lunedì 31 ottobre 2016

L’arte dell’esperienza


“Pratica intensamente ed appassionatamente. Sii orgoglioso dei tuoi progressi e al contempo umile per tutto quello che ancora hai da imparare”

 

Nel Dojo le ombre si allungano sui muri. Strisciano, serpi scure, tra gli interstizi del canniccio.
Una luce flebile si ritaglia spazio incerto tra le finestre, vetri scheggiati e feriti dal tempo.

Ora sento che tutto lo spazio vortica attorno a me, che tutto accade attorno a me.
L’energia a spirale nasce dentro e dentro si espande. Autentica forza esplosiva interpreta ed esprime i principali fattori di movimento:
by loooory

Spazio, che è direzione e forma dei gesti.

Tempo, che è ritmo, è istinto.

Peso, che è tensione, è fraseggio.

Flusso, che è scorrere, arrestarsi, deviare e poi riprendere il suo corso.

Ascolto il suolo, accolgo la percezione fisica del ritmo.
Sorta di immaginazione fisicoemotiva, non sono più azioni, gesti inchiodabili in un tempo sospeso, quanto piuttosto flussi e balzi di energia.

Ecco la forza esaltante della spirale.
Ancorata ai principi generali della cinetica che determinano il movimento del corpo umano, la spirale è non forma, è esperienza di azione. E’ l’avvio di un linguaggio corporeo complesso ed armonioso.

Waraku, nel Budo nipponico, che è agire a spirale.
E sono, e siamo, solo all’inizio di un viaggio, di un lungo viaggio.

 

“Se punti in alto, il cielo sarà il tuo solo ed unico limite”

 
Ora visibili nelle nostre “vetrine”
 
(questo blog, Facebook, Youtube)
 
i due video didattici sulla spirale:

a mani nude;

con il jo (bastone medio)


 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

lunedì 24 ottobre 2016

Bishamonten. Ottobre 2016


“In un momento storico in cui il linguaggio verbale è tutto convenzionale e sterilizzato (tecnicizzato) il linguaggio del comportamento (fisico e mimico) assume una decisiva importanza.”
(PP. Pasolini)

 

I piedi scuotono il pavimento, saldamente ancorati a terra. Gli arti inferiori, nell’esplorare lo spazio tutt’intorno, scoprono nuovi modi di radicarsi al suolo. Tocca al bacino, percorso da potenti fremiti interni, condurre e contenere il torace che, simile a gigantesca onda selvaggia, esplode nella frustata sinuosa della colonna vertebrale. Filogenesi e ontogenesi, dalla sirena, dai primi animali acquatici ai primi anfibi, agli incerti quadrupedi, poi, la stazione eretta.
Sono braccia e mani, ali di un enorme rapace, ad aprirsi tutt’intorno per poi rinchiudersi rapide.

Esperienze di Danza Sensibile, Danzaterapia, Expression Primitive, Tai Chi Chuan e Kenpo Taiki Ken mischiate, armonizzate e offerte ai partecipanti lungo le tre ore del nostro percorso.
Ognuno attraversato dal battito del cuore, il respiro che scava in gola, le pulsioni profonde che salgono ad affacciarsi alla mente razionale, come a chiedere, a pretendere ascolto, udienza, fino ad impossessarsi, per un fulminante attimo o per un tempo lungo interminabili secondi, di te che danzi e che lotti.

Il pomeriggio, pomeriggio di Bishamonten, oggi ha portato con sé un racconto di incontro e di lotta che parla di te. Di te che sai, passo dopo passo in una vita che si snoda come un romanzo che non ha numeri di pagine né capitoli a darne se non il senso almeno il riposo, la pausa, come partire per un lungo viaggio. Quel viaggio di tutti i giorni in cui la voglia di non tornare più dà la mano alla nostalgia del ritorno.

E sono pesi, corpi, abbandonati al suolo raccolti da mani altre. Sono pesi, corpi, affidati consapevolmente a mani altre.
Dimensione emozionale intrecciata ad un contatto fisico che sa di accoglienza ed estraneità, dominio e sottomissione, erotismo ed anaffettività.
Pesi corporei che si incontrano fino a sovrapporsi, a sostenersi l’uno con l’altro, tesi verso la stazione eretta.
E’ il peso a dare il parametro della dimensione energetica che fa viva la forma posturale, in un percorso che nello spazio della verticalizzazione impersona simbolicamente il tempo evolutivo.

Allora scopriamo dentro, nel corpo che è respiro e contatto, la verità del rilassamento; il rilassamento autentico, condizione essenziale per praticare Tai Chi Chuan.

