lunedì 27 febbraio 2012

Elogio del wing Chun

Bellissima, quest’Arte

Sottile e corposa, turgida e sinuosa.
La sento, tra le mani, questa sensazione netta e chiara. La sento mentre il pitone australiano, prima tra le mani di mio figlio Lupo, ora tra le mie, mi scivola attorno.
Il buon Paolo sorride, lui che i serpenti li alleva ed è abituato alla sorpresa di chi ne entra a contatto.
Muscoli guizzanti che si muovono senza sforzo apparente. Densità.
Un leggero senso di rabbia e frustrazione: Pratico Arti Marziali dal 1976, Wing Chun dai primi anni '90, ma quello scorrere fluido e forte insieme non sarà mai mio.
Ride Giuseppe, che mi consola dicendo “ Però lui non sa maneggiare un katana”.
Già, bella consolazione !!
Il serpente muove la testa e mi osserva, il suo corpo aderisce al mio corpo.
Che c’entra tutto ciò con la preparazione fisica, le “pompate” con i pesi e forza sub massimale e ripetizioni e quelle braccia ipertrofiche che i praticanti anelano ed i Sifu sfoggiano in video sempre uguali: Il boss che mena l’allievo passivo e timoroso ?  
Che c’entra tutto ciò con quei Sifu e quei praticanti legnosi, scattosi, spalle contratte, respiro corto e pugni a catena la cui “catena” hanno dimenticato da un pezzo di oliare ?
Che c’entra tutto ciò con la solita ragazza che, prima una tecnica poi un’altra, sbaraglia in un nanosecondo il truce ( e accomodante) aggressore di turno ?
Che c’entra tutto ciò con quel praticante WC che copia tecniche di lotta e BJJ per colmare una presunta lacuna di un sapere guerriero che già per essere tale, guerriero, ha in sé i germi dello scontro in tutte le sue manifestazioni ? O con quel praticante WC che “tanto la mia è un’arte letale” e questo lo mette al riparo dal praticare sparring e combattimento,  salvo poi crollare alla prima manata in faccia ?
Il pitone scivola curioso, pelle fresca, coda prensile.
Ecco, il nostro lavoro sulla muscolatura profonda, quella deputata all’equilibrio, che è fatto di conflitti e mediazioni tra microdisequilibri. Quella muscolatura che da l’avvio ad un “resto” che occorre elastico, rapido nel contrarsi e decontrarsi.
Ecco Il lavoro sul tessuto connettivo, impasto per muscoli, ossa, tendini.

"La maggior parte di noi è inconsapevole del modo in cui si muove. Noi prestiamo attenzione a dove stiamo andando o a ciò che stiamo facendo, non a come ci muoviamo. Per esempio: pensa a come ti metti in piedi da seduto. Come lo fai? Cosa accade? Cosa si muove e quando?"
(Larry Goldfarb)

Ecco il lavoro sull’intelligenza corporea, sugli aspetti fisicoemotivi del nostro agire.

"Le quattro fasi
Fase dell'appartenenza (orale) è caratterizzata dalla capacità di abbandonarsi, di appoggiarsi. (...) peculiare libertà sul piano orizzontale, ovvero movimenti di rotazione.
Fase della differenziazione (anale), la possibilità di dire "no" corrisponde alla fase di movimento caratterizzata dallo spingere, ovvero dalla possibilità di differenziarsi dal piano di appoggio. Nell'adulto si osserverà una maggiore libertà sul piano verticale, per esempio nelle flessioni laterali.
Nel movimento, la fase dell'affermazione (fallica) coincide con l'andare verso e con una maggiore libertà di movimento sul piano sagittale.
La fase della scelta (genitale) corrisponde invece alla fase in cui, una volta raggiunto ciò che interessa, lo si può anche prendere, quindi incorporare. (...) una buona integrazione dei movimenti su tutti e tre i piani.
Questo stretto rapporto tra fasi psicologiche e fasi di movimento implica un'enorme potenzialità a livello evolutivo, in quanto ogni intervento sul corpo volto a riorganizzarlo e a reintegrare le caratteristiche di movimento mancanti comporta un'analoga riorganizzazione sul piano psichico. Viceversa, una crescita sul piano psicologico dischiude a un nuovo modo di muoversi."
(J. Tolja)

“Bisogna comprendere che non miriamo semplicemente a sostituire un'azione con un'altra (quello che chiamiamo "statica") ma miriamo a cambiare il modo d'agire, cioè operiamo sulla "dinamica" e sul processo dell'attività in generale."
 (Larry Goldfarb)

Ecco il lavoro sulle pulsioni, sulle emozioni, con tutte quel che ne segue ( Vedasi, per es. “L’odore della paura” in Mente & Cervello  Febbraio 2012)

Il serpente ora passa tra le mani sicure di Paolo, che lo ripone nella teca.
Io sbuffo, OK, non sarò mai sinuoso e potente come quel pitone ed i suoi parenti ma, la strada, la formazione intrapresa da noi, allo Z.N.K.R., è quella giusta per agire consapevole, attento, elastico e potente, efficace ed efficiente.
Agire Wing Chun, Insomma. Il nostro Wing Chun Boxing.


