lunedì 30 giugno 2025

Tai Chi Chuan e Taiki Ken tra gli alberi

 



L’asd DAO -Spirito Ribelle (già ZNKR), prosegue la sua opera di divulgazione gratuita dell’antico Sapere Taoista e del Movimento Intuitivo nelle aree verdi di zona quattro in Milano.

Nel mese di Luglio, un docente sarà presente per coinvolgere nella pratica chiunque voglia cimentarsi in queste affascinanti arti del corpo in movimento.

Per conoscere in quali giardini, con data ed orario, è sufficiente scrivere a

tsantambrogio@yahoo.it

Sarà, inoltre, possibile concordare incontri per singole persone o piccoli gruppi dove e quando sarà loro più comodo.

Non è richiesto alcun contributo economico, alcuna quota di partecipazione.

Il corpo non è una cosa che abbiamo, 

ma un’esperienza che siamo”

(C. Caldwell)


 


 


lunedì 23 giugno 2025

La saggezza del Maestro Wang Xiang Zhai: Antichi insegnamenti per il mondo moderno

 



Quattro proposte di esercizi, di movimenti, di “danza”, secondo gli insegnamenti del fondatore dello Yi Quan, da praticarsi da fermi o in movimento.

Attenzione: Come al solito,

importante è il “cosa” si fa, ma

ancor più importante è il “come”.

Imitarli per come si vedono non è il praticarli. Praticarli richiede una gestualità costruita sulle onde cinetiche, le spirali e le torsioni; alcuni accorgimenti quali l’opposizione corpo / bacino ed arti, unica in grado di costruire un corpo e delle percussioni “a molla” ed altro ancora. Praticarli allo Spirito Ribelle.

Comunque, ecco a voi La Gru o Gru bianca; il Serpente curioso o sorpreso; il Drago; la Grande Onda.

E per chi volesse saperne di più sul rapporto

tra antiche pratiche marziali e mondo moderno ….

Introduzione

Al Maestro Wang Xiang Zhai (1885 – 1963) si deve la creazione dello Yi Quan / I Chuan. E’ generalmente considerata arte di sintesi e radicale trasformazione di arti e pratiche salutistiche e di combattimento secondo il Maestro cadute in disgrazia in quanto fossilizzatesi e sclerotizzate formalmente con conseguente perdita delle peculiarità salutistiche e combattenti. Secondo Il Maestro Tokitsu “Mi sembra più corretto pensare che Wang Xiang Zhai abbia fondato il moderno Yi Chuan negli anni Venti sulla base dell’antico Yi Chuan le cui radici risalgono a più di 2500 anni fa”. (K. Tokitsu ‘Yi Chuan. Metodo energetico di Wang Xiang Zhai’).

Dalla sua creazione, il Maestro Kenichi Sawai (1903 – 1988) ha fatto nascere il Taiki Ken, l’arte che noi pratichiamo qui, allo Spirito Ribelle.

1.     Che c’azzecca una pratica marziale antica con l’oggi,

con il nostro vivere quotidiano

nel terzo millennio?

C’azzecca eccome. A cominciare dal recupero di una profonda pratica corporea.

Scrivo da anni di come il corpo e la corporeità purtroppo siano letti con una concezione alienata del corpo: non Leib, corpo vissuto, abitato, ma Korper, corpo oggetto.

Per non ripetermi e fare solo qualche esempio:

  • I corpi contemporanei non sanno nemmeno dove si trovano: fisicamente stanno in un posto ma la loro consapevole presenza è altrove. Seduti in metropolitana, inchiodati allo schermo del cellulare o a camminare per strada l’udito totalmente avvolto da musica o podcast, non odorano, non gustano, non odono, non sperimentano i loro sensi, potrebbe persino camminare loro accanto un enorme unicorno rosa e nemmeno se ne accorgerebbero e, nell’eventualità, si affretterebbero a filmarlo per postarne le immagini sui social.
  • Sui social non è importante la persona, ma il suo profilo, che è sempre materia di manipolazione. E proprio grazie ai social si può comunicare senza mai confrontarsi di persona.
  • Il corpo, con la pratica diffusa dei tatuaggi, è diventato una sorta di cartellone pubblicitario che raccoglie insulsaggini, errori e sgorbi di ogni genere, dall’acquiescenza alle mode con gli anni del tribale sul polpaccio alle scritte in lingue incomprensibili al soggetto (si va di fiducia!!), dalle frasi motivazionali a versi di poesie del tutto avulse dal contesto, dalle immagini aggressive di animali feroci tatuati sul corpo di innocui e titubanti studenti ed impiegati ai toraci scarabocchiati a tal punto da ricordare i banchi di scuola della nostra adolescenza. Disordinato vaniloquio a mostrare narcisismo incontinente quale coperta di Linus di insicurezza tardo adolescenziale?

D’altronde, una persona che di successo se ne intende, ebbe a dire di sé e del suo essere priva di tatuaggi: “Mettereste mai un adesivo su una Bentley?”. Quante Panda vecchie ed obsolete, Fiat Cinquecento truccate Abarth, Opel smarmittate ridondanti di fanali circolano, mostrando adesivi di ogni genere per nascondere (non accettare, non saper valorizzare) quello che sono e invece apparire altro da sé!!