Sale, si espande la spirale. Forse, sinuosa e vigorosa.
 La vulnerabilità si fa energia dirompente, masse muscolari nascoste, profonde, in combutta con articolazioni precise e dinamiche, formano cerchi sempre più piccoli, fino a nasconderli in una scia densa e leggera insieme: “l’autentico, meraviglioso mistero del Taiji” scriveva Chen Pinsan, maestro dell’arte, vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900.
La catena miofasciale profonda frontale sta a supportare postura e movimento. Semplice ancorché non facile ma, davvero, è tutto qui. Sta a noi scoprirne nessi e congiunzioni.
Lavorare sulla massa, richiede il minimo sforzo e la minima usura rispetto al lavoro sull'accelerazione, e in più, il lavoro sulla massa non diminuisce col passare degli anni...Poi, questo non vuol dire che non si possa accelerare...”, scriveva il Maestro Daniele Zanni.

Il gesto, l’agire, si fa vieppiù rapido, brutale.
Il contatto assume le dinamiche di uno scontro vero e proprio.

L’uso della forza è una forma mascherata di resistenza, derivante dalla paura di un attacco del nemico”, sono le parole di uno dei padri dello I Chuan, quello che in Giappone divenne il Kenpo Taiki Ken.
Allora spazio a quella chi io chiamo la “forza assente”: “Assente” non perché non ci sia, ma perché essa non si mostra, non si manifesta attraverso muscoli ipertrofici, non si allena attraverso ginnastica e pesi.
Specie di magia, essa richiede ascolto e audacia, anche autentico candore e un profondo lavoro su se stessi. Come un mistero, essa è un orizzonte infinito, non è negazione del razionale, ma spazio immenso.
O, più prosaicamente, è ascoltare ciò che si sente nel proprio fisico per imparare ad andare "oltre", sorta di connessione profonda, di accordo tra la qualità del movimento e il partecipare e risuonare delle articolazioni e delle membra – anche quelle apparentemente più lontane e “assenti” dal cuore dell’azione.
E’ la crescente capacità di interpretare le differenze anche minime tra una modalità ed un’altra, la loro economicità, semplicità, armonia, reversibilità piuttosto che sforzo, difficoltà, disequilibrio, non reversibilità, a segnare il progredire dell’individuo nell’apprendimento di un nuovo modo di agire.

Allora l’occupazione dello spazio e l’esplodere delle percosse acquista una vigoria ed una penetrazione inaudita.
La danza selvaggia del nostro Kenpo Taiki Ken è caccia spietata che non dà alcuna tregua all’avversario.

Non importa il movimento giusto, semmai esistesse il movimento giusto, ci interessa il movimento migliore, quello che tende sempre a … migliorarsi e dunque è sfida al gigante del limite, è ricerca eretica che non avrà mai fine.

Come è il nostro praticare, sempre e dovunque, anche in questo primo degli incontri Bishamonten, dove il sapere antico del Tai Chi Chuan e del Chi Kung si fonda con le contemporanee pratiche motorie di fini ricercatori come Claude Coldy e Vincenzo Bellia, dove il sapere taoista incontra l’asciutto sapere gestaltico; dove tutto si trasforma, con semplicità e naturalezza, nel combattere.

 
“Se è certamente vero che la preparazione culturale resta importante, così come la continua curiosità di ricercare, informarsi e studiare è altresì necessario agire su di sé, essere autocritici, evitare l’autoreferenzialità. Essere duri verso se stessi, implacabili ed inumani. Mettere ordine e gerarchia all’interno di se stessi. Ognuno di noi deve essere lo “stato ideale” che rappresenta un microcosmo ferreo e ordinato, il tempio dove celebrare principi tremendi, inumani e metastorici. Al contrario della continua indulgenza verso di sé, della pigrizia e della sterile polemica è la lotta senza quartiere alle proprie debolezze, lo spirito “agonale” necessario alla preparazione di un uomo adatto ai tempi attuali, dove la brutalità è sempre più forte e davanti alla quale non è possibile opporre gessetti, forum o pornodipendenza: nei prossimi decenni assisteremo ad una degenerazione sempre più tragica alla quale è necessario opporre personalità più risolute e meno schiave delle comodità e del lassismo”
(Alberto Anselmo)

 



Il prossimo appuntamento
Bishamonten
Sabato 14 Gennaio 2017







 

     

 

lunedì 10 ottobre 2016

La forza del dissenso


 
 
 
 
 
Sinuosi, avvolgenti, un chiaro scuro di ombre e corpi vicini, molto vicini …
È solo un’altra serata di Wing Chun Boxing, in cui tutto si muove intorno, mentre tu mi respiri accanto e mi vedi scrutarti dentro, nei tuoi occhi.
Specie di piccolo manipolo di guerrieri senza divisa, ma con addosso i colori ed il Mon della Scuola, accomunati da un tacito patto che durerà l’ora intera.

