giovedì 16 dicembre 2021

Se essere sinceri è ancora un valore

1980 Umanitaria - là dove tutto è cominciato
Il tramonta arriva presto su foglie che cadono, le ombre che cadono ad oscurare le case, le nuvole che cadono a sporcare il cielo.

Rumori di un linguaggio antico che sta a noi quattro riprendere, dargli lo smalto che merita a costo di lacerare il mantello pesante del tempo.

E’ la sera di Dicembre, quella del Seminario di Kenshindo, spada sfoderata e sguardo di lupo.

Poi, terminata l’ordalia dell’acciaio affilato, tutti a cena insieme.

Primi anni '80 - la Comm. Tecnica
Dopo mesi, un anno e più, di restrizioni, di isolamento, di caccia all’untore, di paura di un respiro di troppo lì accanto, siamo seduti al tavolo. La casa di Giuseppe e Donatella il rifugio. Il cuore e le emozioni di tutti la danza vera, quella autentica.

L’esorcismo macabro che imprigiona le folle, che accompagna lo staccarsi delle foglie e l’accorciarsi delle ore, l’abbiamo chiuso fuori di qui.

Questo è la sera del buon cibo e del buon vino. Questa è la sera del buon essere e stare tra amici.

Ogni bicchiere è una risata, è un ricordo di lezioni, stage, combattimenti, e quando smettiamo di nuovo ci ridiamo su.

2019 - Kenshindo, io e M° Valerio
Semplice, come ogni piccola parte di me, quella che preferisco e quella che mi pento di aver agito; semplice come è stato lo ZNKR, quella incredibile abilità di creare un gruppo unito, un clan, una cultura capace di distinguersi dagli altri, di formare, o almeno provare a formare, guerrieri contemporanei, ovvero adulti autodiretti, coraggiosi, vitali.

Semplice, come quando Donatella mi guarda e mi insegna a non scordare gli errori fatti, per non ripeterli più, o almeno provarci.

Semplice come quando Giuseppe mi guarda e lo capisco, come quando Valerio mi tende una mano.

1998 - Teatro Marziale
Come ridere di quello che è successo, anche quando è corso del sangue, anche quando il sangue non era liquido rosso ma sentimenti feriti.

Ferite inferte, ferite subite; ferite di bugie e sotterfugi, di vigliaccate e angoli bui in cui consumare di nascosto quel che non si ha il coraggio di dire, prima di tutto a se stessi.

Lo ZNKR come piccolo spazio che ripete e ripete e ripete ancora i destini che ciascuno traccia fuori di lì, ogni giorno, nella vita di ogni giorno.

Basta un ricordo: sulla neve di Fuipiano o tra le colline di Bobbio; immersi fino alle cosce nella neve di Montese o con le gambe nell’acqua di un mare ligure; infreddoliti a dormire dentro un armadio ad Azzio o arrostiti al sole di una casa di campagna nel veronese; sotto il cielo stellato del parco del Ticino o a ruzzolare tra l’erba bagnata di una montagna sperduta; ad iniziare la pratica marziale a mezzanotte per terminarla, otto ore ininterrotte, all’alba, a sfidarsi di lame affilate o di pugni nudi.

Per iniziare tutto e ricordare tutto, o quasi tutto. Volti e corpi, parole e gesti.

Basta un attimo, per perdersi e ritrovarsi.

2006 - amici ed allievi
Semplice, come la paura di riconoscere me stesso in parole ed azioni che ora non rifarei, come il coraggio di riconoscere me stesso in parole ed azioni che sì, certo che rifarei, perché il cuore caldo e generoso, quello vitale ed erotico non te lo regala nessuno, te lo devi conquistare, se lo vuoi.

Partiti da lontano, trentacinque anni insieme, insieme di ZNKR. E come di colpo svoltare, chiudere e riaprire Spirito Ribelle.

Il colpo è stato duro, tra note non sempre intonate, sapendo di non vincere niente, ancora a rincorrere le ore, i giorni, i mesi e gli anni, ancora a scoprire sogni.

2006 - La Notte del Guerriero
 

Sogni che proviamo a rendere reali, sogni sprecati dentro mani aride e sogni impreziositi da mani accoglienti; sogni avvincenti di gesti e sguardi ed emozioni, sogni a cozzare contro un mondo ostile, eppure sogni nostri, di guerrieri audaci.

Per chi ancora sogna e lotta per i suoi sogni; per chi ancora sogna e si offre, nudo e vero, ad accompagnare i sogni degli altri.