"L'anatomia esperienziale è una metodica basata sull'esperienza della percezione. La sua azione si basa sullo spostamento del controllo del movimento da aree più corticali ad aree più sottocorticali."
(J.Tolja)


 "Moshe era una persona che aveva studiato la più occidentale di tutte le scienze: meccanica ed ingegneria ed incontra questa idea olistica ed esoterica di come le persone si muovono in modo da essere efficienti. Da ingegnere capiva la meccanica del judo e, a partire da questo, ha creato il Metodo osservando ed analizzando come ci muoviamo quando ci muoviamo nel modo migliore possibile – ha chiamato questo movability, mobilità, motilità: il muoversi in modo ottimale in tutte le direzioni senza preparazione – questo è il “sogno” che si ricerca nelle arti marziali, se si ha questa mobilità si può rispondere così a qualunque attacco.
L’idea che si muove attraverso lo scheletro viene dalle arti marziali. L’idea di muoversi dal centro viene dalle arti marziali.
Io penso che le arti marziali siano un esperimento con una storia di 5.000 anni, un esperimento che ha come tema il movimento efficiente, un esperimento che viene fatto in circostanze difficili. Se l’ipotesi non funziona ci si ritrova con la faccia a terra ! l’idea base è: come ci muoviamo nel modo migliore posibile. Moshe da ingegnere l’ha decodificato. Le cose che facciamo nel Feldenkrais c’è solo un altro posto dove le farebbero: in un dojo, lì premono attraverso lo scheletro per vedere se si è sulle proprie ossa."
(Larry Goldfarb)





giovedì 16 febbraio 2012

Non voglio commettere un crimine

Aiuto, sindaco Pisapia, mi aiuti, sto per commettere un crimine !!
Ieri sera, mentre attraversavo il tratto di strada, a senso unico, che funge da parcheggio in mezzo a corso Lodi, sono stato quasi travolto da un ciclista che procedeva in contro mano.
Al mio gesto di rimprovero, quello si è fermato malamente apostrofandomi. Per un attimo ho sentito l’impulso di gettarmi su di lui e massacrarlo di botte. Poi, mi sono ripreso e mi sono allontanato,
Allora, signor Sindaco, poiché quel tratto è preda abituale di ciclisti, scooteristi e persino automobilisti che, per loro comodità, vi transitano in contro mano, Le scrivo per chiederLe un aiuto.
In attesa che il nostro presidente del consiglio cambi gli italiani (dubito che ci riuscirà, tanto più visti gli elementi che ha in squadra, ma questo è un altro discorso), ovvero che diventiamo tutti educati e rispettosi della legge, La prego, invii in quel tratto di strada una pattuglia di vigili urbani a presidiare e a far rispettare il codice stradale.
Le casse del Comune ne trarranno enorme giovamento, ma soprattutto, salverà la vita del prepotente di turno cui farò, prima o poi,  male, molto male; la mia, che finirò in galera solo perché, stanco delle prepotenze altrui ed in assenza della legge, mi sarò fatto giustizia da me. Poi, mi aiuterà a far capire a mio figlio che le leggi, i regolamenti esistono e vanno rispettati, togliendogli dal viso quella sua espressione dubbiosa che gli appare mentre slalomiamo tra ciclisti, scooteristi ed automobilisti impudenti e maleducati.
Conto su di Lei.

giovedì 9 febbraio 2012

In un mondo migliore

“Non se colpisci duro la prima volta”

