domenica 24 dicembre 2023

Buon 2024

 

“Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica”

(Gregory Bateson)





mercoledì 20 dicembre 2023

La passione dell’Arte

Una passione che si nutre di corpo e corporeità, di gesti e movimento nello spazio. Tutto questo a solo, in coppia, in gruppo, ovvero, in questo ultimi due casi, confrontandosi, incontrando e scontrando il corpo, la corporeità dell’altro, dunque avventurandosi sul terreno del corpo a corpo.

Una pratica che scopre l’ineccepibile verità del corpo e della corporeità come strumento fondamentale attraverso cui l’esistenza dispiega le proprie possibilità in relazione a sé stessi e all’ambiente in cui viviamo. Come ho scritto più volte, ogni postura, ogni gesto mostra il nostro personale modo di stare al mondo, il nostro personale modo di relazionarci con le diverse sfumature che ci compongono quanto con la personalità e il carattere di chi ci sta accanto nel lavoro, a scuola, in famiglia, in tutte le relazioni sociali.

D’altronde

 il corpo è il luogo ove si realizza ogni tipo di apprendimento,

ogni tipo di comunicazione.

Ancora impera, è senso comune, il pensiero cartesiano mente – corpo (siamo ancor in pochi a leggere il vivere come corpo – mondo) e lo si nota nell’uso di massa del corpo Korper, oggetto da plasmare e modificare a piacimento e non corpo Leib, corpo vissuto, corpo abitato; uso di massa non solo nelle pratiche ginniche, sportive e, ahimè, marziali, ma anche in quella che è chiamata “vetrinizzazione” (1) dell’individuo e di cui ho già scritto in altri post.

Piano piano, però, si va facendo strada il “Sento dunque sono” (V. Bizzari, filosofa, si occupa di disordini dell’intersoggettività, combinando fenomenologia e psicopatologia.) o ancora “Pensare in termini di movimento” (R. Laban), “Noi siamo emozioni in movimento” (T. Santambrogio): Io sono questo corpo, essere fisicoemotivo, che ha imparato dalla propria personale storia a tenere un certo stile relazionale verso se stesso e verso gli altri. (2)

Conoscere, migliorare, mutare, questo nostro personale modo di stare al mondo è possibile lavorando a partire e con il nostro essere corpo.

Qualsiasi altra strada che sia logocentrica è destinata a fallire. A parte che anche ogni intervento logocentrico, mentale, in realtà non prescinde MAI dal corpo, con l’aggravante che, pur investendo il sé corpo, non ne è consapevole: Usa il cervello, che è corpo, la lingua, che è corpo, le orecchie con l’udito che è corpo ecc.



E la pratica delle Arti Marziali?

Noi Spirito Ribelle sappiamo e proponiamo “la forza che si espande” (peng) e “la cedevolezza che attrae (lu) come espressione  del nostro personale sostegno, del nostro personale stare più o meno bene in una situazione critica di confronto e scontro; il cadere al suolo (ukemi), come disponibilità a lasciarsi andare accettando la momentanea perdita di controllo e il rovesciamento di ogni nostra abitudine e certezza quanto la capacità di ridurre il danno; la strategia difensiva mukae come capacità di assorbimento di ogni possibile intrusione per ridurne l’impatto e come momentanea perdita per poi guadagnare. Ogni nostro “fare” corporeo, marziale, è terreno di pratica e ricerca di sé, mai “tecnica” a sé stante.

Tutto il nostro fare marziale è volto a “aiutare a cambiare le strutture corporee cristallizzate o stereotipate in processi organismici attivi, e di facilitare l'integrazione della scissione del sé che vi è alla base. Così lo scopo non è quello di eliminare le strutture, ma di trasformarle nei processi che esse rappresentano, e di integrare nel sé ciò che è stato rinnegato o non assimilato” (J.K. Kepner “Body process – il lavoro con il corpo in psicoterapia”).

Ecco perché praticare Spirito Ribelle è fare della gestualità a solo e poi nel corpo a corpo autentica ed efficace pratica di difesa personale intesa non solo come capacità di reggere un’aggressione fisica, ma anche e soprattutto una Via (Do) verso la salute fisicoemotiva e lo stare bene, stare meglio, con se stessi e con gli altri in ogni ambito della nostra vita quotidiana.

Mica poco!!

1. Con “vetrinizzazione sociale” si intende un fenomeno sociale caratterizzato dalla spettacolarizzazione di sé stessi, della propria vita e di tutto ciò che è ad essa relativo.