 





20212 Nabi - Lez. aperta

2017 - ultima lezione ZNKR

2015 - stage invernale, M° Giuseppe

2017 - stage estivo, Donatella

2016 - festa e cena nuovi dan

2013- i miei 62 anni festeggiati, come sempre, in Dojo

 

lunedì 13 dicembre 2021

Il potere del cane

Alcuni anni or sono feci la conoscenza “ravvicinata” di due fratelli, ambedue uomini di potere: Il primo, platealmente arrogante, iroso, sfacciato nei modi; il secondo, tanto gentile ed educato nei modi, quanto altrettanto capace di far del male, di accaparrarsi posizioni di potere eliminando ogni ostacolo senza però darlo a vedere, subdolo ed educato, sempre.

MI chiedevo se, di fronte a loro, fosse preferibile vedere la fregatura, l’arroganza del potere, affrontare /subire la prevaricazione dichiarata o, invece, preferire essere fregati “in guanti bianchi”, con modi educati, senza nemmeno accorgersene, quasi in modo indolore.

Il potere del cane

Dove giocano, duettano e duellano Phil, l’uomo rude e rozzamente macho, e Peter, il giovane efebico, spaurito.

Come non parteggiare per il secondo scansando la protervia e i modi scorbutici del primo?

Eppure, sarà Peter, l’anima apparentemente candida, con gli strumenti dell’inganno e della perfidia, ad avere la meglio.

Sarà che la pellicola, forse, anticipa un cambiamento radicale: al macho tradizionale, esecrabile nei modi e nella sua concezione delle relazioni, si va sostituendo il giovane “per bene”, tendenzialmente asessuato e, se così fosse, il finale di questa avvincente pellicola non lascia certo presagire un futuro migliore per noi tutti.

Sarà che lo sguardo di Peter sul bacio della mamma e del suo nuovo compagno induce il dubbio che la sua sete assassina non sia finita.

Sarà che, in questi anni di caduta anche forzata della figura maschile e di pretesa uniformità maschio e femmina (1), tramontata la ricerca freudiana del padre come riferimento ai problemi adattivi dell’individuo per lasciare spazio al complesso di Narciso, non si vada verso un domani ormai prossimo in cui dover riprendere  e adattare il complesso di Edipo (di Elettra?) in funzione di figli ormai ben poco maschi, in una società efebica, sessualmente “liquida”. 

Chissà che la figura di Phil, che tenta con Peter di ripetere il percorso di crescita da lui avuto con Bronco Henry, mentore ed amico più grande, anche nei suoi aspetti più equivoci, forse omosessuali, non ne esca in qualche modo riabilitata, almeno di fronte al perfido sadismo ed alla sottile manipolazione del ragazzo.

Chissà che la figura di Rose, la madre di Peter, vista come vittima ma anche dai tratti aggressivo – passivi (2), non paventi un futuro prossimo di giovani ambigui “innamorati” della figura materna al punto da eliminare qualsiasi uomo le si metta al fianco.

Chissà che, leggendo la pellicola, al tumulto ed alla danza selvaggia delle emozioni e passioni ben visibili nel macho Phil, ovvero nella doma dei cavalli, non si vada sostituendo, negli anni a venire, la loro espressione latente, sotterranea ma non meno tossica, persino assassina, quella che anima il giovane Peter e che nella pellicola vediamo manifestarsi nelle prime automobili, il “meccanico” di contro all’”animalesco”; quel meccanico che, col progresso, porterà all’alienazione dalla Natura e lo sfruttamento indiscriminato, la dipendenza dal potere delle compagnie petrolifere, l’inquinamento grave dell’aria. (3)

Per mio gusto, ho provato a leggere nelle espressioni corporee dei vari attori la “mappa” che, certo “non è il territorio”, ma che avrebbe potuto darmi qualche indicazione sui loro tratti caratteriali, sulle difficoltà e storture di adattamento: l’incedere dell’uno, l’uso delle mani e lo sguardo dell’altro, la postura, ecc. quasi a prevedere, almeno in parte, lo sviluppo delle loro relazioni.

Perché, inutile negarlo, noi siamo corpo e il noi-corpo ci rappresenta.


Il potere del cane. Regia di Jane Campion

Visibile su Netflix

 

1.  Come se la diversità sia di per sé “male” invece che fonte di arricchimento; importante, a parer mio, è che la diversità non sia letta sempre e comunque come diseguaglianza. Invece stiamo correndo verso l’appiattimento, la scomparsa della diversità. E’ così folle indurre il dubbio che sia proprio l’omosessuale quello che non sa reggere, tollerare, la diversità? Infatti è proprio lui o lei a scegliere compagno / compagna dello stesso sesso!! Scrive Freud. "L'omosessualità non è di certo un vantaggio, ma non c'è nulla di cui vergognarsi, non è un vizio, non è degradante, non può essere classificata come una malattia, riteniamo che sia una variazione della funzione sessuale, prodotta da un arresto dello sviluppo sessuale” (lettera esposta a Londra nell'ambito della mostra alla Wellcome Collection)

2. Il comportamento passivo aggressivo è un modo deliberato e mascherato di esprimere sentimenti di rabbia nascosti. Nella pellicola, Rose occulta una scarsa autostima offrendo un’immagine sicura di sé quale “capa” di un’attività commerciale e madre consapevole, almeno fino all’incontro con la mascolinità eccessiva ed aggressiva di Phil là dove, incapace di confrontarsi, agisce in dipendenza affettiva e tentando un controllo manipolatorio su figlio e nuovo marito.

