mercoledì 31 gennaio 2018

Freud o l’interpretazione dei sogni



Mi piace il teatro, mi piace l’emozione della scena che si apre su corpi, gesti, volti, voci in azione, in “presa diretta”. Lì, la creazione artistica si compie davanti agli occhi, pochi metri che separano, e lo scambio è un diretto di emozioni fra me e l’attore in scena.
Quando poi il testo è un testo immenso e corposo, che ha segnato un’intera epoca, il ‘900; che è entrato di forza nella mia vita, anticipando alcune scelte fondamentali; che pare impossibile trasformare in uno spettacolo teatrale, non posso esimermi dall’andare a teatro.

Ed eccomi qui, Monica accanto, in prima fila (!!) a sostenere l’incontro con “Freud o l’interpretazione dei sogni”.
Sì, proprio uno dei testi più conosciuti e, probabilmente, misconosciuti di Freud e dell’intera impalcatura psicologica, viene, coraggiosamente portato in scena.
Sinceramente, non capisco come sia possibile portare in scena un testo incentrato su un terapeuta e i racconti, gli incontri, con i suoi pazienti; farlo poi, rispettando la consegna di Freud per il quale l’analisi del sogno era la strada maestra verso l’inconscio, tanto che egli stesso, profondamente attento alla sua vita onirica, aveva l’abitudine di annotare i suoi sogni ed approfondirli attraverso acute osservazioni, mi lascia perplesso e fortemente curioso.

Si alza il sipario e la magia inizia. Con lei, pochi minuti di transizione sono sufficienti perché mi prenda per mano, ogni perplessità scemata, ed io mi immerga nel turbamento emotivo dello spettacolo.
Freud terapeuta e Freud uomo rimbalzano, si incontrano, si sovrappongono.

L’aspetto della deformazione del sogno, che accade quando la nostra mente cela il desiderio espresso nel sogno stesso perché non accettabile per una certa “parte “di noi, è una sorta di censura, sovente straziante, su cui Freud interviene consapevole di aprire un conflitto lacerante in cui il paziente, che pure è andato da lui, non sa stare, addirittura da cui vuole fuggire.
L'evento scenico stesso è traumatico, in quanto messa in atto di un conflitto e delle sue conseguenze fino all'estrema lacerazione.

Freud ed i suoi pazienti si muovono sul palco, si rincorrono e si nascondono, si offrono e si arroccano in difesa.
Fallimenti e speranze, coraggio e piccole vigliaccherie li accomunano, come accomunano Freud stesso, diviso tra poche certezze e tanti dubbi, uomo tormentato e teso ad una ricerca che, comunque siano gli esiti, fa male.

Lo spettacolo è bellissimo, aiutato in questo da un complesso di scene, luci, costumi e musiche ineccepibili. Ma, soprattutto, da una recitazione corale di notevole qualità, su cui spicca Fabrizio Gifuni, autentico gigante del palcoscenico.
Assistervi, mi coinvolge profondamente nei diversi percorsi di ogni personaggio, quanto mi consente una presa di distanza tale da rendere immediata un'osservazione più consapevole, più distaccata. Un’osservazione di me e dello scorrere della mia vita.
Potenza di uno spettacolo coinvolgente, perturbante.

Mi vien da sorridere pensando che la malevola sensazione che accompagna questi sogni sia poi quella stessa che ognuno di noi prova quando siamo costretti a discorrere su argomenti che normalmente evitiamo di trattare…

Finisce l’avventura, un paio di lacrime si affacciano ai miei occhi, profondamente emozionato.
Monica quasi si spella le mani dal gran applaudire, ma è tutto il pubblico che mostra un gradimento che, forse, va oltre il puro spettacolo. Forse è stato un momento di nudità condivisa. Un momento, solo un momento, ma così toccante.

 

Freud o l’interpretazione dei sogni

Di Stefano Massini. Regia di Federico Tiezzi.
Piccolo Teatro Strehler
23 Gennaio -11 Marzo


lunedì 29 gennaio 2018

Apertura a 4. Quella violenta melodia tra di noi



E un incessante tentarsi, provocarsi, una sfida a controllare lo spazio, il territorio, ad invaderlo cercando di massimizzare il profitto e minimizzare le perdite.
E’ l’arte dell’inganno, di far apparire quel che non c’è e nascondere quel che c’è, perché, nel mentre che si simula passività o arroganza, intanto si guida la sfida, il duello, pregustando il tranello e l’ebrezza della vittoria.

