lunedì 21 ottobre 2019

Mai potrai fermare il combattimento







Kenshindo
Seminario di Ottobre
 
Sono i Fushime Taiso a vedere corpi adagiati sul terreno prendere forma e forme in cui sia il peso e il centro ad innestare i primi movimenti. Sorta di antica stella marina, di primordiale essere pulsante prima, ancora prima di chi avrebbe nuotato in acqua per poi divenire essere anfibio.
Ontogenesi e filogenesi. Come a dire , ricordando l’Italo Calvino delle “Cosmicomiche”, che nel corpo sta l’inconscia coscienza collettiva del mondo, sorta di sapere ancestrale  che va realmente ripercorsa dal pesce all’anfibio per comprendere la nascita ed avviare il cammino di evoluzione che è confliggere emotonicamente (1) alla gravità, verso la stazione eretta.
Incerte tracce di quello che, dall’utero materno, sarebbe stato identificato come il “viaggio dell’eroe” verso l’esterno, incontro al mondo.

E le pressioni dentro il cuore prendono ad aumentare, ogni gesto pare essere un sogno folle, disperato: Una spada in mano ora, nel terzo millennio? La pretesa, la responsabilità di togliere una vita, di compiere una morte?
Fa male, ognuno di noi qui lo sa, e il dolore cresce ancora, cresce ogni volta che mimi l’affondo della lama, che falci in direzione del corpo che hai difronte.
Chiedi alla morte di lasciarti tornare alla vita e mentre lo fai spifferi di vento gelido ti tagliano il fiato, ti tolgono il respiro.
In questa danza guerriera autunnale sai, lo senti, che il tuo momento dovrà arrivare. Intanto monta un sorda  energia dentro.

Giochi con la fiamma di una candela. Falciate si susseguono a falciate. Sorridi, persino ridi, eppure sai che il gioco, come ogni autentico gioco, esprime la tua genuina fame dentro, le tue autentiche pulsioni e fai inevitabilmente i conti con le tue parti Ombra, incontrando e fuggendo paura, orgoglio, vigliaccheria, presunzione, superficialità, vergogna, senso di onnipotenza e quant’altro sonnecchi nella tua bestia dentro.

L’acciaio ora brilla nella sala bianca.
In questo tardo pomeriggio d’autunno rivive la saga per un eroe guerriero che deve ancora arrivare, che sta per arrivare.
Profondo e lungo, il sonno dell’ignavia, dell’ameba che, in questi anni di cretineria e malaffare diffusi, ha sostituito il coraggio della tigre e la libertà solitaria del lupo, si stende a tenere lontani i momenti del vivere di nuovo, del vivere adulto, autodiretto e coraggioso.

Ma nessuno di noi, in questa sala bianca, ci sta, ognuno  sovrano del momento, del “qui ed ora”, ognuno proprietario del tempo.
Costi quel che costi, anche a voler di nuovo narrare una storia dimenticata da così tanto tempo, perché formarsi in Kenshindo, formarsi con l’acciaio è costruire, o almeno tentare di costruire, una personale era dell’oro, una personale strada in cui io, tu, possiamo essere l’uomo che io so, tu sai, di dover essere.

Il pensiero di due dei protagonisti.
“…sabato pomeriggio, corso di spada giapponese con Tiziano, primo incontro:
entusiasmo per conoscere qualcosa di nuovo che sempre affascina la mente…la cultura della spada, del samurai, dei valori di onore e rispetto tanto per la vita, quanto per la morte, come eterne espressioni dello scorrere dell’Energia Primordiale, che tutto permea.
E, tutto questo, si è tradotto con 3 ore di lavoro profondo col corpo fisico, la mente, le emozioni personali e quelle dell’altro, degli altri, del gruppo e, dello Spirito, in un libero fluire, saggiamente condotto da Tiziano, che come un direttore d’orchestra c’è, segue, dirige e ti conduce laddove non sapevi neanche tu di arrivare, con un corpo fisico nuovo, libero da forme, pensieri, emozioni … spazi nuovi, da riempire con consapevolezza di esperienze nuove, accrescitive, evolutive, divertenti, in saggezza e virtù…

…con stima e gratitudine, sia da parte mia che di Flavio: Grazie Tiziano e grazie a Donatella, Giuseppe, Silvano e Giovanni  che ci hanno accolto con amicizia e familiarità, appena possibile sarà un piacere allenarsi di nuovo insieme” .
Angela

“L’intensità della Morte in uno sguardo, la forza della vita, fragile come il filo del katana, nello stesso sguardo.
Il corpo maestro nelle movenze, uccide le seghe mentali, sorprende il razionale e mette il cuore in bilico tra vivere e morire sulla punta dell’acciaio”.
Giovanni
 

1. La corrente vitale dell’organismo umano, in relazione alle interazioni con l’esterno, si esprime in emozioni profonde, inconsce: emos che è sangue e mozioni che sono modificazioni, dunque emos-azioni.



martedì 15 ottobre 2019

Piano piano … siamo in buona compagnia, forse?!