2. Le stesse scienze cognitive stanno abbandonando l’idea del corpo come periferico per abbracciare, invece: “"Il paradigma della cognizione incorporata enfatizza il ruolo delle possibilità d’interazione con l’ambiente associate al possesso di sistemi percettivi e di abilità motorie. Ciò conduce i sostenitori di questa visione a sostenere che la definizione di processi come la percezione, il ragionamento e il linguaggio dipendono, da un punto di vista ontologico ed epistemico, da proprietà corporee collocabili al di là dei confini stabiliti dal sistema nervoso. Oltre a essere una tesi teorica, il paradigma della cognizione incorporata fa riferimento a numerose evidenze empiriche. Studi sperimentali mostrano il sussistere di una dipendenza tra il possesso di particolari abilità cognitive da parte di un agente e le caratteristiche morfologiche e dinamiche del suo corpo, suggerendo nuovi modi di concettualizzare ed esplorare la natura dei sistemi cognitivi."(Cit. S. Zipoli Caiani in https://www.pensierocritico.eu/intelligenza-incarnata.html)

 




martedì 12 dicembre 2023

Le ombre del cuore

Onryo, sono onryo, fantasmi capaci di abitare il mondo dei vivi in cerca di vendetta; sono ombre celate nel ventre del cuore. Come in ogni katana, l’impurità al posto giusto è invece una qualità. Solo così si forgia e poi si tempra l’acciaio tagliente, quello mordace, quello che trancia di netto.

Aprite le porte dell’immaginazione” ci esortava Micaela, la mia docente di Laban Movement Analisys. La sento parlare, la sento esprimersi e mi sembra me; un me femminile, certo più educato, meno volgare, meno carnale nelle sue espressioni, ma altrettanto esposto alle pulsioni, alle emozioni che danzano avvinghiate ad un corpo esperito, corpo abitato.

Sarà che, di questi tempi frivoli e corrotti, gli uomini non sanno più stare con gli oggetti, farne sinceri compagni di viaggio. “Le cose del cuore presuppongono un forte legame libidico” (Byung Chul Han “Le non cose”), ma chi ha mai voglia, ora, di stabilire legami con gli oggetti? Nemmeno con le persone!!

Quel “consumo senza uso” che si nutre di macroscopica proliferazione di oggetti la cui conseguenza è una crescente indifferenza nei loro confronti; quel diffuso narcisismo che porta ad ostentare, a “vetrinizzare” oggetti cose, e oggetti che sono corpo / persone.

Pratico di spada, tagliente, affilata, nel cuore della notte, solo in questa mia piccola dimora, musica blues di sottofondo, Kalì a dormire e sognare rumorosa nella cuccia. Monica via per giorni, Lupo via dal mattino rientrerà per mezzanotte.

Mi pare che ogni taglio, ogni falciata, rispecchi il vivere che è crocevia di abitudini e sorprese. Il vivere ha senso se ha sempre con sé l’aspettativa di una conferma quanto di un evento inaspettato. Così nei tagli e nelle falciate che sibilano per la stanza vuota, vive sempre un gioco di presenze ed assenze, un tessuto di fregi e sfregi.

Yakiire, la tempra dell’acciaio, ne è il cuore? Lo scorrere del tempo è il cuore del vivere? Compresso tra la consapevolezza che, a 72 anni, il tempo che resta è nettamente inferiore a quello che ho alle spalle, e la certezza che il tempo trascorso non ha dissipato equivoci e dubbi.

Sento che una via (che sia la Via?) di salvezza può essere vitalità ed erotismo, e mi chiedo se non sia la poesia il linguaggio per accedervi. Poesia di corpo, di respiro e cuore che batte. Poesia di parole trascinate sulle pagine. Poesia di emozioni e sentimenti.

L’erba non è piena di cose, è un filo, un filo che conquista il mondo con la sua semplicità” (F. Arminio “La cura dello sguardo”), e i tagli nel vuoto caldo, tra sofferte note di chitarra elettrica e luci opache ad accarezzare mobili antichi la cui storia è passata tra terre d’Asia, si fanno stanchi, flebili.

Depongo il katana, unico, forgiato da un Maestro a cui un incidente ha ormai da anni tolto la possibilità di replicare le sue opere. Sudo appena sotto il keikogi. Batte il cuore. Riposano, finalmente, i tormenti ed i fantasmi dell’anima.

Passione in ogni momento Spirito Ribelle, da solo o in gruppo, all’aperto, in Dojo o semplicemente a casa, a mani nude o a mano armata. “Passione Botte e Sorrisi”, così ci presentiamo. Avanti a chi abbia la voglia di condividere. Avanti.






 

 

martedì 5 dicembre 2023

L’araba fenice

Dalle ceneri dello ZNKR (1980 – 2017), nasce lo Spirito Ribelle


Da una Scuola che era:

Comunità come luogo fisico e luogo di cultura condivisa. Casa sempre aperta a tutti i praticanti (chiavi d’ingresso del locale a disposizione di tutti) e per tutte le esigenze e le occupazioni (non solo allenamenti a tutte le ore, ma anche luogo di riposo, di preparazione agli esami universitari, di rifugio notturno in situazioni delicate di famiglia, di intimità di coppia, di feste di compleanno, ecc.). Struttura articolata capace di proporsi ovunque, in autonomia o in collaborazione con Enti Pubblici, circoli culturali privati, università, federazioni sportive, ecc. e investendo campi diversi come: La pratica sportiva agonista (Karate, Yoseikan Budo e diversi sport da contatto). Il coinvolgimento di ragazzi ed adolescenti in difficoltà e grave difficoltà psichica o sociale come di adulti in difficoltà. Le più diverse espressioni artistiche ed artigianali (teatro, musica, sartoria, costruzione di maschere) condensate negli spettacoli autoprodotti di Teatro Marziale,

ad un minuscolo gruppo di “ribelli”.