Ecco, riappropriarsi di una pratica corporea che si basa sulla consapevolezza, sull’immaginazione (vedi il mio https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/corpo-e-immaginazione-le-pratiche.html), sulla spontaneità dell’agire, è davvero coraggiosa e salutare pratica salvifica contro il debosciato mondo di non – corpi che ci circonda: “ L’Occidente ha abdicato all’esplorazione coraggiosa dell’esistenza: Il corpo esce da sé non per entrare in altri mondi ma per sottrarsi a questo in cui si sente così spiazzato” (W. Siti ‘C’era una volta il corpo’).




2. La Filosofia di Wang Xiang Zhai

Il Maestro propose la sua Arte con modalità estremamente sovversive: Dalla grande attenzione data alle posizioni statiche (che statiche non sono), al rifiuto di gestualità codificate, alla ricerca di un atteggiamento vigile ed attento all’ambiente, interno ed esterno, ovvero non reagire, che è una risposta obbligata ad uno stimolo, ma capacità di interpretare quello stimolo agendolo di conseguenza. Altro che “Pugilato dell’Intenzione”, questo è proprio “Pugilato della spontaneità”. Altro che ripetizioni a raffica, che sono pure un tratto ossessivo compulsivo, ma personale ed appassionata ricerca di una propria strada corporea e motoria.

Assurge ad importanza fondamentale (Hon) la sensibilità, l’adattabilità e la consapevolezza nel movimento che è consapevolezza di pensiero.

 


3. Applicazioni nella Vita Quotidiana

La pratica dello Yi Quan (e del Taiki Ken), come la intendiamo qui allo Spirito Ribelle, si basa sull'idea che il corpo sia integralmente tale, ovvero comprensivo della mente. Non si tratta di unire mente e corpo perché sono già un’unica realtà. Noi enfatizziamo l'importanza della percezione interna, piuttosto che della forma esteriore.

Sosteniamo che la forza migliore non origini dalla tensione muscolare, ma dalla capacità di armonizzare tra di loro tutti i componenti del corpo, nessuno escluso. Dunque, ancor prima che la muscolatura superficiale, l’attenzione e la cura è posta alla muscolatura profonda, al tessuto miofasciale, ai tendini, alle articolazioni, fino agli organi interni e al registro emozionale.

Questo approccio, traslato nella gestualità quotidiana, comporta l’essere presenti in ogni azione (l’esserci nel qui ed ora), la gestione dell’ansia, l’uso corretto del mondo emozionale, l’adesione ad uno stile di persona che sia vitale ed erotica. Questo è davvero allenarsi (ma per noi è “formarsi”) h 24, proprio perché la pratica corporea, fisicoemotiva marziale, diviene consapevole pratica di vita.

Questo è un approccio olistico alla salute, dove il movimento Yi Quan / Taiki Ken diventa un potente mezzo per coltivare la serenità interiore e la coraggiosa presenza nel mondo.



4. Yi Quan / Taiki Ken e qualche domanda per saper stare bene

nel mondo moderno

  • Sei consapevole della tua postura, di come respiri, di cosa e come metti in atto per avviare il tuo muoverti nello spazio?
  • Stai attento ad evitare movimenti rigidi e forzati, trovando, invece, uno scorrere fluido ed aggraziato ascoltando le sensazioni di te – corpo?
  • Quando agisci, sei sempre presente in ogni tuo movimento?
  • Sai muoverti stando sul terreno dei diversi ritmi richiesti o ti fai sopraffare dall’ansia e dalla fretta?



 

Conclusione

Credo che chi pratichi Yi Quan / Taiki Ken nel modo succitato e faccia del praticare marziale un modo di vita quotidiano si ponga autorevolmente fuori dalle logiche distorte ed aberranti che oggi imperversano. Sarà presente di corpo, corpo fisicoemotivo, in ogni suo agire, in ogni sua relazione. Prenderà contatto con il sé corpo allontanando, almeno per se stesso, il tristo futuro che ci attende tra corpi deboli perché logorati dal contrastare ossessivamente la debolezza, corpi in difficoltà nel sapersi riprodurre, corpi perennemente alienati dalla relazione fisica con l’altro da sé, corpi incapaci di percepire lo spazio e il movimento nello spazio, corpi estranei alla consapevolezza emozionale ed alla educazione sentimentale, corpi esibiti per piacere, corpi – cosa.

 

 

 

sabato 21 giugno 2025

L’intelligenza del corpo: Viaggio tra Movimento, Propriocezione e Arti Marziali



Esiste il sesto senso?

Certo che esiste e noi esseri umani siano predisposti in un certo qual modo a percepire che qualcosa sta per accadere e a comportarsi di conseguenza. Qualcuno la chiama intuizione’.

Certo che esiste e fuor di sproloqui di fantasia, mistici o new age, è ben identificabile con la propriocezione.

Propriocezione origina dal latino (proprium – proprio) e significa “intercettazione di segnali propri”, originati da strutture proprie. I segnali propriocettivi nascono infatti dai sensori che abitano i muscoli, i tendini e le articolazioni ed esprimono il canale sensoriale più rilevante.