Da decenni propongo il movimento, il fare corporeo, come esplorazione a 360 gradi, come ricerca delle fondamenta del corpo in azione, come percorso che attraversi la sfera delle sensazioni e delle emozioni.
Io, uno dei pochi tra i pochi che in questo modo si occupano di corpo e movimento, probabilmente l’unico, o quasi, nel mondo delle Arti Marziali e del combattimento.

Poi, in queste settimane, sul più diffuso quotidiano nazionale sportivo, “La Gazzetta dello Sport”, dunque quello che, da un lato, dovrebbe camminare con me e meglio di me su queste direttrici, ma, dall’altro, comprendo abbia difficoltà a farlo per non disturbare interessi professionali ed economici di allenatori, atleti ed aziende, compaiono interviste, riflessioni che odorano del nostro pensare ed agire:
Il corpo non è un accessorio, il punto di equilibrio lo troviamo quando ci consideriamo un tutt’uno, l’insieme di muscoli e respiro definisce la nostra identità
Un grande coach non è uno stilista di moda, con un suo sistema a cui i giocatori si devono adeguare: al contrario, è un umile sarto, che prende le misure del cliente, cioè la squadra, per tagliare l’abito in maniera perfetta
Rispetto alla passata stagione abbiamo inserito trattamenti sugli  organi viscerali e dry – needing che ha dei punti in comune con l’agopuntura”.

Evviva!! Era ora che qualche apertura ci fosse, proprio nel mondo dello sport professionistico, quello che avrebbe i maggiori interessi a migliorare e migliorarsi superando una concezione meccanica del corpo ed una pratica ripetitiva del fare. Sarebbe un autentico faro trainante le migliaia di appassionati e dilettanti che, nella corsa come nel calcio, in palestra come negli sport e nelle arti di combattimento, si allenano secondo una mentalità e degli schemi  incistati, ripetitivi, davvero ignoranti!!

Perché ogni proposta realmente produttiva del “fare”, ogni esercizio, è come una cipolla che, strato dopo strato, ti mostra saperi continui. Gli esercizi validi, le tecniche valide si evolvono soprattutto per trasmettere informazioni, efficienza e diversi utilizzi; invece, tutt’ora, il praticante resta intrappolato in una sterile imitazione del primo strato, perdendo la complessità e gli strati sottostanti.

Scegliere approcci più ampi e differenziati ci consente di osservare la nostra pratica di movimento senza porci dei limiti  e di sviluppare noi stessi non solo nella prestazione ma come individui.

Ogni gesto, anche il più semplice: premere e tirare, sollevare ed abbassare, va interpretato come un concetto, non solo come una “tecnica”. Infatti questi, tecnica o un esercizio, non è altro  che un contenitore con all'interno l’autentica essenza priva di forma definita e siamo a noi darle una, due, diverse forme adattabili, flessibili, al contesto ed agli obiettivi.
E scopriamo, come ci raccontano gli antichi insegnamenti taoisti, che ogni pratica ha bisogno del suo contrario,  ovvero la pratica della quiete sgorga dalla pratica del movimento e viceversa, unitamente alla loro sintesi.

Fai tutto ciò senza mai perdere mai la tua giocosità e con essa  la passione e l'amore verso la scoperta della tua personale espressione fisica, la tua personale melodia cinetica, che è anche, e soprattutto, espressione della tua individualità, della tua personalità tutta.
Questo stato intriso di curiosità e passione è una potente guida che ti accompagnerà anche quando gli esercizi apparentemente così semplici li scoprirai difficili; quando incontrerai movimenti inusuali, scomodi, talvolta dolorosi, in cui saprai però scoprire un eccezionale potenziale di crescita personale; quando ti accorgerai che ogni tua comprensione ti apre le porte su mille e mille ignoranze, mille e mille territori di corpo e movimento ancora inesplorati e, invece di farti prendere dallo sconforto, ne sarai entusiasta e motivato ad andare oltre, a scoprire di più ed ancora.          
Sarà un cammino di autentica consapevolezza e felicità in cui ritrovarti in un corpo, te stesso corpo, elastico, ritmato, vitale.

Se ne sta accorgendo anche il principale quotidiano sportivo? Piano piano … pare di sì.
Noi lo sappiamo e pratichiamo da un pezzo.
Se ti andasse, aggregati a noi, divertiti con noi. Ti aspettiamo!!





domenica 13 ottobre 2019

Joker o del nichilismo




Seduto nell’accogliente poltrona della sala “President” all’Anteo, Monica accanto a me:
Joker
la tanto acclamata pellicola di Todd Phillips in cui giganteggia l’interpretazione di Joaquin Phoenix, sta per iniziare.

