“Il
Movimento non ha uno scopo ma un Senso.
Lo
scopo si trova fuori di noi, il Senso dentro di noi”
(S.
Spaccapanico Proietti) (1)
1. Introduzione: L'Immaginazione Come Strumento Corporeo
Gaston Bachelard ,
filosofo (1884 – 1962) definisce la reverie come una forma di
immaginazione aperta e contemplativa, un esplorare della mente che si libera
dalle costrizioni della logica e della razionalità. Diversamente dal sogno, che
spesso segue percorsi involontari, la reverie è un'attività
poetica e creativa, in grado di ampliare la percezione sensibile e di
arricchire l'esperienza estetica.
Nell'esperienza sensibile, la reverie consente
una connessione profonda con il mondo circostante, trasformando elementi
quotidiani in oggetti di meditazione poetica, capaci di farci approdare a stati
di coscienza espansa. Attraverso questa dimensione onirica della
coscienza, Bachelard evidenzia come la sensibilità e la
percezione umana possano essere elevati dall'immaginazione, creando un dialogo
intenso tra il soggetto e il suo ambiente. In questo senso, la reverie
diventa un ponte tra realtà e sogno, tra percezione e emozione, tra il vissuto
e il possibile.
Citando ed amplificando un suo esempio: Nel guardare (non
vedere, ma guardare. 2) il ramo di un albero, trascuriamo la forma
esteriore per immedesimarci nella forza di torsione dello stesso, il suo
sforzarsi di evadere dal tronco per esplorare l’ambiente attorno, oppure nello
sforzo del tronco di trattenere l’evadere del ramo, oppure ancora nella spinta,
nella propulsione del tronco ad indirizzare il ramo all’esterno. Sarà la sensibilità
dell’osservatore, l’esperienza carnale da lui vissuta in quel momento, a
privilegiare l’uno o l’altro aspetto.
La reverie di Gaston Bachelard,
intesa come fantasticheria poetica e stato di coscienza espansa, trova ampie
affinità nella concezione taoista, soprattutto nella visione della spontaneità
e della contemplazione naturale.
Nel Taoismo, il principio del wu wei ovvero
l'azione senza sforzo, richiama l'idea di una rêverie fluida e
naturale, dove la mente si lascia trasportare senza costrizioni. Inoltre, lo Zhuangzi
(Zhuang Zhou), (uno dei testi fondamentali del Taoismo), descrive stati
di coscienza simili alla rêverie, in cui il pensiero si libera
dalle strutture rigide della logica e si apre a una percezione intuitiva del
mondo.
Ad esempio, nel sogno della farfalla di Zhuangzi,
il filosofo racconta di aver sognato di essere una farfalla e, al risveglio, di
non sapere più se fosse un uomo che aveva sognato di essere una farfalla o una
farfalla che stava sognando di essere un uomo. Questo paradosso esprime una
visione della realtà simile alla rêverie bachelardiana, dove il confine tra immaginazione
e realtà si stempera e l'immaginazione diventa un mezzo di esplorazione
esistenziale.
Due culture diverse per ambiente ed epoca storica, eppure
simili nell’approccio alla realtà
“Non
vi sono solo fantasmi e spiriti nel mondo, vi sono fantasmi e spiriti entro il
corpo”
(T. Cleary)
Il Taiki Ken, ma generalmente tutte le
Arti Marziali che si definiscono “interne”: Neijia / Naido (3),
se correttamente (e tradizionalmente) praticate, non possono non fondarsi
sull’uso dell’immaginazione come l’abbiamo descritta nelle righe precedenti.
Immaginazione e visualizzazione, reverie, sono
componenti fondamentali per sviluppare la consapevolezza corporea,
fisicoemotiva, ed aumentare l'efficacia dei movimenti. Per esempio:
- Immaginare l'energia interna: Il praticante visualizza il Ki
(Chi, energia vitale) che scorre nel corpo, percependolo come un
flusso continuo che guida i movimenti.
- Visualizzare una forza elastica: Si immagina il corpo come
una molla o un arco teso, pronto a rilasciare energia in modo spontaneo e naturale.
Come ebbi già modo di scrivere in precedenti post, fisicamente si tratta di
un corpo e di un bacino che lavorano in direzione opposta e contraria agli arti.(4)
- Simulare (non fingere, non pensare a, ma simulare) un
combattimento: Attraverso la visualizzazione, si lavora per intuire le movenze
dell'opponente e si sviluppa una risposta intuitiva, spontanea e fluida.