Sono segnali in contatto col cervello rettile, le parti più antiche del sistema nervoso (midollo spinale, tronco dell’encefalo e parte primordiale del cervelletto) che operano sottotraccia rispetto ai livelli di coscienza (sottocorticali)

La propriocezione è dunque un “sesto senso” del corpo: La capacità di percepire la posizione e il movimento di articolazioni e muscoli senza doverli guardare.

Nelle pratiche di movimento, nelle Arti Marziali,

quanto è importante la propriocezione, ovvero il sesto senso?

Proprio perché i segnali propriocettivi si concludono nel cervello cosiddetto profondo, le parti primitive del sistema nervoso, essi sono deputati alla fluidità, alla precisione dei movimenti, alla gestione dell’equilibrio.

Tutte pratiche di corpo e movimento generalmente:

  • obsolete nella vita quotidiana, dove camminiamo su marciapiedi lisci e gridiamo allo scandalo per ogni buca o dislivello; saliamo e scendiamo (quando non prendiamo l’ascensore!!) scale e scalini ben uniformi; guidiamo l’automobile su strade perfettamente asfaltate ecc.
  • trascurate nelle pratiche fitness che di volta in volta la moda ci propone nei supermercati del corpo esibito e impegnato sempre e comunque su pavimenti lisci, salendo e scendendo da un gradino (step) con la stessa altezza, allenandosi in attività cicliche (ovvero gesti uguali ripetuti e ripetuti e ripetuti…), usando macchine che isolano i muscoli coinvolti impedendo così un coinvolgimento globale, pedalando su biciclette fissate al pavimento dunque prive di ogni tensione alla ricerca dell’equilibrio, ecc.
  • dimenticate nella gran parte delle pratiche marziali dove si usa imitare un gesto comandato e mostrato e ripeterlo all’infinito sempre uguale a se stesso, spostandosi su parquet, tatami e comunque sempre superfici lisce e piatte.

Chiunque si occupi di salute e prevenzione non può trascurare

il ripristino delle funzioni del cervello ‘profondo’.





Infatti ha poco senso aspirare ad una vita più lunga se questo prolungarsi non si accompagna ad una buona salute che è anche “efficienza da un punto di vista motorio (e psichico – relazionale)” ed una indagine che tenga conto di “una età media biologica di ‘funzionalità motoria’ che ne qualifichi il livello di efficienza”. (1)

Tutto questo mentre la qualità del nostro agire quotidiano è vieppiù minata da una deficienza motoria sempre più marcata, dato riscontrabile e ampiamente riscontrato nelle nuove generazioni (2) probabilmente le più indifese davanti alle innovazioni tecnologiche, capaci di fare della pigrizia e della passività uno stato abituale.

Pensiamo solo, come ci fa notare Dario Riva (3) nel suo eccellente “Ghepardi da salotto” alle ossa che si rinnovano ogni anno, tanto che, per esempio, le ossa che abitano un cinquantenne non sono le stesse di quando avrà settant’anni. L’inevitabile scadere della loro qualità sarà maggiore o minore soprattutto in relazione al cibo con cui ci si è nutriti e all’attività motoria, la quantità ma soprattutto la qualità della stessa. Pratiche motorie di equilibrio, condotte in situazioni di instabilità, con una incessante diversificazione e modulazione delle forze messe in atto per affrontare la forza di gravità, dipanano un’azione rimodellante come farebbero “le mani di un vasaio che lavorano la creta al tornio”. (4)

Massima attenzione, per esempio, alla muscolatura profonda la cui efficienza consente di muoversi abilmente e fluidamente, di contrastare abilmente situazioni di squilibrio accidentale o imposto, e pure di rimodellare le ossa. 

L’importanza fondamentale (hon) nelle pratiche marziali

Nelle Arti Marziali occuparsi di propriocezione che, come abbiamo visto, è agire fluidamente ed efficacemente (vedasi il mio https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/le-tre-qualita-che-fondano-una-buona.html) è abitare il “sesto senso”, è attingere alle risorse istintuali del cervello “profondo”, costituisce una parte fondamentale nella formazione di ogni praticante.

Questa abilità fondamentale opera su più livelli:

  • Controllo del corpo: Migliora l’equilibrio, la coordinazione e la stabilità, elementi essenziali per eseguire tecniche precise e fluide anche in condizioni di crisi e di stress fisicoemotivo quale è uno scontro.
  • Reattività e adattamento: Aiuta a percepire ed agire rapidamente ai cambiamenti di posizione, sia propri che dell’opponente cercando subito le soluzioni migliori.
  • Prevenzione degli infortuni: Una buona propriocezione consente di correggere movimenti sbagliati prima che diventino lesivi per la salute del praticante.
  • Consapevolezza marziale: Sviluppa una connessione profonda tra le vari parti del corpo tutto, amplificando la capacità di percepire il combattimento, non solo di vederlo o pensarci.



 Qui allo Spirito Ribelle, ormai da alcuni decenni, facciamo della propriocezione un compagno di viaggio assiduo. Lo facciamo sia dedicando domande (5) che koan zen fisicoemotivi, corporei, adatti allo scopo in ogni momento della formazione o anche praticando in condizioni di instabilità quali l’uso di superfici instabili, gli occhi chiusi, le improvvise pressioni e spinte / trazioni di un compagno. Da quando, poi, abbiamo scelto di praticare all’aperto per tutto l’anno o quasi, il lavoro di affinamento ed approfondimento della propriocezione si è fatto dii standard elevato; pensiamo solo al terreno irregolare di un parco, agli elementi di disturbo e distrazione presenti in un luogo pubblico, alle numerose ed imprevedibili sollecitazioni sensoriali.