 3. “La prospettiva gestaltica ricolloca l’aggressività su un piano costruttivo, generativo, creativo e

trasformativo: passo indispensabile è la presa di consapevolezza della propria rabbia,

individuandone credenze, valori e introietti e imparando a rispettare la diversità dell’altro. La

rabbia non sparisce con la repressione, ma può anzi divenire pericolosa per la persona e gli altri.

“Le persone spesso subiscono i propri stati emozionali e questo a causa di un’insufficiente

esperienza che permetta loro di imparare a riconoscerli ed esprimerli. Il risultato è un’inadeguata

gestione dei rapporti interpersonali e la tendenza ad agire o ingoiare le emozioni, invece di farle

funzionare come ponte comunicativo e relazionale. Per questo è necessario imparare a

maneggiarle in modo da acquisire quelle capacità di contatto con se stessi e con gli altri, che

favorisca una gestione costruttiva” ( il “grassetto” è mio)

(https://www.igf-gestalt.it/wp-content/uploads/2014/03/TESI-SIMONA-TONTI.pdf)

 



 

martedì 23 novembre 2021

Una giornata di intense emozioni

Danzamovimentoterapia espressivo relazionale

Milano 19 e 20 Novembre 2021

 

La vulcanica Michela, mia mentore e amica da oltre vent’anni, nonché capace professionista a cui mi rivolgo per una “messa in bolla” quando violenze e falsità della vita mi sballottolano qua e là, organizza un seminario con Vincenzo Bellia. (1)

I suoi libri li scoprii dieci anni fa circa, divorandoli letteralmente; la voglia di raggiungerlo nei suoi interventi dalla Sicilia a Torino per studiare con lui, finì smorzata da una situazione economica non florida.

Oggi, a Milano per la presentazione del suo ultimo libro a cui, l’indomani, succede un seminario pratico di

Danzamovimentoterapia espressivo relazionale (2)

non manco né all’una né all’altro.

Al seminario siamo in ventiquattro; al solito esorbitante la presenza femminile: si sa, il maschile del sé corpo non sa nulla, se non farsi gli addominali a tartaruga, gonfiarsi i bicipiti e, i più cool (!!), smaltarsi le unghie inanellando smorfie e mossette alla Maneskin.

by S. Canetti
Il cuore ritma basso e tranquillo, colori di abbigliamenti femminili, promesse di movimento ed emozioni.

E' bizzarra questa sensazione che ho dentro e nemmeno sono uno di quelli che ama nascondersi. Anzi.

Così, subito vengo inondato, travolto, da un’accoglienza aperta, sincera, gentile. La musica, i corpi a disegnare traiettorie ed incroci, mentre Vincenzo e la sua assistente, Barbara, conducono il gruppo, ci accompagnano fuori e dentro il labirinto delle emozioni vissute, masticate, scambiate.

Occhi che non si abbassano né fanno abbassare i miei, aperti sorrisi che si dileguano nella bocca mentre il sudore affiora sulla pelle. Emerge qui il ritratto senza trucchi né ritocchi dell'uomo che io sono, della donna che ho davanti.

by H. Matisse
Ogni fanciulla diversa: quella che gioca accettando con stupore e un filo di apprensione il mio incedere ingombrante, predatorio (beh, quarantacinque anni di Arti Marziali preceduti da una adolescenza sul filo e oltre la legalità sono me sempre e fino in fondo); quella, occhi chiari che non so se di ghiaccio o di cielo, che regge il confronto, quasi mi sfida in un gioco di predazione e fascinazione reciproca, uniti e separati da un sottile filo di cotone; gli occhi scuri e sereni di una giovane ai primi mesi di gravidanza; il corpo che scivola lieve di una rossa minuta e vivace. I pochi maschi, tre oltre a me, che si muovono accanto, mi incontrano, senza alcuna stupida sfida, senza alcun “celodurismo”.