- Connettersi con gli elementi della Natura: Diverse pratiche
prevedono l'immaginazione di elementi naturali, come il vento o l'acqua, per costruire
una forza pastosa, rendere i movimenti più armoniosi e adattabili, costruire un
corpo forte e flessibile non solo nei muscoli superficiali ma coinvolgendo
anche muscolatura profonda, tendini, tessuto connettivo e articolazioni. Su
questo, ricordo, insisteva particolarmente il Maestro Sun Li,
dello Iken, come il Maestro Tokitsu, dello Jiseido.
Questi scrive: “Per quanto riguarda il rafforzamento (omissis) ho
scoperto che potevo ottenere effetti simili (all’uso di carichi esterni) dagli
esercizi con il metodo jia – jie: il prestito immaginario dell’yi chuan"
(K. Tokitsu in’ Yi Chuan. Metodo energetico di Wang Xiang Zhai’)
D’altro canto, diversi studi scientifici esplorano il rapporto
tra immaginazione e movimento, mostrando come la visualizzazione mentale di
un'azione attivi circuiti neurali simili a quelli coinvolti nell'esecuzione
reale, concreta, del movimento:
- Una tesi dell'Università di Pisa analizza le basi
neurofisiologiche dell'immaginazione motoria e le sue applicazioni nella
riabilitazione e nello sport. Gli studi citati mostrano una forte correlazione
tra azioni immaginate ed eseguite, con attivazione delle stesse aree corticali.
(5)
- Diverse riviste scientifiche hanno esplorato l'allenamento
ideomotorio e il suo impatto sulla forza muscolare e sulla resilienza motoria.
L'elettromiografia di superficie ha dimostrato che l'immaginazione di un
movimento può generare segnali bioelettrici simili a quelli prodotti durante
l'esecuzione reale. (6)
Insomma, pensiero taoista, pensiero filosofico occidentale,
pratiche marziali cino-giapponesi, letteratura scientifica contemporanea, tutti
concorrono ad evidenziare la capacità della pratica ideomotoria per migliorare
le prestazioni fisiche.
2. La Materia dell'Immaginazione in Bachelard
La materia vissuta è un concetto che si intreccia
profondamente con la dimensione sensoriale e immaginativa dell’esperienza umana:
Non è solo materia fisica, ma materia percepita, interiorizzata e trasformata
attraverso il vissuto soggettivo.
Immergersi in pratiche corporee rette da uno stato di reverie
trasfigura il mondo materiale. In questo stato, non solo gli oggetti, gli
ambienti non vengono più percepiti solo nella loro concretezza fisica, assumendo
un valore simbolico e poetico, ma lo stesso agire fisico si arricchisce di una
potente formazione fisicoemotiva, che investe tanto un rafforzamento fisico
integrale, quanto dona ad ogni gesto una ricchezza emotiva personale. Se il
Maestro Hiroo Mochizuki affermava che ogni umano flette
l’avambraccio sul braccio e nessuno agisce il movimento opposto, facendo di
questa affermazione geniale intuizione didattica nella diffusione del suo Yoseikan
Budo (lo stesso gesto che è controdiretto e calcio diretto all’indietro
è anche proiezione al suolo per spinta. Pare ovvio, ma è terreno ancora
sconosciuto ai più a distanza di oltre mezzo secolo da questa geniale
intuizione), possiamo aggiungere che lo stesso gesto “meccanico” ha significato
e simboli diversi per ogni soggetto praticante. Questo comporta non solo
l’importanza di una didattica ed una pedagogia / andragogia che tenga conto
della soggettività dell’allievo, ma consente allo stesso, col tempo e la
consapevolezza, la creazione di un suo stile particolare, unico, di gestualità
e movimento.

Se una tavola di legno può diventare un frammento di
ricordo infantile, una finestra aperta può evocare una nostalgia di libertà o
un senso di vertigine, lo scatto del braccio avanti, l’evitamento del tronco,
assumeranno contorni e un “senso” diverso per ogni praticante.
Attraverso la reverie, ogni gestualità si
anima di significati, di memorie e di stati d’animo. La percezione del mondo
fisico non è più solo oggettiva, ma si fa intima e sensibile, dando luogo a una
forma di esperienza che è profondamente soggettiva, artistica. È un modo di
abitare il mondo che trascende la pura funzione degli oggetti e delle azioni e
che li trasforma in presenze vive, capaci di dialogare con la nostra
interiorità.
“E’ il
buco del centro (della ruota, del non essere)
che la rende utile. Il vuoto del vaso lo rende utile. Porte e finestre,
buchi della stanza, la rendono utile.