Spirito Ribelle non ha sede fisica ma vive costantemente o quasi all’aperto. La scarsezza numerica dei praticanti impedisce, di fatto, iniziative fuori dal corso “Mani nude ed armi povere” e dai Seminari di Kenshindo.

La stanchezza fisica, ma forse di più quella emotiva, dei praticanti, rende fragile ed incerto anche solo ipotizzarne la durata nel tempo.

Siamo, ora, un delicato soffio di vento guerriero. Individui che portano lo sguardo a vedere cose che non si vedono, a narrare l'alfabeto del silenzio. A costruire, attraverso “Passione Botte e Sorrisi” un se corpo fisicoemotivo tanto coraggioso e audace quanto capace di lasciare che quel che va a guastarsi si guasti senza recriminazioni; tanto coraggioso ed audace da saper affrontare ogni ostacolo, da saper resistere ad ogni aggressione ma comprendendo anche quando è il momento di smettere di lottare perché lottare per sempre è, peccando di hybris, di tracotanza, porsi contro il naturale corso degli eventi.

Siamo Spirito Ribelle, un esiguo gruppo di appassionati ricercatori del corpo e del movimento, che fanno della forza delle emozioni la capacità di comprendere le esperienze proprie e altrui che nascono dalla vita interiore, di abitare vitalità ed erotismo, di vivere Poteri Potenti.

 

 




 

 

 

 

lunedì 27 novembre 2023

Nell’abisso delle Arti Marziali

Il piacere, quello esperito, quello realizzato, e il desiderio, quello che si origina nell’immaginario, hanno bisogno l’uno dell’altro. Quando questo non avviene, quando questa società stimola il nostro desiderio con continue lusinghe di piacere senza mai lasciarci né la possibilità materiale né il tempo di fruirne, perché il succedersi repentino degli “oggetti del desiderio” vanifica ogni nostro sforzo costringendoci nel ciclo infinito di competizione, accumulo e desiderio, lì attecchisce il disagio. (1)

Un ciclo alienante in cui gioca un ruolo importante anche la ricerca di un senso al nostro vivere; senso che ci è facile trovare nel lavoro, nel lavorare (2). Non a caso chi non lavora è socialmente considerato “down”, anche quando è un pensionato, uno che ha alle spalle una vita di lavoro: “Sì ma ora non sei più produttivo, hai solo tempo, tempo da sprecare”. Per non parlare di chi fa del lavoro un mezzo di dignitosa facoltà di vita e non uno stressante obbligo, un vanto nella propria cerchia sociale, un distintivo segno di importanza. Ambedue, chi in pensione e chi non affoga negli impegni di lavoro, sono additati al pubblico ludibrio, “devono” sentirsi fuori luogo. (3)

Allora tocca ad una buona e sana pratica di corpo, di movimento, permettere all’individuo di sottrarsi a questo subdolo veleno, di disertare la cultura dominante fatta di bulimia nell’accaparrare, di consumo senza uso, consumo ostentativo (4), di obbligo a faticare per ottenere dal mondo quello che ci serve, o meglio, ci fanno credere ci serva e che poi si mostra caduco, sostituito subito da altro oggetto.

Una buona pratica che superi la mancanza di percezione del corpo, ridotto a cosa (Korper), dove al centro non ci sia più la mente, col corpo costretto ad adattarsi alle sue astrazioni, ma ci sia un individuo Leib, corpo esperito, abitato, consapevole di essere individuo proprio perché corpo.

Una buona pratica non è un insieme di esercizi standardizzati, uguali per tutti; nemmeno è un “personal trainer” che ti accompagna in gesti e movenze di semplice anatomia e fisiologia meccanica, come se tu fossi una macchina senza una tua personalità, un tuo carattere, una tua vita emotiva.

Una buona pratica è un viaggio di apprendimento coinvolgente e non solo una raccolta di informazioni gestuali. E’ un percorso di consapevolezza motoria che, “col” e “nel” fare, incontra l’ascolto delle pause e degli intervalli, consentendo a varchi di silenzio di aprirsi per portare “parole” di corpo del tutto nuove ed inaspettate.

Una buona pratica ci apre il contatto profondo con noi stessi e con l’ambiente intorno, in una relazione dinamica con il reale fatta di eventi concreti e persone e incontri.

Questa buona pratica, io l’ho trovata nelle Arti Marziali così come da me interpretate e proposte allo Spirito Ribelle Un modo del tutto avverso alla massificazione imperante: Piccoli o grandi supermercati di generiche tecniche ripetute e copiate. Nelle Arti Marziali che sono terreno di incontro e scontro fisicoemotivo (5), di carne in movimento, da cui nasce l’individuo vitale ed erotico: Il guerriero del terzo millennio.

 

1. https://www.instagram.com/cosebrutteimpaginatebelle/; https://www.instagram.com/agenziastanca/; ecco due voci interessanti e dissacranti.