Vi sembra ovvio? A me no. Comprendo il maschile fallocratico, il “celodurismo” che impregna ogni gruppo di Arti Marziali che ho frequentato, e lo impregna spesso anche nelle componenti femminili presenti; lo comprendo perché la cultura dominante lì è sempre fatica, muscoli e forza, in una accezione del combattere peraltro monca, sciocca, che ignora la forza del flessibile, del cedere, dello sferzare della frusta e della sottigliezza letale di un tagliente affilato. (3)

Ma quando il volere emergere, la sfida continua, l’esibizione orale o di corpo la incontro nei vari gruppi di pratiche motorie “dolci”, la vedo sbattuta in faccia da fanciulle che si issano sulla cattedra di pochi libri letti come fossero vangelo e su corpi tanto agili quanto friabili e scadenti nel confliggere, prigionieri di una vitalità di facciata, o incontro fanciulle distanti, quasi schifate alla sola ipotesi di essere avvicinate da un corpo di maschio, beh, come posso non apprezzare, di più, essere riconoscente verso tutte e tutti i partecipanti a questo seminario di Danzaterapia?

in fotoservice.it/blog
Sono danze, e balzi e avvitamenti e giravolte, senza fine; una distesa di emozioni che si estende, si impossessa del corpo mio, suo, di quell’altra, del corpo unico e pure variegato che è ora il gruppo.

Le pene, i dolori non si cancellano, solo diventano leggibili, persino apprezzabili nel diario del quotidiano di ognuno che non può non essere Yin nello Yang, Yang nello Yin.

Non incontro alcuna paura nel cammino, so che occorre fare, si può fare, ciò che si vuole nelle profondità delle emozioni e poi tutto andrà bene: Sarà il dio di ognuno a guidarci.

Il commiato finale, Michela sempre vivace, sempre entusiasta, Vincenzo, umile come sa e può essere solo chi conosce di sé prima ancora che della materia, umile come ricordo pochi Maestri e docenti incontrati in decine e decine di appuntamenti di corpo, che fossero marziali, di combattimento o di pratiche “dolci”.

E’ proprio finita, e spero davvero, al prossimo appuntamento, di incontrare ancora tanta calda ed aperta accoglienza: in questi anni di separazione, in questa società di malaffare e vanità, di ostentazione e falsità, percorsa da uomini e donne ladri e insinceri, predoni e capricciosi, fa bene al cuore trascorrere così, insieme, una intera giornata.

 

1https://www.bellia-psicoterapia.it/chisono-studiodipsicoterapiaepsichiatria-catania

 

2http://audiation-rivista.it/images/articoli/4/25_39.pdf

 

3. Che splendida eccezione noi, ai tempi dello ZNKR. Là dove la porta, ed il cuore, era aperto a tutte e tutti, dove la pratica stessa sapeva di incontro rispettoso della qualità, dell’energia di ognuno.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 15 novembre 2021

Un tramonto rosso di passione, rosso di sangue

Si assopisce e non ha pensiero del presente la mia compagna di viaggio, tutto è semplice adesso. Ogni domani è scritto, ma lei non volta mai le pagine.

Ti ha portata Settembre. Io, un caro amico d’Ombra e mio figlio Lupo, ai margini di un bosco tra spari di pistole alla ricerca di un effimero successo: una gara, ogni gara, è solo un gioco che si ubriaca nel delirio autentico della vita dove o vivi o muori, non giochi mai.

Quanti anni durerà la dolceamara narrazione di due sguardi, di due mani, di un lucido tagliente acciaio? Che io sono solo il testimone di una narrazione che viene da un luogo lontano, da un secolo lontano; non sono, non posso essere, il padrone, solo il testimone.

Se io calpestassi una saga tutta scritta, direi che questo tempo che ci attraversa ci appartiene da sempre. Ma non sono che un uomo, un testimone, tra mille e centomila, e tu non sei che una femmina incontrata a Settembre, so che un mese e un taglio dona e un altro ci deruba.

Ogni uomo che si fa guerriero arriva da inferni lontani, terrificanti, e lungo questa strada di passione e di sangue non sa mai se sorridere o gridare.

La pratica di Kenshindo, “La Via dello spirito della spada” si strugge nei suoi orgasmi, diffonde semi di morte perché il miracolo della vita affiori a galla, si espanda, sia persino prepotente.

Il dubbio, nell’orgia dei diritti individuali, della vetrinizzazione (1), delle unghie pittate e degli ammiccamenti ambigui, delle fragilità costruire ad arte e in quelle che puzzano di marcio; il dubbio, tra la bulimia di sessuologie di consumo e sesso virtuale (che rischiare di corpo è troppo per queste e questi codardi), tra il godimento che si consuma e il godimento che si abbandona; il dubbio, davanti ai diktat governativi che limitano ogni dissenso, alle furfanterie di politici asserviti alla finanza; il dubbio, stritolati da un potere di repressione e di controllo sociale che offre però un uso smodato e viscido di ogni piacere; il dubbio è che non meritiamo più niente, che ai nostri figli e nipoti non doneremo più niente se non carne morta e individualità pulsionali asservite al dio del consumo.