Bella, solida, lapidaria, questa frase che Christian, uno dei giovanissimi protagonisti, pronuncia in “In un mondo migliore", film danese della regista Susanne Bier.
Film di grande pregnanza maschile; di forti tinte educative quanto di dubbi sui contenuti di questo “ex ducere”, condurre fuori; di rapporto padri e figli.
Un bel film asciutto, schietto. Emozionante.
Allora, “random”, ecco alcune mie impressioni (1)
·         Già dopo una manciata di minuti mi sono emozionato, lacrime agli occhi. E me ne vanto: che bello lasciarsi emozionare dagli sguardi di bimbi, da una voce, dal chiarore della luna, dallo sforzo sul viso di un giovane corridore, dal gioco di luci di un tramonto. Qual è l’ultima volta che ti sei emozionato fino alle lacrime ? E … la penultima ?
·         Non sempre le azioni eclatanti, gli uomini d’avventura, sono i più coraggiosi. Quanto coraggio  c’è, invece, nel “tirare la carretta” ogni giorno, purché consapevolmente e con entusiasmo ? Ogni giorno confliggere nelle relazioni con chi ci sta accanto in un’anonima città, in un anonimo ufficio, in un anonimo appartamento.
·         Quanta superficialità nelle istituzioni e in chi le anima, o dovrebbe “animarle”. Quanta sbrigativa voglia di mettere tutto a tacere, di chiudere gli occhi di fronte al bullismo, alle intemperanze ed ai dolori di ragazzini che pure, all’istituzione scuola, agli “insegnanti”, sono affidati ogni mattina, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Educatori / formatori o passacarte ? Piuttosto sono più o meno capaci erogatori di nozioni, di calcoli matematici come di regole linguistiche, che guide lungo il crescere della vita. “Lo studente deve essere il centro di ogni programma da svolgere (omissis) i nostri programmi devono cominciare con quello che egli sente, con quello di cui si occupa, che teme, per cui si commuove” (“L’insegnamento come attività sovversiva” di N. Postman). Nulla di tutto questo nell’istituzione scolastica.
·              Quanti errori, nello scorrere delle immagini, vedo di me padre con Kentaro, il mio primo figlio. Errori, mancanze, che ora pesano come macigni su di lui, inficiandone lo sviluppo adulto. E chissà quali, che io non so, non riconosco, sto caricando sulle minute spalle del mio giovane Lupo, otto anni di vivacità e dolcezza. Come mi è difficile essere padre, buon padre.
·         Quanto di me nella rabbia violenta del giovane Christian. Rabbia, odio verso il mondo, che hanno connotato gli anni della mia adolescenza. Com’è stato doloroso e difficile uscirne. Com’è tutt’ora difficile accettare e tenere a bada la “bestia” (il “passeggero oscuro” lo chiama Dexter, tormentato personaggio dei libri di Jeff Lindsay poi di una fortunata serie televisiva) che rantola in un angolo profondo di me.
E mi vengono in mente la parole di don Mazzi, pronunciate in un forum tra il “gelo” ( Ma va ?!?!?) degli addetti ai lavori, per lo più assistenti sociali, educatori, psicologi. Parole di attenzione, d’esortazione all’attenzione verso i ragazzi, gli adolescenti “normali”. E’ a loro che dovrebbero andare le maggiori attenzioni di chi si occupa di devianza. A loro finché sono ancora “in carreggiata”, per aiutarli a restarci “ in carreggiata”. Questa sì che sarebbe prevenzione, ovvero occuparsi di coloro nei quali il malessere è ancora latente, inesploso. Prima che sia troppo tardi.
Che fortuna ho avuto io in più d’una occasione (toh! ho iniziato i miei anni bui proprio come il protagonista: bombe rudimentali a far saltare auto), che fortuna ha Christian, nel film. Ma una società civile si affida alla fortuna di questo e quello o opera conoscendo i disagi, dialogando, accompagnando i suoi futuri cittadini adulti perché si tengano lontano dal crimine ? Una rete di prevenzione ed assistenza aspetta che i pesci vengano a galla o avvolge e permea di sé il branco quando è ancora in acqua ?
·         Il dubbio, il dubbio, dall’inizio alla fine del film. Come mi scrisse un ex allievo e amico carissimo, commentando in privato il mio post sui bambini che non si azzuffano più:
-       crescere il figlio nel rispetto pedissequo delle leggi, delle consuetudini, della morale “per bene”, sperando che la violenza, la prevaricazione dilagante lo risparmino, non lo “mettano sotto”;
oppure
-       crescerlo in grado di difendersi da sé, anche al di fuori delle regole, col rischio che il pensiero dominante, la cosiddetta convivenza civile, lo emarginino, fino a storpiarne l’animo e la vita ?

    “Come se non fosse più una madre. Come se non fosse mai cresciuta
Il femminile, il materno, dov’è ora nel film come nel vivere quotidiano ? Quando c’è, che femminile / materno è ?

Sì, proprio un bel film.

1)     Una bellissima recensione, a cura di Simona Argenteri, la trovate in “Mente & cervello” - Ottobre 2011.