2. “La gente non si ammazza di lavoro soltanto perché vuole guadagnare di più: questo comportamento nasconde, più in fondo, l’ansia di produrre senso, di giustificare in qualche modo la propria vita sulla Terra” (Colamedici & Gancitano “Ma chi me lo fa fare? – Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo”)

3. “Il lavoro si trasforma, in questi casi sempre più diffusi, in una fede religiosa, perché promette identità, trascendenza e comunità. Identità, perché produce una mission e ti dice chi sei, cosa vuoi, quali obiettivi devi avere nella vita; trascendenza, perché ti connette con una vision capace di dare senso (o più spesso offrirne l’illusione); comunità, perché genera un parco fedeli con cui condividere ed espandere il proprio trust e rinsaldare la relazione tossica” (ibid)

4. “Si tratta, quindi, di un “consumo vistoso” non guidato da obiettivi “utilitaristicorazionali” bensì da motivazioni sociologiche quali l’ostentazione di uno stile di vita agiato, il riconoscimento di uno status sociale desiderato o un comportamento meramente emulativo che risponde a bisogni fittizi di appagamento personale e realizzazione sociale.” (F. Scudo. Tesi di laurea Anno Accademico 2017/2018)

5. “Tutti hanno un piano fintanto che non prendono un pugno in faccia”. (M. Tyson)

 

 


sabato 18 novembre 2023

Le inquietudini del corpo

Pratico corpo, intensamente. Evito di galleggiare, di restare in superficie e mi lascio calare giù, verso il fondo. C’è un pizzico di paura di annegare, di non riuscire più a risalire ma mi incoraggia il reciproco sorridere di chi, accanto, si attorciglia e si dibatte negli stessi turbamenti.

Occorre stare attenti a quello che il me – corpo mi sussurra. Cura delle sue parole, che sono legamenti e muscoli e articolazioni in movimento, dosarle e differenziarle per poi di nuovo amalgamarle insieme. Sono parole di soavità e potenza che mi scorrono dentro, a volte forti altre discrete, e le sento fin giù nel ventre, cuore disposto ad ascoltarle, sempre.

Il flusso dei gesti, che so associato al sentire emozionandosi, danza e strappa tra movenze libere, che sanno di abbandono, e movenze trattenute, come impedite. In essi vanta il suo potere il tempo, che è intuire, ora dilatato ora accelerato (1)

Più che aggiungere e sforzarmi, sento che ho da prestare delicata attenzione a quel che scorre, a quel che cade e a come non affaticarmi là dove ho da sostenere.

Praticare corpo bene, entrare nel benessere e persino nel bellessere (2) significa togliere, come scriveva Bruce Lee tradito nei suoi insegnamenti dal business delle Scuole e dei Maestri che accumulano tecniche e tecniche, e come a suo modo ci ammonisce quel solitario e irriverente “diverso” di Mauro Corona; significa rallentare lasciando spazio alla vulnerabilità, alla forza gentile delle emozioni.

Ora, appoggiato pesantemente al muro, corpo rilasciato, avverto come lasciarmi rimbalzare indietro. Freno la mia irruenza che testimonia di come io viva i distacchi, le separazioni, sempre come atti bruschi e carichi di pesanti emozioni, e cerco la strada del corpo che si ripiega, si arrotola su se stesso: Non facile per me.

Poi sperimento anche la presa decisionale che è “onda in avanti” e mi fa respingere attivamente, mondo capovolto e destrutturazione dell’altro, poi il “lasciare”, un sottile e infido “tirare” che è l’esatto opposto di “premere”, di “spingere”. Pratiche di Push Hands, di Suishou del Taiki Ken alla ribalta, totalmente rivisitate.










Nel proprio spazio personale, che è spazio di contatto e conflitto con l’ambiente e l’altro, gioco di attraversamenti diretti, lineari, di esplorazioni periferiche, a disegnare contorni sempre mutevoli, infine di gesti trasversali, che sono sinuosi, a intrecciarsi e sciogliersi senza sosta alcuna. Nella forma di Tai Chi Chuan quali e quanti di questi? Che senso vogliono esprimere?

Mi stupisco sempre nello scoprire che il centro del mondo non è dove me lo aspetto ma qui accanto, tra anfratti e distese secondari, dove non mi aspetto nulla e trovo tanto, trovo di tutto.

Probabilmente poco importa se la scelta sia giusta o sbagliata; anzi, non esiste “giusto o sbagliato”, esiste un ininterrotto sbalordirsi di chi e come sono, di come ogni errare, ogni Musha Shugyo (il cammino del guerriero fatto di prove e verifiche), sia l’essenza del praticare, del vivere.

1. Concetti propri del Laban Movement Analysis 

2. Secondo Enzo Spaltro (medico e psicologo), il benessere dipende dalla capacità e dalla possibilità di esprimersi nei vari contesti della nostra vita e, in fondo, il Bellessere è la convinzione di realizzare in futuro un benessere. Il “cuore” delle Arti Marziali.

 






lunedì 13 novembre 2023

Il corpo guerriero, corpo combattente

Sussulti di movimento e gesti che vanno a scemare, mentre lo spazio intorno pare restringersi dentro una goccia d’acqua. Limpida e trasparente, quest’ultima fatica a trattenere il residuo fluire di me – corpo in azione.