Così interpretiamo un nuovo mondo, di conflitti duri e di cuore aperto, sapendo che sì, si può più tornare indietro, ma sarebbe un peccato rinunciare alla strada che porta alla vittoria, a quel “conosci te stesso” che non ti offre alcun riparo, alcuna giustificazione, ma solo un quotidiano sentire e non mentire, mai, o, almeno …quasi mai, che nessuno è perfetto.

E sono scivolamenti e percosse rapide, piccole e profonde sul bersaglio. Sono tagli nello spazio a chiudere ogni via di fuga. Sono scambi di mani ed avambracci ad impattare imperiosi, senza tregua.
Io colpisco, tu accusi il colpo e ti afflosci senza fiato, per un attimo. Poi riprendiamo insieme, che insieme impariamo.

L’ora sta scadendo e non ci sono esitazioni. Sappiamo di essere una sfida più grande, in un circo affollato di marionette legnose, di invincibili combattenti a parole, di confusi miscelatori di sapori estranei, esotici.
Noi abbiamo il nostro modo, non paventiamo alcuna fuga, ma la porta è lasciata sempre aperta per chi non ha il cuore di restare e lottare.

Non so se conquisteremo tutto, ogni spazio, se vinceremo davvero ogni mostro.
Predatori nello scontro, forti di una vulnerabilità profonda, armati di flessibilità e decisione insieme, sappiamo non dare una seconda possibilità, ma quando questo avviene, che nessuno sa e può domarci, riprendiamo la lotta, lo scontro: ogni caduta, ogni errore, è una risorsa per imparare.
Quindi, ad ognuno di costoro che mi affiancano in quest’ora di viaggio, ora di Wing Chun Boxing, io dico “Tieni alta la guardia per la tua vita, perché solo chi accetta la sua debolezza diventerà forte e saprà sopravvivere, di più, vivere, in questo mondo fatto di consumo senza uso, di sogni tutti uguali, di amebe travestite da leoni”.

Nulla è quel che sembra. Così niente e nessuno potrà mettere a tacere il nostro dissenso, pur pochi che siamo. Da anni pratichiamo così, sinuosi e letali, colpi a contatto ed intrappolamenti odiosi, evasioni scaltre e feroci assalti. Da anni sappiamo che le origini e la verità sono state travestite. Nel grande inganno che tutto copre, muffa per uomini piccoli, affamati di illusioni e certezze, di apparenze; nel grande inganno, qualcuno ancora si batte e lotta.

 

“Non tutto quel ch'è oro brilla, Né gli erranti sono perduti; Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza, Le radici profonde non gelano. Dalle ceneri rinascerà un fuoco, L'ombra sprigionerà una scintilla; Nuova sarà la lama ora rotta, e re quei ch'è senza corona”
(J.R.R. Tolkien)











 

lunedì 3 ottobre 2016

Vengono



“Il coraggio è di due specie: quello fisico davanti al pericolo personale, e quello che occorre avere di fronte alle responsabilità, sia verso il potere superiore di una qualsiasi forza esterna, sia verso la propria coscienza. Riuniti, essi costituiscono il coraggio perfetto”
(Karl von Clausewitz)

 

Vengono, nuovi curiosi, curiosi alla scoperta del praticare Arti Marziali.
Vengono, alcuni del tutto a digiuno, altri con alle spalle un passato marziale o di sport da ring.
Vengono e si sorprendono nel non trovare un modello da imitare, delle “tecniche” da imparare e copiare.
Vengono e si stupiscono, perché incontrano pratiche in cui la percezione della propria corporeità non è oggettivizzata, cosalizzata, ma integrata nel sé corporeo, nel sé fisicoemotivo.

Vengono e si aspettano, da quanto hanno visto altrove o hanno provato in prima persona, dei movimenti stereotipati e scarso spazio a movimenti spontanei.
Palestre visitate o frequentate, pratiche viste o agite, dove regnano asimmetrie cinetiche e posturali, unitamente ad una scarsa familiarità sia con la motricità grossolana che con quella fine.
Dove “quello” che si pratica, ma soprattutto “come” lo si pratica (che si tratti di Arti Marziali, sport da ring o pratiche ginnico-sportive non importa, non fa differenza), porta il praticante a considerare il proprio corpo come un meccanismo estraneo, in cui,
- da un lato, percezioni ed azioni paiono localizzate in uno spazio esterno, estraneo. Il corpo viene considerato un oggetto di esperienza e non parte del soggetto, dunque esso è proiettato e trattato come se fosse altro da sé: dall’ammirazione narcisistica nel guardarsi gli addominali “scolpiti” all’affermare un comodo e rassicurante "mi si contraggono le spalle" invece di un adulto ed autocentrato "Io sto contraendo le spalle” o, meglio ancora, “Io sono spalle contratte”.
- dall’altro si è alienata la trama, il tessuto, che relaziona individuo ad individuo, incapaci di dare senso a quel che l’altro sta facendo accanto o insieme a te.

