giovedì 18 febbraio 2016

Fredde verità e piccoli sotterfugi


“Fa più rumore un albero che cade, piuttosto che una foresta che cresce”
(Lao Tse)

 
estate 2008 pronti per le foto !

Perché, se evidente è lo straniamento di alcuni, l’autoescludersi di altri, l’incertezza di altri ancora, è altrettanto vero che la qualità della nostra pratica è salita, si è evoluta ed ha ancora margini di crescita enormi ed impensabili.
Ma, la foresta, ogni foresta, è tale  solo se animata da alberi, tanti alberi.

In un semplice e composito affresco che sa di yin e yang, l’albero che cade e la foresta che cresce sono una necessaria compresenza.
estate 2008 Kenshindo
D’altronde, in una Scuola che odora tanto di “Occidente” e modernità, quanto si fonda sulla cosmogonia taoista, il contrasto e l’imprevisto sono un’opportunità; più che la meta, conta il percorso in cui godere delle situazioni favorevoli e trasformare a proprio favore quelle che si presentano come ostacoli.

Allora a confrontarsi insieme, per capire “La sofferenza di permanere nell’ignoranza” (Takuana Soho), ovvero l’indugiare della mente come illusione, come succube del katana.
A capire le trasformazioni, quelle che vediamo con gli occhi, fuori, e quelle che fatichiamo, o non vogliamo vedere, dentro, col cuore.
A capire il sapore di una pratica che trae la propria forza e l’efficacia da un ulteriore scavo interno, fisico emotivo.

Aprile 2006 Seminario
Wing Chun Boxing
Certo, è più facile leggere la foresta, le sue ombre che danno piacevole quiete e sono anche spaventosi mostri di buio al calar del sole; la rassicurante possanza dei fusti maestosi che però raccolgono ai piedi un intrico di radici e terriccio che fa instabile l’equilibrio ed il camminare; le sottili ed armoniose voci dei piccoli suoi abitanti che sono laceranti ed inquietanti stridori animali al buio della notte; è più facile, vado scrivendo, se nella foresta ci entri e ti ci aggiri. Fuori, che ne sai ?

Certo, ognuno è libero, come ci è entrato, di uscire dalla foresta. Libero di farlo in silenzio, che sono fatti suoi, che sarà la sua personale buona educazione a suggerirgli, o meno, un “grazie”, “one gaeshi masu”, che è stato, almeno per un po’, un piacere scambiare insieme.

stage estivo 2004
danza del Pa Kwa attorno al fuoco
A volte c’è chi esce biascicando a destra e a manca, addossando ad altri quelle travi che sono invero le mura della sua di casa; confondendo illusione, che è percezione deformata, con allucinazione, che è assenza di immagini.
Allora la foresta, che da secoli sa non confondere la follia con la pazzia, l’estro anticonformista anche più irriverente, dalla distruzione, ne piange sì l’uscita, ma ancor più irrora attorno a sé quell’odore di forte e selvatico che la contraddistingue. Perché lei è la foresta.
Maggio 2006 Seminario Tai Chi Chuan
maschi guerrieri e padri
Perché lei, ed il vecchio sciamano, che saggio non è e nemmeno perfetto, solo è un po’ ( o un bel po’ !!) più esperto di altri nel vivere dentro la foresta, sanno comprendere il suono delle parole che raccontano, che descrivono immagini distorte per guardare senza vedere, intuiscono i contorni dell’allucinazione, quella che pretende di liberare il desiderio senza averlo compreso.
La ragione, tutto sommato, è un buon amministratore, ma non scopre cose nuove, le cataloga come le è comodo, come le conviene. Lo sciamano preferisce di gran lunga l’immagine per transitare al linguaggio articolato, alla pratica marziale condivisa.