Ho passeggiato su cerchi infiniti del Pa Kwa, avvoltolandomi dentro spire e spirali, dentro domande di destino dalle risposte così numerose da sembrare chicchi di un rosario del tempo. Sono entrato nel corpo di drago che danza la forma Tai Chi Chuan, nascondendo pugni e calci e leve articolari sotto il mantello della delicatezza.

Quanto influiscono nella mia trans-forma questi mesi di assiduo studio su principi e gesti che si devono ad artisti e ricercatori del corpo e del movimento che nulla hanno a che vedere con le Arti Marziali?

Mi scopro a riflettere che la corposa teoria (e pratica) sul movimento di Rudolf Laban, generalmente noto per il suo lavoro di danzatore e coreografo, a onor del vero nasce da una ricerca nel mondo del lavoro. Ricerca tesa ad ottimizzare le prestazioni dei lavoratori prendendo in considerazione non solo “i fattori di tempo e velocità del movimento operaio, piuttosto che favorire l’apprezzamento e la consapevolezza del movimento. Grazie a questi studi entrambi (Laban e Lawrence) cominciano a considerare, in aggiunta al fattore tempo, altri elementi che sono necessari per la manipolazione dei materiali e l’uso degli strumenti e cioè il flusso o il grado di controllo, la forza o i diversi gradi di pressione da esercitare sugli oggetti e il percorso rettilineo o flessibile che si richiede al movimento durante il lavoro” (F. Falcone). Questo avvien prima per indagare su metodi di lavoro che alleggeriscono dalla fatica le raccoglitrici di ciliegie; poi, dal 1941 al 1946, applicano le loro sperimentazioni a diversi operai inglesi, a partire dalle metodiche di incartamento manuale delle tavolette di cioccolato Mars sino alle operazioni di funzionamento delle gru e delle macchine di carico e scarico nel porto del canale di Manchester. Facile, dunque, che la dura realtà della produzione, della ricerca dell’efficacia ed efficienza nel lavoro, abbia una diretta ed immediata corrispondenza con efficacia ed efficienza nel combattimento, dove la posta in gioco è la vita mia per la morte tua.

E’ Tanshu, la caccia spietata del predatore, autentica “non forma” del Taiki Ken, l’interpretazione giapponese dello ‘I Chuan. Come ho già scritto, quest’ultimo purtroppo letto come “Pugilato dell’intenzione”, mentre sinologi più attenti traducono “’I” come spontaneità, in Francia così è chiamata: “Pugilato della spontaneità” e così mi conferma un autorevole Maestro cinese di Neijia Kung Fu.

D’altronde, nello scontrarsi con un avversario, l’immediatezza, la tempestività sono fondamentali, sono i veri Hon (fondamentali) per sopravvivere. L’importanza del fattore tempo è relazionata alla facoltà cognitiva dell’intuire. Il colore interiore consono a questo fattore di moto è relativo al momento della decisione che si esprime con un’azione che deve essere presa improvvisamente. Altro che “intenzione”.

E qui torno alle mie esperienze di Chi Kung e Kiko, ai gesti Iron Shirt, la “camicia di ferro”, agli esoterici giochi dell’Healing Tao, alle pratiche di costruzione di un corpo sano, flessibile, potente. E praticare di corpo, corpo Leib, è praticare di emozioni e personalità che agisce; è svelare l’orientamento dell’uomo nel suo mondo interiore, dal quale sgorgano continuamente impulsi che trovano uno sbocco nell’agire, nell’essere al mondo trasformandolo e venendone trasformati.

E’ questo autentico lavoro interno, “Neijia”, dove trovo un ponte con le mie esperienze di formazione gestaltica, con il pensiero di Carl Gustav Jung e lo studio dello I Ching.

Ancora Nami, il movimento ad onda che ci caratterizza, noi Spirito Ribelle. Un’onda che non solo nasce dal basso e si propaga avvolgendo le articolazioni tutte, ma, novità assoluta che scoprii da solo una decina di anni or sono, può nascere “tirando” invece che “spingendo”, dall’alto invece che dal basso. Fluida potenza esplosiva in cui intervengono, splendido suggerimento dell’embriologia del Body Mind Centering, le torsioni delle articolazioni stesse, portando così ulteriore potere e penetrazione a colpi e pressioni.

Ecco “l’indiretto” in cui si esprimono movimenti tridimensionali, plastici, di contro al “diretto” portatore di movimenti lineari o unidimensionali. Meglio, più efficace, un trapano o un martello?

Sogno di corpi fluttuanti, capaci di piegare resistenze e forza di gravità alla libertà del movimento umano. Nonostante la temperatura autunnale, l’umidità di un inverno alle porte, i miei piedi mi portano ancora nel mondo marziale come se attorno ci fosse il vuoto a proteggermi. Ancora pochi minuti in cui attraversare lo spazio poi, cuore che batte profondo, è il tempo della “Respirazione testicolare” a sondare ed espandere energia vitale, energia erotica.