Il personaggio è sempre stato descritto come un maniaco omicida, violento, ben sopra le righe, fino a evolversi nella figura nichilista che compare ne “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro”: un fomentatore di caos e disordine di contro al Batman portatore d’ordine e legalità.
La prima cosa che mi ha pesantemente colpito è, qui nella pellicola di Phillips, la totale mancanza di un possibile confronto: in questo Joker nessuno si salva, tutti, ma proprio tutti, sono, siamo, “cattivi”.
La pellicola è dominata dalla dichiarazione che tutti indistintamente sono portatori di male: fosse solo per ignavia, impotenza o superficialità, nessuno si salva, tutti nuotano nel mare del male.
Un nichilismo che eleva ad ideologia e pratica consentita la distruzione, l’annientamento di qualsivoglia istituzione o sistema di valori esistente, qualsiasi forma sociale collettiva e relazionale.
La stessa fanciulla che, per brevi tratti, affianca Joker è la prima ad indicargli il gesto dello spararsi alla tempia perché non vi è alcuna soluzione al degrado e a sostenere il valore positivo dell’assassinio di tre colletti bianchi; nonostante la relazione con lei, fatta di caldo rifugio silenzioso ma anche di un bacio che apre su un incontro carnale intenso, Arthur / Joker non esita ad affermare di non essere mai stato felice, nemmeno per  un minuto.
Insomma: siamo tutti malati e malefici, nessuno si salverà.

Altro elemento per me perturbante è lo svilupparsi stesso della storia di  Arthur /Joker: un clown fallito che sogna di diventare un comico di successo ma che subisce un escalation  di umiliazioni ed angherie senza che abbia fatto nulla per meritarle.
Questo ci porta colludere, a solidarizzare con Arthur / Joker.
Però, di contro al solidarizzare che possiamo aver coltivato nell’incontrare i personaggi principali “oscuri” di serie come “Dexter”. “House of cards” “Breaking Bad”, arrivando a chiederci  quanto fosse giusto colludere col protagonista pur sapendo le cose orribili di cui si sarebbe macchiato, qui il crescendo è tale e costruito per eliminare ogni dubbio, che probabilmente il solidarizzare fino a sfiorare l’identificarsi è una palla di neve che, minuto dopo minuto, diventa una valanga inarrestabile in un contesto che non solo non fa nulla per fermarla o impedirne l’ingrossamento, ma, anzi, lo incoraggia, in un moltiplicarsi di malvagità reciproche e spudorate.
Ecco raddoppiata, rafforzata, la mia sensazione che nulla si salva, nulla si potrà salvare.

Lo stesso disturbo mentale conclamato di Arthur/Joker, a cui la società, per altro, non dedica alcuna pratica curativa soffocata dai tagli e dai risparmi imposti al “Sociale”, ci porterà a ritrovarlo nella madre, suggerendo, da un lato, l’inevitabilità della trasmissione della malattia, dall’altro che la malattia, in forme latenti ma altrettanto pericolose, sia presente nel politico maneggione come nel comico privo di scrupoli pur di piacere e cavalcare il successo.
Ancora una volta compare il “nessuno si salverà”. L’accusa che siamo tutti malati e cattivi e che la specie umana è destinata all’estinzione violenta.

Una pellicola dura, che fa male, che non esito a definire agghiacciante, con una interpretazione, anche fisica, gestuale, di Phoenix davvero eccezionale. Inquadrature essenziali e musiche incalzanti.
Un grande film, grande ma, o forse per questo grande, portatore di desertificazione nell’animo e dubbi profondi sul senso del vivere.

Nel tentativo di comprendere e smussarne il freddo che mi lascia dentro, mi rivolgo a Freud, all’impossibilità che l’Es, nell’uomo e in tutti gli uomini indistintamente, sia dominante, di più, l’unico ad esistere: Joker/Es si appella  alla forza del Caos, autentica natura dell’uomo, al di là di ogni principio etico di bene e male, guidato da tutto ciò che vive di pulsionale e istintivo e non contiene moralità né valori. Solo Es, dunque senza Io e Super Io? Possibile? Possibile e plausibile che, prima o poi, avvenga per tutti noi?
E ripenso a Jung, all’Ombra junghiana.
Nella quotidianità, l’uomo trascura  il suo versante oscuro, convinto che esso non sia parte di lui. Ma una voce dentro, ancorché inascoltata,  gli porta echi della propria Ombra, gli dice che il Male dentro di lui esiste e brontola come fiera accucciata e legata alla catena. Così Arthur/ Joker non sapeva di avere un’Ombra dentro e la totale subordinazione ad essa lo costringe a vivere un’esistenza lontana dalla coscienza, dalla razionalità e votata all’efferatezza. Se per Jung l’Ombra solo quando taciuta e rinnegata è davvero pericolosa e portatrice di azioni malefiche mente il riconoscerla e piegarla all’interno del vivere sociale ne fa una forza anche propositiva, per Arthr/Joker la questione non si pone: lui è l’Ombra stessa e, scena dopo scena, scopriamo che l’Ombra si annida in ogni angolo del sociale, della collettività fino ad esplodere vivida e terrificante: Nessuno si salva.
Né potrà redimersi o, almeno, contenersi, come ci suggerisce la scena finale.

Ogni mio tentativo di anestetizzare, di correggere con riferimenti intellettuali, lo squarcio dentro che la pellicola mi ha provocato, non sortisce alcun effetto.
Monica stessa, lineamenti del volto tesi ed induriti, indugia più del solito nella poltrona.
A tavola, nell’accogliente “Osteria del cinema”, cibo di qualità e clima accogliente, ne discutiamo vivacemente, entrambi coinvolti, entrambi vicini.