martedì 25 agosto 2020

Agosto 2020 – giorni 20 21 22 23


Lupo, con le cugine, dall’anziana parente che abita in campagna; Monica a far compagnia alla sorella Cristiana in un mercatino di paese a Lazise. Io accetto volentieri l’invito di Susy per una mezza giornata alle                                                                       Terme di Catullo,
sulle rive del lago di Garda, in quel di Sirmione.
Sirmione, borgo medievale ricco di storia, la “Perla del Garda” secondo il poeta romano Catullo, vissuto un secolo prima di Cristo, è minuscolo, bellissimo ed invaso dai turisti.
Le terme, dedicate al poeta che, nato nella vicina Verona, abitò per molti anni una villa a Sirmione, si affacciano direttamente sul lago offrendo una vista mozzafiato in cui danza ogni sorta di emozione.
Imperdibile l’ora del tramonto, il sole a declinare lieve sull’acqua, tra un azzurro intenso e tenui bagliori rossastri che sfumano come una inutile minaccia.
Passo ore ed ore immerso in ampie piscine calde e scosse da vibrazioni che mi massaggiano il corpo tutto, alternandole con il relax nelle stanze del fuoco, della musica poi del sale, vetrate ad affacciarsi anch’esse sul lago, distesa che pare senza confini, quasi abissale.
Susy, habitué del posto, è perfetto anfitrione e, come inevitabile che sia con lei, all’uscita non manca una sosta godereccia in un localino per una piadina ed un boccale di birra: piaceri epicurei.
Il buio ci avvolge in auto sulla strada del ritorno. Sono dai nonni a recuperare Lupo, per poi tornare nella casa che ci ospita dove anche lì il buio ci avvolge tutt’intorno.
A notte fonda, Monica rientra e ci scambiamo le reciproche impressioni di una giornata per ambedue ricca di momenti sereni, di piccole emozioni.

La camminata avrebbe dovuto essere il “giro del Brenta”, invece, complice la pigrizia di qualcuno (…) diventa una passeggiata sulle rive del fiume.
Ogni passo, rallentato ed un po' indolente, è per me come ripercorrere altri passi succedutisi negli anni, nelle estati trascorse qui a Bassano, sfilando del fiume verde la corrente.
Tornano tutti i gesti e le parole, spesi in solitario o in compagnia, che non hanno voluto, o saputo, agire e parlare. Li ascolto ora, piccole storie dal peso insignificante che, a volte, facevano pure annoiare, ma che ora sono linfa avvincente da annusare, da leccare.
Monica e Lupo, che mi precedono di un passo, si voltano a cercarmi ed io ci sono, non voglio più sparire, nei gesti e nelle parole che nascono all’alba di ogni giorno e restano fino all’imbrunire.
Così chiacchieriamo a voce alta, Kalì a bagnarsi a riva e poi rotolarsi sulle strisce di sabbia, correre e saltare in una danza forsennata ed impulsiva.
Odore di famiglia. Odore di vita viva.
















Gli spari, distanziati l’uno dopo l’altro, disvelano la mia anima appannata, mentre lo sguardo intenso si socchiude lungo la canna, mirino e puntatore, compagnia la più adeguata.
Una scia dorata scorre, tranciando di netto ogni cupa favola, ogni destino.
Là dove sta il bersaglio, venticinque metri, e la porta inviolata di demoni ed angeli, lì si placa il cuore e il respiro.
Tensione nelle spalle, inutile tensione. Tensione nel dito sul grilletto. Inutile tensione.
Dietro e dentro il vasto mondo magico dalle mille porte nascoste, dove muore ogni speranza ed ogni speranza risorge, dove voglio finisca la mia discesa onirica perché il piacere e godimento prendano il sopravvento, lì la mia anima si ricompone.
Una volta oltre le mille porte, saprò descrivere con cura la meschina storia di quel cane che inutilmente crede di festeggiare sul cadavere del leone dopo aver rubato nella sua tana, nella sua abitazione.
Una volta oltre le mille porte, tutto quello che stavo cercando finalmente l’ho trovato, saggezza antica e maschio coraggio di saper dire la parola “basta” ad ogni malevolo spiffero accattone.
Sparo quasi divertendomi ora, rosa di fori sul bersaglio, ed entro nella mia mente per espandere una tranquilla coscienza ritrovata. Così ogni corpo, ogni emozione spossata, potrà imboccare la via che ritiene la più seducente.
Le mani che odorano di polvere da sparo, lascio il poligono alle spalle. Sorrido, ingenuo e felice come un bimbo dopo che abbia scartato i doni di Natale. Il cellulare in mano, la bella foto di Monica lì a campeggiare, la cerco, la chiamo, che la nostra vita insieme continua in questo tempo agostano.

Bassano e dintorni, sempre ed ovunque posti bellissimi.
Anche dal punto di vista gastronomico!

