lunedì 23 luglio 2018

Lo Yao, energia vera



Aprire lo Yao, distendere lo Yao, “sentire” lo Yao.
Il corpo che danza, movimenti avvolgenti, spiraliformi.

La assaggio di corpo la certezza che lo spazio lo sto misurando in fremiti e sussulti della pelle, respiri e lente evoluzioni a spostare l’aria, ad attraversale l’aria attorno a me.
Impossibile mentirsi:  non c'è distinzione, non c'è nemmeno l'illusione di imparare per raggiungere uno scopo.

Gli anni, i decenni, sono passati e mi hanno cambiato. Mi chiedo “Davvero sono così diverso?
Non so come guardarmi in faccia, senza l’ausilio di uno specchio, ma i miei gesti, la mia pelle, parlano e sto imparando ad ascoltarli un po' più spesso.

Allora, sto Yao, che cazzo è?

A sentire i sinologi, anatomicamente non corrisponde affatto  alla localizzazione tipicamente “occidentale”, al di sopra del bacino nelle creste iliache.
Costoro, esaminando l’ideogramma cinese Yao nel suo complesso, dunque anche i tratti a destra e sinistra,
rimarcano l’associazione reni e tratto lombare: nella concezione cinese i reni sono tra i primi cinque organi, posizionati ancora più in basso e distinti come yin yin.
La teoria dei cinque elementi collega i reni all’acqua, quindi per analogia al cuore della notte, che spiega la luna rappresentata nel pittogramma. I reni e la sua entità psichica lo zhi (la volontà) sono il fondamento della vitalità e della volontà dell'individuo. Questo mostra perché lo Yao, che contiene la funzione energetica dei reni, può essere considerato come il motore del movimento nella pratica di Chi Kung e Tai Chi Chuan.

“Il motore”?!
Ma lo sento che il corpo ha motore, è motore, proprio in quella zona?

Non si tratta di volare, di sentire i “draghi rosa”, espressione dispregiativa tipica sulla bocca del Maestro Aleks quando tratteggia, sarcastico, la caratteristica comune a più di un Tai Chi o presunto tale.
Sento, so, che è più arduo restare coi piedi a terra e non avvizzire, non istupidirsi, tra una ginnastica lenta “per anziani” e un rigido simil-Karatte fatto al rallentatore, tra deliri onanisti e dotte polverose citazioni di testi antichi.

Pratico, mi muovo e ascolto i pensieri liberi che rifiutano di essere rinchiusi.

Come spesso mi accade, mi chiedo che ci faccio qui e mi rispondo che non faccio alcun rumore, niente chiacchiere, solo sangue caldo nelle vene e respiro dentro altro respiro.
Ribelli del mondo, passati e presenti, vi ritrovo dentro di me?!?!

Leggo che il Maestro Claudy Jeanmougin (http://www.lebambou.org/article-3274875.html)  va oltre la definizione di cui sopra. Egli aggiunge ancora due parti all’insieme reni / lombari. Vede lo YAO come un'unità comprendente l'iliaco (o pelvi), la colonna vertebrale lombare, il sacro e le articolazioni anca-femorali (fianchi). Questa “unità funzionale,” come la chiama, è fondamentale nell’agire Tai Chi Chuan. E lo spiega dettagliatamente fino a spingersi a parlare di “sinergia di movimenti”.

Lentamente, dolcemente, cuore e corpo in libertà.
Mi sento, mi trovo dentro e mi appassiono ancora ed ancora.
Mi scordo delle parole, delle dissertazioni  teoriche sullo Yao.
Solo mi muovo e penetro l’aria, l’attraverso e ne sono avvolto.

Figure femminili tra le ombre e gli schizzi di luce, rimbalzano e si perdono, si confondono.. chissà se è reale questo aroma di caffè che mi sale nelle narici … e io a volte sfilo furtivo altre, ahimè, ancora inciampo e mi trascino goffo e pesante come un sasso portato dalla corrente di un fiume capriccioso.

Tanto, ancora tanto lavoro, tanta pratica, di cui godere al momento per quel che sa darmi, di cui farmi testimone per i progressi a venire, quelli che mi attendono gesto dopo gesto, fluire ed arrancare, scivolare e barcollare …

Spirito Ribelle mai domo, a mani aperte verso di me, verso il mondo, verso chi vorrà condividere questa lunga, ininterrotta avventura. Io ci sono.






giovedì 19 luglio 2018

Un gruppo di cuore



C’è la Tradizionale “cena sociale”, che raccoglie, attorno a un tavolo del “Pepe Nero”, l’intera famiglia
Spirito Ribelle ZNKR.

