) e come una influenzi l’altra fino a confonderne i confini: Marx insegna.

Dunque, diamo per condiviso che il ventesimo secolo è stato tanto gravido di innovazioni scientifiche e ha aperto la strada al dominio della tecnica, quanto portatore di corpose concezioni filosofiche soggettivistiche e umanistiche oltre a simil religioni le più astruse possibili (1). Questo ha comportato, per l’arte, in particolare pittura e scultura, il tentativo di misurarsi con gli aspetti non evidenti all’occhio umano, quelli più o meno celati del reale: Come era possibile rappresentare la “realtà” del mondo atomico e sub atomico o delle onde elettromagnetiche, quello non visibile ad occhio nudo? E come dare “forma” alle istanze teosofiche e fenomenologiche?

In campo pittorico e scultoreo, nascono il “belvismo” (fauvismo) con Henri Matisse (uno dei miei pittori preferiti!!) e Albert Marquet; il cubismo avviato da Fernand Léger, Georges Braque, Pablo Picasso, Joseph Csaky; i primi passi dell’astrattismo con Vasilij  Kandinskij e Paul Klee; la musica dodecafonica, in cui” i dodici suoni della scala cromatica temperata sono posti in relazione uno con l’altro senza che i loro rapporti siano in alcun modo riferibili a una nota fondamentale” (in enciclopedia Treccani) creata da Arnold Schönberg;  il minimalismo sacro di Arvo Pärt; il free jazz lanciato in primis da  Ornette Coleman; nella danza la rivoluzione di Mary Wigman per cui “La forma che avevamo imparato non era più decisiva per la danza come arte, ma il contenuto stesso, cercando una forma di espressione si sforza di crearlo a partire da se stesso”, Martha Graham che “Nello spirito del grande capovolgimento operato dall’arte moderna, dalla pittura alla danza, non cerca di ricreare uno spettacolo visuale ma una realtà poetica nuova, di far sbocciare nuovi rami sull’albero della realtà” (Roger Garaudy, in “Danzare la vita”), passando per Merce Cunningham a cui capita di “trascrivere ogni gesto possibile su un pezzo di carta e di tirare a sorte o a testa o croce le loro sovrapposizioni e le loro successioni” (ibid); e poi ll “teatro delle crudeltà” di Antonin Artaud in cui utilizzare tutti i mezzi d’azione capaci di scuotere e sconvolgere lo spettatore, ottenendone la partecipazione incondizionata e il “teatro povero” di Jerzy Grotowski.

Che piacciano o meno, ecco il senso di una pittura ed una scultura distante, avulsa dal rappresentare e interpretare il “reale” per come ci appare per entrare invece nel campo dell’invisibile, dell’immateriale, del personale più esasperato.

Scritto questo e accettato l’assunto che: “L’opera d’arte non è solamente fatica, lavoro, studio, tecnica, ma anche follia, visione, azione, vuoto, nulla, scherzo, tutte cose che, come quelle faticose, difficili e noiose, fanno parte, a pieno diritto, della vita” e pure che “L’importante è pensare, in ogni caso e possibilmente prima degli altri, la cosa giusta, al momento giusto” (2), personalmente:

- Trovo davvero interessanti quelle opere di design in cui convivono espressioni personali (artistiche? Può darsi) dell’autore e soluzioni “tecniche” atte a migliorare la vita quotidiana, il lavoro quotidiano, dell’uomo.

- Trovo davvero un obbrobrio, una presa per i fondelli, quelle opere che si pretendono artistiche mentre sono solo esposizione di un ego gonfiato a dismisura e rappresentato in oggetti ed installazioni che nulla hanno a che vedere col termine “design”, ovvero la “progettazione di oggetti d'uso comune mirante a conciliare funzionalità ed estetica” (dal vocabolario Treccani).

Questi ultimi dovrebbero stare in una mostra a sé, di presunta arte contemporanea.