A poche centinaia di metri da casa dei suoceri,
l’Ottocento,
locale dello chef Riccardo Antoniolo, primo ristorante in Veneto a ricevere il certificato biologico ICEA (Istituto Per La Certificazione Etica Ed Ambientale).
Mura antiche, giardino dal sapore dolce e riservato, atmosfera rilassata e piacevole.
Mangiamo bene e beviamo altrettanto, insieme a zia Susy: grande abbuffata e chiacchiere divertite.

In altra serata, poco più in là, su una stradina che si lascia il fiume Brenta accanto, organizzo per me e Monica, un aperitivo
al Giardinetto.
Lupo è a Torri del Benaco, sul lago di Garda, impegnato ad aiutare zia ed una delle cugine in un mercatino turistico, dunque serata intima per noi due, in un giardino che sa riservare spazi appartati.
Calice di Traminer, qualche sfiziosità, parole che incidono nel cuore.
E’ vero, le persone cambiano, e a volte sono cambiamenti che aprono a fughe dalle quali è difficile tornare, a incontri che preludono un distacco arduo da colmare, a circuiti dove le menzogne rincorrono e proteggono il complice ed il furto, ogni illusione di perfezione che umili quelle che sorprese non sono più e faticano a soddisfare.
Gli occhi di Monica, profondi, sono un baratro in cui mi perdo.
La sento vicina, vita ancora da vivere insieme.
Lo scroscio di una pioggia improvvisa, una rapida corsa al riparo. Momento impertinente, nemmeno comodo, ma che io trovo così romantico e comunque caro.
Panta rei”, tutto cambia, tutto muta. Nulla si può fissare per sempre.
Chi sono io per pretendere di mantenere immutato l’equipaggio e la rotta dell’imbarcazione? Eppure sono qui a pretenderlo nel cuore e nel bassoventre.
Un po' sciocco, un po' guascone.
Ma questo sono io, anche nel privato Spirito Ribelle, nelle mie luci e nelle mie ombre, aspettando un altro, un diverso, Settembre.

La Domenica, preludio alla partenza, al solito dedico la prima ora del mattino alla mia formazione motoria, marziale.
Gli esercizi della Gru che si mischiano all’embodiment del Body Mind Centering, poi “Iron Short”, camicia di ferro e “Forma 13” con spiralizzazione dei tendini, concludendo con la “Respirazione Testicolare” dello Healing Tao.
Non manca il pantagruelico pranzo all’aperto, tavolata lunga in giardino dopo che Fabio ci ha dato dentro con la griglia, lui che è nominato “esperto”.
Un simpatico arrivederci, che domani si torna a Milano, mentre il tempo dell’estate si assottiglia.













Ricordati che tutti possono amarti quando splende il sole.
E' durante le tempeste che capisci chi tiene veramente a te.
(A. Gravina)







giovedì 20 agosto 2020

Agosto 2020 – giorni 16 17 18 19


Il veneto sa offrirti molto. Non solo paesaggi incantevoli, laghi che paiono nascondere alla vista elfi e fate, montagne ripide e severe, larghi fiumi il cui pigro scorrere mima il lento oscillare della schiena di un drago enorme. Anche storia umana intensa, dolorosa e violenta, là dove lo sterminio della guerra ha lasciato tracce di trincee, scavi, gallerie. Poi, monumenti, case, interi paesi che sanno raccontare dell’uomo e delle sue vicissitudini di secoli e secoli.
Allora, grazie all’intraprendenza del giovane Lupo, oggi siamo a ville venete, a due delle tante antiche ville che trapuntano la regione.

Susy al volante, guida allegra e con brio, raggiungiamo villa Foscari, nota anche come la Malcontenta. (https://www.lamalcontenta.com/index.php/it/)
Progettata dal Palladio (1) per Nicolò e Alvise Foscari, al ritorno dal suo ultimo viaggio a Roma (1554), è l'unica dimora progettata dal celebre architetto vicentino in provincia di Venezia.
Le forme sono ispirate a un tempio esastilo d’ordine ionico (2). Il piano nobile della Villa è decorato da un ciclo di affreschi di Gian Battista Zelotti (1526 - 1578) con temi tratti principalmente dalle Metamorfosi di Ovidio, ovunque l’arredo rimanda a gusti e tendenze di un passato che affascina.
Ottimamente tenuta dagli attuali proprietari, discendenti alla lontana dai committenti stessi, chiede però un ingresso a 10,00 e vieta, all’interno, di fotografare o filmare.