La certezza è che i tagli, i fendenti che vado menando certo non mi servono a niente, ma io li tengo comunque che non si sa mai, li tengo comunque perché solo tagliando dentro di me, tramonto rosso di passione, rosso di sangue, posso capire e mostrare il mio essere diverso, essere contro, il mio essere guerriero di pace e di buon futuro in questo mondo di prepotenti e delinquenti, di servi ed ignavi. E questo essere guerriero lo posso offrire a chiunque voglia camminare al mio fianco.

“Meglio regnare all’inferno che servire in paradiso” (J. Milton)

 

1. “Il processo di progressiva spettacolarizzazione e valorizzazione che negli ultimi due secoli ha investito i principali ambiti delle società occidentali: gli affetti, la sessualità, il corpo, l'attività sportiva, i media, il tempo libero, i luoghi del consumo, gli spazi urbani e persino le pratiche relative alla morte” (https://www.bollatiboringhieri.it/libri/vanni-codeluppi-la-vetrinizzazione-sociale-9788833917412/)

 

 


 

mercoledì 3 novembre 2021

Perché stiamo così bene

In definitiva il Tai Chi è molto di più di una mera serie di movimenti corporei. Alla base del Tai Chi vi è una unica teoria, basata sull’antica cultura Cinese, riguardo l’importanza di muovere l’energia vitale, altrimenti detta qi, attraverso il corpo. Difficilmente si potrà praticare il Tai Chi in assenza delle sue radici culturali

(citato in https://www.zenon.it/tai-chi-chuan-esercizio-fisico-o-pratica-terapeutica/)

Ma, come già ho scritto più volte, noi sappiamo che nessun modello ha legittimità descrittiva generale e metacontestuale. Ogni modello è culturalmente definito: ha senso all’interno delle condizioni (antropologiche, culturali, sociologiche) in cui è nato, in relazione ai bisogni ed alle aspettative della comunità che gli ha dato vita. Stiamo parlando di una pratica cinese, dalle fondamenta taoista, che la leggenda vuole nata nei primi secoli dopo Cristo, mentre le prime notizie storiche documentate risalgono ai primi decenni del 1800.

by Mavuriku
Alla faccia, in Italia negli anni 2.000, di Maestri e praticanti in vestitino simil-cinese di raso, che snocciolano termini cinesi pronunciati con inflessione dialettale pugliese o milanese, che frullano in un unico mischione teorie New Age, cosmogonia taoista, gesti e movimenti copiati da uno schema dato, a volte nozioni spicciole di neuroscienze e sempre quant’altro faccia vendere il prodotto al Sifu e faccia apparire come simil – monaci ed alfieri della salute e della saggezza gli incauti praticanti. Qui, in questa fiera della vanità e della superficialità, in totale assenza di una antropologia culturale studiata e vissuta, dove stanno le “radici culturali” del Tai Chi Chuan, del Chi Kung?

Difficile, credo, far convivere fino ad amalgamarle, la visione taoista “passiva”, assecondante, in cui tutto ha un senso in sé e che non prevede l’intervento manomettente dell’uomo, (“Il Tao è quindi associato alla vita e all’uomo, è come un fiume che scorre a cui l’uomo dovrebbe abbandonarsi con fiducia, lasciandosi modellare dalla sua naturalezza e dalla sua armonia, in modo da realizzare con spontaneità la propria vita ed il proprio destino Ming. https://www.scuolatao.com/approfondimenti/il-tao-nelluomo-o-luomo-nel-tao/) con la nostra visione di causalità lineare di causa ed effetto che non solo prevede ma auspica l’intervento dell’uomo.

Ho già scritto di una possibile sintesi che rintracci nella causalità circolare la prassi secondo cui le azioni in un sistema si influenzano reciprocamente e dunque si legittimi l’intervento umano come espressione altra ma comunque inscritta nel mutevole equilibrio dell’ambiente e di ciò che accade. Non più “un inizio e una fine ma solo un sistema interdipendente di reciproca influenza tra i fattori in gioco” (G. Nardone). Ogni variabile, dunque anche l’intervento umano, si esprime in funzione del suo rapporto con le altre variabili ed il contesto situazionale, senza egoismo o delirio di onnipotenza.