A proposito di quest’ultima, penso alle tele dipinte di bianco di Robert Ryman: il suo primo quadro, nell’ottica di cui sopra, è opera d’arte, perché ci interroga su “il dramma del vuoto e del modo in cui può essere colmato, nell’arte ma anche nella nostra vita quotidiana” (il libretto “paraculo” di cui sopra), ma tutti gli altri, identici, tutti bianchi? Non sono più intuizione, né pensiero anticipatore e realizzato prima, sono solo riproduzione piatta, che potrebbe pure essere fatta in serie da una macchina o… da un qualsiasi imbianchino.

Qui ci sarebbe da aprire un capitolo sul rapporto tra mutazione economica e sociale, narcisismo diffuso, pretesa di apparire sempre e comunque, consumo senza uso, assunzione di “nessun limite” come mantra quotidiano, e i tanti presunti artisti per i quali vale il “porsi come un ‘ego’ solitario, imperioso e unico, in una sorta di delirio di onnipotenza infantile, altro elemento che caratterizza la modernità” (Jean Clair, in “Breve storia dell’arte moderna”).

Ma ve lo risparmio e mi preparo, prossimamente, ad andare a vedere la mostra fotografica di Helmut Newton; intanto, dopo la sbornia di stronzate incastonate nel bellissimo cortile dell’Università Statale di Milano (meglio, molto meglio, la cornice del quadro!!) vado a cercare, in rete, immagini delle opere di Fernando Botero e Juarez Machado, i miei due pittori contemporanei preferiti.

“Il culto dell’anti – cliché diviene a sua volta cliché. L’anarchia, coltivata per se stessa, si trasforma facilmente in conformismo” (R. Garaudy)

 

1. Per esempio, in campo scientifico, la rivoluzione nella fisica operata da Albert Einstein; l’opera dei tre precursori dell’informatica, ovvero l’americano Vannevar Bush, il britannico Alan Turing e l’ungherese John von Neumann; la televisione e primi elettrodomestici; il DNA, la molecola a cui è affidata la codificazione delle informazioni genetiche e costituisce la sostanza fondamentale del gene, responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari; l’elettroencefalogramma, strumento che registra le onde cerebrali, suddivise in alfa e beta; il primo reattore nucleare, dove l’atomo viene “bombardato” e, “spezzandosi” (fissione nucleare), produce energia. In campo filosofico e del pensiero ecco la fenomenologia, l’esistenzialismo, la psicoanalisi, il neo spiritualismo, l’antroposofia, scientology e la new age.

 

2. Francesco Bonami, critico d’arte, in “Lo potevo fare anch’io”, libretto autenticamente “paraculo” a partire dal sottotitolo “Perché l’arte contemporanea è davvero arte”.

 

 






 

 

 

 

 

martedì 11 aprile 2023

Incontri e scontri

 Il mio praticare Arti Marziali è soddisfare impulsi di violenza quanto sognare momenti di abbandono ed estasi.

Sorta di immersione totale tra corporeità poetica e contatto con il reale, è fascino struggente e ambiguo che emana dal gesto guerriero e mi accompagna verso stati di coscienza espansa.

Mi piace, ed ogni volta mi sorprende, questo rapporto intenso tra corpo agito e confronto col reale che vi si oppone, tra ricerca del gesto semplicemente efficace e contraddittorietà dell'essere umano.

Mi confonde la difficoltà nel far convivere il linguaggio del corpo con quanto scopro di me in una straordinaria intensità.

Sono gesti lenti e gesti esplosivi; è il rapace Taiki Ken che sperimenta nuove uccisioni; è il movimento fluido del Tai Chi Chuan, scomparire dell'acqua tra gli scogli; è lo scompigliarsi di mani ladrone del Kali filippino.

Sartre scriveva che tutti agiamo stessi muscoli e nervi nel ridere o piangere, ma il riso o il pianto è diverso, ha senso diverso per ognuno di noi.

