lunedì 22 aprile 2024

Il corpo nel movimento

L’inverno si stempera a fatica in una primavera riottosa ad aprirsi. Immote le ombre del tardo pomeriggio mi guardano, mi osservano.

Il ritmo di ogni mio movimento è di una lentezza dolce in cui porre, a piacere, l’abisso forte di una pausa o l’enfasi scalmanata di un’accelerazione improvvisa.

Le Arti Marziali tra violenza e dolcezza

Ascolto il batticuore che impone guardare dritto, severo, il compito ultimo dell’Arte, di quest’Arte: Affrontare la morte, l’uccisione di un altro da sé, che è sempre rischio di essere uccisi. Immagino ossa spezzate, vicino alla fascinazione della violenza, presenza archetipa in ogni individuo.

Stupefazione esistenziale che richiede la capacità di lasciar andare le ombre tangibili della violenza per abbracciare l’altra faccia, sensibile, dell’Arte, che è emozioni intense di vulnerabilità e sensibilità. Arte di flessibilità ed apertura alle cose del mondo, di comprensione anche dell’incomprensibile.

Il Tao, gioco di chiaroscuri, sostanzia ogni mia movenza, come sostanzia ogni pratica marziale autentica, che sappia di Tradizione. Il Tao che non esclude, ma tutto comprende, abbraccia. E trasforma.

Ikigai Kiko (esercizi di vitalità / energia) e Hakkei (forza esplosiva), Mukaete che è assorbire per infilzare in silenzio e Sashite che è investire da subito, senza possibilità di replica. Queste e altre le pratiche marziale che esprimono violenza e dolcezza, dolcezza e violenza in un mare senza confini, armonia di opposti.

Improvvisazione e / o regolamentazione?

Cosa è improvvisare? E’ lasciarsi andare ed ascoltare, è camminare sul precario equilibrio tra inconscio e conscio. E’ esperienza concreta e carnale di sé. E’ gettarsi oltre il recinto delle abitudini e degli schemi imposti per incontrare pulsioni e istintualità.

Ogni espressione artistica, a maggior ragione l’arte del combattere che è incontro di pulsioni, che è palcoscenico dionisiaco, chiama nella sua esecuzione qualcosa di più d'una semplice progressione che vada dall'inizio al punto intermedio e poi alla fine. Il Taiki Ken, che è crudele e spontanea lotta, che è “pugilato dell’improvvisazione” (non certo “dell’intenzione” come i più traducono Yi Quan / I Chuan qui in Italia!!), ne è l’espressione somma e performante.

La pratica attraverso sorpresa e imprevedibilità richiede l'allentamento della presa della comprensione. Ciò che si capisce può solo condurre a un'ulteriore comprensione, ovvero un futuro prevedibile. Allo Spirito Ribelle, l'improvvisazione accetta di buon grado la conduzione senza comprensione. Comprensione che arriverà solo ed unicamente percorrendo la personale strada del lavoro interno, il neijia kung fu, in cui scavare attraverso la personale strada della propria libera e liberata corporeità. Se uguali per tutti sono alcuni, pochi principi, che so: In tutti, l’avambraccio si flette sul braccio; inspirando, il diaframma scende ed espirando il diaframma sale, l’interpretazione e la consapevolezza di ogni gesto motorio sono personali, perché solo fare qualcosa di diverso conduce a una esperienza che a sua volta può essere soggetta a comprensione autentica, autentica perché personale.

Il corpo vivo

“Il nostro carattere (schema fisso di comportamento) è strutturato nel corpo sotto forma di tensioni muscolari croniche, la maggior parte inconsce, che limitano e a volte bloccano gli impulsi verso l’esterno”

(A. Lowen, psichiatra e psicoterapeuta)

Il nostro carattere, forse persino la nostra personalità, si esprime nella nostra postura e nel nostro modo di muoversi. Intervieni su te corpo e diverrai un individuo diverso, migliore. Libera il te corpo e libererai le tue potenzialità, la tua energia, Ki o Qi. Lo potrai fare solo riscoprendo come essere vivo di corpo.

Una formazione che è movimento senza limiti imposti, calati dall’alto, movimento funzionale alla costruzione di un individuo vitale ed erotico: Uno spirito ribelle.