Il paragone con l’enorme e ben più affasciante 
villa Pisani
di pubblica proprietà, con un biglietto d’ingresso dai costi irrisori e nessun divieto d’immagine, è illuminante, come sempre, sulla differenza tra pubblico e privato, quando il primo funziona a dovere!!
Villa Pisani (https://www.villapisani.beniculturali.it/), non a caso identificata come la “regina delle ville venete”, offre oltre 100 stanze che, nel corso dei secoli, hanno ospitato dogi, re, imperatori e capi di stato. Oggi è un museo nazionale che conserva arredi e opere d'arte del Settecento e dell'Ottocento, ad opera di Gianbattista Tiepolo, Giambattista Crosato, Jacopo Guarana, mobili antichi di straordinaria fattura e decine di statue.
Un parco enorme consente passeggiate all’ombra di alberi secolari, in un contesto che, non a caso, se nei nostri anni ha ospitato le riprese di “Porcile”, film di Pierpaolo Pasolini, e di diversi video musicali, in anni lontani, oltreché dimora della famiglia Pisani, giunta  a ricoprire le più alte cariche della Repubblica di Venezia, ospitò, tra gli altri, Napoleone Bonaparte, il figliastro Eugenio di Beauharnais, viceré d'Italia, l’imperatrice d'Austria Marianna Carolina, il re di Spagna Carlo IV, lo zar di Russia Alessandro I, il re di Grecia Ottone e l’incontro ufficiale tra Mussolini e Hitler.
Un forte odore di Storia, con la “S” maiuscola ma anche di “storie”, storie di uomini e donne che hanno percorso il cammino d’Europa e d’Italia indirizzandolo e lasciando sempre un segno della loro presenza.

Non può certo mancare il pranzo e che pranzo!!
L’Osteria del Baccalà” è un tripudio di qualità, non solo col baccalà sfornato in mille modi, ma anche con un ineguagliabile fritto misto di pesce e diversi altri piatti mai banali, il tutto dandoci dentro col vino, che Susy è perfetta compagna di bagordi.
Poi, il ritorno a Bassano.











Sono anche i giorni in cui stendere un velo di melanconia, striato di dolore mai sopito, che come l’incedere di un gatto è lieve, nemmeno lo senti, ma ti sorprendi a perdertici dentro, a lasciarti andare.
Sono i giorni in cui le forze scatenanti dell’amore declinano certezze e parole che però non possono esistere, e questo mi fa piangere e sospirare.
Sono i giorni ovattati di ricordi che mi facevano sognare a scontrarsi con oscenità e menzogne, ferite che mi hanno fatto sanguinare.
Sono i giorni in cui ricostruire è necessario per salvare.
Allora cerco uno sguardo, una mano, un odore che mi è familiare.
Qualcuno ha scritto su un muretto “Grazie perché mi hai portato in paradiso senza uccidermi mai”. Se sono ancora vivo, allora, un senso c’è. Se sono ancora vivo è perché le oscenità e le menzogne che mi hanno colpito, forse, non volevano uccidermi o non sono state capaci di farlo.
A questo mi aggrappo, ed io, contrariamente a quel che cantava Vecchioni, non ho alcun bisogno di scuse per poter restare, per volere restare, per amare chi, lo so, lo sento, a sua volta mi ama.
Poi, perdio, sarà quel che sarà.

Sono anche i giorni della spesa al supermercato con Monica: la birra belga che a Milano costa quasi 5 euro, qui è venduta a 3,99, le gallette là 3 euro qui 1,99.
A fare in culo la CGIL e tutta la compagnia partitocratica sinistrorsa che ha deriso e osteggiato la proposta leghista delle " gabbie salariali".
Non ho molta simpatia per la Lega, ma è proprio vero che tutti, proprio tutti, una volta arrivati ai vertici, al potere, si dimenticano delle condizioni economiche della gente modesta, a volte delle loro stesse origini proletarie, per arraffare e dividere con amici e parenti, per obbedire a corporazioni e banche, per perpetuare un sistema corrotto e avido.
Beh, se la Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a dirigere la commissione che si occuperà di ripristinare la sanità dopo la crisi pandemica, chiama Monti, quel Monti che contribuì ad affossare la sanità pubblica, che ha redatto uno studio tutto a favore della sanità privata, non c'è da stupirsi di nulla. (A. Somma in Micromega 13 Agosto 2020).
- Sono i giorni dei 40 km. in bicicletta, tra piste ciclabili ben protette e tratti stradali a traffico intenso, che comunque restano indimenticabili tra risate, sudore, battute ironiche che celano la fatica barattata con un divertimento immenso.
- Sono i giorni in cui nonno Alfredo si affida alla mia competenza motoria perché lo aiuti a rallentare quelle inevitabili "ingiurie del tempo", gli anni sono 85, che ne minano l'equilibrio e la stabilità corporea.
Esercizi di andatura, di coordinazione, di giochi con una pallina, e nonno Alfredo, mentre si diverte, mostra da subito insperati progressi, andatura meno incerta ed umore sereno, come se fosse possibile degli anni risalire la china.