C’è Davide, appena arrivato dopo un anno passato in India e prossimo a tornarci, in un viaggio di mistero e formazione adulta.
C’è Andrea, ad attenderlo l’Australia e il progetto di là trasferirsi e là costruire il suo destino.
C’è un guerriero, o una guerriera? (dopo pochi giorni sapremo che sarà “guerriero”),  che si prepara ad affacciarsi alla vita quotidiana, intanto si crogiola nel ventre di Ellis.
Ci sono Paolo, sempre vicino all’acciaio della Scuola con consigli e suggerimenti, ed il figlio Amos, sguardo vivace e un sorriso per tutti.
Con loro, ci sono gli allievi praticanti, chi ai corsi in Dojo, chi solo per i Seminari, chi al corso all’aperto nei giardini Marcello Candia.

Appunto, l’intera famiglia, l’intero clan Spirito Ribelle ZNKR.
Ognuno racconta, ognuno chiacchiera. Ognuno porta del suo a questa che è la festa di fine stagione.
Carni, pizze, birra e dolci.
Tante cose da raccontarci, che è sincera amicizia anche fuori dal Dojo.
E il gradito, alcolico, regalo che scarto emozionandomi, perché ne sento il sentimento che tutti i presenti vogliono comunicarmi.

Ma c’è anche la serata, voluta fortemente da alcuni, in cui trovarci tra praticanti a discutere di come stiamo praticando, di dove stiamo andando in questo nostro particolare percorso, unico nel variegato panorama marziale italiano.
Così, giorni dopo, siamo ancora insieme, al “Birra e Polpette”, e qui pensieri e parole vertono tutti sulle Arti Marziali.

Le domande sono tante, come le aspettative.
Le risposte sono ancor di più, percezione fertile di un terreno di caccia enorme ed abbondante, in cui la consapevolezza comprende cosa stiamo facendo, come lo stiamo facendo e cosa sta succedendo nell’insieme.
Si fondono gli elementi base per forgiare un corpo marziale ed un agire marziale, a partire dall’aprire (articolazioni, tessuto connettivo, muscolatura profonda), rilasciare ma non rilassare, sprofondare accettando la gravità terrestre per poi emergerne senza sforzo, riempire …
Un fluire che ha del magico e lascia scorrere, in cui ogni movimento è parte integrante del successivo.

La proposta dei Neri, in cui ognuno di essi può essere liberamente svolto con una “trasmissione” diversa, con un una serie di spirali che avvolgono il corpo proiettandolo nello spazio lungo diversi tragitti e dunque diverse applicazioni della stessa forza,
Le posizioni statiche, Ritsu Zen, lavorate sempre con l’immaginazione dentro e lungo il corpo.
Le strategie di base, quattro fondamentali e quattro secondarie, del Tai Chi Chuan.
Il gioco di scambio ed amalgama tra Terra, Acqua ed Aria.
Il lavoro sugli animali che, dopo gli anni in cui era racchiuso solo nel Chi Kung della “Scuola Improvvisa” come strumento terapeutico, è divenuto, ampliandosi ed arricchendosi di altri elementi, anche un lavoro di contatto con il terreno quanto di contatto con l’animalità presente in ognuno di noi; è divenuto stimolante fase di apertura per ogni incontro, in cui fluire, rotolare, strisciare, balzare, gattonare.
Qualche accenno, poi, sulla pratica con l’acciaio del katana, la spada dei samurai.
Ora che l’incontro a due con ritmo, spazio e tempo è divenuto prassi comune e già ci siamo avventurati nei combattimenti uno contro due, ci attendono esplorazioni nell’estrazione con la mano sinistra, nella pratica Nitten Ryu, spada lunga (Katana) e spada corta (wakizashi), nei duelli armi povere come jo (bastone corto) e sai (i piccoli tridente) contro katana. Sono gli allievi a scegliere  Nitten Ryu, allora, da Settembre, impugneremo due spade !

Domande e suggerimenti si rincorrono, tra gustose polpette e birra a volontà.
La Scuola, ancorché piccola, da tempo mostra grandi e forti segnali di rinascita, eccellente polo di pratica.

La qualità del fare, nei suoi indissolubili aspetti di
efficacia ed efficienza gestuale, autentico saper combattere;
come ineludibile preludio a
terapia e individuazione, autentico percorso di crescita e trasformazione;
salute fisicoemotiva, autentico equilibrio psicofisico;
è certa e sempre alla ricerca del meglio, tra Tradizione e contemporaneità.

Libero ed indomabile 
Spirito Ribelle.


“Imponi la tua sorte, tieni stretta la tua felicità e procedi verso il rischio”
(René Char)







mercoledì 4 luglio 2018

Il grano e la zizzania



 


 

“Non sarai mai pronto prima:

lo diventerai dopo averlo fatto”

 

Ma questa è la quintessenza, la caratteristica essenziale, la sostanza intima e concentrata, di una sana pratica marziale!!