Questa è Arte portatrice di stati di benessere e bellessere, dove incontrare il “conosciuto” e lo “sconosciuto”, dove il nostro agire si offre allo sguardo nostro come sorpresa, come scoperta, e come tale si relaziona con il compagno di giochi, di spinte, pressioni, pugni, proiezioni al suolo. Per originare nuove vite, nuovi modi di essere al mondo e stare insieme.

 





 

giovedì 9 novembre 2023

Educazione e violenza: Che palle!

Sì, che palle con queste esternazioni ed elucubrazioni, con questi saccenti “pistolotti” sull’importanza dell’educazione per prevenire gli atti violenti o i comportamenti devianti, sulla violenza e l’aggressività come male da estirpare nella mente e nella coscienza degli individui.

Un K.O. alla violenza sulle donne di G. Mattu
Poi, nei salotti televisivi, politici, giornalisti, intellettuali danno quotidianamente spettacolo di violenza, prevaricazione, maleducazione: urlano l’uno contro l’altro, alzano la voce interrompendo l’interlocutore e gli scrivono cartelli offensivi mostrandoli alle telecamere. Non di meno si comportano gli stessi politici, in camera o senato come nelle sedi istituzionali di regioni e comuni, arrivando anche a mettersi le mani addosso. (1)

Se da un lato questi spettacoli grotteschi consentono al potere di restare tale inducendo gli spettatori a prendere le distanze da un simile mondo, dunque annichilendo ogni voglia di partecipare alla vita pubblica, anche solo di votare, dall’altro sono essi stessi portatori e seminatori di violenza e prevaricazione; inducono e incoraggiano a riprodurre quegli stessi atteggiamenti nella vita quotidiana di ogni singolo; giustificano l’uso della violenza e della prevaricazione. Salvo poi censurarli in un cortocircuito schizofrenico di cui chissà se si rendono conto.

La punizione di Marsyas di T. Vecellio
I dati Eurispes del 2022 (2) e quelli ISTAT sui crimini violenti come pure quelli di Federfarma sull’abuso di psicofarmaci, quelli inquietanti sulla crescita della ludopatia e sul consumo di alcool, stanno a testimoniare lo stato di malessere e violenza che alberga nella società e non cessa, anzi, cresce!!

“Un secondo importante ambito di esacerbazione della violenza riguarda invece la zona grigia delle lesioni personali – dai furti violenti alle estorsioni, dalla gelosia (non solo sentimentale, ma anche in famiglia, tra compagni di lavoro o tra amici) alle aggressioni per futili motivi, dalle risse al bar o in discoteca ai litigi tra vicini e automobilisti per precedenze o parcheggi “rubati”. (Educazione e violenza: parliamone. Alcuni elefanti nella stanza in ‘Charta Sporca’ Settembre 2023).


Violenza e aggressività sono marchiate come “il male”, qualcosa di estraneo ad esseri umani che si reputino normali ed equilibrati, una nefasta macchia da sbiancare, da cancellare dal lindo corredo dell’uomo buono. Come se Freud e chi è venuto dopo di lui, non avessero spiegato niente; come se gli studiosi di polemologia non avessero ampiamente messo in risalto natura e funzioni della guerra e della violenza, che piaccia o meno, che disturbi o meno, le “anime belle” le quali pontificano dall’altro del loro potere politico o mediatico.

Il corpus delle pulsioni umane non può né essere negato né essere cancellato: troverà sempre il modo di sfogarsi. Allora la questione è riconoscerle, accettarle e “sfogarle” in modo consapevole, indirizzarle, fin dove possibile, verso scopi socialmente accettati quando non utili.  

Chi è al potere lo sa, tanto da offrirne sfogo e sublimazione in campi che non disturbino più di tanto il mantenimento dello “status quo” o addirittura convergano sul suo rafforzamento, in un pericoloso miscuglio di spinte dove convivono la vetrinizzazione e il narcisismo estetico di corpi ridotti ad oggetti; la bulimia di cose ed oggetti da comprare, da esibire; la pornografia dei sentimenti esposti in pubblico ovunque; gli eccessi e l’illegalità coperti e tollerati nei ranghi degli ultras sportivi; la censura del gioco illegale mentre lo Stato guadagna su quello legale mietendo migliaia di vittime affette da ludopatia; la spinta a fare del lavoro il principale se non unico ambito di realizzazione personale (3), ecc.

L'uomo di latta con Dorothy di A- Siviglia
L’educazione impartita dall’alto non sa o non vuole fare il salto di qualità: Foraggia questi “sfoghi” perché crede di riuscire a limitarne la portata devastante di alcuni e ad estendere la portata di quelli funzionali ad un rafforzamento dell’ideologia e della pratica capitalista.

Già educare, nel suo significato di “condurre fuori”, mi pare vocabolo fuorviante: stabilisce un’autorità neutra, incontaminata, che “conduce fuori” l’altro, chi è subalterno, chi giace nell’ignoranza. Visione rachitica, claudicante. Visione che esclude un qualsiasi coinvolgimento dei soggetti “alti”, educatori, nella relazione; di più, esclude che i presunti non – valori degli educati non coinvolgano gli educatori medesimi: Il che, come scritto sopra, è ampiamente smentito dalla realtà.