Sono i giorni della pratica marziale nel parco adiacente casa, alle 07.00 del mattino, una famigliola cinese a salutare rispettosamente e poi guardare da vicino. Reminiscenze del volteggiare Pa Kwa e dello sfondare Hsing’I si intrecciano con la “Forma 13” praticata con la spiralizzazione dei tendini, la “Forma di sintesi” a scivolare sull’erba verde, e poi Tanshu, flessibile e guardingo, gli affondi e le falciate con il coltello, i vari giochi di equilibrio… beh, chi mi conosce lo sa, io aborro gli esercizi ginnici!!

Sono i giorni agostani di una Bassano assolata.


1. Andrea Palladio, pseudonimo di Andrea di Pietro della Gondola, è stato un architetto, teorico dell'architettura e scenografo italiano del Rinascimento.

2. Tempio con sei colonne che assorbe e rielabora motivi orientali. Tradizionalmente è riferito al complesso delle tradizioni artistico-culturali riconducibili alla popolazione degli Ioni, insediati sulle coste dell'Asia Minore a contatto con le culture d'Oriente.
















venerdì 14 agosto 2020

Agosto 2020 -giorno 14









Solo sulle rive del Brenta, qualche coppietta ed un paio di famigliole a prendere il sole sui sassi lambiti dal fiume. Solo davanti ad un buon gelato e poi ad un bicchierino di grappa, il mio pranzo. Solo, su una panchina ai giardini Parolini, un paio di ragazze a chiacchiere ed un anziano che cammina parlando tra sé e sè. Solo al riparo sotto i portici, mentre la pioggia prende a scendere sempre più fitta. Solo, e bagnato
fradicio, mentre mi avvio per le strade che portano alla casa della zia, piacevole ospitalità.

Ho freddo sotto la pelle, mastico saliva per l’estraniamento. Sono su passi svelti che rotolano come sassi portati dalla corrente, è un altro momento che fugge mentre tento di capirlo, di intrecciarne i nessi.
Perché ancora in bilico? Perché tra i segni da incidenti e ferite lasciati sul corpo sempre gli stessi fano male, suono cupo e sordo?

Da giovane, anni lontani, quanti sono i giorni, le vacanze, passate da solo!!
Ricordo con piacere il mese in cui, unico ospite del piccolo albergo nel varesotto, il proprietario fu costretto, da ragioni di famiglia, a tornare a casa, nell’amalfitano. Fui lasciato solo, unico cliente, con un cuoco olandese, nessuna conoscenza della lingua italiana, a venire a prepararmi i due pasti giornalieri ed una ragazza nordafricana, anche lei nessuna conoscenza della lingua italiana, a pulire la camera e rifarmi il letto ogni mattina, nemmeno fossero carcerieri.
Furono trenta giorni circa di assoluto silenzio, solo formazione marziale, letture, passeggiate e qualche gita in auto nei dintorni, mai una parola come fossi in una stanza unico cencio.
Al trentesimo giorno, l’ultimo, diedi un passaggio ad una autostoppista e allora lì ci furono le prime e poche parole.

Non credo sia così bello, certo è così strano. Guardo i pezzi del puzzle e non so quanta voglia io abbia di provarci ancora a comporlo, anzi, ricomporlo. Non ho voglia di perdermi in un labirinto.
Da anni non credo più alla forza di volontà, liquido che evapora presto in un collo di bottiglia. Credo più alla passione, all’entusiasmo, se si può avere passione ed entusiasmo quando le cicatrici di un cuore anziano più volte ferito faticano a saper danzare tra le stelle, corpo pericolosamente adiatermano.

Mi manchi, tanto, e desidero il tuo toccarmi.
Non credo sia la tristezza del peccatore, di chi sa di avere violato e fatto del male.
Poi, perdio, cosa ho ancora da pagare per quanto di male feci in gioventù?
Sono anziano, sono sempre più prossimo ai settanta, finché la salute regge avrò pure anche io diritto alla fonte del piacere, della serenità, nell’età che avanza?

Sto sempre a lottare, che la vita è uno snodarsi di conflitti, ma siamo insieme anche quando lontani, e pure stare insieme quando insieme siamo potrebbe essere bello, vivi ed umani, o no?!
Ho vissuto, ho viaggiato su percorsi accidentali tra uomini, donne e cose, tra luoghi ed accadimenti, tra passioni intense e freddezze glaciali. Così perso, a volte incattivito altre indifeso, ad imbattermi in strade disperatamente cercate e vigliaccamente allontanate, e ho preso troppo tempo, o forse il tempo ha preso me
soffocando vanità incontrate e felicità abbracciate.