 

 


 

 

 

 

martedì 9 aprile 2024

Le ragioni di un corpo che si emoziona: Il recupero nella pratica motoria

Tante sono le piccole cose che avrei voluto dire, che avrei voluto fare, ed era la mancanza di tempo la scusa dietro cui mi schermavo. Piccole cose che mai si allontanavano dai miei pensieri.

Lo sapevo prima, lo so meglio ora, che non si può fare movimento, non si può praticare Arti Marziali, se non ci si confronta con il mondo delle emozioni; che il malessere fisico, la stanchezza e le membra pesanti, tanto quanto l’energia vitale, l’audacia di ogni assalto e di ogni difesa, sono le espressioni di arrembanti risonanze psichiche.

 

Importanza e funzioni del “recupero”

Praticare, muoversi nello spazio, richiede sempre il recupero: Ogni sforzo, anche quotidiano, assume consistenza solo se si rispecchia nel tempo di recupero, tempo e modi che ognuno occupa a piacere. Orbene, che la si smetta di affannarsi a “fare”, di vantarsi di allenarsi sempre e comunque, senza sosta, o di preoccuparsi per aver mancato un incontro, una lezione!!

Già nel muoversi nello spazio c'è un continuo fluttuare tra gesti e movenze che richiedono stabilità, come quando lavoriamo sul radicamento o sull'equilibrio, e movimenti che richiedono mobilità, come quando inanelliamo una serie di percosse o attuiamo spostamenti particolarmente dinamici. In realtà, queste due fasi spesso si presentano insieme oppure sono una di seguito all'altro, in quanto si sostengono a vicenda.

Stabilità non indica "immobilità", ma una operazione di sostegno che tende a costruire equilibrio. Sovente per produrre un movimento dinamico, un balzo, uno spostamento circolare, è necessario preparare l'azione con un movimento stabile e questo può significare applicarsi all'allineamento posturale e alla scelta di quale “peso” del corpo: Pesante, leggero, forte, collassato, sono le quattro distinte qualità tra cui optare.

Dopo il “dinamico” abbiamo da ritornare alla stabilità, per poi prepararci al successivo passaggio dinamico. Così come dopo un movimento fondato sull'equilibrio, cerchiamo il recupero (che è recupero di energia o cambio di energia), con qualcosa di dinamico. A volte stabilità e mobilità convivono nello stesso movimento, si bilanciano a vicenda.

 

Quale rapporto tra “recupero” e movimento,

 tra recupero e ragione dell’emozione?

Dunque, come nel piccolo così nel grande, ad ogni incontro di formazione (noi Spirito Ribelle da decenni prediligiamo “formazione”, lasciando “allenamento” agli animali da circo, agli imitatori ad oltranza) si accompagna o segue il tempo ed il modo del recupero: fondamentale per crescere e migliorarsi.

Così, consapevoli che la tendenza all’agire è in parte già azione, che “le azioni sono inscritte nella carne ancor prima che l’intenzionalità consapevole agisca e detti comandi” (G. Dall’Ava, HR Manager, laureato in filosofia e in neuroscienze, in “La chiave di SOPHIA”  Giu- Sett 2020) ), sappiamo che la vitalità e lo slancio erotico, elementi fondanti la nostra pratica Spirito Ribelle, sono di per sé  origine possibile di conoscenza, di quella conoscenza “altra” da quella razionale, conoscenza che affonda anche nelle pause, nel “vuoto fertile” di impronta gestaltica, nel tempo che è anche modo del recupero.

- E’ questa particolare conoscenza, questa ragione dell’emozione, emos – azione, che ci permette, praticando con passione, di afferrare il senso profondo, ancora nascosto, di ognuno di noi e almeno di intuire il senso di ciò che l’altro prova.

- E’ il tempo e il modo del recupero, un po' come le pause tra una nota e l’altra, che contribuisce a fare melodia. E questo recupero è anch’esso mondo e sapere emozionale, mondo e sapere di vita vissuta.



I modi della pratica, la nostra pratica Spirito Ribelle, lo testimoniano: Per fare, per agire, per spostarsi nello spazio, perché non occuparsi del “togliere”, dello svuotarsi “più che” o “prima del” premere, del riempire? Dello Yin più che dello Yang? Perché non considerare fondamentali tempo e modi del recupero?