(Lao
tzu)
3. L'Immaginazione Somatica nel Taiki Ken
Il Taikiken, Arte Marziale giapponese
ispirata allo Yi Quan cinese, enfatizza il movimento naturale e
l'intuizione corporea. Uno degli aspetti più affascinanti di questa disciplina
è l'uso dell'immaginazione nella pratica marziale: il praticante non si limita
a ripetere tecniche predefinite, ma sviluppa una sensibilità istintiva
attraverso esercizi di visualizzazione e percezione interna.
Nel Taikiken, l'immaginazione gioca un ruolo
chiave nel migliorare la fluidità e l'efficacia dei movimenti ed è pratica
consolidata l’agire immergendosi in ambienti che, con varia intensità,
contrastano ogni gesto rafforzando la percezione e la concreta efficacia
meccanica: Camminare come se si fosse nel fango, sentirsi sospesi nell'acqua,
affrontare folate di vento, fino alla creazione personale e personalizzata dei
modi di “contrasto” esterni più consoni alla personalità di ogni singolo
allievo.
Il Taikiken non
impone schemi rigidi, ma invita ogni individuo a scoprire il proprio modo di
muoversi, basandosi sulle proprie caratteristiche fisiche e mentali. Questo
rende la pratica altamente personalizzata e profondamente connessa alla
percezione interiore di ognuno.
Dunque, percepire la fluidità e la resistenza senza la
necessità di un impatto reale, di un peso esteriore, ma agendo di corpo come se
questi ci fosse. Sviluppare propriocezione, equilibrio e forza interiore
attingendo ad un lavoro interno: Neijia / Naido. Altrimenti, che
Arte Marziale interna sarebbe se il praticante utilizzasse pesi e
manubri per potenziarsi fisicamente e marzialmente?
4. Conclusione: Un Corpo Artistico
ll legame tra il gesto immaginato e la rêverie
bachelardiana si radica nella concezione di Gaston Bachelard e prima
di lui dei taoisti, dell'immaginazione come forza creatrice e
trasformativa. La rêverie, secondo Bachelard, è uno
stato di coscienza sospeso in cui il pensiero si dimentica di sé e si lascia
trasportare dalle immagini senza vincoli razionali.
“Tranquillità
nel disturbo significa perfezione”
(Chuang
tzu)
Il gesto immaginato, in questo contesto, può essere letto
come un atto mentale che anticipa o evoca un movimento senza necessariamente
compierlo fisicamente o, nel compierlo realmente, arricchito di presenze
estranee, esterne, queste sì immaginate (non pensate, ma immaginate 7.) capaci
così di trasformare l’attore in tutto il suo essere fisicoemotivo.
In una pratica siffatta, il gesto diventa un'esperienza artistica
e sensoriale, un modo per abitare il possibile e dare forma a mondi interiori,
il terreno per creare una personale gestualità dall’interno verso l’esterno
(8) e non viceversa, come accade generalmente nei masticatori di arti e
stili e tecniche imparate copiando, memorizzate ripetendo, ed apprese con
l’addestramento da fonti imposte, da quella che è l’autorità del momento.
E’ chiaro che la rêverie non è un sottrarsi
alla realtà, ma anzi un modo per intensificare la percezione e
arricchire l'esperienza. Il gesto così vissuto si inserisce in questa
dinamica come un atto che non solo prefigura l'azione, ma la trasforma in
un'esperienza estetica e artistica.
Il corpo è lo strumento attraverso cui
percepiamo e interpretiamo il mondo. Non è solo un mezzo meccanico,
ma un veicolo sensoriale e poetico che ci permette di costruire la realtà
attraverso l’esperienza diretta.
“L'uomo
vero respira dai talloni”
(Chuang
Tzu)
La fenomenologia (9), nelle sue diverse correnti, ha
evidenziato come il corpo sia radicato nella percezione e nella
relazione con lo spazio, rendendo la realtà non un dato oggettivo, ma un
fenomeno vissuto. La sensibilità corporea diventa così un atto creativo, un
modo di dare forma al mondo attraverso il movimento, il tatto, la postura e il
respiro.
Se nelle diverse arti figurative, nella letteratura, il
corpo è sovente rappresentato come un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra
il concreto e il simbolico, a maggior ragione nelle pratiche in cui è esso
stesso ad esprimersi si trova il terreno di caccia per esperienze di stati di
coscienza espansa, di contatto sottile con il mondo “dentro” di noi quanto “altro”
da noi.
Per
questo amo così tanto il fare marziale,
purché
praticato in chiave artistica e non meccanica, imitativa.