Se fossi un uomo di “vetrina”, arrapato ed arrembante, sfrontato ladro di cose e sentimenti, tanto sicuro di farla sempre franca in questa società di lenoni, bugiardi e cacasotto, tutto sarebbe più semplice, che a pagare nel cuore e nel corpo sarebbe sempre un altro, che alle conseguenze delle mie parole, delle mie azioni, non dedicherei una briciola della mia attenzione, del mio rispetto, cavandomela ogni volta con un menzogne e capriole.
Invece sono uno Spirito Ribelle, bimbo ed insieme lupo in mezzo a iene ed amebe, forte della mia vulnerabilità, e prendo le decisioni una alla volta mai pretendendo di possedere la ragione unica, certo però che quando sto da solo vedrai la forma più autentica  di maschio, di uomo adulto, che traspare in me, perché questa è la mia danza, questa è la mia musica.








 Scritte fotografate sui muri di piazzetta Guadagnin, 
Bassano del Grappa (VI)


giovedì 13 agosto 2020

Agosto 2020 – giorni 9, 10, 11 e 12


Sono i giorni della bicicletta.
Che sia per un breve e solitario girare a zonzo, che siano oltre 20 km. al seguito di nonno Alfredo, lui con la bici elettrica, privilegio dell’età, e con Monica anche lei con me ad arrancare sotto il sole, che siano i sentieri lungo il Brenta, c’è tanta gioia e voglia di libertà, in questo mio pedalare.
E neppure tanta fatica, che darci dentro con i femori rende il pedalare agile e rapido, che il quotidiano lavoro di Chi Kung ha comunque reso forti e resistenti tendini e muscoli.
Poi, lontano dai tentacoli del traffico milanese, qui pedalare è una goduria, accolti da un rispetto da parte degli automobilisti che già scoprii anni addietro e che mi fa girare tranquillo, mentre il verde mi scivola accanto.
Allora, questi e i prossimi saranno anche i giorni della bicicletta.


















Non manca una visita a Portobuffolè, borgo sconosciuto ai più (chi, tra coloro che mi stanno leggendo, lo ha anche solo sentito nominare?), scoperto da Lupo, sempre più adolescente sveglio e capace di interessarsi alla storia ed all’arte di cui l’Italia abbonda.

- Il viaggio in auto mi vede messo alle strette sul caso dei “furbetti dell’INPS, laddove Monica e Lupo sono alleati nel ritenere probabilmente fuori luogo la richiesta di bonus della consigliera comunale Anita Pirovano, giustificandola però nella sostanza e rimarcandone la differenza con i grandi profittatori dei banchi dei deputati.
Io non la penso certo così, non fosse altro che per la mia travagliata storia personale e politica sin dai tempi dell’adolescenza, ma quando la mia situazione, ed io stesso, viene equiparata a quella della Pirovano, la bella signora che mendica il bonus perché ha un muto da pagare e le vacanze da fare (!!), cedo ogni voglia di dialogo: avrò da riflettere su quel che ho fatto e quel che sono diventato se vengo identificato con una simile personcina e compari di merenda da 1700 euro al mese (fonte CdS del giorno 11 Agosto).
Mi consolerò leggendo le dichiarazioni, nello stesso articolo, dalla sua collega pentastellata Patrizia Bedori: “Io non li ho presi. Non ho chiesto allo Stato che per me non è una mucca da mungere e mi indigno per chi li ha presi non avendone bisogno: l’etica e la morale per me non hanno prezzo”. 
Per la bella signora Pirovano, che ha un muto da pagare (beta lei, io casa non ho mai avuto i soldi per acquistarla) e le vacanze da fare (di nuovo beta lei, io per anni le vacanze le ho passate ospite dai suoceri perché non potevo permettermi altro) e chi è con lei d’accordo, le cose, etica e morale, non stanno così. 
Ah, da buon “precisino” e perché mi piace informarmi su ciò intorno a cui discerno, sono andato a leggere quanto dichiara di imponibile la bella signora Pirovano: 28.545 euro l’anno. Sti cazzi!! Io non dichiaravo tanto alla sua età, 38 anni, e nemmeno ora che di anni ne ho 68. Sono proprio un morto di fame, io.
La bella signora Pirovano no, lei ha saputo farsi strada, tra lavoro privato e politica, di fatto come mestiere checché ne dica la bella signora, a meno che 1700 euro non siano considerati un volontariato!!
Intanto, la retribuzione di una Cassiera di un Supermercato varia da uno stipendio minimo di 750 € netti al mese, al massimo di 1.550 € netti, quello di un Postino è di 1.250 € netti al mese.
Ci avrà mai pensato la bella, e dichiaratasi di sinistra, signora Pirovano, col suo incarico di presidente nella
Sottocommissione Carceri Pene e Restrizioni? Domanda retorica la mia.
Per chi ne volesse sapere di più, ecco la sua commovente presentazione:
https://www.comune.milano.it/comune/palazzo-marino/i-gruppi-consiliari/milano-progressista/anita-pirovano