Ci stanno dentro l’agire né prima né dopo ma al momento, quando serve, ovvero il gestaltico “qui ed ora”; poi la supremazia della pratica da cui discende la teoria che a sua volta si farà pratica rinnovata e migliorata; ci sta il coraggio di osare, di buttarsi cuore oltre l’ostacolo.

Ci sta, insomma, il nostro autentico ed unico modo di intendere e praticare Arti Marziali in Dojo, così come l’invito a farne pratica di scelte e relazioni anche nella vita quotidiana.

Come avrei potuto non innamorarmi di un testo che contiene perle siffatte?

L’autore già lo conoscevo grazie ad altri interessanti libri.

Si tratta di Matteo Rampin, uomo poliedrico: ufficiale dell’esercito, psichiatra, psicoterapeuta, didatta, formatore, consulente di atleti, allenatori, artisti e manager, studioso di stratagemmi militari e di fraudologia, esperto di ipnosi medica.

Il filo conduttore del libro

“Il grano e la zizzania”

è la comunicazione e in particolare il modo in cui essa influenzi comportamenti e percezioni.

Come ormai è sapere consolidato, Il linguaggio è un'arma non solo in grado di descrive la realtà, ma anche di modificarla: forse le parole non sono realtà "concrete", certamente lo sono i loro effetti.

A volte, spiega Rampin, il modo di parlare si traduce in disfunzioni, malesseri, che possono sì originare da condizioni reali, ma che, per chi parla, sono la prova e giustificano il lasciarsi andare alla disfatta, la mancanza di qualsivoglia tentativo di cambiare.

L’uso della ristrutturazione, un modo di intervenire tipico della psicoterapia e delle relazioni d’aiuto, che consiste nell’indurre il cliente a leggere la stessa realtà con nuovi occhi, viene nel libro svolto in modo facilmente leggibile senza perdere nulla della sua efficacia, aprendo la porta del  cambiamento, accettando che difficoltà , crisi e conflitti, siano il cuore di ogni esistere.

Perché grano e zizzania, Yin e Yang, siano due facce della stessa medaglia.

Partendo dalle mie competenze, mi sono divertito a sfidarmi  anticipando, di ogni frase dell’ipotetico cliente che cristallizzava una lettura del suo problema, la ristrutturazione proposta da Rampin.

Ed è un sfida, un modo di leggere questo stimolante libro, che propongo a tutti quelli che, letta questa mia recensione, lo acquisteranno.

Tornano, certamente, i rimandi alle Arti Marziali, quelle autentiche come noi le proponiamo, non certo le pratiche scazzottatorie di tamarri o impiegati repressi, o  le “seghe mentali” dei vari intellettuali.

Così, a chi fallisce  e si dice «Sono stato sconfitto», l’autore spiega in poche righe, come si possa arrivare a comprendere che “La sconfitta non è cadere: è rimanere a terra”.

A chi fugge in presenza di situazioni critiche e conflittuali, ecco proporre che “Fuggire una cosa è sceglierne un’altra, spesso peggiore”.

A chi sia portato  a gesti e parole violente per imporsi, e guai a dirglielo che si andrebbe al muro contro muro, Rampin propone che chi aggredisce lo fa perché perde il controllo, ma “L’espressione massima della forza è l’autocontrollo”.

Nel leggere le ristrutturazioni proposte dall’autore, molte mi hanno colpito per la loro semplice efficacia, rimandandomi a persone e situazioni più volte incontrate.

Rampin, scrive “Un modo infallibile per procurarsi sofferenza è guardare ‘quelli che  stanno meglio’, e poi, volendo essere perfezionisti, chiedersi: ‘Perché stanno meglio di me?”.  L’autore propone “Perché gli altri stanno meglio di te? Forse perché non guardano gli altri”. Infatti “Non è perché stiamo male che guardiamo gli altri, ma è perché guardiamo gli altri che stiamo male”.

Fino ad arrivare a contemplare una risposta alla domanda: “Perché vivo?”. Domanda che, in forma leggermente diversa, proponeva Enrico Galiano  alla presentazione pubblica del suo ultimo romanzo, presso la libreria  “La scatola lilla”.

Rampin spinge a riflettere che “Forse si vive per trovare risposta alla domanda ‘perché si vive?’”. Io, sul foglietto consegnatomi, avrei risposto “Se lo sapessi, sarei un morto vivente”. Ma ho lasciato il foglio in bianco: probabilmente, sarebbe stata una risposta troppo impegnativa per la leggerezza dell’incontro!!