Per questo comprendo e
giustifico gli allenamenti / addestramenti con pesi, kettlebell e ghisa per chi
voglia rapidamente raggiungere prestazioni agonistiche, sportive, di livello, modo
certo più rapido di un percorso di crescita artistica interiore (Neijia /
Naido). Praticanti /atleti legittimamente interessati unicamente alla
performance sportiva, alla coppa o a un titolo di campione e non alla pratica
artistica e tantomeno alla personale crescita interiore.
Questo è pure comodo modo alla portata di chi
legittimamente non è interessato a sapere di sé e del suo posto nel mondo ma
piuttosto ad ottenere una cintura nera, un grado “superiore”, una muscolatura
possente, la conoscenza di cento forme e mille tecniche (waza),
purché non pretenda che io, o altri artisti del Neijia / Naido
gli riconosciamo la figura di praticante, di esperto, di una qualsivoglia Arte
che si richiami al lavoro interno, qualsiasi nome ad essa appiccichi.
1. 1. Masso-fisioterapista
ed osteopata, ideatore del ‘Movimento Biologico’
2. 2. "Vedere"
deriva dal latino "vidēre", indica la percezione visiva, la capacità
di percepire immagini e oggetti con la vista. "Guardare", invece, ha
origine dal germanico "*wardōn" (o "*werdōn"), che
significa "osservare, stare in guardia, proteggere", e implica un
volgere lo sguardo attivo, intenzionato e coinvolgente consapevolmente la sfera
emozionale.
3. 3. Una
concezione generalmente diffusa, ancorché grossolana, definisce le Arti
Marziali esterne basate sulla forza muscolare, mentre le Arti Marziali interne
sulla trasmissione del Ki, energia interna. Senza dilungarmi
oltremodo, personalmente intendo, per “interno”, il formarsi attraverso il
sistema parasimpatico e non quello simpatico, l’attivazione della muscolatura
profonda, dei tendini e del sistema mio-fasciale in sinergia con il campo
emozionale, ovvero una pratica consapevolmente fisicoemotiva, fino al
coinvolgimento degli organi interni; il tutto volto, attraverso l’esperienza
dello scontro, del conflitto, alla conoscenza e al miglioramento di sé e
dell’ambiente circostante. Dubito fortemente che qualsiasi Arte Marziale priva
di queste caratteristiche, anche se la si etichetti nel quadro delle Arti
“interne”, possa definirsi tale e possa consentire al praticante di percorrere
correttamente e sensatamente il percorso dal Bujutsu (il
combattere per sopravvivere) al Do (il vivere individuo
autodiretto, entusiasta, erotico, attore propositivo all’interno di una
comunità).
4. 4. Ogni
percorso immaginativo si sostanzia sempre di un movimento fisico ben preciso ed
attuato investendo correttamente catene cinetiche, torsioni articolari e
spirali, senza le quali si tratta solo di … vaneggiamenti!!
5. 5. Andrea
D’Arata ‘Immaginazione motoria: basi neuro – fisiologiche e applicazioni’
presso Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale. 2016
6. 6. Tra
gli altri, Alessandra Calcinotto ‘Valutazione degli effetti dell’immaginazione
ideomotoria attraverso l’elettromiografia di superficie’ in Scienza e
Movimento. Gennaio – Marzo 2015
7. 7. “prima
viene l’immagin’azione e poi la visione dipendente da una vista che percepisce
influenzata da immagini già acquisite, sia pure ancestralmente” (S.
Guerra Lisi & G. Stefani ‘Il corpo matrice di segni’)
8. 8. “La
consapevolezza interiore aumenta l'efficienza fisica, che a sua volta permette
di migliorare la tecnica. Stiamo quindi parlando di una tecnica che scaturisce
dall'interiorità verso l'esterno, anziché seguire il percorso inverso” (J.
Whitmore ‘Coaching’. Citato in https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/le-tre-qualita-che-fondano-una-buona.html)
9. 9. “La
fenomenologia è una corrente di pensiero che si occupa dello studio
dell’esperienza vissuta, ovvero di come le cose appaiono alla coscienza umana.
Oltre che alla filosofia, la fenomenologia può essere accostata ad altre
discipline che si interessano dei fenomeni della vita, come la psicologia, la
sociologia, la pedagogia e l’antropologia. Queste discipline, infatti, si
basano sull’analisi dei modi di essere e di agire degli individui e dei gruppi
sociali, cercando di cogliere il senso e il significato delle loro esperienze.
La fenomenologia, quindi, offre un metodo e una prospettiva per esplorare la
realtà umana in tutte le sue sfaccettature, senza ridurla a schemi astratti o a
leggi universali” (https://www.ilpensieromediterraneo.it/la-fenomenologia-cose-in-definitiva/)