“In modo generico questo tema ha a che vedere con una fase di esecuzione di una o più azioni a cui segue una fase di recupero/cambiamento/riposo. Possiamo quindi osservare come le Qualità (Effort), l’uso dello Spazio, e l’Organizzazione del corpo in determinate combinazioni, danno vita a ritmi e fraseggi caratteristici che possono essere un segno distintivo della personalità di una persona oppure semplicemente formano un ritmo che risulta efficace per l’esecuzione di una azione” (L. Rapisarda)

 

 




venerdì 5 aprile 2024

Il mio pensiero di Aprile

 La pratica delle Arti Marziali, come proposta da noi Spirito Ribelle, è una forma espressiva intesa come ricerca di sé e del proprio posto nel mondo, come Via (Do) di condotta, come base di una sana relazione quotidiana.

Affrontare il contatto di corpi è un momento arcano dell’essere umano; è quell’intraprendenza, interiore ed esteriore, che permette ad ogni individuo di contattare integralmente l’altro da sé sapendo stare attivamente nella relazione, gestendola quand’anche conflittuale, manipolatoria, dipendente, ecc.

Un percorso, sempre semplice ma non sempre facile, che accompagna il praticante oltre le sue convinzioni, originandogli quel dubbio che gli farà scoprire modi e stili del tutto nuovi di essere corpo ed agire corpo e magari riscrivere trama e senso della propria personale storia. E’ l’occasione di intraprendere un viaggio probabilmente più lungo del solito, dove le acque ferme e stagnanti delle certezze sono attraversate da potenti onde capaci di destabilizzare i preconcetti con i quali classifichiamo le nostre esperienze come certe, definitive, prevedibili e dal finale già scontato. Ogni praticante Spirito Ribelle avrà l’opportunità di scoprire il mondo del dubbio e dell’imprevisto, in grado di mettere in discussione quanto di definitivo e assodato riteneva di portare dentro di sé insieme alla costruzione, passo dopo passo, di un uomo nuovo, vitale ed erotico, adulto autodeterminato.

Hai visto quanta roba dentro due pugni in faccia, 

qualche spintone

e un po' di gesti sparsi liberamente nell’aria?!



domenica 24 marzo 2024

Gli insegnamenti del corpo

Il problema del sistema scolastico italiano è che posiziona l’educazione fisica all’ultimo posto.

Pensa solo al numero di ore dedicate al Movimento a scuola. Questo è l’errore più grande della nostra società moderna occidentale. Se mi chiedessi qual è la sola è unica cosa che farei per guarire questo sistema malato, ti direi: mettiamo l’educazione fisica al primo posto nel sistema di educazione. Se l’educazione fisica fosse al primo posto, il 99% delle malattie moderne svanirebbe, insieme a rabbia, indivia e cattiveria. In un sistema dove l’educazione fisica e il Movimento sono in fondo alla classifica, dove pensi che stia Scienze Motorie nella testa delle persone? Esatto. All’ultimo posto. Così anche la qualità del percorso accademico ne risente molto. Alla fine della triennale ero solo un altro scienziato motorio anonimo senza alcuna idea di come muoversi e vivere il proprio corpo, figuriamoci insegnarlo agli altri

(Ale Demaria. https://moveinside.it/storia-ale-demaria/)

Alla fine della triennale ero solo un altro scienziato motorio anonimo senza alcuna idea di come muoversi e vivere il proprio corpo, figuriamoci insegnarlo agli altri (cit.) Ogni tanto, qualcuno arriva a comprenderlo. Certo, a volte si passa attraverso un dramma personale (leggi la storia di Demaria, è emblematica), altre è un succedersi di domande, è il non accontentarsi di risposte già confezionate ed uguali per tutti. Ma sempre, chi compie il primo timido ed incerto passo, poi intraprende un personale cammino di passione e libertà, di movimento autentico e consapevole, di vitalità ed erotismo.