Nasce dalle fondamenta dello I Chuan (YI Quan), la creazione del Maestro cinese M° Wang Xiang Zhai. Questi, disgustato dalla formalizzazione e dalla scarsa efficacia in cui versavano le Arti Marziali, ne condensò l’essenza, a partire dai cosiddetti stili “interni”, in primis lo Hsing I Chuan, in quello che chiamò I Chan (Yi Quan), focalizzato alla preparazione del praticante al combattimento e al miglioramento della salute.

Il praticante è un esploratore, un cacciatore instancabile, capace di coniugare qualsiasi gesto, respiro, incrocio, spostamento, oscillazione, con la tentazione lucida dell’annientamento dell’avversario.
Il praticante è un entusiasta che guarda in volto la sfida, decide come vuole che finisca, poi si forma, momento dopo momento, fino a realizzare quanto ha immaginato. Egli sa muoversi abilmente fra rinunce e decisioni improvvise, fra attendere e prendere l’iniziativa. Egli danza, flessibile come un bambù, e spinge e penetra e picchia come un’onda immane, come un vortice immenso.

Sarà il giapponese Maestro Kenichi Sawai (1903 – 1988) a dargli il nome di Taiki Ken, nella sua personale versione.
Una versione che mostra una totale simultaneità tra attacco e difesa, che non comprende alcuna forma codificata, per invece abbracciare spontaneità ed istintività come semplice e perfetta risposta vincente al conflitto, alla crisi.
La formazione gioca sul fronte dell’apparente immobilità (Ritsu Zen) come scoperta delle molteplici tensioni interne, e della mobilità e flessuosità del corpo come strumento per colpire efficacemente (Hakkei), per deviare, frenare, assorbire (Mukae, Sashi, Harai,) l’impatto dell’avversario.

Spesso, in una concezione meccanicista del corpo, in una concezione cartesiana (1) dell’uomo corpo, questi si butta a capofitto in pratiche ed esercizi di potenziamento muscolare, braccia gonfie ed addominali scolpiti; si butta a correre su una pedana che lo vede sempre fermo nello stesso punto (tapis roulant) o a piegarsi ripetutamente, sulle gambe (squat) in un gesto che non gli capiterà mai di fare nella vita di tutti i giorni (2).
Di contro, il praticante Taiki Ken, nella nostra Scuola, sa di essere un tutt’uno fisicoemotivo e gioca di corpo, sapendo che questo giocare coinvolge emozioni e pulsioni; gioca di corpo senza alcuna immediata pretesa di successo, senza l’assillo di un obiettivo, perché sa che solo giocando, solo sperimentandosi corpo, e divertendosi, farà esperienza e migliorerà, perché sa che non esiste il gesto giusto, esatto, ma quello migliore, quel gesto che oggi è meglio e domani, modificandosi ancora, migliore lo sarà di più.

Poi, col passare degli anni ed il succedersi di Maestri ed insegnanti che il Taiki Ken hanno diffuso in tutto il mondo, questi ha mutato pelle, si è adattato alla personalità ed alle esperienze di quegli stessi Maestri ed insegnanti: cosa viva ed in perenne trasformazione, in alcune correnti si è arrotondato e fatto più spiraloide, in altre ha privilegiato l’aspetto perforante e verticalizzante e via ancora …

Nella nostra Scuola, il Kenpo Taiki Ken si avvale
- dei principi, dei pilastri, del Tai Chi Chuan, antica Arte di stampo taoista, sfoggiando una forza silenziosa, sotterranea, che avvolge, stritola e penetra, costruendo una salute psicofisica fatta di vitalità e pulizia dell’organismo tutto;
- dei comportamenti guerrieri del Kali filippino, tra coltello e bastoni corti;
- delle moderne e contemporanee ricerche sul corpo e la motricità, in un percorso sinestetico  fatto di elasticità ed armonia.

Ormai, sempre più, nel mediocre ma rassicurante tran tran quotidiano, sembra che sia normale accettare il fatto che non si possa fare nient’altro della propria vita; a testa china, pensiamo che non siamo padroni del nostro destino e, tutt’al più, ci concediamo un’ora o un giorno di sfogatoio a sudare in palestra, a girare per negozi in acquisti compulsivi, ad annusare una settimana di libertà e scaccia pensieri in montagna o al mare. Subiamo a testa bassa, sempre chini e sconfitti nel nostro malessere, a ripetere azioni, situazioni, relazioni che ci mettono a disagio.