stage estivo 2006
Poi, nella foresta, è hon, fondamentale, che regni il divertirsi, il godere appieno e giocoso dello starci dentro, anche quando faticoso. Se non ti diverti, non impari. Senza desiderio c’è solo routine, nella foresta come altrove, come in tutte le “foreste” di ogni tuo quotidiano giorno. Sempre che il viandante ami il desiderio, coltivi sogni da realizzare poiché, lasciati là a marcire, come scriveva il poeta, “diventano pestilenza”. Sempre che accetti di buon grado di essere imperfetto e di esserlo per sempre, che lungo il percorso non troverà mai la perfezione, ma saprà solo ridurre le imperfezioni !!
Sempre che il viandante, qualunque viandante, abbia fiducia nella virtù del prossimo, che, come scriveva Montaigne “è un indizio non  irrilevante che ne abbiamo nella nostra”.
Sempre che il viandante, qualunque viandante, desideroso, per suoi motivi personali, di “uccidere” il padre ( o il fratello maggiore o … lo sciamano !!) abbia l’ardire di ammetterlo e di farlo, senza chiedere e pretendere che sia quest’ultimo a colpirlo, ad “offendere”, così da avere il pretesto per armare la propria mano, per la foresta  abbandonare.

Allora, che siano “scazzottate oneste” ( grazie Gianluca per questa semplice ma profonda e bellissima definizione).
Scazzottate di puro divertimento in cui, per chi lo voglia, riconoscersi abitante della foresta, la sua e quella degli altri. Altrimenti, saranno solo “scazzottate”, e va bene pure così, ma molto, molto meno “oneste”.

 

A metà degli anni ’60 Kahneman, che allora era un giovane docente di psicologia alla Hebrew University, accettò un incarico ben poco stimolante: tenere lezione a un gruppo di istruttori di volo dell’aeronautica israeliana sulle teorie psicologiche di modificazione comportamentale e le possibili applicazioni nell’addestramento al volo. Kahneman insisté sul fatto che ricompensare  i comportamenti positivi funziona, mentre punire gli errori non serve a nulla. Uno degli istruttori lo interruppe, suscitandogli un’intuizione che avrebbe stimolato le sue ricerche per decenni.
“Mi è capitato di elogiare un allievo per una manovra molto ben eseguita e ho notato che nell’esercitazione successiva la manovra gli riusciva molto meno bene” disse l’istruttore di volo “E mi è capitato di inveire contro una persona per una manovra mal fatta, e quasi sempre la volta dopo gli è riuscita meglio. Non mi venga a dire che le ricompense funzionano e le punizioni no: la mia esperienza lo contraddice”. Gli altri istruttori si dissero d’accordo. Kahneman era convinto che le esperienze degli istruttori avessero un fondo di verità.
(Daniel Kahneman, nel 2002 insignito del premio Nobel per l’Economia, citato in “La passeggiata dell’ubriaco” di L. Mlodinov)

 
seminario Kenpo 2004
occhio al passeggino, bambini ...
di ogni età




luglio 2005 si mangia e si beve

Luglio 2005 festa insieme





stage estivo 2007 virtù femminili

stage estivo 2009
lavoro di ... mucchio

lunedì 15 febbraio 2016

Le voci del cuore


I pugili che ho conosciuto erano perlopiù persone ferite che provavano un impulso profondo e potente a ferire gli altri mettendo seriamente a rischio anche se stessi. All’inizio. In realtà succedeva quasi sempre che l’autodisciplina e l’abilità necessarie erano tali, e così tante le cose su cui concentrarsi oltre alle motivazioni di partenza, che queste motivazioni diventavano perlomeno nebulose e vaghe, finendo spesso per essere dimenticate e abbandonate del tutto.
Molti pugili bravi ed esperti (come è stato spesso notato) diventano persone miti e gentili”
(G. Garrett)

 

Quanto buio in un pensiero che si crede dominate, che si crede vero.
Quando ad una paura,  un semplice scrollare il capo non  basta più.
Allora spingi una porta, apri il desiderio e lì ti illudi di trovare la difesa, il muro, quella barriera di forza che ti farà essere, o almeno sembrare, un uomo o una donna veri.
Nulla di nuovo per chi cerca una risposta alla domanda sbagliata; nulla di nuovo per chi cerca la sicurezza dietro una paio di guantoni o una tuta mimetica o un nome d’arte imbellettato di battaglia; nulla di nuovo per chi si lascia annegare dentro ad una bugia o dentro il calore di una cosa molle e  marrone che cioccolata non è; nulla di nuovo per chi corre più veloce dei propri fantasmi; nulla di nuovo per chi ha deciso di cedere all'ipocrisia.