Noi Spirito Ribelle lo sappiamo bene. Noi, uguali a nessuno, in questo mondo “marziale” che ha tradito le origini dell’Arte, racchiudendosi in un carapace di rigidità e ripetizioni o disperdendosi in una “marmellata” di tecniche prese qui e là e mischiate in un vacuo frullatore. Dove abbondano i Maestri che sanno molto di poco, gli esperti di … libri e non di vita vissuta, i picchiatori di palestra sempre raffigurati in truci espressioni del viso (e sorridi una volta, dai!!) con muscoli ipertrofici e vistosi tatuaggi in bella mostra.

Noi, Spirito Ribelle, che attraverso il muoversi e l’incontrare / scontrarsi con l’altro facciamo esperienze di vita. Per vivere bene, per vivere meglio.

 

 


 

 

 

mercoledì 13 marzo 2024

Il corpo che è rivoluzionario, il movimento che è rivoluzionario

 Possibile che un “certo modo” di essere corpo, di praticare corpo, possa essere rivoluzionario? Possa contribuire a sfaldare “another brick in the wall”? (https://youtu.be/W0bi7OfaKMY?si=3oCDBgpeQX-9K5H3)

Possibile che praticare movimento, movimento di Arti Marziali, come noi Spirito Ribelle facciamo, sia un continuo andare “Gyakufu”, “faccia al vento”, sia andare in “direzione ostinata e contraria” (cit. Fabrizio De André)?

La società impone corpi e movimenti standardizzati, confinati nell’adeguato, dove gli eccessi stessi sono stabiliti e consentiti a priori, funzionali al sistema.

Corpi e movimenti succubi di attrezzi sempre più complessi, rinchiusi in uno spazio sistemato per servire di tutto e di più, tra bar e sala riposo, per favorire una socialità e occasioni relazionali che facciano da momentaneo antidoto allo stress quotidiano quanto alla solitudine della società virtuale dei social e dei like.

Tante offerte di pratiche dai nomi diversi con tanti esercizi che, a ben vedere, sono solo versioni appena modificate degli stessi movimenti. Macchine e attrezzi che di fatto replicano i precedenti.

Persino pratiche antiche di saggezza, salute e ricerca interiore vengono spogliate del loro sapere e ridotte a sequela di esercizi ginnici, vedi Yoga e Tai Chi Chuan; moderne pratiche valide solo nell’uno a uno, vengono piegate al profitto e proposte a gruppi, vedi Pilates.  La necessità di vendere sempre nuovi prodotti, poi, ne inventa di ogni, mischiando senza alcuna logica se non il solleticare curiosità becere.

Corpi oggetto, corpi macchina, espressione immediatamente visibile da un lato dell’essere funzionali al sistema produttivo, al moloch dell’efficienza, dall’altro al narcisismo ed alla vetrinizzazione la più sciocca e superficiale: “Il docile e l’utile, il sottomesso e il funzionale, l’accondiscendente e l’efficace” (C. Pellizzari in Scomodo n° 51).

Il sistema impone e diffonde pratiche di corpo e movimento a cui le masse tutte hanno da assoggettarsi perché tutto scorra liscio, senza sussulti; perché il circuito dell’allenamento, che è addestramento alla ripetizione, all’imitazione obbediente come si fa con gli animali da circo, plasmi individui dipendenti, privi di cognizione incarnata, in cui il corpo diviene “il più bell’oggetto del consumo” (J. Baudrillard, sociologo e filosofo), da mettere in mostra, soggetto alle stesse “leggi di variabilità” della moda e dei prodotti commerciali. Illusione di mente che comanda il corpo quando, dai taoisti alle neuroscienze e pure nella fenomenologia è invece chiaro che le azioni sono inscritte nella carne ben prima che l’intenzione consapevole detti il che fare: illusione di mente e corpo invece che verità di corpo e mondo.

“Noi non dobbiamo solo sapere che l’uomo ‘ha’ un corpo, e come sia fatto questo corpo, ma anche che l’uomo è sempre, in qualche modo, corpo. Questo non significa solo che l’uomo vive sempre corporalmente ma anche che egli parla, e si esprime, permanentemente con il corpo.”