- Portobuffolè, indicato come “borgo più bello d’Italia” e “bandiera arancione” (riconoscimento di qualità turistico-ambientale conferito dal Touring Club Italiano ai piccoli comuni dell'entroterra italiano che si distinguono per un'offerta di eccellenza e un'accoglienza di qualità) è un piccolo e stupendo gioiello.
Entriamo nel centro storico immersi in un silenzio che tutto ovatta ed abbraccia. D’altronde “Venite ad ascoltare il silenzio” è la scritta che campeggia sulla brochure del Comune. Basterebbe questo, le strade minute e le antiche case, la pulizia ovunque, a farne un passaggio in un mondo migliore.
Ma c’è anche la giovane guida del posto (ottimo lavoro di preparazione alla visita da parte di Lupo) ad introdurci alla casa che ospitò Gaia Da Camino, antesignana, nel XIII secolo, delle femministe, lei così versatile tra poesia provenzale e mediazioni politiche; la torre civica, già orrendo luogo di detenzione; la chiesa di san Rocco.
Ci sarebbero pure un ex ospedale e, soprattutto, un ampio parco con edifici ricchi di affreschi. Ma il primo sta morendo aspettando ancora le sovvenzioni giuste, mentre il secondo è di proprietà di privati che lo tengono chiuso ed inutilizzato.
Portobuffolè è il tipico caso di gioiello sconosciuto di cui l’Italia è piena; di gioiello che potrebbe splendere ancora di più se governanti e potenti si rendessero conto che, a parte l’immane valore culturale ed educativo di simili testimonianze, con un investimento adatto sarebbe traino economico di rilievo per tutto il territorio limitrofo. Fallo capire a tutti i “Lor signori”, quelli che si sono succeduti nei decenni negli scranni di potere nazionale e regionale, che il turismo non è un gioco ma una sicura fonte di reddito!!
Tante le cose, piccole e grandi, che veniamo a sapere.
Di un primo e lontanissimo stanziamento umano di genti provenienti dall’Asia Minore a cui succedette, nel 201 a.c. un insediamento romano; di come per lungo tempo fu in uso coprire gli affreschi per non pagarne la tassa; di come per salvare dalla brutalità napoleonica l’immagine del leone di san Marco gli vennero modificate le scritte lì incise… ma quanti riferimenti ai tempi nostri!!
Ce ne andiamo in silenzio, troppo partecipi dell’ambiente per sfregiarlo con parole.
Ringrazio Lupo per la bella, bellissima scoperta. E risaliamo in auto.







La sera, c’è spazio per un apericena, con bagno nel piccolo idromassaggio, a casa di zia Susy.
Vino ottimo, a partire dallo Scaia bianco (in dialetto veneto la parola “scaia” significa scaglia di pietra, gesso, calcare: è un omaggio al nord-est di Verona, dove viene prodotta questa linea di vini) e proseguendo con un millesimato più che piacevole al palato; cibi autentiche leccornie per una “cuoca” che so provetta, e grandi discussioni, capaci di spaziare dall’educazione del figlio all’organizzazione di una gita tra le ville venete, dalla situazione lavorativa di Susy, tanto difficile quanto, ahimè, comune a chi operi nella sanità pubblica, al senso del fare vacanza in quest’Italia accasciata e indebolita.


















domenica 9 agosto 2020

Agosto 2020 – giorni 7 e 8






 La luce del giorno entra timida dalla finestra, stanno per arrivare le 06,30 del mattino ed io sono pronto ad affrontare una sessione di formazione.
Sveglia presto, dunque, perché poi, esaurita l’avventura tra spiralizzazione dei tendini e “Camicia di ferro”, esplorazione del sistema nervoso e intensa percezione sensoriale, mi attende la scoperta del lago di Molveno.
Considerato una dei più bei laghi d’Italia, addirittura classificato “IL” più bel lago d’Italia (lago più bello e più pulito d’Italia secondo Legambiente e il Touring Club Italiano per la qualità dell’acqua, della spiaggia e dei servizi) è un gioiello dentro il Parco Naturale Adamello Brenta, dove si specchiano le Dolomiti.

Monica al volante, Lupo dietro, con Kalì, a brontolare…è l’adolescenza.
Due ore di auto, tra pietre grigie che paiono denti di un gigante e il verde di alberi e distese d’erba abbagliante.
Nell’immagine del lago, acque color di pietra preziosa, lascio liberi demoni ed angeli che, sulle ali della fantasia, fugano ogni abominio, ogni figlio di una rabbia generosa.
La brezza è gentile, i passi lungo la spiaggia e poi sul sentiero che il lago costeggia chiedono il mio nome e come mi sento ora, cielo striato di nuvole grigie e la mia famiglia accanto, sentore di pace che riecheggia.
Dimmi come mi sento per te” … mi sono guardato intorno, occhio ballerino, e non ti ho visto lì… tra gli alberi, di fronte alle montagne grandi, so che non sono mai stato visto nelle mani del destino.
Respiro profondo, sorrido agli occhi neri e stupendi di Monica, mentre le spalle forti di Lupo con le mani circondo.
So che mi conosci meglio di quelli che mi conoscono meglio, il sentimento e tutto ciò che voglio è solo o addirittura tutto. Allora lascio che la meraviglia si compia.
Me lo merito, o forse no ma non importa.
Il piccolo ristorante, con portate prelibate ed il buon vino bianco. Nel sole, il lago ci lasciamo alle spalle.