E’ un  silenzio fragoroso e stonato, ma tu stenti a chiederti come e perché.  
A me il compito di intuirne i segreti e spogliarne le vesti. Inoculare, tra risate e divertimento, quell’amaro veleno che si chiama “conosci e cerca te stesso”, che si costruisce nel dolore dell’interrogarsi come momento di crescita. E’ quando  ti ritrovi a ad aprirti alle voci del cuore che scegli, o ti senti obbligato da un’oscura parte di te a scegliere, di andare oltre i recinti dell’esperienza passata e fare, ora sì, qualcosa di arduo e nuovo.
Eppure, quante volte .. sei sveglio, nel tuo comodo letto dopo una notte di sonno beato, guardi il sole che spacca le ultime ombre della tua camera e non hai alcuna voglia di alzarti, allora cominci a comprendere che i duelli e gli scontri più importanti che ingaggi sono quelli per il “conosci e cerca  te stesso”.

Le sere si inanellano ad altre sere, incontri nel Dojo.
Ti sento pulsare fino a quando il fiato ferma il tuo sguardo non fuori, non sul pugno o sul bastone, ma su te,  prima che si sbricioli di nuovo nascondendosi in quel pensiero il cui buio ora, se lo vuoi, puoi leggere distintamente.
Non puoi più sottrarre lo sguardo e il respiro e i tuoi pensieri da un corpo muto al linguaggio della mente sola, che però parla il linguaggio delle danze e delle ferite, dei tagli, dei lividi e delle emozioni, del corpo come tempio di vitalità.
Ora che quel pensiero, stupidamente a credersi dominante, che quella illusione di trovare un riparo a chi, se non a te stesso, che quella domanda si è svelata sbagliata, tocca solo a te.
Affrontarsi nelle paure, nelle insicurezze autentiche, non quelle di menzogna che ti hanno fatto entrare qui, può far nascere coraggio e consapevolezza, ma di questi non vi è né la formula chimica né il foglietto delle istruzioni. Questi si mescolano e si scontrano con rabbia e viltà, passione e timore, fraintendimenti e bugie.
Sta a te, ora che sai cosa davvero ti ha spinto qui, camminare, se lo vuoi, insieme a me ed agli altri come te.

E le sere ancora si sovrappongono, inanellandosi ad altre sere.
Il tuo  cuore s'ispira  mentre quel pensiero  che si credeva dominate è ridotto ad un lumicino per morti e quel buio ora ha una lettura finalmente agevole e chiara.
Buio ad offrirti stelle vicine e luminose, che sono le decisioni adulte che ora puoi prendere,  sono sogni lontani che le tue mani possono ora afferrare.  Ogni volta che ti sembra di avere dato già abbastanza, tutte le tue forze, tutti i fianchi e il bacino ed il cuore ed il sudore, tutte le mani lasciate sul viso e sul corpo di altri e le loro sul tuo di corpo e di viso, scopri che non sei ancora stanco e l’istinto ti sorprende a chiedere di più, a lottare per qualcosa di più.
Affascinante vero ? Coraggioso vero ? Ora hai il “fegato”, la sfrontatezza audace, di uscire alla luce del giorno, di mostrarti per quel che sei.

Poi, una di quelle sere che aspetta solo di inanellarsi dentro l’altra, te ne esci con parole di un forte coraggio vigliacco. Quella tua invincibile resa  che nemmeno ti sorprende più di tanto. Te ne vai. Torni, un poco cambiato sì, ma solo un poco, nel tuo recinto quotidiano di affanni e piccole bugie. Di paure costruite per non guardare le paure autentiche.

Un po’, sempre, mi spiace. Ma so godere della gioia per il tratto di percorso fatto insieme, so trattenere il rammarico, chiedendomi, io vecchio diffidente reso tale dagli anni e da chi prima di te si è arreso, se il percorso, un qualunque percorso di crescita ed individuazione, lo riprenderai oppure mai: non con me, ma nemmeno con altri.
Pesa come un cappotto di ferro la responsabilità di essere ciò che sei e della vita che vivi. Quelle domande che mai avevi previsto entrando qui la prima sera e che poi hai scoperto essere le tue autentiche domande, Dove sto andando ?” “Come ci sto andando?” “ Con chi al mio fianco?”, le lasci cadere sulla pedana del Dojo.
Sorrido: Altri, dopo di te, le raccoglieranno e le scopriranno loro.
E mi ricordo delle parole di Hemingway, che il mondo spezza tutti quanti e solo alcuni sono forti nei punti spezzati.