(L. Binswanger, psichiatra)

Praticare Spirito Ribelle, portando alla luce il corpo e la cosmogonia taoista, integrando con pensiero e pratiche di moderni ricercatori quali Laban, Feldenkrais, Bainbridge Cohen, significa rompere la prigione del fitness e delle palestre, delle Arti Marziali depauperate di pathos, sensibilità e mobilità vitale, in cui tutto è segregato in un preciso e limitato margine d’azione. Perché fuori da quegli ambienti, fuori da quella cultura in cui l’azione è consentita in quanto controllata, corpo e movimento sono già di per sé sovversivi, sono ribelli. Perché l’esperienza, ogni esperienza che noi facciamo, sempre lascia un segno indelebile ed è così potente da far sì che io, volente o meno, mi riconosca in quello che faccio e che vivo.

Allora, nella preoccupazione di non riuscire a controllare, di non riuscire ad indirizzare a proprio fine questi corpi sovversivi e ribelli, il pensiero dominante finge che essi non esistano, non dà loro alcuna voce.

Noi Spirito Ribelle, e le correnti di movimento intelligente quali Body Mind Centering o Laban Movement Analysis, operiamo ai margini di un giardino o in piccole sale sconosciute, occupando spazi anonimi o agendo in spazi destinati ad altro come studi fotografici od uffici, fuori dalle correnti modaiole, emarginati dalla pubblicità del settore.

Vivere questi corpi, questo movimento, che sono esclusi dai luoghi di massa, luoghi di vetrina e di esposizione, significa fare di questi corpi, di questo movimento, un luogo di opposizione, un momento di differenziazione.

Vivere questi corpi, questo movimento, che sono portatori di embodiment ovvero sviluppo del canale cenestesico, capacità di sentirsi attraverso il movimento e le sensazioni interne del corpo, conoscenza attraverso l’esperienza del corpo, è ribaltare, rivoluzionare lo status quo del corpo servo sciocco di una mente superiore, che è la condizione necessaria per avere disponibili individui sciocchi servi del sistema.

“La libertà di pensiero è più forte 

della tracotanza del potere”

(Giordano Bruno)

 

 

martedì 5 marzo 2024

Il corpo marziale, il movimento marziale

Un anonimo grigiore diffuso si stempera sui vetri della finestra. Sono uggiose giornate di pioggia che riportano alla memoria i primi, lontani, accadimenti del mio percorso marziale.

Così, rovistando tra i cassetti, mi ritrovo tra le mani la cartelletta di presentazione di un campionato del mondo IAKF (International Amateur Karate Federation), la potente organizzazione mondale di Karate che la FESIKA rappresentava in Italia: Invitato alla cerimonia di presentazione e al pranzo di gala. In mezzo a dirigenti internazionali, giornalisti e atleti pluridecorati, annuso l’aria delle competizioni di alto livello.

Sono gli anni in cui, accanto al karategi per praticare, indosso le vesti del “dirigente sportivo” (1), il che mi consente di organizzare, insieme a Giacomo Spartaco Bertoletti, il deus ex machina della rivista Samurai e della “Pasqua del Budo” (2), intensi stage con Maestri giapponesi di stili di Karate che non fosse lo Shotokan, allora l’unico praticato in nord Italia, scoprendo così di persona la potenza e fluidità del Karate Shito Ryu; di portare dalla Cina a Milano, per la prima volta in assoluto, i monaci Shaolin e ricordo ancora come trafugai dalle rotaie di una linea tramviaria il blocco di pietra che uno di loro avrebbe spezzato in occasione della pubblica esibizione; di conoscere di persona, tentando una impossibile mediazione, i maestri di Judo Tadashi Koike e Cesare Barioli, l’uno sostenitore del Judo sportivo e l’altro del Judo Tradizionale, educativo; di organizzare momenti di pratica e lunghe discussioni con Mario Bottoni, ortodosso Maestro di Kendo, messo ai margini da chi fomentava il Kendo in versione sportiva; di contattare ed organizzare incontri ed allenamenti con i due Maestri più importanti del nascente movimento “Contact”, il Karate dove i colpi vengono portati a contatto, ovvero Falsoni e Bellettini, in rapporti non proprio amichevoli tra di loro, e poi con loro allievi prestigiosi e titolati come Jean Marc Tonus, Isidoro La Spina, Federico Milani.

Sono solo alcuni gli episodi, le situazioni, che mi attraversano ora la memoria; so che, se indugiassi dentro questo pigro mattino abitato da una pioggia incessante, altri salirebbero in superficie.