Con gli anni, gli oltre quarant’anni di pratica di corpo, movimento e Arti Marziali,  mi sono convinto che nella pratica corporea intuitiva (Movimento Intuitivo, così ho chiamato la mia ricerca)  come nella pratica marziale e di bellessere propria anche del Tai Chi Chuan, come io la propongo, se colta nell’autentica origine e interpretata con la consapevolezza di essere nel XXI secolo, prende corpo una pulsione, una direzione di potenza che, in perenne convivenza, per dirla nei termini della nostra cultura che sa di Grecia antica, tra Eros e Thanatos (amore e morte) ci invita sfrontatamente a misurarci con un’energia interna (Chi o Qi, che alle origini della nostra cultura “occidentale” era pneuma) impossibile da captare in toto, una forza tanto tumultuosamente libera quanto perentoriamente attraente, sorta di irresistibile richiamo.

Questa pulsione si strugge per l’opposizione che incontra o provoca, per la propria tensione, insomma per il continuo strapparsi a se stessa in cui consiste: ancora Thanatos che non si oppone ad Eros, ne fa parte.

Sorta di grido ad affondare nel silenzio, personalmente colgo qui la possibilità concreta di

un movimento intuitivo, dunque del tutto lontano, alternativo, alla ginnastica, al fitness, alle pratiche di benessere estetico e consumistico ora tanto in voga,

quanto di

una pratica di combattimento (Thanatos) e salutistica e generosa verso sé e gli altri (Eros) come era il Tai Chi Chuan

che rintracci le origini millenarie della cultura d’Asia coniugandole con le esigenze dell’uomo moderno.

Un uomo che voglia partecipare attivamente del mondo suo interiore e del mondo, dell’ambiente che lo circonda; che sappia coraggiosamente e sinceramente abitare, per dirla ancora nella nostra di cultura: xenos (che è ospite ed ospitato, amico e nemico … così come yang è anche yin!!) sia l’amalgama delle sue diverse personalità interiori che il confrontarsi con le diversità fuori di lui, anche opponendosi quando sia convinto di essere nel giusto.

Lascio così andare il ricordo di una situazione ridicola, ad una festa del Tai Chi Chuan, in cui un Maestro ostentava nel suo stand la bandiera dello stato cinese, quello stato repressivo allora con il Tibet che, anche oggi, perseguita gli uiguri o i praticanti Kung Fu della Falun Gong o attenta alla libertà di Taiwan: che c’azzecca col taoismo il sostegno alla politica dello stato cinese?

Lascio andare i vari praticanti in abitino simil – cinese che imitano gesti e movenze senza alcuna consapevolezza di sé corpo, sé fisicoemotivo. I quali pure ignorano che ogni esperienza umana sopravvive, si arricchisce e trova fecondità solo se capace di continue trasformazioni, solo rischiando continuamente di “perdersi”, senza una destinazione prefigurata, ma godendo del viaggio, di una destinazione che forse è destinerranza.

Che c’azzecca col taoismo, con “La parte migliore del Taiji non è la forma esteriore, ma la crescita interiore” la ripetizione pedissequa di forme e figure, l’avere un corpo invece di ESSERE CORPO, l’andare in palestra a praticare Tai Chi due ore la settimana dentro una vita quotidiana tra ufficio, università, moglie o marito, rate per l’automobile? Quanto sanno e come provano a coniugare l’essenza taoista con il loro essere umani del XXI secolo?

Io, noi Spirito Ribelle, invece andiamo incontro a Poteri Potenti.

O, almeno, io, noi Spirito Ribelle, ci proviamo. Anche per questo stiamo così bene!!

 

 



 

 

 

 

sabato 23 ottobre 2021

Ogni corpo è un buon corpo, ma ogni corpo è un corpo diverso.

 Per questo trovo una truffa ed una idiozia la “classe” dove il docente insegna tecniche, posizioni, movimenti e gli “allievi” tutti della classe eseguono imitando. Per non parlare delle lezioni on line!!

Perché l’allievo, il praticante, impari, occorre che questi si avvicini dolcemente e consapevolmente alla propria condizione corporea, fisicoemotiva. Questo si può raggiungere solo ed unicamente lavorando sulla sua sensibilità interiore e Il primo passo sta nello stimolare la sua capacità di percezione.

Solo così, mettendo le mani dentro di sé !!, sperimenterà come muoversi, a partire da quale parte di sé corpo e come, da lì, trasmettere le catene di movimento. 

Come potrebbe mai il docente sapere cosa sta succedendo in quel momento all’interno del corpo dell’allievo? Ha la sfera di cristallo? An, no, ha il foglietto delle istruzioni su come montare il mobile IKEA e a quello si attiene, per tutti i mobili che ha davanti!! Che gli allievi, per costoro, non sono persone, una diversa dall’altra, ma mobili e pure tutti uguali. Ma nessuno può realmente insegnare e pensare come se tutti quelli che gli sono davanti hanno (sono?) lo stesso corpo o le stesse condizioni di salute.

Il docente, solo inducendo un percorso attraverso le personali sensazioni dell’allievo potrà coinvolgerlo in una pratica autentica, efficace ed efficiente perché SUA.