Chiunque tu sia, qualsiasi stazione di riposo tu abbia scelto, qualsiasi percorso di crescita o di semplice trastullo ti veda ora forse in cammino,  grazie di esserci stato.
Ora, finché noi ci saremo … avanti un altro !!

 Post illustrato con immagini di pratica in Dojo: una sera di Kenpo, un Seminario Kenshindo
 




 
 
 

lunedì 1 febbraio 2016

L’inverno a modo nostro


Aspettando il prossimo Kangeiko, stage invernale

 
kangeiko 2015

A volte è una notte scura, comparsa all’improvviso senza la sera. Danzando guerrieri sotto la luna, inebriati dal mantello nero forato da quelle piccole luci gialle che chiamiamo stelle.
Altre è un cielo di perla, dipinto di un crescente arcobaleno, ed ognuno di noi comprende che nella natura ogni cosa ha un suo colore, come se una mano ignota avesse tolto un velo.
A volte calchiamo strade di fango, pesanti nell’incedere, impugnando un corto bastone o l’acciaio assassino di un coltello.

il primo kangeiko 1980 Lucio RIP
kangeiko ... anni '80 Dania e Carmine
Altre sembriamo scivolare lievi sul manto erboso, mentre i corpi cozzano e vorticano l’un contro l’altro. Lotta senza ragione e senza nome che possa identificarla, fissarla, mondarla da quella che è una vita vera, di carne e sudore e passione.
Immersi nella natura, volti sfiniti dalla stanchezza e sorrisi di felicità immensi come l’oceano, viviamo e pratichiamo Arti Marziali per sognare e realizzare ognuno il suo personale sogno di vita, vissuta, goduta.

Anche se lo spettro di un sogno mancato, di ogni sogno fallito o infranto tra le grinfie adunche della vita quando è grama, ci prova, eccome, a imporci un volto di pietra, ad indurci su sponde spente di malinconia.
Ma noi siamo ancora qua.
kangeiko 2006 Cesare e Silvio
Nessuna battaglia è persa, nemmeno un'ora di violenza ottusa, di conformismo indistinto, di trasgressione a comando, di fantasmi depressivi, di anaffettività e ragione vuota, di capricci infantili e infantili odi. Niente di tutto questo può fermare il percorso di chi fa del lottare, del praticare Arti Marziali, del confliggere con l’altro per imparare a confliggere con se stesso, una Via di individuazione e crescita e trasformazione. Via di coraggio.

kangeiko 2007 i Maestri Giuseppe e Valerio
E’ questo il senso autentico e profondo di ogni nostro Kangeiko, lo stage invernale.
Ogni tanto ancora mi sorprendo, e sono passati trentasei anni dal primo Kangeiko, a perdere il filo di questa storia nostra. Ogni tanto quasi mi spavento a rivedermi, e con me tutti, tanti, i guerrieri che mi hanno accompagnato, prendere e dare, dare e prendere, e ancora non mi sono fermato mai.

Allora aspetto il prossimo Kangeiko, il 34°, a fine Febbraio, tra le colline del modenese, ospiti ormai “tradizionali” degli amici Mario e Chiara all’Agriturismo “Il Palazzino”, in quel di Montese.
Quando il mio sguardo arriverà a toccare quelle colline e quegli odori di campagna, sarà l’emozione di un crescendo. E, nel guardare dritto dentro al cuore, so che sorriderò felice come un bimbo nel vedere intorno i compagni di una nuova avventura che si ripete, senza mai essere la stessa.

kangeiko 2009
 

 

“Il pensiero senza corpo è anaffettività e pulsione di annullamento, onnipotenza della mente che vuole creare il nulla”
(M. Fagioli)

kangeiko 2010
 







kangeiko 2011

kangeiko 2012


kangeiko ... anni '90

kangeiko 2007 Lupo