No alla ripetitività, all’omologazione dell’“uguale per tutti”, alla ricerca della copia perfetta; ad una pratica che investa l’attività multipla e simultanea, l’intelligenza del corpo, quella fisicoemotiva; convinti che più offri variabili, fino anche a creare disordine dentro di te, più ti evolvi allo scopo di muoversi bene, muoversi meglio, muoversi a lungo.

Dunque, per ogni praticante intelligente di movimento, certo, ma anche e forse più per ogni artista marziale, quanto sopra DEVE essere materia masticata sempre.

“Come dimostrano lo studio della percezione e le neuroscienze moderne, ogni stimolo che si ripete con costanza riduce gradualmente il proprio effetto a causa dell’assuefarsi dell’organismo allo stimolo stesso”.

(G. Nardone)

 

1. D. Riva, medico chirurgo, specializzato in pediatria e medicina dello sport, esperto di movimenti antigravitari ed entropia del movimento, in ‘Ghepardi da salotto’.

2. In “Current Sports Medicine” December 2023, citato da Fanpage Dicembre 2024. Le nuove indicazioni nazionali 2025 a cura del Ministero dell’Istruzione e del Merito, citato in Orizzontescuola Giugno 2025

3. La prima edizione di questo eccellente libro è del 1966. Giunto recentemente (2018) alla quarta ristampa, mantiene tutt’ora l’intelligenza della ricerca e l’acume nelle proposte.

4. Ibid

5. Per esempio, uso la "informazione d'anticipo". Chiedo ad un allievo "Al prossimo gancio che porterò alla mascella, ti chiederò quale componente del movimento di schivata che devi fare per evitarlo ti crea maggiore disagio, maggiore difficoltà". In questo caso, sto equiparando la sensazione di fluidità nel movimento e l'efficienza biomeccanica, dal che consegue che qualsiasi inefficienza biomeccanica verrà sperimentata come una sensazione di disagio localizzata nel punto interessato dal movimento. Mille volte meglio che correggere io o fargli ripetere e ripetere sperando che impari!!




 

giovedì 19 giugno 2025

Muoversi come Acqua: Il fascino e il potere del Pa Kwa / Hakkeshou

 



Liquido, flusso, fluire … continuo, corrente … gravità, discendente, immersione, sprofondare… massa, informe … avvolgente, sinuoso … adattabile, aderente … onda, cerchi, mulinelli …

L’andamento Acqua è sinusoidale, metamorfico, avvolgente, capace di disegnare su qualsivoglia forma psicofisica. E’, come ricordano Stefania Guerra Lisi e Gino Stefani, il Viandante d’Acqua, capace di dilatare, sospendere, velocizzare, franare, giocare con il Tempo e che in stati di coscienza espansa sa scivolare sull’Acqua rincorrendo la sua melodica aspirazione verso il Viandante d’Aria.

Come già scrissi, e a qualcosa varrà pure quasi mezzo secolo di pratiche corporee e motorie come di pratiche artistiche marziali, l’Acqua ovunque appare, mostra la tendenza ad assumere la forma sferica. Avvoltola la Terra come corpo cosmico sferico e circonda ogni cosa con un sottile strato. Cadendo come goccia d’Acqua barcolla intorno alla forma sferica; come rugiada distintasi nella notte, modifica un manto erboso in un cielo stellato di luccicanti sfere d’acqua.

Il Pa Kwa (Bagua) è un'arte marziale cinese basata sui principi taoisti e sugli otto trigrammi dell'I Ching. Hakkeshou è la versione giapponese, adattata con influenze locali ovvero delle diverse minuscole e frammentate Arti che abitavano le isole di Hokkaido, Honshu, Shikoku e Kyushu.

Impossibile, a voler essere onesti e a non millantare documentazioni inesistenti, datarne esattamente luogo, data di nascita e Maestro o Maestri creatori.

Mi piace, piuttosto, scriverne così, citando il Maestro Erle Montaigue nel suo ‘Baguazhang. The complete system; volume one’: “Si dice che il Baguazhang sia la sorella del Tai Chi Chuan, la madre dei tre sistemi interni. È una delle più recenti arti marziali/salutistiche cinesi del sistema interno e racchiude il meglio delle arti marziali Shaolin, così come il meglio delle arti di combattimento del Buddhismo o Taoismo. La sua complessità è enorme e permette di scoprire continuamente nuove tecniche all'interno delle complesse posture e movimenti che si uniscono per formare il sistema che chiamiamo forma o kata del Baguazhang

(la traduzione dall’inglese è mia).

La sua particolarità più evidente balza subito all’occhio: Camminata e movimenti circolari in cui mai, dico MAI, si è fermi.