Invece, il praticante Kenpo Taiki Ken, nella nostra Scuola, forte della pratica flessibile ed avvolgente, potentemente trasformatrice e vitale, autentico Spirito Ribelle colmo di energia
- si prende attenta cura di sé, utilizzando l’essenziale pratica marziale di lotta, in Dojo, per scoprire e sviluppare quelle sue personali competenze fondamentali che lo porteranno ad essere individuo autodeterminato, coraggioso ed ottimista, in grado di mutare quel che della propria vita, delle proprie relazioni, non gradisce, ottenendo quanto ha prefigurato nella sua immaginazione.
- si prende attenta cura di sé, consapevole di ciò che lo rende unico ed affinando questa unicità verso l’eccellenza di sé e delle sue relazioni.

Perché: Un’arte che non serve a guarire, non è arte(Alejandro Jodorowsky)

 

 

Se sei una persona

a cui piace stare bene in salute e vivere bene.

Se sei una persona

che vuole saper affrontare le avversità della vita,

al lavoro e nelle relazioni interpersonali, risolvendole a proprio vantaggio

Noi abbiamo la pratica che fa per te

 

 

 

 

In pubblico!!

Raduno di Kenpo Taiki Ken

Sabato 3 Febbraio ore 16.00 – 19.00

Giardini della Rotonda della Besana

Milano

 

 

 

1) René Descartes (Cartesio), 1596 – 1650, afferma l'esistenza di due sostanze radicalmente diverse: la sostanza estesa, propria dei corpi che si estendono nello spazio e la sostanza pensante, propria della mente, con ciò sostenendo la precedenza della sostanza pensante (l'anima) su quella estesa (il corpo).

 

2) Riguarda mentalmente, come in un video, la tua giornata, poi stop, fai una serie di “fermo immagine”. Ma quante volte ti rivedi in perfetto assetto da squat, busto dritto e braccia bene allineate davanti? Mai!! Mentre, invece, guarda, osserva tutte le volte in cui sei semi accucciato, mezzo piegato, a volte inclinato in avanti a volte inclinato di lato, a volte un braccio verso terra a l’altro in avanti, a volte un braccio dietro di te e l’altro penzoloni, a volte … Io dico che è certamente meglio formare, allenare, il corpo a stare bene, ad eseguire al meglio quei tuoi movimenti che ti capita di fare così spesso, piuttosto che ripetere sequenze di squat che non farai MAI nella tua vita di tutti i giorni!!






martedì 23 gennaio 2018

Apertura a 10


"Nulla di grande è stato mai ottenuto
 
senza entusiasmo"

(R.W. Emerson)




 
 
 
Sta arrivando...
 
Raduno di Kenpo Taiki Ken
 
Sabato 3 Febbraio ore 16.00 - 19.00
Giardini della rotonda della Besana
Milano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

mercoledì 17 gennaio 2018

Apertura a 16. Siamo aggressivi



Siamo aggressivi, ed è giusto essere così.
Siamo sfrontati, ed è giusto essere così.

Massimo rispetto per tutti, ma …
Quelli remissivi, quelli con la testa sempre china, non sanno godere di alcun orizzonte, non sanno prendere né lasciare alcunché
Quelli che stanno cheti, hanno la “coda di paglia” e non sai mai quello che pensano realmente.

Poi, appunto, ci sono quelli, ci siamo noi, che ci mostriamo per quello che siamo:” Poche persone hanno il coraggio delle proprie azioni. Ma pochi fra i pochi possiedono il coraggio dei propri pensieri”.

Noi Spirito Ribelle, il sorriso sul volto ed il cuore sempre gettato oltre l’ostacolo.
Consapevoli che
- il “guerriero” vincente di oggi è colui che ha la determinazione di evolvere, attraverso la propria arte, nella vita tutta.
- il “guerriero” vincente di oggi è l’adulto consapevole ed autodiretto che stabilisce una meta ambiziosa, costruisce pratiche eccellenti e si gusta il viaggio.

Perché, quando sei sul ring della vita, come fa un pugile campione, hai da ricordare che non stai ’difendendo’ il titolo, stai ‘lottando’ per conservarlo. Non lo possiedi, lo hai messo in palio nel momento in cui sei salito sul ring. Per questo, mantieni sempre uno Spirito Ribelle, determinato ed aggressivo.