Rapportarsi alla violenza, all’aggressività, ad ogni comportamento considerato deviante, significa invece che nessuno può ritenersi estraneo alla contaminazione; significa anche riconoscere che violenza, aggressività e comportamenti devianti, sono intrinsecamente connessi alle pulsioni e alle istituzioni umane.

Personalmente, credo che si dovrebbe parlare ed operare in termini di formazione, che è un percorso che vede il soggetto stesso come attore principale.

Già Lev Tolstoj, in un articolo del 1862 sulla rivista “ Jasnaia Poljana” scriveva: “La differenza tra il concetto di educazione e il concetto di formazione culturale risiede solo nell'imposizione, che l'educazione si crede in diritto di esercitare. L'educazione è la formazione imposta”.

Il silenzio della violenza di G. Alberici
Oggi ci è ancora più chiaro che perché abbia probabilità di essere efficace, ogni processo di crescita ha alla base l’affermazione che lavoro molto meglio se sono io a volerlo fare, non se devo farlo; che se lo voglio fare, è per me; se lo devo fare è per altri.  Perché “La nostra motivazione interiore dipende dalla libertà di scelta” (J. Whitmore “Coaching”).

Tutto ciò stronca ogni assunto che l’educando sia fondamentalmente un passivo ricevitore, che l’oggetto (“la materia”) da cui si origina lo stimolo è importantissimo, e che l’educando non abbia altra scelta se non sforzarsi di capire lo stimolo così come esso è.



Personalmente, nel mio piccolo e data la mia, pur modesta, esperienza politica condotta per sola passione prima e poi professionalizzata che mi ha fatto schifare di quel mondo, nel 1980, con alcuni compagni di viaggio, fondai un gruppo in cui la cultura della partecipazione e della condivisione fosse egemone, e la storia più che trentennale dello ZNKR lo sta a dimostrare (4). Un gruppo in cui fosse decisivo il processo di conoscenza e trasformazione personale, e chissà mai che avesse ragione Margaret Mead, antropologa, nello scrivere “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In effetti, è l’unica cosa che è sempre accaduta.”

Lo feci puntando su una pratica di formazione corporea, fisicoemotiva, marziale in particolare, perché convinto, con la psicologa Vasudevi Reddy, che “La mente è ciò che il corpo fa”.

Mi sono dedicato alla diffusione di un linguaggio corporeo che assume violenza ed aggressività come codice di condotta in un contesto “protetto” dove ogni praticante, a partire da me, possa riconoscere ed accettare le sue pulsioni, scoprendo l’importanza della collaborazione quanto l’assumersi la responsabilità tragica di tagliare di netto tale collaborazione, fino a tagliare di netto l’altro da sé. Conscio che ogni altro è, volente o meno, una parte di noi, che la preda che andiamo cacciando siamo noi.

Per questo, lo Spirito Ribelle, nato dalle ceneri dello ZNKR, le Arti Marziali tra Bujutsu (la pratica efferata dell’uccidere per non essere uccisi) e Do (la “Via”, il codice di condotta morale). Ovvero un piccolo clan di uomini e donne che cercano di sé e del proprio miglioramento. Una minuscola sfida al pensiero dominante.


Cupid di G. Sciuto

1. Per tacere della sistematica violenza e prevaricazione che sta nelle decisioni delle istituzioni, del sistema bancario, delle multinazionali, ecc. Quelle decisioni che spesso si scopre essere corrotte e delinquenti, ma certo non sono meno esecrabili quelle che usano “legalmente” il loro potere per soggiogare e violentare classi, ceti ed individui più deboli.

2. Rispetto al 2021 l’aumento dei reati nel 2022 ha riguardato, in particolare, i furti (+17,3%), le estorsioni (+14,4%), le rapine (+14,2%), le violenze sessuali (+10,9%), la ricettazione (+7,4%), i danneggiamenti (+2,9%) e le lesioni dolose (+1,4%) (fonte Ministero dell’Interno – Eurispes).

3. “Oggi non possiamo chiedere al lavoro di offrire tutto il senso della vita. Non possiamo pretendere che definisca appieno la nostra identità, perché siamo complessi, mutevoli e abbiamo bisogno di strumenti molteplici per esprimere ciò che siamo” (Colamedici e Gancitano “Chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo”. Chi interessato, troverà una mia recensione su questo blog)

4. Sul blog, come negli archivi cartacei e digitali della nostra rivista SHIRO, trovate la storia e le storie di questa splendida piccola comunità. Ancor più, sono convinto, ne restino tracce indelebili nella storia personale di ognuno dei praticanti, di ognuno di coloro che, per mesi o per anni, quella storia ha attraversato.

 




domenica 5 novembre 2023

Le mille vite del corpo

Magari il percorso corporeo, di consapevolezza corporea è in realtà la fine e non l’inizio del “percorso”, come potrebbe sembrare.

Magari, all’improvviso, si affacciano al praticante delle forze misteriose, sorta di fata morgana del deserto, un’ombra scaraventata da un piccolo evento.