Questa è per me la discriminante assoluta: Ho visto praticanti abilissimi, elastici, sinuosi, mille e mille volte più capaci di me, muoversi nella camminata in cerchio caratteristica del Pa Kwa / Hakkeshou, e praticare eleganti e fluidi cambi di mano e direzione ma farlo stando fermi nello stesso identico posto. Con tutta la mia ammirazione per le loro abilità, che invidio tantissimo, sono convinto che ogni cambio di mano, ogni simulata di percosse e leve articolari e proiezioni per essere autentico Pa Kwa / Hakkeshou debba essere SEMPRE effettuato spostandosi nello spazio. Altrimenti non è Pa Kwa /Hakkeshou, che è Arte del movimento continuo come metafora fisica, carnale, dell’interpretare la vita, il vivere, come eterno movimento.

Anche per questo, unitamente alla mia concezione sobria delle Arti Marziali (a questo proposito, leggere il mio https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/le-tre-qualita-che-fondano-una-buona.html) la versione che io propongo del Pa Kwa / Hakkeshou è estremamente essenziale: Otto animali, otto cambi di mano semplici ed otto complessi; questi ultimi vanno a costituire la “forma” Pa Kwa / Hakkeshou praticata allo Spirito Ribelle.

All’interno della pratica, con l’intelligenza motoria e la sensibilità tipiche di quest’arte, vivono specifici giochi di coppia di “mani che premono” (i push hands), sono occultate alcune particolari posture di Chi Kung, sono esercitate alcune sequenze di Dim Mak, l’arte di colpire i punti vitali, vengono studiati ritmi di respirazione diversi a seconda dell’animale praticato e dello scopo fisicoemotivo ricercato, si trovano collegamenti con il tesoro di antico sapere che è il libro dell’I Ching. Mica poco!!

Propongo una sintesi, insomma, tra l’approccio cinese Pa Kwa, strettamente legato alla filosofia taoista e alla trasformazione energetica attraverso il movimento, e quello giapponese Hakkeshou, più pragmatico e orientato al combattimento.

Cerco una pratica realistica, potente, efficace ed appassionante.

Cerco di stare bene, di stare meglio.

 

L’Acqua è l’elemento associato al Pa Kwa / Hakkeshou. In Natura una sorgente d’Acqua che sgorga non si ferma davanti ad alcun ostacolo sia esso roccia o legno: lo elude, lo leviga, solca un tracciato di opportunità, nel senso etimologico di ‘portare (verso)’ tutta se stessa con le proprie qualità, di accomodamento liquido a qualunque forma, di penetrazione flessuosa, di tenacia corrosiva anche della dura roccia verso l’obiettivo, che sia valle, fiume o mare. Smussamento inarrestabile di ogni rigidità, di ciò che si è indurito oltre misura nell’illusione di restare immutato e durare nel tempo.

Così, tanto essa trasforma ciò che incontra lungo il suo percorso, quanto si trasforma essa stessa, senza però mai ricusare l’obiettivo.

Autentico percorso di crescita, conoscenza e trasformazione per individui che si vogliano autodiretti, entusiasti, vitali ed erotici. Autentico Spirito Ribelle.

“Scorre il torrente,

mani danzano leggere,

eco nel vento”

(Anonimo)

 


 

 

 








 

venerdì 13 giugno 2025

Corpo e immaginazione: Le pratiche somatiche tra l’immaginario del Taiki Ken e di Bachelard. Ovvero del perché di sollevare manubri, kettlebell e ghisa non mi importa nulla

“Il Movimento non ha uno scopo ma un Senso.

Lo scopo si trova fuori di noi, il Senso dentro di noi”

(S. Spaccapanico Proietti) (1)

1. Introduzione: L'Immaginazione Come Strumento        Corporeo


Gaston Bachelard , filosofo (1884 – 1962) definisce la reverie come una forma di immaginazione aperta e contemplativa, un esplorare della mente che si libera dalle costrizioni della logica e della razionalità. Diversamente dal sogno, che spesso segue percorsi involontari, la reverie è un'attività poetica e creativa, in grado di ampliare la percezione sensibile e di arricchire l'esperienza estetica.

Nell'esperienza sensibile, la reverie consente una connessione profonda con il mondo circostante, trasformando elementi quotidiani in oggetti di meditazione poetica, capaci di farci approdare a stati di coscienza espansa. Attraverso questa dimensione onirica della coscienza, Bachelard evidenzia come la sensibilità e la percezione umana possano essere elevati dall'immaginazione, creando un dialogo intenso tra il soggetto e il suo ambiente. In questo senso, la reverie diventa un ponte tra realtà e sogno, tra percezione e emozione, tra il vissuto e il possibile.

Citando ed amplificando un suo esempio: Nel guardare (non vedere, ma guardare. 2) il ramo di un albero, trascuriamo la forma esteriore per immedesimarci nella forza di torsione dello stesso, il suo sforzarsi di evadere dal tronco per esplorare l’ambiente attorno, oppure nello sforzo del tronco di trattenere l’evadere del ramo, oppure ancora nella spinta, nella propulsione del tronco ad indirizzare il ramo all’esterno. Sarà la sensibilità dell’osservatore, l’esperienza carnale da lui vissuta in quel momento, a privilegiare l’uno o l’altro aspetto.

La reverie di Gaston Bachelard, intesa come fantasticheria poetica e stato di coscienza espansa, trova ampie affinità nella concezione taoista, soprattutto nella visione della spontaneità e della contemplazione naturale.