 
Siamo vulnerabili, ed è giusto essere così.
Siamo teneri, ed è giusto essere così

Massimo rispetto per tutti ma…
Quelli duri, quelli con l’armatura indosso, la ostentano per celare la paura di una sconfitta, la paura di scoprirsi fragili ed indifesi.
Quelli che si mettono sfacciatamente in mostra, svelano l’ignoranza di un animo povero e disconnesso dagli altri.

Poi, appunto, ci sono quelli, ci siamo noi, che ci mostriamo per quello che siamo: "Le persone vere spaventano. Per questo spesso rimangono sole. Perché sono sincere, sono oneste, quando vogliono dire qualcosa, lo dicono nel modo più vero che conoscono."

Noi Spirito Ribelle, il sorriso sul volto ed il cuore sempre gettato oltre l’ostacolo
Consapevoli che 
- sentirsi vulnerabili vuol dire permettersi di essere se stessi, di accedere alle emozioni, di farsi commuovere da ciò che ci accade intorno.
- sentirsi vulnerabili vuol dire  vivere relazioni in cui non c’è bisogno di difendersi, ma c’è il desiderio di andare verso, incontro all’altro.

Perché quando tu sei vulnerabile, ossia accetti le imperfezioni e sai stare con te stesso, allora sei pienamente connesso con il mondo che ti circonda, sei davvero un uomo o donna appassionato e vitale.

 
Siamo quelli dello Z.N.K.R., quelli del Kenpo Taiki Ken

 

Se volessi venire a conoscerci, a praticare con noi, ci trovi

Sabato 3 Febbraio,

ai giardini della Rotonda della Besana, a Milano,

dalle 16.00 alle 19.00






 

domenica 14 gennaio 2018

Apertura a 19





“Quando non c’è pericolo nel combattimento,

non c’è gloria nel trionfo”


(P. Corneille)

 

Raduno di Kenpo Taiki Ken

Sabato 3 Febbraio ore 16.00 – 19.00
Giardini della Rotonda della Besana
Milano




giovedì 11 gennaio 2018

Arte e misfatti



Caduta nel vuoto, anzi, nel diniego più deciso, la mia proposta, non mi resta che andare da solo alla Fondazione Prada: ci sono in mostra opere di Leon Golub, americano, nato nel 1922 e deceduto nel 2004.

Golub, segnato e coinvolto nelle manifestazioni contro la guerra in Vietnam, poi dall’espansionismo militare in Cambogia e Laos, dipinge immagini e scene di estrema violenza: interrogatori e torture espliciti, tra dannate figure di mercenari e squadristi.
Opere di notevole dimensione, acrilico su lino, tratti decomposti delle epidermidi dei soggetti, sfondi rosso intenso, mani deformi e volti sogghignanti o disperati.
Un vero “pugno nello stomaco” anche per chi la TV, fiction o documentary, ha abituato al peggio della brutalità umana.
Sorta di “Art Brut” fattasi esplicita, mi induce a riflettere su come, sovente, siamo portati a vedere la violenza scartando da subito l’ipotesi di essere noi le vittime. Noi quelli denudati, irrisi, violati, torturati, impotenti davanti alla prevaricazione di altri.
Golub guarda, dipinge e denuncia: pittore di vicende pubbliche, di cruenti avvenimenti sociali, proposti all’emozione nuda dell’osservatore.

Non posso esimermi dal riandare ai caldi e forti anni del ’68; a quel mio sogno, masticato e condiviso con tanti altri giovani, di rivoluzionare, di mondare quel vecchio, stantio, ingessato ed ingiusto mondo.
Illusi !! E guarda ora come siamo caduti in basso e …. davvero, pare non esserci limite al peggio.

Sulla via del ritorno, la “Fondazione” è a dieci minuti a piedi da casa, scorro la vista su una serie di locali tutti lustri e patinati: è il pranzo dei rampanti  “colletti bianchi” milanesi.