Pratiche frammentarie e frammentate che riflettono una cultura ed una prassi facilmente definibile schizofrenica, quando non psicotica: “Nella mia esperienza, i pazienti psicotici partecipanti ai gruppi di Dmt ripropongono  nella loro corporeità le proprie modalità psicopatologiche di funzionamento (tensioni croniche, vissuti di frammentazione, scarsa strutturazione del confine corporeo, perdita di piacere del muoversi, pesantezza…)”, scrive Vincenzo Bellia , psichiatra e gruppoanalista, danzaterapeuta.

A noi, allo Z.N.K.R., il compito di accompagnare il praticante a ri-abitare il corpo. Il corpo, per restare nella nostra cultura europea, che anni dietro Cacciari distingueva tra il modesto Korper, ovvero il corpo anatomico, l’avere un corpo e il vivente e palpitante Leib, che è corpo - vissuto, essere corpo; differenza, questa, ripresa poi da Umberto Galimberti.
Come io ripeto spesso, noi siamo corpo, ogni momento del nostro vivere è esperienza di corpo, corporea, e poi in pedana, giocando ironicamente sull’equivoco, sprono tutti esclamando: “Andate di corpo!”.
Con il ri-abitare il proprio corpo, scopriamo anche la cura della relazione con l’altro: l’intersoggettività come capacità di entrare in sintonia con l’agire dell’altro e, unitamente, l’affermazione di una sana separazione dall’altro, ovvero l’adulto che sa tanto tessere relazioni di comprensione anche conflittuale, quanto sa stare da solo affermando la propria piena autonomia. (*)

Non solo Chi Sau, Souei Shou, Sujin Te. Molte sono le occasioni, qui allo Z.N.K.R., per lavorare sul saper stare nelle relazioni, ovvero sull’essere consapevoli di sé e del proprio agire, unitamente al comprendere il compagno cosa fa e come lo fa e, consapevolezza fine, sottile, profonda, sorta di sesto senso, pure intuire cosa questi ha compreso di te e del tuo fare. E poi, scambiandosi calci e pugni e gomitate, assumersi la piena responsabilità di tutto questo !!
Prendiamo in mano le armi, d’acciaio: coltello, machete, bart cham dao, i coltelli a farfalla, (rigorosamente affilate, perché, altrimenti, che armi sarebbero?)  o di legno: tambo, il bastone corto e i doppi bastoni corti, jo, il bastone “medio”, e ne scopriamo gli innumerevoli stimoli in quanto a modificatori della nostra estensione nello spazio, a conduttori di attività multipla e simultanea, a guida esplicita dentro una sensomotricità nutrita di affondo nel bacino, esplorazione della muscolatura profonda, concatenazioni mio – fasciali. (**)

Vengono e, nel caso qualcuno si fermi, un mese, un anno o dieci, nessuno di loro sarà più lo stesso. Non lo sarà perché, su di sé, avrà scoperto che ogni singolo gesto di qualsiasi parte del corpo rivela un aspetto della nostra vita interiore.
Poi, starà a lui scegliere se fingere di non saperlo, mentendo a se stesso prima ancora che agli altri, o continuare, qui o e dovunque egli vada, con la nostra compagnia o quella di altri non importa, il suo personale cammino di individuazione, di affermazione coraggiosa e vitale.

 

“Mentre i movimenti degli animali sono istintivi e per lo più fatti in risposta a stimoli esterni, quelli dell’uomo sono carichi di qualità umane, poiché egli, con i suoi movimenti, esprime se stesso e comunica qualcosa del suo essere interiore. L’uomo ha la facoltà di prendere coscienza degli schemi creati dai suoi impulsi di sforzo e di imparare a svilupparli, a rimodellarli e ad usarli”
(R. Laban)

 
(*) Fossero così “adulte” le donnette che sento sparlare del marito / compagno in ogni occasione conviviale, come pure le clienti incontrate nelle mie diverse funzioni professionali, all’Ufficio Lavoro o nelle sedute di counseling. Invece, eterne bambine capricciose, sanno solo lamentarsi e, come mi disse recentemente una di loro all’ennesima fuga vigliacca, all’ennesima passività mostrata “Abbiamo paura della nostra stessa ombra”. E chissà se trattasi di coraggiosa affermazione di codardia o dell’ennesima piccola scusa per garantirsi un po’ di connivenza dell’interlocutore, comodamente sedute dietro un ridicolo paravento.

 (**) Ovvero tutti i movimenti, anche i più apparentemente semplici, sono in realtà così complessi che richiedono una precisa sequenza eseguita da un collettivo di muscoli, tendini, legamenti, articolazioni e nervi.