Nel Taoismo, il principio del wu wei ovvero l'azione senza sforzo, richiama l'idea di una rêverie fluida e naturale, dove la mente si lascia trasportare senza costrizioni. Inoltre, lo Zhuangzi (Zhuang Zhou), (uno dei testi fondamentali del Taoismo), descrive stati di coscienza simili alla rêverie, in cui il pensiero si libera dalle strutture rigide della logica e si apre a una percezione intuitiva del mondo.

Ad esempio, nel sogno della farfalla di Zhuangzi, il filosofo racconta di aver sognato di essere una farfalla e, al risveglio, di non sapere più se fosse un uomo che aveva sognato di essere una farfalla o una farfalla che stava sognando di essere un uomo. Questo paradosso esprime una visione della realtà simile alla rêverie bachelardiana, dove il confine tra immaginazione e realtà si stempera e l'immaginazione diventa un mezzo di esplorazione esistenziale.

Due culture diverse per ambiente ed epoca storica, eppure simili nell’approccio alla realtà

“Non vi sono solo fantasmi e spiriti nel mondo, vi sono fantasmi e spiriti entro il corpo”

(T. Cleary)



Il Taiki Ken, ma generalmente tutte le Arti Marziali che si definiscono “interne”: Neijia / Naido (3), se correttamente (e tradizionalmente) praticate, non possono non fondarsi sull’uso dell’immaginazione come l’abbiamo descritta nelle righe precedenti.

Immaginazione e visualizzazione, reverie, sono componenti fondamentali per sviluppare la consapevolezza corporea, fisicoemotiva, ed aumentare l'efficacia dei movimenti. Per esempio:

  • Immaginare l'energia interna: Il praticante visualizza il Ki (Chi, energia vitale) che scorre nel corpo, percependolo come un flusso continuo che guida i movimenti.
  • Visualizzare una forza elastica: Si immagina il corpo come una molla o un arco teso, pronto a rilasciare energia in modo spontaneo e naturale. Come ebbi già modo di scrivere in precedenti post, fisicamente si tratta di un corpo e di un bacino che lavorano in direzione opposta e contraria agli arti.(4)
  •  Simulare (non fingere, non pensare a, ma simulare) un combattimento: Attraverso la visualizzazione, si lavora per intuire le movenze dell'opponente e si sviluppa una risposta intuitiva, spontanea e fluida.
  • Connettersi con gli elementi della Natura: Diverse pratiche prevedono l'immaginazione di elementi naturali, come il vento o l'acqua, per costruire una forza pastosa, rendere i movimenti più armoniosi e adattabili, costruire un corpo forte e flessibile non solo nei muscoli superficiali ma coinvolgendo anche muscolatura profonda, tendini, tessuto connettivo e articolazioni. Su questo, ricordo, insisteva particolarmente il Maestro Sun Li, dello Iken, come il Maestro Tokitsu, dello Jiseido. Questi scrive: “Per quanto riguarda il rafforzamento (omissis) ho scoperto che potevo ottenere effetti simili (all’uso di carichi esterni) dagli esercizi con il metodo jia – jie: il prestito immaginario dell’yi chuan" (K. Tokitsu in’ Yi Chuan. Metodo energetico di Wang Xiang Zhai’)

D’altro canto, diversi studi scientifici esplorano il rapporto tra immaginazione e movimento, mostrando come la visualizzazione mentale di un'azione attivi circuiti neurali simili a quelli coinvolti nell'esecuzione reale, concreta, del movimento:

  • Una tesi dell'Università di Pisa analizza le basi neurofisiologiche dell'immaginazione motoria e le sue applicazioni nella riabilitazione e nello sport. Gli studi citati mostrano una forte correlazione tra azioni immaginate ed eseguite, con attivazione delle stesse aree corticali. (5)
  • Diverse riviste scientifiche hanno esplorato l'allenamento ideomotorio e il suo impatto sulla forza muscolare e sulla resilienza motoria. L'elettromiografia di superficie ha dimostrato che l'immaginazione di un movimento può generare segnali bioelettrici simili a quelli prodotti durante l'esecuzione reale. (6)

Insomma, pensiero taoista, pensiero filosofico occidentale, pratiche marziali cino-giapponesi, letteratura scientifica contemporanea, tutti concorrono ad evidenziare la capacità della pratica ideomotoria per migliorare le prestazioni fisiche.



2. La Materia dell'Immaginazione in Bachelard

La materia vissuta è un concetto che si intreccia profondamente con la dimensione sensoriale e immaginativa dell’esperienza umana: Non è solo materia fisica, ma materia percepita, interiorizzata e trasformata attraverso il vissuto soggettivo.

Immergersi in pratiche corporee rette da uno stato di reverie trasfigura il mondo materiale. In questo stato, non solo gli oggetti, gli ambienti non vengono più percepiti solo nella loro concretezza fisica, assumendo un valore simbolico e poetico, ma lo stesso agire fisico si arricchisce di una potente formazione fisicoemotiva, che investe tanto un rafforzamento fisico integrale, quanto dona ad ogni gesto una ricchezza emotiva personale. Se il Maestro Hiroo Mochizuki affermava che ogni umano flette l’avambraccio sul braccio e nessuno agisce il movimento opposto, facendo di questa affermazione geniale intuizione didattica nella diffusione del suo Yoseikan Budo (lo stesso gesto che è controdiretto e calcio diretto all’indietro è anche proiezione al suolo per spinta. Pare ovvio, ma è terreno ancora sconosciuto ai più a distanza di oltre mezzo secolo da questa geniale intuizione), possiamo aggiungere che lo stesso gesto “meccanico” ha significato e simboli diversi per ogni soggetto praticante. Questo comporta non solo l’importanza di una didattica ed una pedagogia / andragogia che tenga conto della soggettività dell’allievo, ma consente allo stesso, col tempo e la consapevolezza, la creazione di un suo stile particolare, unico, di gestualità e movimento.