Certo, una bella fatica, un bell’impegno per il docente perché nel gruppo si confronta con età, esperienze motorie e di vita pregresse, aspettative future ed obiettivi, tutti diversi tra di loro. Per questo tutti, o quasi, i docenti, da buoni superficiali e scansafatiche, hanno lo schema di istruzioni su come montare il mobile IKEA e a quello si attengono. Tanto, se l’allievo non impara, si muove scoordinato e impreciso, si causa dei danni immediati o a venire, sono fatti suoi, è lui che è scarso, pigro, si impegna poco. E quelli bravi? Sono bravi imitatori, orsi o scimmiette ben addestrati, con poca o nessuna consapevolezza di sé corpo, poca o nessuna intelligenza motoria e fisicoemotiva.

E’

altrettanto vero che occorre che l’allievo sia disponibile a mettersi in gioco, senza pretendere “la pappa pronta”, senza aver paura, anzi, ben contento di scoprire di sé; che l’allievo sia almeno un poco “ribelle” dentro; che non abbia timore di cadere, timore dell’ignoto. Che non sia un conformista e cacasotto, insomma!!

Chi si tira indietro, chi si rifugia nelle braccia amorevoli di “mamma” docente che ti protegge, nelle pratiche di moda, nelle certezze dei modelli e delle risposte pronte, preconfezionate, lo fa generalmente perché quando si deve misurare con  un approccio esperienziale alla propria corporeità, un approccio privo di regole date in cui è la strada, il cammino, il fare personale che offre le risposte altrettanto personali e non confezionate, si scopre, e si spaventa, nel rimettere in discussione tutto del sé corpo, del sé fisicoemotivo. In questo modo, non può più praticare appoggiandosi su regole e concetti astratti e già dati, su modelli codificati di cui si fida perché imposti dall’alto, ma ha da affidarsi alle personali fondamenta di ciò sente, di ciò che prova. Se non hai le “palle”, questo metodo esperienziale, coraggioso, non fa per te: meglio che ti addestri come un orso o una scimmietta ammaestrata!!

Poi, come tutti sanno, forte della mia contrarietà al “No pain no gain”, spazio al piacere: Il piacere altro non è che ciò che soddisfa il tuo bisogno più urgente; la spinta, lungo il sistema parasimpatico, all’eccellere stando bene, stando meglio; muscolatura profonda e organi e viscere a cui affidarsi.

La mattina, ai giardini, il quarantenne in evidente sovrappeso a impacciargli i movimenti, mi dice che sta per iscriversi ad un corso di  Yoga Flow, la tipa che gli sta davanti lo interrompe per dirci che presto riprenderà a fare CrossFit, e lo dice eretta su gambe tese, irrigidite a sostenere il peso di bacino e tronco; presto la neo mamma riprenderà col Brazilian JuJitsu, tutta contenta di scaricare 50, 100 ginocchiate a raffica sul sacco, la biondina appariscente tornerà a chiacchierare con noi agitando le braccia mentre impugna piccoli pesi di ½ kg. Attorno a noi, i soliti runners caracollano, piedi malamente a pestare il terreno, spalle contratte e iperlordosi lombare in evidenza, un ginnasta è fermo nel solito plank privo di allineamento e direzione delle vertebre coccigee, un altro attenta alla salute del suo ginocchio nel vetusto deleterio stretching anni ’70, una snella fanciulla in tutina attillata ci dà dentro di crunch, esasperando la concentrazione concentrica sicura così di avere la pancia piatta come le starlette televisive.

Ma che ci parlo a fare con costoro, se il livello è questo e non vogliono uscirne?

 

 






lunedì 18 ottobre 2021

Van Damme, anche i “muscolati” si ricredono

 “Impara ad allenarti dentro, per ascoltare il suono del corpo dentro
 e non il rumore che fai fuori” 

E se lo dice Jean Claude Van Damme, già atleta di successo e poi stella del cinema marziale e d’azione, chissà che i milioni di epigoni che sudano e si strapazzano su macchine e pesi, una piccola riflessione non siano indotti a farla. 
Lui, un esempio per il fisico e per le prestazioni atletiche. 
Certo, a vederlo esercitarsi in questa nuova veste e per quanto consentano dei video, credo che Moshe Feldenkrais, Bonnie Bainbridge Cohen, Roger Garaudy ecc. gli siano ancora ignoti, come forse ignoti gli sono Danza Sensibile, Anatomia Esperienziale, Body Mind Centering ecc. ma tanti complimenti per la capacità di evolversi, lui che è un “grande”, uno “arrivato”.