Ringrazio il Maestro Mochizuki Hiroo per avermi detto che tutti noi flettiamo l'avanbraccio sul braccio e nessuno, proprio nessuno, agisce l'opposto. Affermazione che porta intelligentemente a spiegare gyakuzuki - ushirogeri ( controdiretto- calcio all'indietro) per comprendere kuzushi- o uchi barai ( squilibrio-falciata all'indietro) oppure a procedere invertendo i fattori, spiegare il proiettare per comprendere il colpire, che il risultato non cambia!! (1)

Ma il Maestro probabilmente non sapeva di Sartre e prima di lui di Heidegger, non sapeva di Jaspers, Merleau Ponti o Borgna, di Bonnie Bainbridge Cohen o Stefania Guerra Lisi. Non sapeva che ogni gesto meccanico ha dietro e poi esprime un sentire che è individuale, un emozionarsi che esprime una soggettività assolutamente non riconducibile e riducibile ad omologazione, ad uniformazione, a livellamento incolore.

La natura si organizza in pattern. Anche in noi, che della natura siamo parte, si formano dei pattern. La mente è come il vento e il corpo come la sabbia: se vuoi sapere come soffia il vento, puoi guardare la sabbia. (B. Bainbridge Cohen)

E così, ogni gesto, pugno o calcio, leva articolare o proiezione al suolo, blocco o schivata, è sempre individuale, agito ed espressione d'un soggetto mai supinamente riconducibile ad un modello, ad una copia esatta.

Ogni fase del movimento, ogni minimo trasferimento del peso, ogni singolo gesto di qualsiasi parte del corpo rivela un aspetto della nostra vita interiore. (R. Laban)

Ed io, e noi Spirito Ribelle, siamo qui a proporci e a proporre un percorso di corpo e combattimento per chiunque voglia sperimentare di sé tra scontri ed incontri.

Aperti a tutte e tutti gli appassionati.

 

1. Questa affermazione, il Maestro la fece una sera a cena da me, i primi anni ’80. Fu, per me, autentica illuminazione perché mi spinse finalmente a praticare non cercando l’Arte più efficace, quella completa, o a sommare parti di questa o quella per costruirne una efficace e completa. Questa sua affermazione, che sorreggeva da anni il lavoro del Maestro ma che io scoprii in quella occasione, intendeva comunicare che il “segreto” sta nel come si lavora di corpo e quel lavoro corporeo era un unico tessere un solido filo capace di unire e ricamare una gestualità varia e complessa. Siamo ormai nel terzo millennio, ma quelle parole suonano ancora mute ai sordi che imperversano nel mondo marziale, tra specialisti di un unico e solo sapere e sommatori di tecniche prese qui e là e poi in qualche modo mischiate.




giovedì 30 marzo 2023

Arte?

Milano, a cui sono profondamente legato. Milano, città dalle mille occasioni di godimento artistico, che soprattutto, o solo, quello è rimasto, dopo decenni di gestione destrorsa. Sì perché anche Pisapia, poi soprattutto Sala, di realmente di sinistra, ovvero costruzione di una convivenza civile e a misura d’uomo, che è il “minimo sindacale” per potersi almeno in superficie definirsi di “sinistra”, non hanno fatto nulla.

Allora eccomi a Palazzo Reale per le videoinstallazioni di

Bill Viola

“Una serie di lavori incentrati su immagini al rallentatore nei quali luce, colore e suono possono creare momenti di profonda introspezione. Questo percorso, forte a livello emotivo, che si snoda lungo le sale buie e vuote di Palazzo Reale - luogo non convenzionale per l’arte contemporanea che si trasforma per accogliere le installazioni dell’artista americano di origini italiane - obbliga i visitatori a fare un cambio di passo e a rallentare per abbracciare una temporalità nuova in un’epoca ipertecnologica” (https://www.arte.it/notizie/milano/trent-anni-di-bill-viola-in-un-viaggio-interiore-a-palazzo-reale-20155).

 

“Il suo lavoro è un invito alla lentezza, ma anche a un’indagine spirituale della nostra esistenza, che ogni spettatore è libero di leggere attraverso la sua visione del tutto”

(https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2023/03/grande-mostra-bill-viola-milano/)

Questi sono i toni delle recensioni, che ho letto a casa, dopo aver visto la mostra.