Se una tavola di legno può diventare un frammento di ricordo infantile, una finestra aperta può evocare una nostalgia di libertà o un senso di vertigine, lo scatto del braccio avanti, l’evitamento del tronco, assumeranno contorni e un “senso” diverso per ogni praticante.

Attraverso la reverie, ogni gestualità si anima di significati, di memorie e di stati d’animo. La percezione del mondo fisico non è più solo oggettiva, ma si fa intima e sensibile, dando luogo a una forma di esperienza che è profondamente soggettiva, artistica. È un modo di abitare il mondo che trascende la pura funzione degli oggetti e delle azioni e che li trasforma in presenze vive, capaci di dialogare con la nostra interiorità.

“E’ il buco del centro (della ruota, del non essere) che la rende utile. Il vuoto del vaso lo rende utile. Porte e finestre, buchi della stanza, la rendono utile.

(Lao tzu)



3. L'Immaginazione Somatica nel Taiki Ken

Il Taikiken, Arte Marziale giapponese ispirata allo Yi Quan cinese, enfatizza il movimento naturale e l'intuizione corporea. Uno degli aspetti più affascinanti di questa disciplina è l'uso dell'immaginazione nella pratica marziale: il praticante non si limita a ripetere tecniche predefinite, ma sviluppa una sensibilità istintiva attraverso esercizi di visualizzazione e percezione interna.

Nel Taikiken, l'immaginazione gioca un ruolo chiave nel migliorare la fluidità e l'efficacia dei movimenti ed è pratica consolidata l’agire immergendosi in ambienti che, con varia intensità, contrastano ogni gesto rafforzando la percezione e la concreta efficacia meccanica: Camminare come se si fosse nel fango, sentirsi sospesi nell'acqua, affrontare folate di vento, fino alla creazione personale e personalizzata dei modi di “contrasto” esterni più consoni alla personalità di ogni singolo allievo.


Il Taikiken non impone schemi rigidi, ma invita ogni individuo a scoprire il proprio modo di muoversi, basandosi sulle proprie caratteristiche fisiche e mentali. Questo rende la pratica altamente personalizzata e profondamente connessa alla percezione interiore di ognuno.

Dunque, percepire la fluidità e la resistenza senza la necessità di un impatto reale, di un peso esteriore, ma agendo di corpo come se questi ci fosse. Sviluppare propriocezione, equilibrio e forza interiore attingendo ad un lavoro interno: Neijia / Naido. Altrimenti, che Arte Marziale interna sarebbe se il praticante utilizzasse pesi e manubri per potenziarsi fisicamente e marzialmente?

 



4. Conclusione: Un Corpo Artistico

ll legame tra il gesto immaginato e la rêverie bachelardiana si radica nella concezione di Gaston Bachelard e prima di lui dei taoisti, dell'immaginazione come forza creatrice e trasformativa. La rêverie, secondo Bachelard, è uno stato di coscienza sospeso in cui il pensiero si dimentica di sé e si lascia trasportare dalle immagini senza vincoli razionali.

“Tranquillità nel disturbo significa perfezione”

(Chuang tzu)

Il gesto immaginato, in questo contesto, può essere letto come un atto mentale che anticipa o evoca un movimento senza necessariamente compierlo fisicamente o, nel compierlo realmente, arricchito di presenze estranee, esterne, queste sì immaginate (non pensate, ma immaginate 7.) capaci così di trasformare l’attore in tutto il suo essere fisicoemotivo.

In una pratica siffatta, il gesto diventa un'esperienza artistica e sensoriale, un modo per abitare il possibile e dare forma a mondi interiori, il terreno per creare una personale gestualità dall’interno verso l’esterno (8) e non viceversa, come accade generalmente nei masticatori di arti e stili e tecniche imparate copiando, memorizzate ripetendo, ed apprese con l’addestramento da fonti imposte, da quella che è l’autorità del momento.

E’ chiaro che la rêverie non è un sottrarsi alla realtà, ma anzi un modo per intensificare la percezione e arricchire l'esperienza. Il gesto così vissuto si inserisce in questa dinamica come un atto che non solo prefigura l'azione, ma la trasforma in un'esperienza estetica e artistica.

Il corpo è lo strumento attraverso cui percepiamo e interpretiamo il mondo. Non è solo un mezzo meccanico, ma un veicolo sensoriale e poetico che ci permette di costruire la realtà attraverso l’esperienza diretta.

“L'uomo vero respira dai talloni”

(Chuang Tzu)

La fenomenologia (9), nelle sue diverse correnti, ha evidenziato come il corpo sia radicato nella percezione e nella relazione con lo spazio, rendendo la realtà non un dato oggettivo, ma un fenomeno vissuto. La sensibilità corporea diventa così un atto creativo, un modo di dare forma al mondo attraverso il movimento, il tatto, la postura e il respiro.