 A me, pure che “grande” non sono, piuttosto sono uno sconosciuto,
  • la soddisfazione di praticare “dentro” ormai da un ventennio, con sempre nuovi e approfonditi miglioramenti, nuove ed avvincenti scoperte di ogni “suono del corpo dentro”, 
  • il piacere di condividere questo intenso percorso di corpo e movimento con chi ha il coraggio di stare in minoranza, di farlo con uno sconosciuto e di affrontare con questo sconosciuto il misterioso viaggio nel corpo.


giovedì 14 ottobre 2021

Spunti di gioia

Push Hands
Il sole che cala sui giardini di una Milano autunnale. Bambini che schiamazzano, mamme a chiacchiere.

Tre Ribelli”, in un angolo, a scorrere le trame intense di una pratica corporea, di una pratica marziale.

A volte mi capita di essere insofferente alla presenza di altre persone, persone che mi sottraggono alla mia solitudine senza offrirmi un’autentica compagnia, una compagnia fatta di emozioni condivise, di colori dell’animo sparsi sulla tavolozza del vivere.

Non è questo il caso: tra “Ribelli”, le coincidenze come le differenze danzano giochi mai banali, sempre carichi di un’umanità vera, curiosa, coraggiosa.

Onda per colpire vs onda a ricevere
Gli incontri del Martedì, in questo corso all’aperto, sono un appuntamento centrale nel mio orizzonte quotidiano, come se il tempo faticasse a reggere il ritmo dell’attesa, l’attesa del Martedì successivo.

Sarà il piacere di condividere l’arena faticosa e persino dura di Iron Shirt, la “Camicia di ferro”, le movenze suadenti delle “Spire del drago”, il succedersi fluido di onde e spirali; sarà lo scoprire l’integrità funzionale e neurologica delle catene miofasciali, senza alcun sovraccarico o intoppo nello scorrere dei gesti; sarà l’incontrarsi e scontrarsi di Tui Shou “Mani che premono”, il fioccare dei colpi a bersaglio, l’assorbire felino di Mukae – te.

Capita mai di scordarsi una cosa non in quanto poco importante ma piuttosto in quanto tanto, forse troppo, importante?

Questo mio, questo nostro praticare, così assiduo e gioito in ogni momento, è un antidoto al mordere feroce del tempo? O, piuttosto, è un modo sveglio, adulto, di viaggiare dentro il tempo, di viaggiare dentro di sé?

Pa Kwa, vortice n°1
Essere consapevoli… essere corpo … e attraverso questo, scoprire le forze primitive, le pulsioni, il vero cuore di vitalità ed erotismo, di quella spontanea direzione di potenza che accompagna ogni adulto autonomo, autodiretto, ogni adulto guerriero.

Questo è praticare Arti Marziali, praticare di corpo e movimento, Movimento Intuitivo. Questo è.

 

G. Prezzolini


Noi, gli unici a tenere la guardia anche quando calciamo





 

 

 

 

 

lunedì 11 ottobre 2021

Musica Nuda

Sfilano davanti agli occhi e nel cuore, sfilano i concerti, nemmeno tanti, a cui ho partecipato.

Di molti, il ricordo è, almeno a tratti, ancora vivo.

Lo spazio che mi pareva immenso e laggiù, in fondo, i Beatles, ed era il 1965. L’eccitazione adolescenziale a ridosso del palco dove gli Who, tra urla e schiamazzi, fracassavano la chitarra. Lo scorrere dei cantanti, dei gruppi, ancora poco conosciuti: Vasso Ovale, Equipe 84, New Dada, i Corvi, Dino … ai concerti del Ciao Amici Club. Il piacere colto di Giorgio Gaber e la musica calda di Pino Daniele. L’occasione del servizio d’ordine per accostarmi alla musica torbida di Lou Reed. L’animalità eccitante di Skin, la chitarra dai suoni struggenti di Gary Moore.

Questa sera, Monica con me, tocca a Petra Magoni, al suo progetto “Musica Nuda”, insieme al contrabbassista Ferruccio Spinetti.

La voce è calda, a tratti potente, sensuale. Petra è voce, è musica: colto animale da palcoscenico.

Petra si muove abilmente, affascinante, cavalcando ogni genere, ogni autore: da Monteverdi a De André, da Dalla a Puccini, da Mozart ai Rolling Stones.

Il pubblico in sala è estasiato, a volte turbato da una sonorità dirompente, che ti prende e ti travolge.

Un concerto da ascoltare, da vedere e, come mio solito fare, accettare con il corpo tutto, passando dalla respirazione ventrale a quella toracica, dalla centratura corporea all’abbandono dilatato, dalla tridimensionalità di sé corpo a cercarne tracce nei suoni, nei vocalizzi disperati, lunghi e brevi, che Petra dona al pubblico.

Momento memorabile, intenso e bellissimo, nel foyer del Teatro Parenti.