 

Raziocinanti, perfettamente esplicative, erano le osservazioni della guida che accompagnava una scolaresca delle medie superiori; guida a cui, di tanto in tanto, rubavo informazioni e, appunto, dotte spiegazioni.

Che ne penso io? Una ridda di domande, di osservazioni…del tutto incasinate tra di loro.

Se invece di queste immagini in movimento, proiettassero al rallentatore spezzoni, muti, di film di rilievo di Bergman, Kurosawa, Bunuel, ma anche di filmacci quali i vari cinepanettoni, sarebbero meno arte? Di minore spessore artistico? Non comunicherebbero?

Se per decenni i critici hanno speso fiumi di inchiostro per spiegare i toni di un certo cielo addebitandoli al senso artistico del pittore (non ne ricordo il nome), per poi scoprire che quei toni erano figli dei cordoni della borsa chiusi dal mecenate, il che costrinse il pittore ad usare i colori rimasti, altro che “senso artistico”!!; se per 70 anni un quadro di Mondrian è stato esposto… all’incontrario!!; se una ignara signora si è allontanata dal museo “Picasso” di Parigi portandosi appresso una giacchetta trovata all’attaccapanni all’ingresso, l’ha modificata adattandola alla sua taglia e, una volta tornata allo stesso museo per un’altra mostra, è stata fermata dagli addetti e accusata di aver sottratto e pure rovinato un’opera d’arte di Oriol Vilanova del valore di decine migliaia di euro; se è successo, succede, succederà ancora, che senso ha spiegare ogni opera d’arte e cosa è “opera d’arte”? Ma, soprattutto, chi lo stabilisce che lo sia?

Le opere d’arte, sono considerate tali solo quando e in quanto a loro viene attribuito un valore economico?



Nei miei anni giovanili, di studio politico, mi “innamorai” del pensiero di alcuni intellettuali in particolare e, tra le opere di questi ultimi, studiai a fondo i “Prolegomeni ad un’estetica marxista” di György Lukács. Nel libro, l’autore proponeva un unico modello possibile di una sola forma d’arte che, tenendo presente un insieme composito di fattori condizionanti e di elementi storici propri di un certo tipo di gusto, di una data cultura e di un certo tipo di società, poteva genericamente definirsi realistica. Le installazioni di Viola, si potrebbero definire realiste?

Circola nelle librerie ”Lo potevo fare anch'io. Perché l'arte contemporanea è davvero arte” di Francesco Bonami, critico d’arte; libro che la pubblicità presenta così: “è senz'altro vero che nell'ultimo secolo l'arte si è evoluta al punto da essere quasi irriconoscibile, il lavoro di Bonami ci fa capire perché non è vero che potevamo farlo anche noi”. Lo leggerò.

Infine, Jean Clair, storico dell'arte e già direttore di diversi musei, nei primi anni 2000 affermava che " la deriva mercantile trasforma l'arte in spettacolo e i musei in luna-park”. Dunque l’arte non è spettacolo?

Non posso affermare che le videoinstallazioni di Viola mi siano piaciute. Non è che mi abbiano emozionato particolarmente, ed io, da buon “dionisiaco”, se non mi emoziono resto indifferente. Ma io sono un ignorante in materia, e chissà se questo sia il “danno” che mi impedisce di apprezzare una certa arte o l’elemento che mi salva dall’apprezzare qualsiasi cosa il “mercato” e chi lo foraggia definisce “Arte”. Qualcuno mi aiuta?



Bill Viola, così descritto nel catalogo di una precedente sua mostra: “è un artista statunitense, fra i più apprezzati nell’ambito della videoarte: moderno, innovativo e interprete di nuove istanze comunicative, usa la tecnologia e l’innovazione per raggiungere nuove generazioni e risvegliare nuove sensibilità. Figura chiave non solo per la storia della videoarte, ma anche per la storia dell’arte più in generale, è un artista attraverso cui si possono comprendere gli ultimi quarant’anni di cultura visiva”.