Preferisco, però, lasciarmi andare a pensieri sparsi, pensieri anche disordinati, su dove stia ora, dopo quasi cinquant’anni di pratica attraverso diverse Arti e sport, asiatici quanto “occidentali”, antichi quanto moderni, contemporanei, la qualità del mio essere corpo, essere corpo in movimento.

Come molti, forse tutti, iniziai a praticare subendo che venissero stabiliti in partenza dei limiti strutturali e concettuali entro cui definire (imprigionare?) i principi del movimento, accettando che un “nome” definisse una costruzione tutto sommato limitata e tendenzialmente immutabile nel tempo.

Direzione prona alla corrente ancora predominante, in cui corpo e movimento sono vissuti come Korper, corpo oggetto, dunque merce e prodotto, e non area di scoperta e sperimentazione di corpo Leib, corpo abitato, corpo vissuto, (3) e movimento studiato nelle sue diverse possibilità e libertà di espressione.  

Tante tecniche, tanti esercizi (nelle varie Arti Marziali come nelle discipline di fitness che sempre più rapidamente cambiano di nome ad ogni cambio di moda) che, di fatto, rappresentano solo versioni parzialmente difformi degli stessi movimenti.

Negli anni, nei decenni, nella pratica marziale passo dalla ricerca dell’Arte che sia la più completa ed efficace, praticando continuativamente o saltuariamente diverse Arti, al ritenere di superare le deficienze che scopro dell’una o dell’altra mischiandole tra di loro, fino a comprendere che la soluzione non sta nella mistura di tecniche e gesti ma nel movimento inteso come linfa del movimento stesso, come pratica corporea esperienziale e consapevole.

Negli anni, nei decenni, imparo a fare del movimento, senza limiti e confini, un mio personale linguaggio, sostanziato sì nelle pratiche marziali, di combattimento, e in quelle energetiche di matrice taoista, ma aperto, fecondato, da domande e proposte di movimento e generi altri. (4)

Così, come “Spirito Ribelle”, da alcuni anni propongo un habitat di cultura pratica, somatica, gestuale, in cui ognuno, forte delle sue caratteristiche, della sua personale storia fisicoemotiva, intraprenda il cammino per scoprire quale sia la miglior versione di se stesso e lo faccia attraverso il movimento perché noi siamo quello che agiamo e come lo agiamo, incontrandosi e anche scontrandosi di corpo, nel solco del combattimento quale modalità di formazione ad ogni tipo di scontro che il quotidiano ci ponga davanti o addirittura ci imponga.

Allora, pur consapevole che “la mappa non è il territorio”, basta un’occhiata a come uno si siede o si alza dalla seggiola, a come sta in piedi, a come avvia il primo passo, a come cambia direzione nello spazio, a come respira quando sorpreso da mutamenti inaspettati, per capirne la qualità del suo essere corpo, essere corpo in movimento, la qualità del suo studiare e praticare di corpo in movimento.

 

1.    1.  Erano quelli anni in cui era considerato disdicevole, irrispettoso, praticare con altri che non fosse il tuo ed unico Maestro. Ogni azione in tal senso era sanzionata con la messa alla porta dal Dojo, sovente preceduta da un pestaggio punitivo. Fu solo il mio carattere per così dire avventato e, soprattutto, il mio ruolo dirigenziale nell’ambiente, che mi consentì di avvicinare, praticando anche, Maestri diversi e di diverse Arti.

2.     2Si deve a GS Bertoletti la creazione e la ripetizione negli anni di un evento, “Pasqua del Budo”, che offriva, in una unica lunga serata, esibizioni di Maestri ed Arti provenienti prima da tutta Italia e poi dal mondo intero. Occasione incredibile per vedere, apprezzando o meno, Maestri più o meno famosi ed Arti di cui capitava di avere letto o sentito dire senza mai averle potuto osservare in azione. Non erano ancora gli anni di you tube o dei social!!

3.    3.  Ne hanno scritto, tra gli altri e per restare all’interno del nostro alveo culturale d’Occidente, Schopenhauer, Husserl, Merleau Ponty, Fuchs, Dagognet, Carbone, Galimberti, Borgna.