Sulla via del ritorno, una sosta a Trento, piazza candida, strade eleganti e vecchie case a custodire ogni sorta di vita, di vite, che si susseguono da anni, decenni, secoli, storia povera, storia araldica.
Dove muoiono le scuse, dove si rincorrono le menzogne, ma ognuno, anche io, posso abitare nel vetro e lasciarmi vedere e vedere a mia volta, spogliandomi di gesti di coraggio e piccole vergogne.
Non è colpa delle favole, non è colpa delle illusioni, sta a me camminare per la strada scelta e riscelta ogni giorno, anche quando sale il timore che una strada non ci sia, che diventar grande sia un bluff, perché non posso certo illudermi che la maturità arrivi quando lo voglio io o che le persone attorno siano più o diverse da quel che sono nella loro perversa abilità.
Non è colpa delle favole, non è colpa delle illusioni se sorrido anche quando un senso non c’è, se col naso al cielo intravedo le forme di un volto e poi mi giro a guardare la donna che mi è accanto ed il cuore prende a battere forte, se con la mano segnata dal tempo che non si arresta mai cerco a sfiorare la mano giovane del figlio che al tempo corre incontro rapido come lampo.
Io, di notte sogno molto, forse anche per questo di giorno mi piace sognare ancora di più. E viverli quei sogni.

Poi, l’indomani, esaurito il tempo della forma di Tai Chi Chuan e del lavoro sulla sensibilità articolare, scopro le mani di polvere da sparo odorare.
Pistola semiautomatica in mano, linea di tiro davanti ed il bersaglio a 25 metri.
Non è colpa delle notti e dei sogni a cavalcare avventure, a immergersi in emozioni profonde, dove la calma in me danza avvinghiata ai turbamenti.
Sono io qui, solo, in postazione 5, a sgranare un proiettile dopo l’altro, e quando sento il mondo presentarsi
tiro fuori il bimbo che ho dentro, non lo nascondo più, e lascio che corra in tondo, incespicando lui che è così incerto e vulnerabile, accanto al lupo, alla fiera, lei così forte e selvaggia, che mi anima dentro.
Cento proiettili, un’ora piena di spari ed adrenalina. Tanto so dove abita la forza fragile, quel che io sono.
So dove abita il desiderio che diviene riuscita, danza nuda, svelata alle pulsioni del ventre e del cuore, danza di vita a piene mani e sempre ambita.


giovedì 6 agosto 2020

Agosto 2020 – giorno 6



 Più voci, dissonanti o meno, sfacciate o meno, chiedono, invocano, pretendono il ritorno alla normalità.
Di che normalità si tratti, è forse questo il reale terreno del contendere.
Una normalità pre Covid – 19 e, soprattutto, pre restrizioni imposte da questo governicchio e dai suoi scalmanati esperti?
Che si sia sostenitori di un complotto di cui il virus è arma subdola o che si creda ad un avvenimento così tragico scaturito dal nulla, che si faccia carico al virus di migliaia di morti o che lo si sfrondi di decessi in cui altre patologie sono state il terreno che ne ha permesso e condiviso il tragico esito, credo che una premessa sia doverosa ed un auspicio di svolta radicale sia quanto più vicino ad uno Spirito Ribelle.

Personalmente, seduto qui sui massi che costeggiano lo scorrere del Brenta, bicicletta accanto e intonsa lama possente al fianco, la mia premessa impone uno sguardo a quel che comunemente chiamiamo caso. Tutte le “cose” del mondo, persone, animali, piante, e tutto ciò di cui facciamo esperienza sono la manifestazione di un’unica energia, di un campo di forze unitario, il cui muoversi ci appare sovente incomprensibile, dettato da motivazioni sovente non condivisibili, altre volte da motivazioni che paiono a noi avverse. 
Questo “caso” non è la negazione della causalità. Anzi, la contiene. Esso è il contenitore delle svariate e imprevedibili cause che innestano gli eventi tutti. 
Il mondo, macro e micro, quello su cui ci appare impossibile agire e quello più modesto in cui qualcosa, o forse tutto, ci pare possibile fare, è uno scenario complesso partorito dalle azioni di molti attori, umani e non, ognuno dei quali opera seguendo motivazioni proprie.
Ogni attore opera per raggiungere un certo risultato ma, spesso o qualche volta, ottiene risultati di cui volutamente e vigliaccamente non vuole valutare la portata nell’ambiente oppure in parte imprevedibili, che, a loro volta, avranno effetti imprevedibili su altri attori o eventi.
Così pensando, ci troviamo di fronte a un fatto affascinante: le cose cosiddette “separate”, in realtà non lo sono affatto. Sono unite dallo spazio che, tanto separa quanto nello stesso tempo unisce.
In questa visione, il caso permette uno spazio di libertà per l’attore, sia che voglia modificare le regole e i rapporti di potere, sia che voglia tornare alle vecchie regole ed ai vecchi rapporti di potere. Questo, nel macro, per quel che può, come nel micro, il suo micro mondo, nel quale può molto.