Poi, il modesto ingresso della “Osteria Tajoli”.
Vecchio locale della Milano anni ’60, una delle mie abituali mete, in “dolce compagnia”, quando avevo vent’anni. Sempre unico giovane tra tutti adulti ed anziani dai capelli bianchi, sempre orgoglioso dello stupore sul volto delle fanciulle con cui mi accompagnavo nell’annusare un ambiente così autenticamente milanese e nell’essere trasportate tra le melodie di Claudio Villa, Arturo testa, Luciano Tajoli, rigorosamente suonate a cantate dal vivo dal gestore.
Molto è cambiato, ovviamente, allora non c’era la TV ed è scomparsa la stufa, il locale è stato ampliato e rinnovato: e ci credo, sono passati più di quarant’anni!!
Tutto tranne il gestore, che trovo alla cassa e con cui scambio due parole sul tempo che fu.

Un bel pugno di ore, tra arte e cucina semplice. Proprio ciò che piace a me.




sabato 6 gennaio 2018

Salato e dolce, amaro e dolce, insieme,






Nuvole contro il cielo
Quando il tempo non risponde e quando il sole stenta, tra nuvole codarde nel loro assemblarsi in cielo.
E io ci sono,  solo,  stanco dentro, a calpestare la grigia sabbia di un mare calmo.

Quando per un momento torno sui miei passi e il cuore mi si incrina dentro,  coraggio dimenticato in una camera d'albergo tra coperte calde e il respiro rumoroso di un figlio che adoro.
E le movenze Chi Kung dondolano il corpo, ad accarezzare l'aria,  ad accarezzare,  pare impossibile,  il cielo.

Quando il pensiero si fa libero e irriverente,  volendo fermamente credere che il sogno non sia il solito, anonimo,  minuscolo dramma mediocre: nulla di eclatante,  nulla di straordinario, solo noia e un' imprevedibile data di scadenza.
E io danzo nella luce del mattino,  apro braccia e respiro,  svello le sbarre che trattengono il cuore e cavalco i gesti Tai Chi Chuan.

Quando, a scrutarmi dentro,  mi scopro diverso per l'ennesima volta, ma non posso perdermi, no, non posso, perché ho sessantasei anni ed il vanto di avere "spalle larghe".

Quando il grigio verde del mare si confonde con le striature del bagnasciuga e ancora non comprendo dove stia il falso e dove il vero,  ancora non comprendo che falso e vero sono la stessa,  identica faccia.
E io fluisco lentamente,  sempre più lentamente fino a fermarmi,  sorriso taoista a chiudere,  e so di non arrendermi anche se tutto pare concludersi in un buco nero,  anche se so che svendere questo nome, questa mia personale storia,  sarebbe così semplice, persino facile, quai una liberazione.

Qualcuno,  molti,  ha scritto che per ogni notte c'è ad attenderti un giorno: è tutto vero.
Io che ho scosso il vento, ho accarezzato aria e cielo, ho calpestato sabbia e mare, lo so.

Una storia sconnessa
La TV trasmette a ciclo continuo musica degli anni '60. Un cielo piovoso che si schiarisce umido per poi scurirsi, buio pesto e arrogante,
Un dubbio: sapere in che storia io sia finito,  se per conoscere qualcosa di me io debba sempre prima perdermi, se davvero sono forte o mi sto solo facendo del male.

Mi guardo allo specchio,  solo in casa e, tra le rughe e quelle che il poeta cantò essere "le ingiurie del tempo", scopro occhi ancora pieni di vitalità ed un sorriso che nessun pugno in faccia della vita ha spento mai.

Allora mi affaccio sul terrazzino a mischiare notte e stelle, faccio smorfie buffe come a togliermi dai guai e domande sciocche e immagini irriverenti a scalciare in testa.
Perché ricordo di andare sempre controcorrente e che, per ora, mi è vietato scomparire e so che, ancora, mi piace prendere a spallate la vita, Spirito Ribelle.

Natale di lotta
Pugni e calci, balzi e schivate.
Nel piccolo giardino tra ville e casette, le montagne in lontananza e l'aria frizzante, evolvo il Tai Chi Chuan conducendolo dentro l'arena del Kenpo Taiki Ken.
Immancabile, la pallina da tennis: coordinazione motoria, attività multipla e simultanea, "fiato", tutto quanto insieme  e così distante dalla monotona e autolesionista corsa su strada.  Non può mancare il gioco del "tennis boxing", a sostituire la classica "pera" del pugilato, con effetti più consoni ad un'Arte Marziale ed alla sua totale libertà in combattimento.

Il sorriso balza nel cuore anche se, per esperienza so che ogni giorno è guerra,  è scontro,  ogni occasione è buona perché qualcuno tenti di prevaricare qualcun altro; niente più regole ma tutti contro tutti e gli stessi buonisti, i pacifisti,  altro non sono che "guerrafondai", fascisti a calcare la sponda opposta.