4.    4.  Ho praticato, saltuariamente o continuativamente, Trager, Feldenkrais, Expression Primitive, Danza sensibile. Da alcuni anni pratico Body Mind Centering, Danza Terapia, Laban Movement Analysis.







giovedì 29 febbraio 2024

Il mio pensiero di Marzo 2024

 

Nati nel 1980, nel corso degli anni, dei decenni, ci siamo trasformati nello spirito, Shen. Da palestra di Karate e Arti Marziali (palestra nel suo antico significato di luogo di esercitazione, addestramento e competizione, significato in voga tutt’ora in tutte le “palestre”, i “gym” di qualsiasi sport, disciplina o fitness, arti marziali varie comprese) a “Scuola”, intesa come nella Grecia antica quale “paideia”, luogo della formazione mediante la cultura; per noi cultura dell’individuo fisicoemotivo, dunque del corpo tutto: “Il nostro corpo è abitato: sangue, ossa, organi, muscoli segnalano una vita interna che non si esaurisce nella sua fisiologia, ma che produce intrecci, sovrapposizioni e risonanze nella nostra esperienza emozionale, affettiva, psichica” (I. Gamelli. Pedagogia del corpo) (1). 

Così diveniamo Dojo, che è “a place of severe confrontation between oneself and one’s self - luogo di aspro confronto tra sé e se stessi. Trad. mia (D.F. Draeger. Classical Budo) (2).

Diveniamo uno spazio collettivo di pratica e cultura ‘altra', in cui ogni singolo praticante, come il gruppo tutto, può scoprire un nuovo contatto con se stesso; immergersi in Neijia, il profondo, l‘interno; attingere a personali risorse fino ad allora inesplorate; attraversare antiche alchemiche pratiche taoiste e moderne espressioni di movimento per costruire un adulto autodeterminato, vitale, erotico e propositivo.

E’ un percorso scelto da tutti coloro che intendono riappropriarsi dell’autentico senso del corpo fisicoemotivo e del corpo in movimento, costruendo attraverso la pratica corporea il Do, la Via, per la propria conoscenza e crescita.

Con tutto il rispetto (ma anche la distanza) verso chi si addestri ripetendo esercizi e tecniche preordinate, imitando gesti imposti da altri, da noi il muoversi non è una espressione imprigionata dentro sequenze di ‘gestualità’ specifiche, per giunta uguali per tutti, ma è IL processo che sostiene l’esistere umano.

Da noi “Spirito Ribelle” (3), la pratica si compone di diverse connessioni tra i sistemi corporei originando un’area di appassionato fare e confrontarsi in cui “Pratichiamo la sensibilità per espandere la nostra creatività” (E. Parrello) (4); in cui le Arti Marziali sono metafora e metonimia degli incontri e scontri quotidiani al lavoro, in famiglia, in ogni relazione, sostenendo il praticante verso la capacità di stare nel conflitto, in ogni tipo di conflitto.

Da ZNKR (“scuola antica di tutta la Via della mano vuota giapponese”) a “Spirito Ribelle”, come a dire “corpo e mondo antagonista, persino alternativo, al pensiero e alle pratiche dominanti”.

Mica poco!!

“Essere indipendenti è l’unico modo 

per continuare ad essere chi siamo”

(in “Scomodo” n.51)

1.         Ivano Gamelli, pedagogista e professore associato di Pedagogia generale e sociale all'Università degli Studi di Milano-Bicocca

2.         Donn F. Draeger (1922 – 1982,) pioniere delle arti marziali giapponesi, autore di numerosi libri sulle arti marziali asiatiche. Una sua beve biografia in https://budojapan.com/feature-articles/donn-f-draeger-the-pioneer/.

3.         Di questa nuova svolta ho già scritto più volte. Sinteticamente posso scrivere che abbiamo lasciato alle spalle un’affascinante struttura che molto ha dato sotto ogni aspetto della loro vita ai praticanti, come anche a chi solo vi si è accostato come spettatore, per intraprendere un cammino errante con poche regole, ancor meno certezze e tanta passione “gyakufu”, “faccia al vento”.

4.         Eleonora Parrello, insegnante, educatrice del movimento somatico e del movimento in età evolutiva, practitioner diplomata presso The School for Body-Mind Centering. A lei, dopo una iniziale esperienza con Jader Tolja vent’anni or sono, devo la mia introduzione all’anatomia esperienziale.