In queste settimane, autunno che si fa avanti prepotente, il mio “sentire” è un campo di battaglia impegnato a respingere i ricordi petulanti e intrusivi di certezze passate. Questa quasi ossessione è certo una distrazione, mi protegge dal pensare, dall’ascoltare qualcos’altro. Ma cosa? Senza questi ricordi, cosa entrerebbe dentro di me – corpo?

Sono movimenti di leggerezze e pesantezza, di fluidità e contratture.

Imparo e reimparo di nuovo che i nostri sensi esistono solo come potenzialità e successivamente si evolvono in risposta a stimoli ed esperienze. La percezione tattile e il senso del movimento sono allocati in ogni cellula del corpo. È attraverso i sensi che riceviamo informazioni dal nostro ambiente interno, noi stessi, e da quello esterno, gli altri e l’ambiente in cui viviamo.

Il modo in cui distilliamo, modifichiamo, stravolgiamo, accettiamo, respingiamo e utilizziamo tali informazioni fa parte della percezione. La percezione è un’esperienza totale. E’ un processo fisicoemotivo di interpretazione delle informazioni basato sulle esperienze passate, sulle circostanze presenti e sulle aspettative future.

Poi c’è la sfida di saper trasferire quello che incontro ed imparo in questi seminari nel mondo fuori da questi gruppi, fuori da queste mura.

Comincio a dare poca importanza a come le cose siano, quanto piuttosto a essere in uno stato di stupore per il fatto che le cose siano, esistano. Mi muovo da solo, in coppia, nel gruppo; trovo le distanze, le separazioni che si sono cristallizzate nel sospiro in cui ha fatto irruzione la chiusura. Riesco a sentirmi, a diventare completamente vivo e ad aprire il getto della mia energia a pieno volume. Gioco, danzo, fluttuo, a volte stregone altre bambino, a volte guerriero altre amante. Muscoli del corpo rilasciati e rapidi, per quanto consente l’età, certo.

Ogni pensiero disordinato che mi distrae e mi disturba si presenta come sintomo dello squilibrio con il mio ambiente abituale; se la mente resiste allo scorrere della vita, sorgono i pensieri dissonanti, infidi. 

Ormai da decenni ho appreso che per sapere chi si è, occorre sapere cosa si sente, ed ognuno è il suo personale, non omologabile, corpo senziente.

Tanto più siamo noi - corpo, più siamo a contatto con la realtà, perché è solo la percezione del nostro corpo l’unico modo di farci esistere nel mondo. Là dove è intralciata, quando non interrotta, questa unità esistenziale tra il sé e il corpo, si manifesta il germe della nevrosi, del cosiddetto “mal di vivere” e le sue espressioni più disturbanti e malsane.

Si tratta di imparare il potere magico ed ipnotico dell’arte del corpo, del movimento, e con essa raccontare storie; quelle storie che non si possono insegnare, si possono solo sentire in noi, nella nostra interiorità e nella nostra immaginazione più profonda e poi condividere tra gesti e respiri e balzi e scarti e avvitamenti.

Ogni esistenza è traboccante di silenzi e misteri, di nascondimenti ed occultamenti, dove si gioca la dicotomia tra vita interiore, emozioni autenticamente provate, e vita esteriore.

Ecco, tra momenti intensi di Danzaterapia nel gruppo condotto da Arianna e Marina, incontri sul terreno flessibile del Laban Movement Analysis, esplorazioni accurate di Body Mind Centering, dallo sfondo emerge in figura prepotente il carro delle Arti Marziali. Volteggi ed avvitamenti dell’esoterico Pa Kwa, figure sinuose del Tai Chi Chuan, letali assalti del primitivo Taiki Ken, contatto estremo, invadente del Kali filippino, corpo energetico e possente del Chi Kung… lo Spirito Ribelle sale alla ribalta.

Tutto ciò ora lo metto al servizio del mio percorso marziale, al servizio dei miei compagni di viaggio verso Poteri Potenti. Da subito.

PS) Mostra di Rodin, al Mudec. Le sculture avvolgenti, flessuose e potenti insieme, richiamano apertamente il danzare ed il suo linguaggio. Anni or sono lessi di Isadora Duncan e di come fu spartiacque tra danza classica e danza moderna; lessi degli esercizi tecnici come “mezzi e non un fine” (R. Garaudy “Danzare la vita”); lessi del suo ispirarsi ai fenomeni naturali quali onde e vento e nuvole. Qui, in queste sculture, emerge chiaramente come l’incontro tra lei e Rodin abbia fortemente influenzato lo scultore e le sue opere. Sugli schermi, poi, scorrono le immagini di coreografi a loro volta ispiratisi a Rodin. Tra loro, vedo Anna Halprin e le sue performance. Qualche attimo di commozione ricordando, molti anni addietro, quando con lei entrai in contatto, lo scambio di parole e di materiale didattico, i miei primi faticosi passi in un mondo di corpo e movimento che non era il mio. Sono proprio contento di aver proseguito e di fare del mio percorso marziale terreno di semina anche del patrimonio corporeo che va sotto il nome di “danza”.