Che il virus sia considerato un fatto voluto, causato, sia che venga considerato frutto del caso, del “caso” così inteso, questi e le decisioni e le azioni ed i pensieri stessi presi intorno a lui, hanno scombussolato gli equilibri preesistenti in modo radicale e inaspettato, con ciò creando uno spiraglio di possibilità, di intervento.
Se, a me pare, le macro forze finanziarie e governative una certa strategia di restaurazione, quando non di ulteriore abbrutimento nel campo economico e sociale, ce l’hanno, non vedo altrettanta lucidità nelle forze sparse che invece, vorrebbero, seppur indistintamente, una svolta radicale.

Personalmente, sono molto colpito dalle crescenti aspettative attorno alla tecnologia, al digitale.
Pare quasi che, memori e feriti dalle paure e dalle delusioni sperimentate nelle relazioni umane, poi costretti rinchiusi nelle proprie case preda della “sindrome della capanna” (1), ci troviamo indirizzati a cercare sostegno e rifugio nella tecnologia.
Quella tecnologia che, con la suadente voce di Alexa, assistente vocale basata su cloud, un'intelligenza artificiale che, interpretando il linguaggio naturale, è in grado di interagire con l'uomo, ci guida nelle nostre scelte quotidiane; quella tecnologia che ci permette di mentire ed illuderci immersi in posticce relazioni pseudo sentimentali o in perversi ma perfetti giochi sessuali con il / la partner ideale (2); quella tecnologia che, navigando sui social, ci illude di far parte di un gruppo di amici, raccattati a centinaia su Twitter e Facebook; quella tecnologia che, con la DaD, la didattica a distanza, avanza la pretesa di non essere una temporanea e sgangherata riduzione del danno da isolamento ma un innovativo modo di fare scuola;
quella tecnologia che distorce ed aliena il nostro stesso essere corpo, essere individui fisicoemotivi.
Una continua connessione che produce solo una nuova e trista solitudine.

Allora, per quel che so, per quel che posso, Spirito Ribelle qui tra le braccia della pigra Bassano, sapendo  di non sapere, in termini verbali, se un dato evento è buono o cattivo, certo a disagio in circostanze che mi suonano sgradevoli quando non avvilenti e mortifere, provo a sperimentare se tale disagio è il modo giusto e appropriato di percepire l’avvenimento, e che quest’ultimo e lo stato d’animo che lo accompagna passeranno e troveranno una nuova forma appropriata solo se saprò danzare nelle forze del caos immergendomi io-corpo.
Forse pare poca cosa in rapporto con le enormi forze in azione, ma io questo so e posso fare.
So e posso offrire solo me stesso, forte nella mia vulnerabilità, all’accadere degli eventi.
Allora l’intrecciarsi, qui, sulle rive del Brenta, dell’antico sapere taoista che è Chi Kung e Tai Chi Chuan con la caccia feroce del Kenpo Taiki Ken, dello svelto agire di mano con le potenti falciate del mio kukri a immaginare, a prefigurare, una giustizia futura.
Io totalmente carne, totalmente individuo incarnato.

1. “Questa sindrome sembra essere caratterizzata da un senso di smarrimento che spinge un soggetto a voler continuare a restare nel proprio rifugio e a non voler così varcare la soglia della propria casa.
A tal proposito, è bene sottolineare come questo non sia un disturbo psicologico, ma una reazione emotiva naturale.
Dopo aver trascorso giorni e giorni nella nostra casa, lontani dal resto del mondo, il nostro cervello si è in un certo senso abituato a quella sicurezza e protezione che abbiamo ritrovato.”

2. Il sempre più dilagante mondo del sesso on line, che si tratti di approcci con Chatroulette, il sito web che, in maniera casuale, mette in contatto sconosciuti di tutto il mondo attraverso videochat, di appositi siti per incontri “al buio” o meno, o di esplicito sesso virtuale (Cybersexual addiction) con l’amico/a di turno o con sconosciuti/e.