Sono i giorni di Natale e delle feste.
Credenti o meno, tutti paiono dimenticare la semplicità e grandiosità di un bimbetto nato in una grotta,  destinato ad influenzare milioni di persone e cose tante nel mondo.
E così pare invece dominare la religione dei centri commerciali e delle bancarelle: sono questi gli autentici presepi del mondo, di una società fattasi mercato.
Ogni atto è rivolto a spingere all'acquisto: disastrosa coazione a ripetere.
Sui sacchetti di una nota catena di negozi spicca la scritta "X mas" a sostituire Christmas, la "messa di Cristo": "L'epifania della X, 'ics' evoca l'indistinto, il vuoto che può essere colmato come ci pare. È un segno di libertà e liberazione,  la messa di quel che vogliamo e acquistiamo sul  mercato,  in contanti, a rate, con carta di credito, rid bancario". (R. Pecchioli).
Come la sapeva lunga il buon Karl Marx!!

I miei gesti guerrieri sfumano. appena appesantiti da una certa stanchezza. La sera stende le sue lunghe dita scure sul verde che mi circonda.
Un'altra ora di "formazione al confliggere" se ne va. Un'altra ora per fortificare questo mio essere ribelle guerriero,  controcorrente.

Pasolini, ancora negli anni '70, scriveva: "L'Italia di oggi è distrutta esattamente come l'Italia del 1945. Anzi  certamente la distruzione è ancora più grave,  perché non ci troviamo tra macerie,  pur strazianti, di case e monumenti,  ma tra macerie di valori: valori umanistici e, quel che è peggio,  popolari" e, ancora, " non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in bruti e stupidi automi adoratori di feticci". (un grazie a Roberto Pecchioli per aver riesumato dall'oblio una così forte e calzante espressione).

A casa, la televisione ci racconta degli sfollati di Amatrice, delle casette loro consegnate che si sfaldano, si rompono, infiltrazioni d'acqua ovunque,  caldaie che esplodono,  sin dal primo giorno di consegna,  ci racconta di come aumentino le bollette di luce e gas,  i pedaggi autostradali, i trasporti.
Imprenditori ci hanno rubato su,  politici ci hanno rubato su: Buon Natale!,
"Certo che c'è la guerra di classe. C'è e l'abbiamo vinta noi".
(Warren Buffet, imprenditore, terzo uomo più ricco al mondo).

Come un fiume che va...
I giorni si susseguono, tra cenette deliziose, pratica marziale,fitti sentimenti con la dolce Susy, compiti di scuola condivisi con Lupo, le risate e i gesti d'amore con Monica, il semplice andare a zonzo per le vie di Bassano e l'immancabile, lunga, sosta alla libreria Roberti.

Il mio Kenpo Taiki Ken ruba schizzi di luce del mattino.
Pare fu James Corbett, pugile della prima ora, quando questo sport era ancora violenza con poche regole,  a creare la" Shadow boxing", quel praticare un  allenamento in cui simuli le movenze di un avversario e ti ci confronti.
Mi piace.
Anche perché,  in sintonia col mio modesto pensare e con quello ben più qualificato di psicologi e formatori di atleti d'eccellenza,  questo significa che, per quanto sia possibile imparare velocemente, non lo faremo mai rapidamente se posti in situazioni critiche.
E' lo psicologo,  neocomportamentista e precursore del cognitivismo, Edward C. Tolman,  ad affermare che animali e uomini si formano "mappe nel cervello" o "mappe intuitive" dell'ambiente vaste e plastiche in condizioni di assenza di stress o stress debole, mentre in condizioni di stress forte, di forte criticità,  la mappa intuitiva fatica a formarsi e lo fa con caratteristiche asfittiche: nel primo caso,   questi sarà un uomo che ha imparato meglio e meglio saprà gestire le eventuali situazioni di crisi, di forte stress.
Insomma, si impara la condotta da tenere in situazioni conflittuali,  di crisi, facendo pratica in situazioni di bassa o modesta criticità.

Le ombre della sera abbracciano presto, troppo presto, quelli che sono gli ultimi giorni di vacanza.
Uno sguardo, un arrivederci gettato dietro le spalle.
A presto, per questo luogo, persone e colori ed odori e storia e paesaggi,  che tanto mi piace