Se nelle diverse arti figurative, nella letteratura, il corpo è sovente rappresentato come un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra il concreto e il simbolico, a maggior ragione nelle pratiche in cui è esso stesso ad esprimersi si trova il terreno di caccia per esperienze di stati di coscienza espansa, di contatto sottile con il mondo “dentro” di noi quanto “altro” da noi.

Per questo amo così tanto il fare marziale,

purché praticato in chiave artistica e non meccanica, imitativa.

Per questo comprendo e giustifico gli allenamenti / addestramenti con pesi, kettlebell e ghisa per chi voglia rapidamente raggiungere prestazioni agonistiche, sportive, di livello, modo certo più rapido di un percorso di crescita artistica interiore (Neijia / Naido). Praticanti /atleti legittimamente interessati unicamente alla performance sportiva, alla coppa o a un titolo di campione e non alla pratica artistica e tantomeno alla personale crescita interiore.

Questo è pure comodo modo alla portata di chi legittimamente non è interessato a sapere di sé e del suo posto nel mondo ma piuttosto ad ottenere una cintura nera, un grado “superiore”, una muscolatura possente, la conoscenza di cento forme e mille tecniche (waza), purché non pretenda che io, o altri artisti del Neijia / Naido gli riconosciamo la figura di praticante, di esperto, di una qualsivoglia Arte che si richiami al lavoro interno, qualsiasi nome ad essa appiccichi.

 

1.   1.   Masso-fisioterapista ed osteopata, ideatore del ‘Movimento Biologico’

2.     2"Vedere" deriva dal latino "vidēre", indica la percezione visiva, la capacità di percepire immagini e oggetti con la vista. "Guardare", invece, ha origine dal germanico "*wardōn" (o "*werdōn"), che significa "osservare, stare in guardia, proteggere", e implica un volgere lo sguardo attivo, intenzionato e coinvolgente consapevolmente la sfera emozionale.

3.     3Una concezione generalmente diffusa, ancorché grossolana, definisce le Arti Marziali esterne basate sulla forza muscolare, mentre le Arti Marziali interne sulla trasmissione del Ki, energia interna. Senza dilungarmi oltremodo, personalmente intendo, per “interno”, il formarsi attraverso il sistema parasimpatico e non quello simpatico, l’attivazione della muscolatura profonda, dei tendini e del sistema mio-fasciale in sinergia con il campo emozionale, ovvero una pratica consapevolmente fisicoemotiva, fino al coinvolgimento degli organi interni; il tutto volto, attraverso l’esperienza dello scontro, del conflitto, alla conoscenza e al miglioramento di sé e dell’ambiente circostante. Dubito fortemente che qualsiasi Arte Marziale priva di queste caratteristiche, anche se la si etichetti nel quadro delle Arti “interne”, possa definirsi tale e possa consentire al praticante di percorrere correttamente e sensatamente il percorso dal Bujutsu (il combattere per sopravvivere) al Do (il vivere individuo autodiretto, entusiasta, erotico, attore propositivo all’interno di una comunità).

4.     4. Ogni percorso immaginativo si sostanzia sempre di un movimento fisico ben preciso ed attuato investendo correttamente catene cinetiche, torsioni articolari e spirali, senza le quali si tratta solo di … vaneggiamenti!!

5.    5.  Andrea D’Arata ‘Immaginazione motoria: basi neuro – fisiologiche e applicazioni’ presso Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale. 2016

6.     6. Tra gli altri, Alessandra Calcinotto ‘Valutazione degli effetti dell’immaginazione ideomotoria attraverso l’elettromiografia di superficie’ in Scienza e Movimento. Gennaio – Marzo 2015

7.     7. “prima viene l’immagin’azione e poi la visione dipendente da una vista che percepisce influenzata da immagini già acquisite, sia pure ancestralmente” (S. Guerra Lisi & G. Stefani ‘Il corpo matrice di segni’)

8.    8.  La consapevolezza interiore aumenta l'efficienza fisica, che a sua volta permette di migliorare la tecnica. Stiamo quindi parlando di una tecnica che scaturisce dall'interiorità verso l'esterno, anziché seguire il percorso inverso” (J. Whitmore ‘Coaching’. Citato in https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/le-tre-qualita-che-fondano-una-buona.html)

9.    9.  La fenomenologia è una corrente di pensiero che si occupa dello studio dell’esperienza vissuta, ovvero di come le cose appaiono alla coscienza umana. Oltre che alla filosofia, la fenomenologia può essere accostata ad altre discipline che si interessano dei fenomeni della vita, come la psicologia, la sociologia, la pedagogia e l’antropologia. Queste discipline, infatti, si basano sull’analisi dei modi di essere e di agire degli individui e dei gruppi sociali, cercando di cogliere il senso e il significato delle loro esperienze. La fenomenologia, quindi, offre un metodo e una prospettiva per esplorare la realtà umana in tutte le sue sfaccettature, senza ridurla a schemi astratti o a leggi universali (https://www.ilpensieromediterraneo.it/la-fenomenologia-cose-in-definitiva/)